inserito in Diritto&Diritti nel marzo 2003

Fonte di responsabilità amminsitrativa (dannosità contabile) l‘affidamento a trattativa privata ad uno studio commerciale del servizio di Ragioneria comunale. Arbitrario è ricorre a collaborazioni esterne per normali funzioni istituzionali ma solo per attività eccedenti la normale gestione dei servizi dell’amministrazione pubblica.

 

***

Nello specifico, nell’emarginata sentenza si legge che “ deve ritenersi fonte di ingiusto danno cagionato con colpa grave la consulenza conferita a professionista estraneo ad un ente pubblico per lo svolgimento di mansioni amministrative del tutto normali e, come tali, certamente espletabili dai funzionari dell'ente (Corte dei conti, Sezione II giurisdizionale centrale, sentenza n. 208 in data 11 giugno 2001”

 

 

Così nella sentenza ufficiale della :

 

Corte dei conti Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo - 3.4.2002 n. 162/2002 - Presidente Minerva - Relatore Pepe – P. M. Perin c/ E. D.G., B.M., C.A., A.A., O.A., F.M., A.M. (avv.ti Zezza, Ruta, Venta e Ludovici)

 

 

Giudizio di responsabilità amministrativa – attività di consulenze esterne all’amministrazione – danno erariale – sussiste - vertici dell’amministrazione – colpa grave – sussiste – segretario comunale – responsabilità – non sussiste in presenza di una posizione meramente consultiva.

 

Gli incarichi esterni all’amministrazione possono essere conferiti solo quando siano richieste conoscenze ed esperienze eccedenti le normali competenze del personale dipendente e i medesimi incarichi, inoltre, non devono implicare lo svolgimento di attività continuativa, bensì la soluzione, in virtù di particolari cognizioni, di specifiche questioni.

 

Deve ritenersi fonte di ingiusto danno cagionato con colpa grave, da addebitare ai membri della giunta comunale, la consulenza connotata da genericità ed indeterminatezza conferita a un libero professionista estraneo ad un ente pubblico per lo svolgimento di mansioni amministrative del tutto normali e, come tali, certamente espletabili dai funzionari dell'ente.

 

Deve essere, invece, esclusa la responsabilità del segretario comunale nel danno derivante dal conferimento di consulenze esterne, quando la posizione di questi rivesta, nella vicenda dannosa, una posizione puramente consultiva e marginale nel creare una struttura esterna destinata al perseguimento di finalità istituzionali dell'ente.

 

 

A cura di Sonia LAZZINI

 

 

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 246/E.L. del registro di Segreteria e promosso dalla Procura regionale della Corte dei conti presso la Sezione giurisdizionale in intestazione nei confronti di:

 

E. D. G., nato a omissis, quale sindaco del comune di Campotosto (AQ), rappresentato e difeso dall'Avv. Rodolfo Ludovici - ex procura a margine dell'atto di costituzione in giudizio - ed elettivamente domiciliato presso lo studio del legale medesimo, con sede in L'Aquila, Vico di Picenze, 25;

 

e, quali componenti pro tempore del consiglio comunale del suddetto ente locale, di:

 

B. M, nato a omissis , rappresentato e difeso dall'Avv. Rodolfo Ludovici - ex procura a margine dell'atto di costituzione in giudizio - ed elettivamente domiciliato presso lo studio del legale medesimo, con sede in L'Aquila, Vico di Picenze, 25;

 

C. A., nato a omissis, rappresentato e difeso dall'Avv. Ernesto F. Venta - ex procura a margine dell'atto di costituzione in giudizio - ed elettivamente domiciliato presso lo studio del legale medesimo, con sede in L'Aquila, Viale della Croce Rossa, 237/E;

 

A. A., nato omissis;

 

O. A., nato omissis, anche quale assessore nello stesso comune, rappresentato e difeso dall'Avv. Rodolfo Ludovici - ex procura a margine dell'atto di costituzione in giudizio - ed elettivamente domiciliato presso lo studio del legale medesimo, con sede in L'Aquila, Vico di Picenze, 25;

 

e, quale membro della giunta comunale del predetto ente, di:

 

F. M., nata omissis, rappresentata e difesa dall'Avv. Rodolfo Ludovici - ex procura a margine dell'atto di costituzione in giudizio - ed elettivamente domiciliata presso lo studio del legale medesimo, con sede in L'Aquila, Vico di Picenze, 25;

 

e, quale segretario comunale pro tempore, di omissis

 

A. M., nato a omissis, rappresentato e difeso dall'Avv.  Giuseppe Ruta - ex procura a margine dell'atto di costituzione in giudizio - ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. Ernesto F. Venta, con sede in L'Aquila, Viale della Croce Rossa, 237/E;

 

uditi, alla pubblica udienza in data 5 febbraio 2002, il Magistrato relatore, nella persona del Dott. Federico Pepe, il Rappresentante del Pubblico Ministero, Dott. Massimo Perin, e gli Avvocati Margherita Zezza, per l'Avv. Giuseppe Ruta, Ernesto F. Venta e Rodolfo Ludovici;

 

con l’assistenza del Segretario, Dott.ssa Antonella Lanzi;

 

esaminati gli atti ed i documenti della causa.

 

Rilevato in

 

FATTO

Con atto di citazione depositato in data 11 maggio 2001 il Procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale in intestazione chiamava in giudizio i predetti "per ivi sentirsi condannare al pagamento della comprensiva somma di £. 320.320.000 (trecentoventimilionitrecentoventimila) oltre a rivalutazione monetaria, interessi e spese di giudizio in favore del comune di Campotosto".

 

I fatti contestati dalla Procura regionale erano i seguenti: ""Con la determinazione n. 5 in data 29.1.1997 del Consiglio Comunale di Campotosto venne deliberato “1) di affidare a trattativa privata ad uno studio commerciale, che abbia comprovata ed affidabile esperienza nella gestione contabile dell’ente locale, per il periodo necessario alla soluzione definitiva e duratura della copertura del posto, il servizio di Ragioneria comunale; 2) di approvare l’allegata bozza di convenzione  che regola gli aspetti dell’affidamento”. Con il punto 4) della deliberazione, si demandava infine alla Giunta Comunale l’esecuzione dei successivi adempimenti. Con la successiva determinazione, n. 184 del 1°.9.1997, la Giunta Comunale deliberava: “1) di concedere l’espletamento del servizio di ragioneria comunale per la durata di anni 4 al dott. Prof. G. V. (unica offerta pervenuta, n.d.r.) per un compenso annuo di £. 45 milioni + C.P. + I.V.A. al 19%”. Con la medesima deliberazione veniva approvata la convenzione completa dei dati relativi alla durata dell’incarico ed al compenso, non predeterminati nello schema di convenzione approvato dal Consiglio Comunale.  Di seguito al testo della deliberazione della Giunta comunale risulta espresso un parere negativo del Segretario, dott. Napolitano, nei  termini che si trascrivono: “Parere di regolarità Contabile – 9.9.97. Premesso che sotto il profilo della legittimità lo scrivente Dr. Napolitano ha avuto cura di manifestare la contrarietà del proprio parere in merito al presente deliberato, tanto sia lasciandone traccia sul “brogliaccio” delle deliberazioni di Giunta, quanto a mezzo di nota prot. 3069 del 04.09.97 (alla quale si fa rinvio per il rinvenimento della motivazione di detta contrarietà), sotto il profilo contabile del pari, nel merito, si ritiene che stando al disciplinare rimesso dal professionista incaricato, l’intera operazione rivesta i crismi della massima antieconomicità e pertanto possa essere dannosa per l’ente. Solo a condizione del rispetto del punto d) della proposta di deliberazione (punto 4 della deliberazione), potrebbe non emergere detta dannosità contabile. Ad ogni buon conto si ribadisce la illegittimità dell’atto, e si precisa che lo scrivente non ha nemmeno preso parte alla materiale redazione del medesimo. Quanto alla attestazione di copertura finanziaria della spesa non è più prevista in calce agli atti deliberativi”. Dagli atti acquisiti da questa Procura (esposto dei consiglieri comunali in data 30.9.1998 ed informativa del cessato Segretario comunale dott. Napolitano in data 2.6.2000) è poi risultato che il titolare dello Studio G. non è mai intervenuto personalmente presso gli Uffici del Comune per attendere all’incarico ricevuto, avendo informato il Sindaco, con nota acquisita al protocollo al n. 1416 del 24.4.1998, che a ciò avrebbe provveduto a mezzo di un suo delegato, con potere di firma, Rag. M. A., indicato dai Consiglieri comunali firmatari dell’esposto quale figlio del Consigliere M. B. che ebbe ad esprimere il proprio voto favorevole all’affidamento all’esterno dei servizi di ragioneria del Comune. Indipendentemente da tale ultima circostanza, nei fatti come sopra riassunti si individuano evidenti illegittimità sia per la violazione delle procedure di reclutamento del personale obbligatoriamente poste dall’art. 36 del D.Lgs. n. 29 del 1993, che per l’arbitrario affidamento all’esterno di normali funzioni istituzionali in violazione dell’art. 51, c. 7 della legge 142 del 1990 che consente collaborazioni esterne solo per obiettivi determinati ed a termine che richiedano contributi ad alto contenuto di professionalità, eccedenti quindi la normale gestione dei servizi dell’amministrazione comunale. Emerge dalle acquisizioni istruttorie l’assoluta consapevolezza della illegittimità ed arbitrarietà delle scelte operate. Quanto al mancato rispetto delle obbligatorie procedure di reclutamento deve rilevarsi che soltanto in data 23 aprile 1997 con nota n. 1462 a firma del Sindaco il Comune ebbe a comunicare al Dipartimento della Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri la disponibilità di un posto di VII livello da coprire con un dipendente in mobilità ai sensi dell’art. 3 bis c. 2 del D.L. n. 8/1993 convertito in legge 68 del 1993. A tale comunicazione, fatta peraltro solo in data successiva alla determinazione n. 49 del 5.3.1997 del CORECO, nella quale si segnalava la mancanza di tale adempimento e l’illegittimità del progettato affidamento all’esterno di un normale servizio di istituto, non ha fatto seguito alcuna concreta attività intesa alla regolare copertura del posto rimasto scoperto.             Risulta per contro alacre l’attività intesa all’affidamento esterno dei servizi di ragioneria dopo una pseudo trattativa privata con un unico offerente e con la sottoscrizione di una convenzione di durata addirittura quadriennale e quindi ben oltre i tempi necessari per il compimento di una procedura concorsuale per la copertura del posto previsto in organico. Dai fatti come sopra riassunti emerge con assoluta chiarezza che il contratto di affidamento a trattativa privata dei servizi di ragioneria del Comune all’unico offerente (gli altri due inviti erano stati diretti, opportunamente, a studi professionali svolgenti attività non in località viciniori a Campotosto, ma nel Lazio) è in realtà servito ad assicurare surrettiziamente un lavoro ad un figlio di un assessore, eludendo le norme vincolanti in materia di reclutamento (art. 36 D. L.vo 29/1993), nonché in violazione del divieto di affidare all’esterno normali funzioni istituzionali (art. 51, c. 7 della legge 142/1990). Che tale è stato lo scopo dissimulato della deliberazione 5/1997 del Consiglio comunale e 184/1997 della Giunta si rileva agevolmente dall’ingiustificato, mancato ricorso alle procedure di mobilità (art. 3 bis, c. 2 della legge 68/1993), ed a quelle concorsuali per la copertura del posto di VII livello.  Al fine poi di assicurare una buona stabilità all’impiego, di fatto già predestinato al rag. M., al contratto formalmente sottoscritto dal Comune con il commercialista G. (in realtà mai comparso presso il Comune), è stata data la durata di ben quattro anni, del tutto ingiustificata per lo scopo dichiarato di assicurare la copertura di una momentanea carenza di organico, cui il restante personale, e particolarmente il Segretario del Comune, nonché il rag. F. D. già affidatario dal dicembre 1997 al 31 marzo 1998, a scavalco, del servizio di ragioneria, avrebbero potuto agevolmente far fronte senza ulteriori oneri di spesa per l’ente locale. Il danno patrimoniale subito dal Comune di Campotosto in conseguenza dell’indebito affidamento all’esterno di normali compiti di istituto appare commisurabile al totale delle somme resesi contrattualmente dovute al dott. G. (lire 4.590.000 x 48 mensilità).  Va particolarmente rilevato ai fini del danno che nel periodo dicembre 1997 – 31.3.1998 il Comune ha addirittura raddoppiato la spesa per la provvisoria copertura dei servizi di ragioneria posto che per quattro mesi risulta liquidato il compenso sia al dott. G. che al rag. F. D., come da dichiarazione rilasciata da quest’ultimo in sede di convocazione ex art. 5, VI comma della legge 19/1994. Al di là di una diversa quantificazione del danno patrimoniale, ove si ritenesse ammissibile una parziale compensazione del danno costituito dai compensi corrisposti contrattualmente allo studio G., con i vantaggi costituiti dalle prestazioni affidate al predetto professionista (ma in realtà rese dal rag. M.), deve rilevarsi che non sembra configurarsi alcuna possibilità di raffronto omologo tra un singolo servizio acquistato da privato professionista e l’inserimento a pieno titolo di un funzionario pubblico in una struttura amministrativa con tutti gli obblighi di fedeltà, di esclusività, di responsabilità e di riservatezza che ineriscono ad un rapporto di pubblico impiego. Ove non si ritenga di commisurare il danno dell’intero importo dei compensi dovuti al privato commercialista, e sia ritenuta possibile una diversa quantificazione della indebita spesa, il caso sembra consentire il ricorso ad una valutazione equitativa consentita dall’art. 1226 C.C. . Valutazione, che, sulla base degli elementi forniti, non potrebbe che essere rimessa al prudente apprezzamento del Collegio giudicante. Al di là del danno patrimoniale si pone il problema di considerare e valutare il danno all’immagine che dai fatti sopra riferiti è derivato all’Ente locale, come segnalato anche dai Consiglieri comunali firmatari dell’esposto, dal quale ha tratto origine la presente azione, ed in tale veste esponenti della opinione dei cittadini rappresentati. Potrebbe obiettarsi che le vicende di un piccolo comune di alta montagna, abitato da poco più di cinquecento residenti effettivi e praticamente isolato in una collocazione geografica particolarmente sfavorita, appaiono inidonee a suscitare attenzione e clamore tali da costituire una effettiva ipotesi di danno all’immagine. Osservazione, questa, ingannevolmente suggestiva, ma non appagante. Se è pur vero che fatti del genere accaduti in grandi centri urbani hanno suscitato un ben altro clamore e non soltanto in ambito locale, ciò esprime un dato puramente quantitativo, utile semmai a determinare l’entità del danno, ma inidoneo a negarne l’esistenza. Sono infatti in gioco interessi immateriali costituenti valori assoluti, meritevoli di uguale tutela, a Milano come a Campotosto. E’ anzi proprio nelle piccole comunità, ove a nessuno sfugge la conoscenza di fatti disdicevoli compiuti da pubblici amministratori, che si manifesta con maggiore evidenza la lesione al decoro, al prestigio, alla corretta gestione della cosa pubblica, e alla credibilità delle istituzioni che mina più gravemente il prestigio dell’Ente locale. Né a fronte di un danno (quale quello c.d. all’immagine), per sua natura di difficile dimostrazione sul quantum (e quindi suscettibile di valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. nella considerazione – a questi fini si – del ristretto ambito di conoscenza dell’episodio) può esigersi una “prova specifica” dell’esistenza stessa del pregiudizio e tanto meno della documentazione di una spesa sostenuta per il ripristino dell’immagine lesa, poiché il danno all’immagine, per unanime convincimento giurisprudenziale, è costituito dalla lesione di interessi costituzionalmente riconosciuti (art. 24) sforniti di contenuto direttamente patrimoniale. Le responsabilità conseguenti ai fatti riferiti risalgono agli amministratori presenti e votanti la deliberazione 5/1997 del Consiglio comunale e 184/1997 della Giunta comunale. Se è infatti vero che solo con quest’ultima l’evento dannoso ha avuto concreta definizione, con l’affidamento dell’incarico, con la determinazione del compenso e con la fissazione in quattro anni della durata del contratto con il dott. G., con ciò certamente eccedendo il contenuto della deliberazione consiliare che prevedeva soltanto la copertura della funzione per il solo “periodo necessario alla soluzione definitiva e duratura della copertura del posto”, neanche i consiglieri comunali presenti alla riunione del 29.01.1997 possono ritenersi esenti da responsabilità. Con la deliberazione n. 5, infatti risulta approvato uno schema di convenzione affatto privo dei termini essenziali della durata dell’incarico e del compenso, onde l’atto si configura quale una delega conferita in bianco alla Giunta comunale, della cui esecuzione il delegante veniva ad assumere, pertanto, in via di preventiva ratifica, completa responsabilità. Ugualmente responsabilità, seppure in misura minore, deve ritenersi gravare sul segretario comunale che, presente alla riunione del Consiglio, avrebbe dovuto quanto meno sensibilizzare i presenti al rispetto delle procedure previste per la copertura della funzione rimasta priva del titolare ed anche rilevare l’anomalia di una delega incondizionata e sostanzialmente illimitata alla Giunta in materia di pertinenza del Consiglio. Sulla base dei fatti e delle considerazioni che precedono, si quantifica in £.220.320.000 il danno patrimoniale subito dal Comune per l’indebito affidamento all’esterno di normali compiti di istituto ed in £.100.000.000 il danno all’immagine patito dall’ente locale a causa della riprovevole vicenda oggetto della presente citazione. Stante la illustrata connessione tra la deliberazione del Consiglio comunale e quella, successiva, della Giunta, di tali danni devono ritenersi responsabili, salvo diverse determinazioni del Collegio giudicante, in uguale misura, i consiglieri e gli amministratori che tali atti hanno votato. Si rimette anche al giudizio della Sezione se ed in quale misura parte minore dell’addebito possa essere posto a carico del dott. A. M. in considerazione della evidenziata posizione puramente consultiva e marginale rivestita dal funzionario nella seduta in data 29.01.1997 del Consiglio comunale"".

 

In relazione a tali accadimenti, il Procuratore regionale instaurava il contraddittorio preliminare, ex art. 5, primo comma, del d.l. 15 novembre 1993, n. 453, convertito in legge 14 gennaio 1994, n. 19 (invito a dedurre in data 9 agosto 2000, notificato a tutti gli intimati).

 

Gli odierni convenuti producevano le proprie deduzioni in data 20 settembre 2000, 25 settembre 2000 e 15 novembre 2000.

 

A. M. e C. A. chiedevano, inoltre, di essere ascoltati personalmente.

 

Tali audizioni si svolgevano in data 6 dicembre 2000.

 

Seguiva, come descritto, l'emissione dell'atto di citazione.

 

La difesa di A. M., con atto depositato in data 7 settembre 2001: contestando quanto prospettato dalla Procura regionale, riteneva assenti alcuni elementi di responsabilità amministrativa (in particolare: antigiuridicità del comportamento, danno, dolo o colpa grave); affermava l'insindacabilità della condotta de qua ed invocava, infine, il rigetto della pretesa di Parte attrice e, in via subordinata, l'applicazione del potere riduttivo.

 

In esito all'udienza in data 2 ottobre 2001, il Collegio giudicante, con ordinanza n. 192/2001, disponeva l'acquisizione, presso il comune di Campotosto, di ulteriori elementi utili al fine della decisione (retribuzione lorda complessiva corrisposta nel periodo 15 dicembre 1997 -  31 marzo 1998 al Rag. D. F., già in servizio "a scavalco" presso l'ufficio di ragioneria; competenze lorde mensili ed annue spettanti al dipendente di livello VII (ora categoria D) da assegnare stabilmente al medesimo ufficio di ragioneria, con riferimento agli anni 1998, 1999, 2000 e 2001; eventuale cessazione dell'efficacia del contratto stipulato tra l'ente locale ed il Prof. V. G. se antecedente la naturale scadenza dello stesso negozio giuridico, con relativa documentazione di spesa).

 

Con nota n. 3740 in data 7 dicembre 2001, pervenuta in data 11 dicembre 2001, il segretario comunale del suddetto ente forniva i dati richiesti, evidenziando che - a seguito della "assunzione del ragioniere M. A. in pianta stabile come da contratto individuale di lavoro firmato in data 14/5/2001" - "non risultano fatture emesse a favore del Prof. G. a partire dal mese di giugno c.a.".

 

In sede di pubblica udienza: l'Avv. Margherita Zezza richiamava sostanzialmente il contenuto del suddetto atto defensionale; gli Avvocati Ernesto F. Venta e Rodolfo Ludovici insistevano per la reiezione della domanda introduttiva del giudizio ed il Pubblico Ministero concludeva per la condanna dei convenuti.

 

Considerato in

 

DIRITTO

 

Deve essere esaminata, preliminarmente, la questione prospettata dall'Avv. Ruta e riguardante l'affermata insindacabilità della condotta, ex art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, sostituito dall'art. 3 del d.l. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito in legge 20 dicembre 1996, n. 639.

 

Contrariamente a quanto sostenuto dal Difensore, permane la possibilità di sindacare la ragionevolezza e la congruità della scelta amministrativa (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, sentenza n. 1544 in data 25 settembre 2000; Sezione I giurisdizionale centrale, sentenza n. 238 in data 9 dicembre 1997), senza alcun rapporto, ovviamente, con le altre astrattamente perseguibili.

 

Per la parte di merito - prescindendo dalla segnalata violazione dell'art. 36 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, disposizione alla quale non si attribuisce rilevanza alcuna al fine del decidere - si osserva che gli incarichi esterni possono essere conferiti ove siano richieste conoscenze ed esperienze eccedenti le normali competenze del personale dipendente.

 

Gli stessi incarichi, inoltre, non devono implicare uno svolgimento di attività continuativa ma la soluzione, in virtù di particolari cognizioni, di specifiche problematiche.

 

Invero, il ricorso a professionalità esterne, in assenza di tali presupposti, non può essere considerato di per sé uno strumento per ampliare compiti istituzionali e ruoli organici dell'ente, al di fuori di quanto consentito dalla legge (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, citata sentenza n. 1544).

 

Si tratta, d'altronde, di affermazioni giudiziali che ricevono ripetuta e diffusa conferma nell'ambito della decisione di simili casi: l'incarico conferito ad una società di consulenza per lo svolgimento di compiti di normale rilevanza burocratica, cui avrebbero potuto provvedere gli uffici dell'ente, costituisce fattispecie di responsabilità amministrativa per colpa grave nonché fonte di danno ingiusto, a maggior ragione se comportante spese di rilevante importo (Corte dei conti, Sezione III giurisdizionale centrale, sentenza n. 152 in data 18 giugno 2001); deve ritenersi fonte di ingiusto danno cagionato con colpa grave la consulenza conferita a professionista estraneo ad un ente pubblico per lo svolgimento di mansioni amministrative del tutto normali e, come tali, certamente espletabili dai funzionari dell'ente (Corte dei conti, Sezione II giurisdizionale centrale, sentenza n. 208 in data 11 giugno 2001); l'incarico conferito dal consiglio di amministrazione (IACP) ad un professionista esterno per lo svolgimento di compiti di normale amministrazione, cui avrebbero dovuto provvedere gli uffici dell'ente, costituisce fattispecie di responsabilità amministrativa (Corte dei conti, Sezione III giurisdizionale centrale, sentenza n. 133 in data 7 giugno 2001); configura ipotesi di responsabilità amministrativa in testa ai vertici dell'amministrazione provinciale l'avere concorso a creare una struttura destinata al perseguimento di finalità istituzionali dell'ente, alimentata esclusivamente con personale estraneo all'amministrazione (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, sentenza n. 555 in data 17 aprile 2000).

 

Peraltro, le suddette enunciazioni trovano concorde riscontro anche nella giurisprudenza meno recente: sussiste la responsabilità amministrativa dei componenti la giunta municipale per aver affidato ad un avvocato esterno all'ente locale un incarico di consulenza legale che, invece, avrebbe dovuto essere svolto dagli organi tecnici del comune, trattandosi di materia rientrante nell'ordinaria amministrazione e nelle competenze interne dell'ente (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia, sentenza n. 302 in data 6 settembre 1995); il ricorso ad incarichi e consulenze esterne contrasta con il fondamentale principio di diritto secondo cui gli enti pubblici devono utilizzare per l'assolvimento dei compiti d'istituto il proprio apparato organizzativo (Corte dei conti, Sezione controllo enti, deliberazione n. 34 in data 14 giugno 1995); l'affidamento di incarichi a terzi estranei presuppone il concreto verificarsi delle esigenze previste dalla legge e l'impossibilità di farvi fronte con il personale in servizio (Corte dei conti, Sezione controllo enti, deliberazione n. 33 in data 22 luglio 1994); l'amministrazione può ricorrere a consulenze professionali solo in casi eccezionali e sempre che manchino, al proprio interno, le specifiche professionalità all'uopo necessarie (Corte dei conti, Sezione I giurisdizionale centrale, sentenza n. 56 in data 7 marzo 1994); non essendo ammissibile in linea di principio, ex art. 97, comma 2, della Costituzione, salvo che in casi ben determinati, l'affidamento (incarico di consulenza tecnica, economica e legale in materia di bilancio pluriennale) a soggetti estranei di funzioni istituzionali proprie dell'ente pubblico, la relativa spesa costituisce danno alla finanza dell'ente stesso (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, sentenza n. 6 in data 11 gennaio 1993).

 

Nel caso de quo, per di più, risulta particolarmente appropriata l'affermazione (Corte dei conti, Sezione controllo enti, citata deliberazione n. 33) circa il fine di evitare che gli affidamenti di incarichi a terzi "si traducano in forme atipiche di assunzione", inserimento nella struttura amministrativa che, con riguardo alla posizione del ragioniere A. M., deriva, antea e di fatto, da quanto deliberato in data 1 settembre 1997 e, postea e di diritto, dal "contratto individuale di lavoro firmato in data 14/5/2001" (nota n. 3740 in data 7 dicembre 2001 del segretario comunale).   

 

Tale assetto interpretativo, comunque, non appare modificato dal quadro normativo di riferimento (art. 51, comma 7, della legge 8 giugno 1990, n. 142; art. 6, comma 8, della legge 15 maggio 1997, n. 127, nel testo modificato dall'art. 2 della legge 16 giugno 1998, n. 191; art. 2, comma 2 bis, del d.l. 26 gennaio 1999, n. 8, convertito, con modificazioni, in legge 25 marzo 1999, n. 75; art. 274 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267).   

 

Nel caso concreto ed in applicazione dei richiamati principi, appare sussistente il pregiudizio patrimoniale.

 

La responsabilità di tale nocumento deve essere imputata esclusivamente ai membri della giunta comunale, atteso che la deliberazione n. 5 in data 29 gennaio 1997 del consiglio comunale - connotata da genericità ed indeterminatezza (articoli 1 e 3 della allegata bozza di convenzione, concernenti, rispettivamente, l'oggetto e la durata) - non presenta efficacia  direttamente ed immediatamente lesiva della consistenza patrimoniale dell’ente locale, effetto riconducibile soltanto alla successiva deliberazione n. 184 in data 1 settembre 1997, atto con il quale si concedeva "l’espletamento del servizio di ragioneria comunale per la durata di anni n. 4 al Dott. Prof. G. V. per un compenso annuo di £. 45 milioni + 2% CP + I.V.A. al 19%". 

 

Parimenti, deve essere esclusa la responsabilità del M. - segretario comunale nella seduta in data 29 gennaio 1997 - al quale, peraltro, la stessa Procura regionale attribuisce in sostanza una "posizione puramente consultiva e marginale".

 

Specificando che, in aderenza ad influente dottrina, l'atteggiamento psicologico interiore non può essere provato direttamente ma unicamente attraverso un esame delle circostanze oggettive e della condotta in cui esso si concreta, deve essere rilevata, in base a tali parametri, la colpa grave dei componenti della giunta comunale i quali, in violazione dei doveri imposti dai generali ed irrinunciabili canoni di buona amministrazione, trascuravano i prevedibili (e, quindi, evitabili) effetti pregiudizievoli connessi all'attività de qua (vgs. anche l'articolato e contrario parere espresso dal segretario comunale, Dott. Giuseppe Napolitano, in ordine a quanto deliberato in data 1 settembre 1997).  

 

Nulla quaestio, invece, sul rapporto di servizio e sul nesso di causalità, apparendo pacifico il primo ed evidente, innanzi alla consequenzialità tra la citata condotta ed il danno, il secondo.

 

Inoltre, deve essere considerato quanto previsto dall'art. 1, comma 1 bis, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, aggiunto dall'art. 3 del d.l. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito in legge 20 dicembre 1996, n. 639, laddove stabilisce che nel giudizio di responsabilità deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall'amministrazione o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici, disposizione applicabile ai fatti commessi successivamente all'entrata in vigore della legge stessa (Corte dei conti, Sezione II giurisdizionale centrale, sentenza n. 50 in data 21 febbraio 2000).

 

Nella concreta fattispecie, innanzi ad una non contestata funzionalità del servizio di ragioneria, con un livello di prestazioni verosimilmente adeguato (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Campania, sentenza n. 53 in data 7 settembre 1999), ed in assenza, allo stato degli atti, di particolari disservizi, deve essere riconosciuto il vantaggio in parola, altrove definito come un quid di natura materiale, nel senso che esiste o meno a prescindere dalla legittimità o illegittimità della fonte dal quale scaturisce (Corte dei conti, Sezione III giurisdizionale centrale, sentenza n. 34 in data 3 febbraio 2000).

 

In verità, secondo gli insegnamenti di autorevole dottrina: non risultano più ammissibili, dopo la novella del 1996, costruzioni giurisprudenziali residue che postulino preclusioni nella valutazione dei vantaggi quando il danno derivi da spese sostenute in violazione di divieti di legge; si offende lo spirito e la lettera della novella, rendendola evanescente, se si sottraggono ad ogni valutazione i vantaggi derivanti dal compimento di un atto contra legem, in quanto il presupposto della responsabilità amministrativa è proprio la commissione di un illecito.

 

Deve essere esclusa, altresì, la lesione all’immagine, posto che il Pubblico Ministero  si limitava ad allegare genericamente la sussistenza di tale danno (Corte dei conti: Sezione I giurisdizionale centrale, sentenza n. 284 in data 13 settembre 2000; Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, sentenza n. 20 in data 5 luglio 2000).

 

Del resto, la prova in questione - in assenza sia di oggettivo clamore suscitato dalla rappresentata vicenda sia di documentata perdita di prestigio ovvero di accertato deterioramento dell'immagine della p.a. - non può essere riferita agli isolati articoli di stampa in atti di causa e limitati alla mera e sommaria divulgazione di alcune notizie concernenti la fase iniziale del processo contabile.

 

Ritenuti configurabili gli elementi per l’affermazione della responsabilità oggetto della domanda di Parte attrice, si conclude per una liquidazione del danno pari a lire 53.571.000.

 

Tanto sulla base delle somme percepite dal G. nel periodo 15 dicembre 1997 - 31 marzo 1998 (lire 16.065.000) e della differenza tra quanto dovuto complessivamente e mensilmente al citato studio commerciale e la media, arrotondata per eccesso, delle competenze lorde mensili spettanti al dipendente pubblico di livello VII (ora categoria D) per il periodo 1 aprile 1998 - 31 maggio 2001 (lire 4.590.000 - lire 3.603.000 = lire 987.000 x 38 mesi = lire 37.506.000).

 

Pertanto, si condannano E. D. G., O. A. e F. M. al risarcimento, in parti uguali, con addebito individuale di lire 17.857.000, della somma di lire 53.571.000, importo da ritenersi comprensivo di rivalutazione monetaria fino alla data di deposito della presente sentenza.

 

Sono, invece, dovuti gli interessi legali dalla predetta data sino all’effettiva ed intera soddisfazione del credito.

 

Le spese seguono la soccombenza con la medesima ripartizione.

 

Omissis