inserito in Diritto&Diritti nel gennaio 2005

L’informazione interna nella  pubblica amministrazione e l’insider trading

Prof. Sergio Sabetta

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            Uno dei problemi fondamentali nella struttura della P.A. è una corretta informazione interna, da tenersi distinta dalla comunicazione pubblica di cui alla             L.  n. 150/00 rivolta prevalentemente all’esterno.

            In un recente rapporto al Ministero della funzione pubblica realizzato dall’università IULM e presentato al COM – PA 2004, si è trattato con ampia messe di dati lo stato dell’arte della legge menzionata giungendo alla conclusione che solo circa il 50% delle amministrazioni hanno affrontato la comunicazione esterna con prevalenza per l’Ufficio Relazioni Pubbliche (72,4%), a seguire gli Uffici stampa (48,1%) e solo una modesta quota (11,1%) è ricorsa alla figura del portavoce. La comunicazione interna è stata anch’essa trascurata e solo nel 31% dei casi si è provveduto ad istituire un apposito organo, per non parlare dell’aspetto progettuale tanto carente che appena il 20% della P.A. ha adottato un piano di comunicazione.

            Ma quello che in questo ambito a noi interessa è l’uso distorto dell’informazione a fini interni e le gravi conseguenze che ne derivano per un corretto funzionamento dell’apparato.

            Il problema è stato in parte evidenziato con la direttiva del Ministro della Funzione Pubblica del 24/3/2004 ( G.U. n. 80 del 5/4/04) sulle misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nelle pubbliche amministrazioni, in cui si è individuato nella realizzazione di validi sistemi di comunicazione interna una delle circostanze “… che determinano la qualità della vita e delle relazioni nei luoghi di lavoro …”; le variabili critiche nella realizzazione di un corretto sistema di comunicazione interna sono indicate , tra le altre, nella circolazione delle informazioni anche intraorganizzative e nella chiarezza degli obiettivi organizzativi stessi.  Tutto questo ha indotto il Ministro a spingere le singole amministrazioni ad adottare piani di miglioramento che comprendano anche il settore della comunicazione ai sensi degli articoli 11 e 12 della L. n. 150/00.

            Finora la comunicazione esterna è stata intesa come propaganda politica o promozione dell’immagine, ma non come strumento strategico di supporto alle decisioni istituzionali creando un apposito canale bilaterale di impulsi tra ente e cittadino nel rispetto dei reciproci ruoli con il fine ultimo di contribuire ad un clima di fiducia e collaborazione; lo stesso clima organizzativo che dovrebbe sorgere e mantenersi all’interno della struttura mediante una corretta e aperta comunicazione circolare.

            E’ stato dimostrato che i mercati sono “in linea di massima” improntati a comportamenti fiduciari, pena il rallentamento delle transazioni con il parallelo aumento dei costi; in caso di aspettative tradite si ha un immediato e conseguente crollo, del mercato con il guadagno di pochi a danno di molti, e del regolare funzionamento del sistema su cui occorrerà investire risorse per accelerare il recupero altrimenti rallentato da un lungo periodo di stagnazione.

            Dobbiamo considerare che il valore dell’aspettativa nasce dal ricordo dei comportamenti precedenti, come l’incertezza crea nuove volontà che non devono costituirsi in forma scorretta per comportamenti eccessivamente cinici ed opportunistici; infatti se togliamo l’aspetto etico, inteso come civil service, si ottiene una struttura la quale come una normale organizzazione sul mercato presenta il problema di una corretta gestione dell’informazione a livello di direzione centrale senza che vi possano essere abusi personalistici di sorta, soprattutto in occasione di eventuali riorganizzazioni.

            La mancanza di un concetto etico della P.A. con la conseguente condotta che ne dovrebbe derivare non può essere sostituito dalla semplice fissazione di fini pubblici mediante progetti o budget, che possono solo limitare la spesa o aumentare la quantità prodotta (efficienza) ma non migliorare in efficacia la gestione, né tanto meno pensare in termini di quantità in assenza di una possibile concorrenza (monopolio) per di più aggravata da asimmetria informativa.

            La produzione e la distribuzione della risorsa immateriale dell’informazione comporta la necessità di un suo continuo monitoraggio, essendo questa fondamentale e strategica nel meccanismo di autoregolazione anche in funzione di un possibile controllo dell’efficacia dell’azione, circostanza estremamente difficile rispetto al solo monitoraggio finanziario.

            Come in una organizzazione agente in un qualsiasi mercato vi è una asimmetria informativa tra vertice e livelli intermedi,  né si deve dare per scontata l’esistenza di canali informali tali da supplire gli effetti di tale squilibrio.

            Può crearsi in altre parole una situazione simile all’insider trading, come previsto dall’art. 180 del T.U. della Finanza, in cui si prevede il reato di abuso di informazioni privilegiate nell’ambito del mercato finanziario con una pena prevista fino a due anni di reclusione  e una multa da 10.329 a 309.874 euro.

            Si parla di informazioni privilegiate quando si hanno una serie di informazioni specifiche di contenuto determinato, non disponibili al pubblico e tali da poter influenzare sensibilmente i comportamenti. Non possono pertanto costituire informazioni privilegiate le voci o notizie generiche e le valutazioni derivanti da elaborazioni di dati conosciuti attraverso fonti pubbliche.

            Sono soggetti del reato chiunque sia in possesso di informazioni privilegiate per posizione istituzionale (c.d. insiders primari istituzionali) o per funzioni professionali (c.d. insiders primari generici), a questi si affiancano i c.d. tippes, ossia coloro che abbiano ottenuto e sfruttato le informazioni privilegiate (c.d. tipping) e rilevanti passate dagli insiders indipendentemente dall’esito favorevole o meno dell’operazione.

            Deve esservi naturalmente consapevolezza da parte dell’insider, tranne che sussista un giustificato motivo che, fuori dall’ipotesi dell’art. 51 c.p., la parte maggioritaria della dottrina rimette al prudente apprezzamento del giudice. E’ comunque da escludere l’ipotesi di insider nel caso di suggerimento a non operare un atto, trattandosi dell’ipotesi specifica del c.d. insider non trading.

            Oltre all’insider trading si prevede la manipolazione di mercato quale ulteriore categoria di abuso di mercato, entrambe vengono a raccogliere sostanzialmente le seguenti tre ipotesi:

 

Utilizzo di informazioni confidenziali;

Divulgazione di informazioni false o ingannevoli:

Distorsione del funzionamento del meccanismo di mercato.

 

Questa asimmetria informativa comporta una riduzione dell’efficacia nella locazione delle risorse compromettendo il rapporto di fiducia interno all’organizzazione, riducendo la motivazione e impiegando parte del tempo e delle risorse della struttura stessa nella ricerca e mantenimento di canali di informazione alternativi. Deve considerarsi che il senso di ingiustizia è il più forte elemento di scollamento del singolo dalla struttura e dai suoi obiettivi, se pure ve ne siano di non occulti, come del resto indicato nella stessa direttiva ministeriale innanzi citata.

L’uso improprio dell’informazione sembrerebbe avvicinarsi al reato di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) di cui tuttavia occorre dimostrare l’effettivo evento dannoso con vantaggio personale ingiusto o danno altrui ingiusto, oltre all’intenzionalità dello stesso, tutti elementi di difficile dimostrazione e che limitano fortemente  l’applicabilità della norma.

Il nuovo delitto di abuso di ufficio ha di fatto assorbito i vecchi delitti di abuso innominato, di peculato per distrazione e di interesse privato in atti di ufficio con il fine specifico di evitare le possibili interferenze della giurisdizione nella discrezionalità amministrativa, anche se l’obiettivo non è stato del tutto raggiunto. Da queste premesse può chiaramente dedursi la difficile applicabilità della summenzionata ipotesi.

Si deve peraltro considerare che un uso corretto dell’informazione aiuta il crearsi di una salda identificazione con la struttura sulla base della propria identità, in presenza di una società della conoscenza in cui è forte il valore premiante della stessa.

D'altronde non possiamo dimenticare che la trasparenza dell’informazione viene ad essere in contrasto con una corporate governance tesa ad evitare una riduzione dell’utile personale, tutte circostanze che hanno sempre compromesso il funzionamento dei grandi apparati pubblici contrastandone il monitoraggio.     

BIBLIOGRAFIA

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H. Tajfel, Gruppi umani e categorie sociali, Il Mulino, 1999.