*** Non è sufficiente il mero punteggio
numerico quale espressione della valutazione relativa a prove concorsuali
pubbliche. E', infatti, necessaria un’espressa motivazione che dia conto
dell’iter logico seguito dalla
commissione esaminatrice per giungere ad un certo giudizio. Quantomeno, al
punteggio numerico devono accompagnarsi ulteriori elementi sulla scorta
dei quali sia consentito ricostruire dall’esterno la motivazione del
giudizio valutativo; tra questi, oltre alla dettagliata e preventiva
formulazione dei criteri da parte della commissione, anche l’apposizione
di note a margine dell’elaborato o, comunque, l’uso di segni che
consentano di individuare gli aspetti della prova valutati non
positivamente dalla commissione stessa.
E’ questo il principio di diritto
contenuto nella sentenza CdS sez. VI n. 2331 del 34.04.2003 che
costituisce un vero è proprio revirement
a fronte della giurisprudenza amministrativa da tempo consolidata su
posizioni nettamente contrarie.
Il CdS è pervenuto a tale conclusione
analizzando il caso di un candidato non ammesso alle prove orali di un
concorso per ricercatore universitario, dando contezza dei due
contrapposti filoni giurisprudenziali esistenti sul punto e confermando la
sentenza emessa in primo grado dal Tar Calabria sez. di Reggio Calabria.
In particolare, vi è un granitico
orientamento del CdS nel senso di ritenere del tutto sufficiente il solo
punteggio numerico il quale costituirebbe esso stesso una (pur) sintetica
motivazione della valutazione effettuata dalla commissione esaminatrice in
sede di concorso pubblico.
Il contrapposto orientamento, sposato
anche da autorevole dottrina (Virga), è maggiormente diffuso tra i Tar è
propende per la necessità di una motivazione espressa del giudizio emesso
in relazione alle prove concorsuali.
Non mancano le motivazioni a sostegno
dell’una o dell’altra tesi; tuttavia per meglio comprendere la
problematica non è inutile rammentare che la legge n. 241/90 ha
introdotto, come ormai ben noto, l’obbligo di motivazione per tutti gli
atti amministrativi (fatti salvi casi eccezionali: atti normativi e di
contenuto generale, per esempio atti di pianificazione territoriale).
Inoltre, l'art. 12 Dpr n. 487/94
(sulle modalità di espletamento dei concorsi pubblici) ha stabilito
l'obbligo che in sede di prima riunione le commissioni esaminatrici
fissino preventivamente i criteri di valutazione delle prove.
Sulla base di tali dati normativi di
partenza, il CdS ritiene che anche dopo l’entrata in vigore dell’art.
3 legge n. 241/90, nei concorsi per pubblici impieghi l’onere della
motivazione dei giudizi inerenti le prove scritte ed orali sia
sufficientemente adempiuto con l’attribuzione di un mero
punteggio numerico in quanto quest’ultimo si configura quale formula
sintetica ma eloquente di esternazione della valutazione tecnica compiuta
dalla commissione esaminatrice che è priva di valenza provvedimentale (in
tal senso ex plurimis, sez. IV,
nn. 6160/2000, 1157/01, 367/01, 5635/01, 5636/01, 543/98; sez. V, n.
1059/01, Ad. gen. n. 120/95).
Inoltre,
l’obbligo della motivazione di cui al citato art. 3 legge n.
241/90 riguarderebbe espressamente l’attività provvedimentale della
P.A. e non anche i giudizi o le valutazioni (CdS, sez. V,
n. 163/98). In senso adesivo, anche C. Cost. ord. n. 466/2000 con
cui è stata dichiarata inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 3 legge n. 241/90 nella parte in cui, secondo
l'interpretazione del CdS, non si applicherebbe alla valutazione delle
prove concorsuali, anche se in tale decisione la C. Cost. non è entrata
nel merito della questione ma ne ha dichiarto l'inammissibilità poiché
il profilo di illeggittimità costituzionale era inerente ad una
determinata interpretazione della legge e non alla legge stessa.
A tale orientamento si contrappone
quello già sopra accennato di diversi Tar in base al quale il candidato
al concorso pubblico ha diritto ad un provvedimento motivato (tra le
tante: Tar Veneto n. 137/02, 1439/01, Tar Emilia Romagna n. 622/2000, Tar
Lombaredia sez. Brescia n. 990/96, Tar Puglia sez. Lecce nn. 207/97,
616/96, 119/96, Tar Liguria n. 1168/01).
Le ragioni a sostegno di tale tesi
vengono rinvenute:
a)
nella constatazione che essa è
- innanzi tutto - più rispettosa della lettera dell'art. 3 legge
n. 241/90 la cui sfera di applicazione non può essere ridotta all'attività
provvedimentale della PA con esclusione dell'attività valutativa, ammesso
che tale ditinzione concettuale sia condivisibile; infatti, la valutazione
del candidato e la predisposizione della graduatoria finale sono comunque
correlate e non possono non avere natura provvedimentale. In merito, non
è un caso che il Dpr n. 390/98 (in materia di modalità di espletamento
dei concorsi per ricercatori e docenti universitari) assoggetti
esplicitamente ai comuni e generali principi di diritto amministrativo
contenuti nella legge n. 241/90 i "provvedimenti-giudizio" delle
commissioni esaminatrici;
b)
nel fatto che il punteggio numerico costituisce esternazione del risultato
e non della motivazione del
giudizio valutativo (in altri termini, se in una scala da 1 a 10 si
attribuisce il voto di 5 si è posti a conoscenza che la prova è stata
valutata 5 ma nulla si dice sul perchè di quel 5 e in base a quali
motivi, anche sinteticamente, si è pervenuti a tale voto);
c)
nella circostanza che la discrezionalità tecnica delle commissioni
esaminatrici non può tradursi in arbitrio; l'art. 12 Dpr n. 487/94
(modif. con Dpr 693/96) pone l'obbligo di prefissare i criteri valutativi;
ora, tale obbligo non avrebbe senso logico se all'atto della valutazione
non si desse contezza circa il modo di applicazione del criterio già
preventivamente individuato con vanificazione dell'effetto di
autolimitazione della commissione che il legislatore ha voluto porre;
d)
nella considerazione che il candidato ha il diritto di conoscere in
quali errori o inesattezze sia incorso o, comunque per quali ragioni sia
stata giudicata in modo insufficiente la sua prova; contrariamnete, non si
comprenderebbe il motivo per cui è stato unanimemente riconosciuto il
diritto di accesso - ex art. 22 L. 241/90 - alla visione e degli elaborati
in caso di impugnativa degli atti concorsuali (così, Virga P.)
e)
la esternazione dei motivi sottesi al giudizio numerico è
necessario presupposto per la concreta applicazione dei principi
costituzionali che conferiscono il diritto di impugnabilità/giustiziabilità
degli atti ammministrativi (artt. 24, 113 Cost.).
Ora, proprio in aderenza ad alcune
delle ragione esposte nei punti di cui sopra, la decisione n. 2331/03
della sez. VI del CdS, in parziale rottura con la precedente
interpretazione giurisprudenziale, ha individuato una terza via intermedia
tra i due opposti orientamenti di cui si è già dato conto. In
particolare, l'autolimitazione del potere valutativo delle commissioni
esaminatrici - imposta dall'art. 12 Dpr 487/94 - non avrebbe
giustificazione logica alcuna se non sussistesse l'obbligo di motivare,
anche per via di sintesi, le modalità di concreta applicazione dei
criteri prefissati in sede di prima riunione. La VI sez. del CdS ha,
altresì, fatto proprie le considerazioni che i provvedimenti finali delle
procedure concorsuali sono comunque collegati,
almeno per relationem,
agli atti del procedimento per cui sottrarre questi ultimi all'obbligo
motivazionale equivarrebbe ad "espungere la motivazione dall'intero
ambito di questi procedimenti" (v. sopra punto
a) e che, inoltre, risponde al principio costituzionale di
giustiziabilità degli atti della PA la messa in chiaro di una motivazione
espressa in luogo del mero punteggio numerico.
Date queste premesse, tuttavia, il CdS
non è pervenuto all'estrema conclusione
dell'insufficienza del solo punteggio numerico ma ha statuito la necessità
che a questo si accompagnino - oltre alla preventiva fissazione dei
criteri valutativi - ulteriori
elementi o segni (sottolineature, note a margine dell'elaborato, etc.)
che siano idonei a dar contezza al candidato delle ragioni della
valutazione di insufficienza della sua prova.
Trattasi di una breccia di non poco conto nel muro del
precedente orientamento del CdS, decisamente contrario, come detto, alla
necessità di ulteriori dati oltre al mero punteggio numerico. Breccia che
chi scrive ritiene, sommessamente,
condivisibile ove anche si tenga conto del trend
normativo in tal senso; infatti, ed a titolo di esempio, si rammenta
che il Dpr 220/01 (in materia di concorsi del personale non dirigenziale
del settore sanitario) impone che la commissione, in sede di prima
riunione, debba stabilire "i criteri e le modalità di valutazione
delle prove concorsuali ai fini
della motivazione dei punteggi attribuiti alle singole prove".
A questa conclusione, per altro, non
ostano ragioni di speditezza nel caso di mega-concorsi (obiezione pure
posta a fondamento dell'interpretazione favorevole alla sufficienza del
solo voto numerico) sia per il primato dei principi di trasparenza ed
imparzialità dell'agere della
PA di rilievo costituzionale (art. 97 Cost.), sia perché trattasi un
comportamento che non è comunque inesigibile
da parte dei componenti delle commissioni esaminatrici.
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