inserito in Diritto&Diritti nel aprile 2003

Nota a Tar Puglia, Bari, sez. I, n. 394/03, in materia di invalidità che colpisce il contratto di appalto in seguito ad annullamento della procedura di gara.

di Giacomo Verde

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La sentenza in rassegna evidenzia una problematica molto dibattuta in dottrina ed in giurisprudenza: la qualificazione giuridica dell’invalidità che colpisce il contratto di appalto in seguito ad annullamento della procedura di gara.

Due orientamenti emergono al riguardo: da un lato vi è chi sostiene la tesi dell’annullabilità del contratto di appalto, dall’altro vi è chi propende per la configurabilità della nullità del negozio[1].

Appare chiaro che dalla qualificazione della patologia contrattuale discende la normativa applicabile: infatti, in caso di annullabilità, la fattispecie va ricondotta alla disciplina prevista dagli articoli 1441 e ss. c.c.; qualora, invece, si configuri la nullità del contratto si applicheranno gli articoli 1421 e ss. c.c.

È pacifico che l’annullamento del procedimento ad evidenza pubblica teso all’individuazione del contraente travolge il contratto di appalto stipulato all’esito del procedimento medesimo.

Il vizio che affligge il negozio (sia esso causa di annullabilità ovvero di nullità) trae la sua origine dall’invalidità e dall’annullamento che colpiscono il procedimento di individuazione del contraente.

Pertanto, l’invalidità del contratto di appalto è una patologia derivata, trovando la sua causa nell’invalidità che ha colpito il procedimento ad evidenza pubblica.

Come già detto, la normativa da applicare alla fattispecie contrattuale patologica varia in base al tipo di invalidità che inficia il negozio stesso.

Si consideri l’ipotesi dell’annullamento. La tesi dell’annullabilità – prevalente in giurisprudenza – trova il suo fondamento nella considerazione che gli atti amministrativi adottati dall’ente appaltante nell’ambito di un procedimento negoziale ad evidenza pubblica non sono altro che mezzi di integrazione della capacità e della volontà dell’ente medesimo[2]. Pertanto, l’invalidità degli atti del procedimento di scelta del contraente si traduce in un vizio della volontà della parte, comportando così l’annullabilità del contratto. In tale ipotesi l’azione, esperibile in via di azione o di eccezione[3], è prescrivibile e può essere proposta esclusivamente dalla parte nel cui interesse è sancita dall’ordinamento giuridico. Nel caso concreto, potrebbe verificarsi che la pubblica amministrazione, convenuta per l’esecuzione del contratto dal concorrente risultato aggiudicatario sulla base della procedura poi annullata dal G.A., potrebbe giustificare il suo inadempimento eccependo l’annullabilità del contratto e, viceversa, potrebbe agire in giudizio per l’esecuzione del contratto di cui non intenda chiedere  l’annullamento, perché la controparte non sarebbe legittimata ad eccepirne l’annullabilità.

Al contrario, l’ipotesi della nullità del contratto di appalto, secondo la tesi seguita dal T.A.R. Puglia nella sentenza in epigrafe, parte da una considerazione diversa. I vizi che inficiano gli atti procedimentali finalizzati all’individuazione del contraente non si limitano a determinare un vizio del consenso, bensì impediscono il perfezionamento dell’accordo. In buona sostanza, l’invalidità procedimentale non consente il perfezionamento giuridico della fattispecie in quanto impedisce la formazione dell’in idem consensus (l’accordo contrattuale, l’incontro delle volontà) che costituisce l’elemento essenziale del contratto[4] (art. 1325 n. 1 e art. 1418, comma 2 c.c.).

Conseguenze logiche di tale orientamento sono l’imprescrittibilità dell’azione e la sua proponibilità da parte di chiunque vi abbia interesse. Ne discende, altresì, che il contratto di appalto nullo per violazione delle norme procedimentali non può essere convalidato.

Dall’analisi suesposta emerge una considerazione in base alla quale, a parere di chi scrive, sussistono difficoltà intepretative a sussumere, nel caso in questione, l’invalidità del contratto di appalto nell’ambito della nullità di cui all’articolo 1418 c.c.

Infatti, il vizio che colpisce il contratto di appalto nel caso di specie, come già si è detto, è un vizio “derivato”, in quanto trae la sua origine dall’invalidità degli atti del procedimento ad evidenza pubblica. Pertanto, l’annullamento della procedura di gara si riverbera anche sull’effetto finale della stessa, cioè sul contratto.

Ciò significa che la patologia del contratto può essere rilevata soltanto nel caso in cui sia stata preliminarmente accertata la illegittimità della procedura negoziale concorsuale.

Quindi, contrariamente a quanto avviene nel caso di nullità negoziale, la cui azione giudiziale può essere promossa da chiunque vi abbia interesse senza limiti di tempo, nel caso dell’invalidità del contratto di appalto per vizio procedimentale la patologia può essere rilevata entro i ristretti termini di decadenza imposti dalle regole del processo amministrativo e soltanto dai soggetti legittimati dalla legge.

L’assolutezza e l’imprescrittibilità dell’azione di nullità non appaiono proprie dell’invalidità del contratto dovuta all’annullamento della procedura ad evidenza pubblica.

Il contratto di appalto, pertanto, medio tempore, cioè fino a quando la procedura di gara non è stata annullata e non è stato pronunciato il suo annullamento, produce gli effetti secondo le norme del codice civile in tema di annullabilità.

Va da sé che, decorsi i termini per l’impugnativa degli atti di gara che si assumono viziati senza che il gravame sia stato proposto dal sogetto legittimato, il contratto di appalto annullabile si stabilizza sul piano effettuale e non può essere più rimosso.


Note:

[1] M. Monteduro, Illegittimità del procedimento ad evidenza pubblica e nullità del contratto d’appalto ex art. 1418 comm 1 c.c.: una radicale «svolta» della giurisprudenza tra luci ed ombre, in Foro Amministrativo, 2002, p. 2591 ss. Sull’argomento si veda anche: Viviana Fox, Annullamento degli atti di gara ed invalidità del contratto di appalto (note a margine di Tar Bari n. 394/2003), in www.altalex.com.

[2] Cass. Civ., Sez. II, 8.5.1996 n. 4269.

[3] Cass. Civ., Sez. I, 17.11.2000, n. 14901.

[4] Su posizioni analoghe: Cass., Sez. III, 9 gennaio 2002, n. 193. Diverso orientamento (Tar Campania, Sez. I, 29 gennaio 2002, n. 3177) riconduce la nullità del contratto di appalto alla violazione di  norme imperative. Tale orientamento muove dal presupposto in base la quale la violazione delle norme sul procedimento ad evidenza pubblica costituisce violazione di norme imperative poste dall’ordinamento a tutela della par condicio tra i concorrenti, dei principi di imparzialità, di efficienza, di efficacia dell’azione amministrativa, nonché della effettività della concorrenza. Il vizio procedimentale conseguente a violazione di norme imperative poste a garanzia di interessi pubblici non può, secondo la tesi del Tar Puglia, non comportare la nullità radicale del contratto di appalto.