*** Il T.A.R. Lazio, sez. III di Roma, con la sentenza numero 3324 del 2003 si occupa di un ricorso avverso un provvedimento emanato dall’Autorità llpp contenente l’affermazione che la ricorrente è incorsa ““e nella sospensione per un anno, decorrente dalla data del 12 giugno 2002, cioè dal momento in cui è stato accertata il venir meno dell’impegno assunto con la sottoscrizione del patto d’Integrità con il Comune di Milano, dalla partecipazione alle gare di appalto o di concessione di lavori di lavori pubblici indette da qualsiasi stazione appaltante, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 75, comma 1, lettera h), del DPR n° 554/1999 e s.m. e di quanto precisato con determinazioni dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici n° 16/23 del 5 dicembre 2001 e n° 10 del 29 maggio 2002….”.
L’adito giudice amministrativo, nel concedere soddisfazione alla ditta ricorrente, osserva altresì che “La specifica fonte normativa individuata dall’Autorità - lettera h) del comma 1 dell’articolo 75- erroneamente è stata ritenuta applicabile al caso concreto riguardante l’impresa ricorrente, tenuto conto che la fattispecie presa in esame (violazione del principio di segretezza delle offerte ed esistenza di un collegamento sostanziale con altra impresa concorrente) concerne ipotesi diversa da quelle alle quali puntualmente ed esclusivamente si riferisce l’anzidetta disposizione di cui alla lettera h) dell’articolo 75. Infatti, nel caso in esame, l’esclusione dalla gara della ricorrente non è intervenuta né per carenza del requisito della qualificazione (articolo 8, comma 7) né in sede di verifica a campione del possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa (articolo 10, comma 1-quater), ma per violazione di un patto aggiunto al bando di gara e concernente un impegno ulteriore assunto dai concorrenti”
Art. 75 (Cause di esclusione dalle gare di appalto per l'esecuzione di lavori pubblici) dpr 554/99
1. Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti:
a) che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di amministrazione controllata o di concordato preventivo o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni; b) nei cui confronti è pendente procedimento per l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all’articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423; il divieto opera se la pendenza del procedimento riguarda il titolare o il direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; il socio o il direttore tecnico se si tratta di società in nome collettivo o in accomandita semplice, gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza o il direttore tecnico, se si tratta di altro tipo di società; c) nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, oppure di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati che incidono sull’affidabilità morale e professionale; il divieto opera se la sentenza è stata emessa nei confronti del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale; del socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo o in accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso il divieto opera anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata. Resta salva in ogni caso l’applicazione dell’articolo 178 del codice penale e dell’articolo 445, comma 2, del codice di procedura penale; d) che hanno violato il divieto di intestazione fiduciaria posto all’articolo 17 della legge 19 marzo 1990, n. 55; e) che hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio dei lavori pubblici; f) che hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione di lavori affidati dalla stazione appaltante che bandisce la gara; g) che abbiano commesso irregolarità, definitivamente accertate, rispetto gli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti; h) che nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara hanno reso false dichiarazioni in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara, risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio dei lavori pubblici.
A conclusione dell’emarginata sentenza si legge inoltre che “(…)non può non ribadirsi che, ai sensi dell’articolo 27 del DPR n° 34/2000 il Casellario Informatico è formato soltanto “…sulla base delle attestazioni trasmesse dalle SOA, ai sensi dell’articolo 12, comma 5, del presente regolamento, e dalle comunicazioni delle stazioni appaltanti previste dal regolamento generale (ndr. N° 554/1999)…” e che le annotazioni nello stesso Casellario possono essere disposte dall’Autorità -con gli automatici effetti propri recati dalle stesse norme richiamate nelle disposizioni di cui alle lettere r) ed s) del suo secondo comma- soltanto per le ipotesi espressamente ivi indicate. Consegue che ogni altra interpretazione comunque estensiva della portata dispositiva di tali norme -che abbia a scopo l’annotazione, agli stessi anzidetti titoli, di fattispecie diverse da quelle considerate,come è avvenuto nel caso in esame- non può che essere ritenuta illegittima (…)” ***
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio -sez 3^.- ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A sul ricorso n° 75/2003 R.G., proposto dalla *****. s.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pietro Golisano con il quale è elettivamente domiciliata in Roma, via G. Lagrange n° 1; c o n t r o l’AUTORITA’ PER LA VIGILANZA SUI LAVORI PUBBLICI, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n° 12; e nei confronti - del COMUNE di MILANO, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Rita Surano, Maria Teresa Maffey e Raffaele Izzo ed elettivamente domiciliato presso detto ultimo difensore, in Roma, via Cicerone n° 28; - della ****** APPALTI E COSTRUZIONI s.r.l., non costituita in giudizio; per l'annullamento del provvedimento n° 526/02, adottato nella seduta del 23/10/2002, nonché di ogni altro atto antecedente e presupposto, connesso e consequenziale; Visto il ricorso con i relativi allegati; visti gli atti di costituzione in giudizio dell’intimata Autorità e del Comune di Milano; viste le memorie difensive depositate dalle parti; visti gli atti tutti della causa; Alla pubblica udienza del 26 febbraio 2003, relatore il Cons. Guido Romano, uditi i difensori delle parti come da verbale di udienza; ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue F A T T O La *****. s.r.l. ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe chiedendone l’annullamento. Premesse alcune notazioni, in punto di fatto, relative alle vicende procedimentali in esito alle quali è stato emanato il provvedimento di sospensione della ricorrente per un anno da tutte le gare di appalto di lavori pubblici, a decorrere dal 12 giugno 2002 , la medesima ricorrente ne ha contestato la legittimità, ritenendo sussistenti i seguenti vizi: 1)- eccesso di potere per illogicità e travisamento dei fatti con riguardo alla specifico comportamento dell’impresa; motivazione viziata ed insufficiente; 2)- violazione e falsa applicazione dell’articolo 75 del DPR n° 554/1999 e dell’articolo 27 del DPR n° 34/2000; difetto dei presupposti per l’irrogazione della sanzione; violazione degli articoli 4, 8 e 10 della legge n° 109/1994; 3)- violazione e falsa applicazione degli articoli 7 ed 8 della legge n° 241/1990 e degli articoli 5 e 6 del DPR n° 554/1999; violazione del principio del giusto procedimento e del contraddittorio; 4)- eccesso di potere per ingiustizia manifesta, attesa la sproporzione tra fatto contestato e sanzione irrogata. Delle parti intimate si sono costituite in giudizio, depositando documentazione ed articolate memorie, soltanto l’Autorità ed il Comune di Milano, che hanno chiesto la reiezione del ricorso. All'udienza del 26 febbraio 2003, uditi i difensori delle parti, il ricorso è stato assegnato in decisione, il cui dispositivo n° 41/03, ai sensi dell’art. 23 bis, comma 6, della legge 6/12/1971, n° 1034, come modificata dalla legge n° 205 del 21 luglio 2000, è stato pubblicato il 27 febbraio 2003; D I R I T T O 1. Prima di esaminare i motivi di impugnazione proposti da parte ricorrente, giova riassumere, in punto di fatto, la vicenda sottoposta all’esame del Collegio. L’Autorità per la Vigilanza su Lavori Pubblici (di seguito: l’Autorità), sulla scorta di segnalazione effettuata dal Comune di Milano, in qualità di stazione appaltante, in relazione alla disposta esclusione delle ditte *****. s.r.l. e … s.r.l dalla gara relativa all’appalto n° 33 dell’anno 2002, per violazione del principio di segretezza delle offerte e per collegamento sostanziale, “…contestava…” a dette ditte “…le ipotesi di cui all’art. 27, comma 2, lettere r) ed s), del DPR 25/1/2000, n° 34 per le quali è prevista l’iscrizione nel Casellario Informatico delle Imprese, con la conseguente sospensione dalla partecipazione alle gare di appalto o di concessione di lavori pubblici, ai sensi dell’art. 75, comma 1, lettera h), del DPR n° 554/1999 e s. m., per un periodo pari ad un anno e, in subordine, l’ipotesi di cui all’art. 27, comma 2, lettera t), del DPR n° 34/2000, vale a dire l’inserimento nel Casellario senza previsione di sospensione dalla partecipazione alle gare, di notizie utili riferite alla imprese, tra cui possono rientrare anche eventuali collegamenti sostanziali tra le stesse e violazione del principio di segretezza delle offerte…”. Nello stesso contesto, assegnava alle imprese intimate il termine di 20 giorni “…per la produzione di memorie difensive…” e comunicava alle medesime la data dell’adunanza nella quale il Consiglio dell’Autorità, ascoltate le parti, avrebbe emesso le proprie determinazioni. Nella citata data, l’Autorità, dopo aver esaminato le opposte tesi patrocinate dalle parti convocate, ha ritenuto, conclusivamente, che “…gli elementi forniti, di cui sopra, integrano, pertanto, gli estremi della fattispecie prevista dall’art. 75, comma 1, lettera h), del DPR 21 dicembre 1999, n° 554 e s.m., in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara…” in quanto le imprese intimate “..non hanno confermato la dichiarazione resa attraverso la sottoscrizione del Patto di Integrità…” ed ha deciso: 1- che l’impresa ricorrente e l’altra intimata “…sono incorse nella sospensione per un anno, decorrente dalla data del 12 giugno 2002, cioè dal momento in cui è stato accertata il venir meno dell’impegno assunto con la sottoscrizione del patto d’Integrità con il Comune di Milano, dalla partecipazione alle gare di appalto o di concessione di lavori di lavori pubblici indette da qualsiasi stazione appaltante, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 75, comma 1, lettera h), del DPR n° 554/1999 e s.m. e di quanto precisato con determinazioni dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici n° 16/23 del 5 dicembre 2001 e n° 10 del 29 maggio 2002….”; 2- di disporre l’annotazione di tale determinazione nel Casellario Informatico, in corrispondenza delle imprese anzidette, con la precisazione che “…detta causa preclusiva (n.d.r. l’esclusione da tutte le gare) esplica altresì gli effetti di cui alla determinazione dell’Autorità n° 19 del 30 luglio 2002…”. 2. A sostegno della domanda di annullamento proposta la ricorrente deduce quattro motivi specifici di ricorso con i quali sostiene quanto segue. 1)- La motivazione contenuta nel provvedimento impugnato sarebbe insufficiente e contraddittoria e la deduzione conclusiva effettuata dalla medesima Autorità sarebbe frutto di travisamento dei fatti, tenuto conto che non intercorre tra la ricorrente e l’altra impresa intimata alcun rapporto di controllo o di collegamento di cui all’articolo 2359 codice civile; 2)- L’Autorità avrebbe illegittimamente applicato la norma contenuta nella lettera h) del comma 1 dell’articolo 75 del DPR n° 554/1999 in quanto la fattispecie concreta per la quale il Comune di Milano ha escluso la ricorrente dalla gara n° 33 dal medesimo indetta (violazione del principio di segretezza e collegamento sostanziale tra imprese concorrenti) e che l’Autorità anzidetta ha assunto a presupposto della sanzione irrogata non sarebbe contemplata da tale norma. Conseguirebbe l’inapplicabilità di detta norma e la sussistenza di tutti i vizi denunziati con il primo motivo. 3)- L’Autorità avrebbe considerato, ai fini della determinazione della misura sanzionatoria irrogata, fatti e documenti non previamente contestati alla ricorrente perché emersi soltanto a seguito del deposito, in corso di procedimento, di documenti da parte del Comune di Milano. In particolare, l’Autorità avrebbe giudicato “…recidivo…” il comportamento asseritamente tenuto dalla ricorrente, sulla base di elementi mai contestati. Di qui i vizi dedotti con il terzo motivo di ricorso che inficerebbero il procedimento seguito dall’Autorità e, quindi, il provvedimento impugnato. 4) Il provvedimento sarebbe, infine, viziato anche per ingiustizia manifesta, tenuto conto della sproporzione esistente tra fatto illecito contestato e sanzione irrogata. 3. L’Avvocatura Generale dello Stato, con articolata memoria, ha diffusamente controdedotto alle censure mosse dalla ricorrente affermando, in via pregiudiziale: - che, nella specie, l’Autorità non avrebbe “…esercitato un potere sanzionatorio, dal momento che le conseguenze preclusive connesse alla specifica situazione di fatto derivano immediatamente e direttamente dalla legge…”; - che tali conseguenze “automatiche” discenderebbero dalla diretta applicazione delle norme dell’art. 75 del DPR n° 554/1999 e s. m. e dell’art. 27 del DPR n° 34/2000, per cui l’Autorità non avrebbe esercitato alcun potere proprio e, tanto meno, di natura sanzionatoria, ma si sarebbe limitata ad introdurre una fase di contraddittorio avanti a sé, prima che si procedesse all’annotazione del fatto nel casellario; - che, in tal senso, anzi, l’iniziativa assunta dall’Autorità potrebbe qualificarsi “forse praeter legem”, ma sarebbe senza dubbio virtuosa, dal momento che introdurrebbe nella fattispecie un momento dialettico preliminare, che avrebbe una funzione sostanziale di garanzia, innanzi tutto delle ragioni delle imprese, onde evitare che eventuali evidenti errori commessi dalla stazione appaltante potessero continuare a produrre effetti; - che sarebbe errato il convincimento, per vero diffuso, che il provvedimento di esclusione dalla gara, in genere, abbia natura sanzionatoria, in quanto vi sarebbero casi nei quali non sarebbe attribuibile in alcun modo tale natura (ad es. crisi economica dell’impresa), come, sintomaticamente, sarebbe dimostrato dall’assenza di ogni normativa procedimentale e di garanzia, anche del contraddittorio, propria di ogni istituto sanzionatorio; - che, conclusivamente, a nessuna delle determinazioni assunte dall’Autorità sarebbe attribuibile natura provvedimentale sanzionatoria, discendendo ogni effetto di esclusione dalle gare direttamente dai singoli provvedimenti adottati, caso per caso, da ciascuna stazione appaltante -come renderebbe conto anche la formula utilizzata dall’Autorità (“…è incorsa nella sospensione…”) nella parte dispositiva della propria delibera- per cui dovrebbe dubitarsi che il ricorrente abbia interesse concreto all’annullamento richiesto. Nel merito, ha sostenuto: - che nella formula “requisiti e condizioni rilevanti per la partecipazione alla gara”, di cui all’art. 75 del DPR n° 554/1999 rientrerebbero anche quelli previsti dalla lex specialis della gara e cioè nella specie dal “Patto di integrità”, richiamato dal bando; - che, analogamente, non sarebbe fondata la tesi che vorrebbe limitare la rilevanza della falsa dichiarazione alla sola ipotesi disciplinata dall’art. 10, comma 1 quater, della legge n° 109/1999 e s.m.; - che sarebbe in conferente ogni censura su pretesi difetti istruttori della deliberazione impugnata perché l’Autorità avrebbe ampiamente “…consentito ogni contraddittorio sui fatti…” considerati; - che ogni altra considerazione di merito, circa la concreta situazione ravvisata dalla stazione appaltante nella specifica gara, non potrebbe avere ingresso in questa sede giurisdizionale, essendo già oggetto di sindacato da parte del Giudice Amministrativo competente per territorio. 4. Il Comune di Milano, ha sostenuto che le tesi svolte nel merito dalla ricorrente sarebbero infondate poiché, come indicato nella delibera impugnata dell’Autorità, sia le determinazioni assunte in sede di gara sia quelle assunte dall’Autorità medesima sarebbero confortate dalla giurisprudenza. Ha chiesto, conseguentemente, la reiezione del ricorso. 5. Tutto ciò premesso, ritiene il Collegio che debba essere esaminata per prima, attesa la sua natura pregiudiziale, l’eccezione sostanzialmente proposta dalla difesa dell’Autorità di insussistenza, in capo alla ricorrente, di un interesse concreto all’annullamento degli atti impugnati. Detta eccezione è così riassuntivamente articolata: - le “…conseguenze preclusive connesse alla specifica situazione di fatto…” derivano dalla norma che ricollega l’esclusione annuale da tutte le gare “…immediatamente e direttamente al fatto della riscontrata falsità nelle dichiarazioni di gara…” e che ne impone “…la conoscibilità erga omnes…”, attraverso la prevista annotazione dell’estratto del relativo provvedimento nel Casellario Informatico delle imprese; - dunque, l’Autorità non ha, di fatto, esercitato “…alcun potere proprio, e tanto meno di natura sanzionatoria…”. L’eccezione è infondata. Ritiene il Collegio che l’efficacia provvedimentale della delibera impugnata di “…sospensione per un anno…” della ricorrente “…dalla partecipazione alle gare di appalto o di concessione di lavori pubblici indette da qualsiasi stazione appaltante…” sia del tutto evidente, in ragione delle seguenti considerazioni. Innanzi tutto, depongono a favore di tale convincimento gli elementi formali dell’atto in questione che sono costituiti: - dalla circostanza che l’atto in esame è espressione conclusiva di un autonomo processo valutativo iniziatosi con un formale atto di contestazione e proseguito attraverso un contraddittorio instaurato sia con l’impresa interessata sia con la “denunziante” stazione appaltante, nonché conclusosi con l’esternazione di una diffusa ed autonoma (rispetto alle valutazioni operate dalla stazione appaltante nel procedimento di gara) motivazione delle ragioni per le quali si è ritenuta violata la norma ed applicabile la misura concretamente applicata; - dalla circostanza che l’atto è espressamente qualificato “Decisione”, cui corrisponde poi, sempre sul piano formale, l’utilizzo della formula “P.Q.M.” propria, in genere, dei dispositivi di carattere cogente; - dalle formule rituali utilizzate sia nella motivazione (“…gli elementi forniti di cui sopra integrano, pertanto, gli estremi della fattispecie prevista dall’articolo…”) sia nel dispositivo della delibera contestata (“…manda, ai sensi dell’articolo…affinché nel Casellario…siano iscritte rispettivamente le seguenti annotazioni…” ovvero “…detta causa preclusiva esplica altresì gli effetti di cui…”). In secondo luogo, rilevante è la circostanza che nella delibera dell’Autorità n° 19 del 30 luglio 2002 -cui rinvia il contestato provvedimento per individuare gli effetti ulteriori della disposta sospensione ex articolo 75, comma 1, lettera h), del DPR n° 554/1999- si affermi, con il sussidio di apposita motivazione recata anche da altra delibera della stessa Autorità (n° 10 del 29/1/2002) ivi richiamata, che: - “…è compito dell’Autorità, ricevuta dalla stazione appaltante la segnalazione del provvedimento di esclusione dell’impresa dalla gara per il ricorrere dell’ipotesi di cui all’articolo 75, comma 1, lettera h), emanare il proprio provvedimento sanzionatorio ed inserire nel casellario informatico delle imprese il divieto per un anno per l’impresa medesima di partecipare alle gare di appalto o di concessione di lavori pubblici indette da qualsiasi stazione appaltante…”; - le stazioni appaltanti, nel caso in cui venga in evidenza “…uno dei casi di applicazione dell’articolo 75, comma 1, del DPR 21/12/1999, n° 554, dopo la stipula del contratto ed eventualmente a lavori in corso, se si tratta di attestazione dell’aggiudicatario…” devono “… annullare l’aggiudicazione e sciogliere il contratto con l’impresa esecutrice, rinnovando la procedura di gara…”. Ed infatti, a parere del Collegio, non pare revocabile in dubbio: - che l’Autorità abbia ritenuto e ritenga la norma del citato articolo 75 fonte attributiva alla medesima di uno specifico potere sanzionatorio, che non solo essa stessa qualifica come tale, ma vi ricollega anche effetti, direttamente ed autonomamente incidenti nella sfera giuridica dell’impresa sottoposta a giudizio, tali da costituire, in ogni caso, oggettivo riscontro della sua effettiva natura; - che tali effetti abbiano prodotto concreta lesione all’interesse protetto della ricorrente sol che si abbia riguardo, per un verso, all’efficacia tutta particolare che, notoriamente, anche secondo l’esperienza maturata in altri settori (ad esempio, in materia di pubblicità ingannevole), ha la pubblicizzazione dei provvedimenti sanzionatori; per altro verso, alla circostanza che, nella specie, tale pubblicizzazione si è realizzata attraverso l’annotazione del dispositivo della sanzione irrogata nel Casellario informatico al quale accedono, in tempo reale, tutte le stazioni appaltanti e tutti gli operatori del settore, pubblici e privati; per altro verso ancora, al valore decisamente prescrittivo attribuito dall’Autorità alle indicazioni contenute nella sua determinazione n° 19 del 30 luglio 2002, che le stazioni appaltanti, per quel che qui rileva, hanno applicato, disponendo l’esclusione dalla gara ovvero anche la risoluzione del rapporto contrattuale già eventualmente instaurato, in danno delle imprese “sospese” dall’Autorità. Pertanto, non può non ribadirsi che l’eccezione esaminata, pur se abilmente e suggestivamente proposta dalla difesa dell’Autorità, non può essere condivisa. 6. Invece, fondati ed assorbenti ogni altra decisione di questo Collegio, nei modi di seguito indicati, sono il secondo ed il terzo motivo di ricorso proposti dalla ricorrente. 6.1 In ordine logico vanno esaminate per prime le doglianze sollevate con il terzo motivo di ricorso, tenuto conto che con le stesse si sostiene che l’Autorità si sarebbe determinata ad irrogare la sanzione, anche relativamente alla sua entità, sulla base di atti e fatti non contestati, perché acquisiti soltanto in corso di procedimento. Il motivo è fondato. Dal provvedimento impugnato si ha conferma del fatto che l’atto di contestazione notificato alla ricorrente era relativo esclusivamente alla gara n° 33/2002 (cfr. pag. 1), e cioè a quella in conseguenza della quale è stata fatta la segnalazione presupposta al procedimento ed al provvedimento in questione. Si ha, altresì, conferma che, effettivamente, soltanto “…nel corso dell’adunanza…” nella quale sono state ascoltate le parti -ovvero, al più presto in sede di presentazione degli scritti difensivi, ma comunque sempre dopo la notifica dell’atto di contestazione (cfr. provvedimento impugnato pagg. 2 e 3)- la ricorrente è venuta a conoscenza che la valutazione dell’Autorità avrebbe considerato anche elementi forniti in corso di procedimento dal Comune di Milano e da detto ente estrapolati, peraltro, dagli atti riguardanti diversa e precedente (di due anni) gara (n° 43/2000) dalla quale la ricorrente non era stata esclusa. Orbene, è evidente che in tal modo è stata violata la norma dell’articolo 5 del DPR n° 554/1999 ed in ogni caso le garanzie apprestate dalla legge n° 241/1990 in materia di integrità del contraddittorio, tenuto conto che nell’economia della motivazione conclusivamente rassegnata dall’Autorità nel provvedimento impugnato (cfr. in particolare pag. 10), la circostanza della “…reiterazione della situazione di collegamento sostanziale tra la *** e la *** APPALTI E COSTRUZIONI, verificata nella gara n°43 indetta dal Comune di Milano nel 2000…” è stata considerata a tal punto rilevante dalla medesima Autorità da impedirle “…di ritenere episodico il fenomeno appena descritto…” e da farlo valutare come elemento concorrente -quanto meno con pari forza con l’altro elemento della “…non mera casualità…” degli atti e dei comportamenti tenuti dalle due imprese intimate- nella determinazione di irrogare la sanzione della sospensione per un anno da tutte le gare di appalto. 6.2 Fondato è, altresì, anche il secondo motivo di ricorso, alla stregua delle seguenti motivazioni. La specifica fonte normativa individuata dall’Autorità <lettera h) del comma 1 dell’articolo 75> erroneamente è stata ritenuta applicabile al caso concreto riguardante l’impresa ricorrente, tenuto conto che la fattispecie presa in esame (violazione del principio di segretezza delle offerte ed esistenza di un collegamento sostanziale con altra impresa concorrente) concerne ipotesi diversa da quelle alle quali puntualmente ed esclusivamente si riferisce l’anzidetta disposizione di cui alla lettera h) dell’articolo 75. Infatti, nel caso in esame, l’esclusione dalla gara della ricorrente non è intervenuta né per carenza del requisito della qualificazione (articolo 8, comma 7) né in sede di verifica a campione del possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa (articolo 10, comma 1-quater), ma per violazione di un patto aggiunto al bando di gara e concernente un impegno ulteriore assunto dai concorrenti. Inoltre, non può non ribadirsi che, ai sensi dell’articolo 27 del DPR n° 34/2000 il Casellario Informatico è formato soltanto “…sulla base delle attestazioni trasmesse dalle SOA, ai sensi dell’articolo 12, comma 5, del presente regolamento, e dalle comunicazioni delle stazioni appaltanti previste dal regolamento generale (ndr. N° 554/1999)…” e che le annotazioni nello stesso Casellario possono essere disposte dall’Autorità -con gli automatici effetti propri recati dalle stesse norme richiamate nelle disposizioni di cui alle lettere r) ed s) del suo secondo comma- soltanto per le ipotesi espressamente ivi indicate. Consegue che ogni altra interpretazione comunque estensiva della portata dispositiva di tali norme -che abbia a scopo l’annotazione, agli stessi anzidetti titoli, di fattispecie diverse da quelle considerate,come è avvenuto nel caso in esame- non può che essere ritenuta illegittima. 7. Pertanto, per tutte le ragioni esposte nel capo di sentenza che precede, non può non ritenersi illegittima la delibera adottata nella riunione del Consiglio dell’Autorità del 23 ottobre 2002 n° 526, con conseguente annullamento della medesima. 8. Infine, quanto alle spese di giudizio, sussistono giusti motivi per non porle a carico delle parti soccombenti. P . Q . M . il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio -sez. 1^- pronunciando n° 75/2003 R.G. proposto dalla *** s.r.l., così decide: A) accoglie il ricorso anzidetto, nei sensi di cui in motivazione; B) spese compensate. Ordina che la sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 febbraio 2003. Luigi COSSU - Presidente Guido ROMANO - Estensore |
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