inserito in Diritto&Diritti nel giugno 2002

Lesione di un interesse legittimo da parte della Pubblica Amministrazione e diritto del privato al risarcimento del danno. Contrasti giurisprudenziali e dotrinari.

Di Alessandro Ludovici

***

Grande attenzione meritano le vicende che hanno preceduto la sentenza n. 500/99 della Corte Suprema di Cassazione in merito alla risarcibilità dell'interesse legittimo: la problematica è lungi dall'essere risolta e grandi schieramenti, tanto giurisprudenziali quanto dottrinari, si scontrano sul tema che oggi ci occupa.

Ebbene chiarire che il punto di partenza di giurisprudenza e dottrina era comune: all'annullamento di un atto, emesso dalla P.A., da parte del Tribunale Amministrativo seguiva la non risarcibilità dell'interesse legittimo. Le ragioni erano le seguenti: oltre alla mancanza storica di una norma ad hoc che prevedesse espressamente la risarcibilità dell'interesse legittimo, il privato avrebbe comunque a disposizione il mezzo appropriato per l'eliminazione del provvedimento illegittimo, ossia il giudice amministrativo, e, come tale, codesto mezzo sarebbe sufficiente a tutelare il privato nei confronti degli atti della pubblica amministrazione, nonché a risarcire l'eventuale pregiudizio da quest'ultimo sofferto; in parole semplici, l'annullamento dell'atto amministrativo viziato sarebbe di per se sufficiente, in qualunque caso, a risarcire il pregiudizio subito dal privato. L'unico danno risarcibile era quello derivante da un provvedimento lesivo di un diritto soggettivo. Si sosteneva, addirittura, che nel caso in cui il privato portasse alla cognizione del Giudice Ordinario una domanda di risarcimento per lesione di un interesse legittimo, tale organo avrebbe dovuto rilevare o, come meglio si può definire, eccepire la propria incompetenza.

"Il diritto all'edificazione, nella disciplina urbanistica di cui alla legge n. 1150 del 1942, modif. dalla legge n. 765 del 1967, sorge per effetto del rilascio della licenza, difettando la quale la posizione del proprietario del fondo ha natura di mero interesse legittimo. Pertanto, l'esperibilità dell'azione di risarcimento del danno davanti al giudice ordinario, contro la pubblica amministrazione, postulando atti di questa non soltanto illegittimi, ma anche illeciti, cioè lesivi di un diritto soggettivo, mentre deve riconoscersi nell'ipotesi in cui il giudice amministrativo annulli per vizi di legittimità il provvedimento di revoca della licenza in precedenza concessa, va esclusa nel diverso caso in cui il detto annullamento riguardi il provvedimento di diniego della licenza, poiché la rimozione del diniego stesso lascia la posizione del privato nella originaria consistenza di interesse legittimo. Né l'invocata tutela può ritenersi accordabile dopo l'entrata in vigore dell'art. 13, primo comma, della legge n. 142 del 1992 ("legge comunitaria" per il 1991), che ha attribuito il risarcimento del danno ai soggetti lesi da atti compiuti dalla P.A. in violazione del diritto comunitario in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, in quanto detta disposizione non risulta aver introdotto in via generale e di principio una tutela risarcitoria per la lesione di posizioni soggettive riconducibili agli interessi legittimi (Cass. Civ. Sez. Un. 20-04-1994, n. 3732)".

A sostegno della risarcibilità degli interessi legittimi una parte della dottrina, contraria all'unanime giurisprudenza, aveva proposto la seguente motivazione:

"la loro risarcibilità e' confortata dal principio costituzionale espresso dall'art. 24 Cost., secondo il quale tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e dall'art. 13 della legge 19 febbraio 1992 n. 142 (Disposizione per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria per il 1991), secondo cui "il soggetto che ha subito una lesione a causa di atti compiuti in violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici di lavori o di forniture e delle relative norme interne di recepimento possono chiedere all'amministrazione aggiudicatrice il risarcimento del danno", con la precisazione che "la domanda di risarcimento e' proponibile dinanzi al giudice ordinario da chi ha ottenuto l'annullamento dell'atto lesivo con sentenza del giudice amministrativo".

A tali motivazioni la Corte rispondeva che "il diniego della licenza o concessione edilizia, al pari del ritardo nel rilascio della medesima, ed ancorché sia intervenuta pronuncia del giudice amministrativo di accertamento della illegittimità del relativo comportamento, non consente al privato di proporre davanti al giudice ordinario azione di risarcimento del danno contro la pubblica amministrazione, stante l'esperibilità di tale azione solo per fatti lesivi di diritti soggettivi, non di interessi legittimi, quali sono da qualificarsi quelli inerenti al conseguimento dell'indicato provvedimento". In parole semplici si ammetteva il risarcimento del danno del diritto soggettivo affievolito ma non si ammetteva la tutela dell'interesse legittimo che, intervenuto il provvedimento amministrativo di attuazione, sarebbe comunque diventato un diritto soggettivo.

Ed ancora:
"Il principio generale della irrisarcibilità della lesione dell'interesse legittimo non può ritenersi superato a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 13 della legge 19 febbraio 1992 n. 142, che, in attuazione della direttiva del Consiglio CEE n. 665/89 del 21.12.1989, ha attribuito il risarcimento del danno ai soggetti lesi da atti compiuti dalla Pubblica Amministrazione, in violazione del diritto comunitario, in materia di aggiudicazione di appalti, trattandosi di innovazione espressamente limitata al settore della aggiudicazione degli appalti, come confermato dalla successiva legislazione in materia ed in particolare dall'art. 32, terzo comma, della legge 11 febbraio 1994 n. 109 (legge quadro in materia di appalti pubblici) - che estende espressamente il principio innovativo alle lesioni derivanti da atti compiuti in violazione della nuova legge sui lavori pubblici e del relativo regolamento e dall'art. 11 lett. i) della legge 22 febbraio 1994 n. 146 (legge comunitaria per il 1993) - che testualmente estende la disposizione anche agli appalti di servizio. (Cass. Civ. n. 10800/1994). "

Si vedano ancora le seguenti sentenze:
"Nella disciplina urbanistica di cui alla legge 17 1942 n. 1150, come modificata dalle leggi 6 agosto n. 765 e 28 gennaio 1977 n. 10, nel caso di illegittimo rifiuto di rilascio della concessione edilizia, sia pure in sanatoria, ancorché successivamente annullato dal giudice amministrativo, la posizione del privato ha la consistenza di mero interesse legittimo, che come tale non legittima a richiedere alcun risarcimento dei danni. Detto principio non soffre deroga nel caso di stipulazioni di convenzioni edilizie, nell'ambito dei piani di lottizzazione, anche se ad iniziativa privata, in quanto queste convenzioni non toccano il potere discrezionale dell'amministrazione municipale di negare l'autorizzazione all'edificazione in relazione ad esigenze di ordine pubblicistico, né privano il Comune della facoltà di imprimere una diversa destinazione alle aree incluse nelle convenzioni medesime. Cass. Civ. 16/12/94 n.10800.".

"La posizione del proprietario di un fondo che proponga domanda di approvazione di un progetto di piano di lottizzazione del fondo stesso ha natura e consistenza di interesse legittimo e non di diritto soggettivo perché il rilascio dell'approvazione costituisce espressione dei poteri autoritativi e discrezionali che la Amministrazione pubblica esercita per la regolamentazione degli insediamenti abitativi e dell'assetto del territorio comunale. Pertanto nel caso in cui sia annullato il provvedimento con il quale era stata rigettata tale domanda il proprietario del fondo non può pretendere alcun risarcimento e la sua istanza proposta per ottenerlo è improponibile per difetto assoluto di giurisdizione, non essendo configurabile un diritto soggettivo al ristoro del danno per lesione di interessi legittimi, mentre resta in proposito irrilevante che dall'annullamento del provvedimento di rigetto derivi per l'amministrazione l'obbligo di provvedere, potendo il nuovo atto avere un contenuto sia favorevole che sfavorevole al richiedente.(Cass. Civ. Sez. Un. N. 7751/1998)."

Di contro evidenziamo alcune sentenze della Suprema Corte che asseriscono la risarcibilità del diritto soggettivo affievolito:
"Il diritto soggettivo del proprietario di un fondo, discendente dal rilascio di licenza edilizia nel vigore della legge 17 agosto 1942 n. 1150 e poi affievolito con provvedimento di annullamento della licenza stessa, reso dal sindaco nell'esercizio del potere di autotutela, riacquista "ex tunc" la sua originaria consistenza a seguito di annullamento di tale provvedimento da parte del giudice amministrativo e, quindi, è tutelabile davanti al giudice ordinario con azione risarcitoria per la lesione subita in conseguenza dell'atto illegittimo. Cass. civile, sez. Unite, 11-03-1992, n. 2957".

"In caso di domanda risarcitoria verso la P.A., per asserita lesione di un diritto soggettivo costituito per effetto di un provvedimento amministrativo - come avviene con la licenza edilizia -, la contestazione della legittimità di tale atto da parte della stessa P.A., che ne invochi la disapplicazione, non mirando a far valere, in positivo, la precedente posizione di interesse legittimo, bensì soltanto, in negativo, la insussistenza del diritto soggettivo di cui sia stato chiesto il risarcimento, si pone come mera eccezione dagli effetti limitati alla proposta domanda e conoscibile, come tale, dal giudice ordinario, oltre che proponibile per la prima volta anche nel giudizio di appello. (Cass. civile, sez. Unite, 11-03-1992, n. 2957)".

Tale motivazioni in verità non risultano essere decisive tanto che, a tutt'oggi, non si è ancora fatta chiarezza sull'argomento.
A norma dell'art. 7 della legge 205/2000, dove si afferma che " i soggetti, che hanno subito una lesione a causa di atti compiuti in violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici di lavori o di forniture o delle relative norme interne di ricezione, possono chiedere all'amministrazione aggiudicatrice il risarcimento del danno. La domanda di risarcimento è proponibile dinanzi al G.O. da chi ha ottenuto l'annullamento dell'atto lesivo con sentenza del G.A.", la giurisprudenza ha continuato ad affermare che tale articolo rivaluta la non risarcibilità dell'interesse legittimo perché, se così fosse una norma ad hoc che dichiari la risarcibilità dell' I.L., a norma dell'art. 7 della legge su citata, non avrebbe ragione di esistere.
Anche se tali deduzioni sembrano avere una loro logica ed avere la loro ragione, in verità la costituzione afferma, come sopra indicato, che qualsiasi situazione giuridicamente rilevante deve essere risarcita ed in tale ottica andrebbe ricompreso anche l'interesse legittimo. Non a caso si commetterebbe l'errore di trattare situazioni giuridiche simili con diversi metodi di misura: "ci torna in mente il detto due pesi, due misure".
Nonostante tutto la Corte Costituzionale (Ord. 8-05-1998 n. 165) ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità propostagli sulla tutela aquiliana, ex art. 2043 c.c., degli interessi legittimi.
Ci preme, però, risaltare la seguente situazione: nei paesi Comunitari non esiste la distinzione interesse legittimo/diritto soggettivo ma una ripartizione rationae materiae delle competenze all'interno dello stesso ufficio giudiziario: in sostanza non esiste la bipartizione giudice ordinario/giudice amministrativo.

Inoltre a seguito dell'entrata in vigore degli articoli 33-35 del D.lg. n. 80/98 l'ordinamento italiano si è mosso verso una direzione ben precisa: le controversie riguardanti i pubblici servizi ovvero quelle riguardanti atti, provvedimenti e comportamenti della P.A. in materia di urbanistica e di edilizia sono state devolute integralmente alla giurisdizione esclusiva abbandonando la contrapposizione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi. Tale norma ha permesso lo snellimento di numerosi processi, data la rilevante abbondanza di causa pendenti nel settore, risparmiando molte energie prima sprecate dalla dicotomia esistente.

Ma nonostante tanta letteratura la Giurisprudenza ha continuato ad affermare la non risarcibilità degli interessi legittimi se non fino alla sentenza n.500/99 la quale rappresenta un po' il giro di boa, se tale espressione ci è concessa, tanto che è stata definita da alcuni dottrinari come sentenza storica.

Essa afferma: "La normativa sulla responsabilità aquiliana ex art. 2043 cod. civ. ha la funzione di consentire il risarcimento del danno ingiusto, intendendosi come tale il danno arrecato "non iure", il danno, cioè, inferto in assenza di una causa giustificativa, che si risolve nella lesione di un interesse rilevante per l'ordinamento, a prescindere dalla sua qualificazione formale, ed, in particolare, senza che assuma rilievo la qualificazione dello stesso in termini di diritto soggettivo. Peraltro, avuto riguardo al carattere atipico del fatto illecito delineato dall'art. 2043 cod. civ., non è possibile individuare in via preventiva gli interessi meritevoli di tutela: spetta, pertanto, al giudice, attraverso un giudizio di comparazione tra gli interessi in conflitto, accertare se, e con quale intensità, l'ordinamento appresta tutela risarcitoria all'interesse del danneggiato, ovvero comunque lo prende in considerazione sotto altri profili, manifestando, in tal modo, una esigenza di protezione. Ne consegue che anche la lesione di un interesse legittimo, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse giuridicamente rilevante, può essere fonte di responsabilità aquiliana, e, quindi, dar luogo a risarcimento del danno ingiusto, a condizione che risulti danneggiato, per effetto dell'attività illegittima della P.A., l'interesse al bene della vita al quale il primo si correla, e che detto interesse risulti meritevole di tutela alla stregua del diritto positivo.
In relazione ai giudizi pendenti alla data del 30 giugno 1998, l'azione di risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ. nei confronti della P.A., per esercizio illegittimo della funzione pubblica, bene è proposta davanti al giudice ordinario, quale giudice cui spetta, in linea di principio, la competenza giurisdizionale a conoscere di questioni di diritto soggettivo: tale è, infatti, la natura della pretesa risarcitoria, che è distinta dalla posizione giuridica soggettiva la cui lesione è fonte di danno ingiusto (la quale può avere natura di diritto soggettivo, di interesse legittimo, nelle sue varie configurazioni, correlate alle diverse forme di protezione, o di interesse comunque rilevante per l'ordinamento). Attiene al merito la questione della riconducibilità della fattispecie di responsabilità della P.A. per atti illegittimi al paradigma dell'art. 2043 cod. civ., mentre una questione di giurisdizione è configurabile solo ove sussista, in relazione alla materia alla quale attiene la fattispecie, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, estesa alla cognizione dei diritti patrimoniali consequenziali, e, quindi, del risarcimento dei danni: giurisdizione in effetti introdotta, in materia di pubblici servizi, edilizia ed urbanistica, dagli artt. 33 e 34 del D.LGS. n. 80 del 1998, emanato in attuazione della delega contenuta nell'art. 11, comma quarto, lett. g), della legge n. 59 del 1997, e che trova applicazione, per effetto della disciplina transitoria dettata dall'art. 45, comma diciottesimo, dello stesso decreto, solo in relazione alle controversie instaurate a partire dal 1 luglio 1998, ferma restando la giurisdizione prevista dalla precedente normativa per i giudizi pendenti alla sopraindicata data del 30 giugno 1998.
Nel caso in cui sia stata introdotta, davanti al giudice ordinario, in un giudizio pendente alla data del 30 giugno 1998, una domanda risarcitoria ex art. 2043 cod. civ. nei confronti della P.A. per illegittimo esercizio di una funzione pubblica, questi dovrà procedere, in ordine successivo, alle seguenti indagini: a) in primo luogo, dovrà accertare la sussistenza di un evento dannoso; b) dovrà, poi, stabilire se l'accertato danno sia qualificabile come ingiusto, in relazione alla sua incidenza su di un interesse rilevante per l'ordinamento (a prescindere dalla qualificazione formale di esso come diritto soggettivo); c) dovrà, inoltre, accertare, sotto il profilo causale, facendo applicazione dei criteri generali, se l'evento dannoso sia riferibile ad una condotta della P.A.; d)infine, se detto evento dannoso sia imputabile a responsabilità della P.A. tale imputazione non potrà avvenire sulla base del mero dato obiettivo della illegittimità del provvedimento amministrativo - in relazione al cui accertamento, peraltro, non è ravvisabile la necessaria pregiudizialità del giudizio di annullamento davanti al giudice amministrativo, potendo, al contrario, detto accertamento essere svolto dal giudice ordinario nell'ambito dell'esame della riconducibilità della fattispecie sottoposta al suo esame alla nozione di fatto illecito delineata dall'art. 2043 cod. civ., - richiedendo, invece, una più penetrante indagine in ordine alla valutazione della colpa, che, unitamente al dolo, costituisce requisito essenziale della responsabilità aquiliana. La sussistenza di tale elemento sarà riferita non al funzionario agente, ma alla P.A. come apparato, e sarà configurabile qualora l'atto amministrativo sia stato adottato ed eseguito in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione alle quali deve ispirarsi l'esercizio della funzione amministrativa, e che il giudice ordinario ha il potere di valutare, in quanto limiti esterni alla discrezionalità amministrativa."

Subito dopo tale sentenza né è seguita un'altra ancora più favorevole alla pretesa risarcibilità dell'interesse legittimo: "Ove la legge non impedisca in modo assoluto al privato di svolgere un'attività ma ne subordini l'esercizio ad autorizzazione, licenza, nulla osta o altro atto di consenso comunque denominato, l'interesse all'esercizio di quell'attività riceve protezione dall'ordinamento. Consegue, che nei casi considerati il privato ha diritto al risarcimento del danno se subisce un pregiudizio per il fatto che la pubblica amministrazione, attraverso un comportamento colposo, consistito nella violazione di regole d'imparzialità, correttezza e buona amministrazione, abbia in modo illegittimo rifiutato o ritardato il consenso all'esercizio dell'attività ovvero imposto che l'attività iniziata sia sospesa o abbandonata. (Cass. civile, sez. III, 28-03-2000, n. 3726) ".

Nella motivazione di tale sentenza si affermava che " ………Nei casi considerati, infatti, al privato deve essere consentito di svolgere la propria attività, nel rispetto delle norme poste a protezione di altri interessi, se non ricorrono fattori concreti, sia pur oggetto di valutazione discrezionale, che secondo la legge sono d'ostacolo a tale esercizio, in quanto valgono a determinare situazioni di conflitto con prevalenti interessi della collettività. Sicché, il privato ha certo diritto al risarcimento del danno, se egli subisce un pregiudizio per il fatto che la pubblica amministrazione, attraverso un comportamento colposo, consistito nella violazione di regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, abbia in modo illegittimo rifiutato o ritardato il consenso all'inizio dell'attività ovvero imposto che l'attività iniziata sia sospesa o abbandonata. …………… Ed invero, una volta che si sia prodotto l'effetto di consenso all'esercizio dell'attività, ne risulta costituito in capo al privato un diritto soggettivo ad iniziarla e proseguirla ed il diritto può essere sacrificato, in modo temporaneo o definitivo, solo in base a provvedimenti tipici e legittimamente adottati."

Tale è a nostro modestissimo parere la corrente di pensiero più esatta da seguire e che rappresenta anche l'idea dell'attuale unanime dottrina. E' certo che, in mancanza di una norma ad hoc, la giurisprudenza di merito potrà continuare ad applicare il principio della irrisarcibilità dell'interesse legittimo, come è già successo, soprattutto ed a causa dell'ambiguità della sentenza n. 500/99 stessa la quale è comunque lungi dal considerare, in via di principio, risarcibile la lesione dell'interesse legittimo, nonché per la mancanza storica di una norma ad hoc.

L'Aquila 9 giugno 2002

Alessandro Ludovici www.guidaldiritto.it