inserito in Diritto&Diritti nel novembre 2002

Non piu' ritardi nel pagamento delle fatture e cambiano alcune regole del codice di procedura civile

di Alberto Foggia

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Novità di grande importanza è rappresentata dal Decreto Legislativo del 9
ottobre 2002, n. 231, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 249 del 23
ottobre 2002, emanato in attuazione della Direttiva della Comunità Europea
2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle
transazioni commerciali.

Il Decreto suindicato si propone di tutelare il creditore di somme di denaro
a titolo di corrispettivo per la fornitura di merce o per la prestazione di
servizi, prevedendo a carico del debitore inadempiente, salvo, però, diverso
accordo fra le parti, elevati interessi ("in misura pari al saggio
d'interesse del principale strumento di rifinanziamento della Banca Centrale
Europea applicato alla sua più recente operazione di rifinanziamento
principale effettuata il primo giorno di calendario del semestre in
questione, maggiorato di sette punti percentuali. Il saggio di riferimento
in vigore il primo giorno lavorativo della Banca Centrale Europea del
semestre in questione si applica per i successivi sei mesi"), decorrenti,
automaticamente, dal giorno successivo alla scadenza del termine
contrattuale stabilito per il pagamento.

Non sarà quindi più necessario costituire in mora il debitore, come
prescritto dall'art. 1219 c.c. ("Il debitore è costituito in mora mediante
intimazione o richiesta fatta per iscritto."); questi, comunque, potrà
sottrarsi alla "scure" degli interessi moratori provando il ritardo
incolpevole, ovvero che non ha potuto adempiere, nei termini pattuiti, al
pagamento del corrispettivo per causa a lui non imputabile.

Attenzione, però, qualora in sede contrattuale le parti non abbiano
convenuto alcun termine per il pagamento del prezzo, gli interessi
decorreranno, sempre automaticamente, alla scadenza del seguente termine
legale:

a) "trenta giorni dalla data di ricevimento della fattura da parte del
debitore o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente";

b) "trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di
prestazione dei servizi, quando non è certa la data di ricevimento della
fattura o della richiesta equivalente di pagamento";

c) "trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla prestazione
dei servizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura o la
richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento
delle merci o della prestazione dei servizi";

d)" trenta giorni dalla data dell'accettazione o della verifica
eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini dell'accertamento
della conformità della merce o dei servizi alle previsioni contrattuali,
qualora il debitore riceva la fattura o la richiesta equivalente di
pagamento in epoca non successiva a tale data".

Per i contratti aventi ad oggetto la cessione di prodotti alimentari
deteriorabili, il pagamento del corrispettivo deve essere effettuato,
invece, entro il termine legale di "sessanta giorni dalla consegna o dal
ritiro dei prodotti medesimi e gli interessi decorrono automaticamente dal
giorno successivo alla scadenza del termine. In questi casi il saggio degli
interessi della Banca Centrale Europea è maggiorato di ulteriori due punti
percentuali ed è inderogabile".

L'accordo delle parti sulla data o sulle conseguenze del ritardato pagamento
del corrispettivo è da considerarsi nullo se:

1)- "avuto riguardo alla corretta prassi commerciale, alla natura della
merce o dei servizi oggetto del contratto, alla condizione dei contraenti ed
ai rapporti commerciali tra i medesimi, nonchè ad ogni altra circostanza,
risulti gravemente iniquo in danno del creditore".

2)- "senza essere giustificato da ragioni oggettive, abbia come obiettivo
principale quello di procurare al debitore liquidità aggiuntiva a spese del
creditore, ovvero l'accordo con il quale l'appaltatore o il subfornitore
principale imponga ai propri fornitori o subfornitori termini di pagamento
ingiustificatamente più lunghi rispetto ai termini di pagamento ad esso
concessi".

In tali casi "Il giudice, anche d'ufficio, dichiara la nullità dell'accordo
e, avuto riguardo all'interesse del creditore, alla corretta prassi
commerciale.applica i termini legali ovvero riconduce ad equità il contenuto
dell'accordo medesimo".

Al creditore viene garantito il risarcimento dei costi sostenuti per il
"recupero delle somme non tempestivamente corrispostegli", salva la prova
del maggior danno, ove il debitore non dimostri che il ritardo non sia a lui
imputabile.

"I costi, comunque rispondenti a principi di trasparenza e di
proporzionalità, possono essere determinati anche in base ad elementi
presuntivi e tenuto conto delle tariffe forensi in materia stragiudiziale".

Da ciò si deduce che (anche se, come parrebbe, il legislatore abbia
ignorato - non si sa se intenzionalmente o per distrazione - parte del
secondo comma dell'art. 92 del codice di procedura civile) non sarebbe più
consentito al magistrato di compensare le spese del giudizio nel caso in cui
"concorrano.giusti motivi", come, invece, previsto da tale norma.

Tutte le suindicate disposizioni, applicabili solo ai contratti conclusi
dall'8 agosto 2002 in poi, hanno fatto salve "le vigenti disposizioni del
codice civile e delle leggi speciali che contengono una disciplina più
favorevole per il creditore" e hanno, altresì, previsto che "la riserva
della proprietà di cui all'articolo 1523 del codice civile, preventivamente
concordata per iscritto tra l'acquirente ed il venditore, è opponibile ai
creditori del compratore se è confermata nelle singole fatture delle
successive forniture aventi data certa anteriore al pignoramento e
regolarmente registrate nelle scritture contabili".

Lo stesso decreto ha, infine, apportato importanti modifiche ed integrazioni
ad alcuni articoli del codice di procedura civile, ovvero:

a)- ha abrogato l'ultimo comma dell'art. 633 c.p.c. per il quale il giudice
non poteva emettere l'ingiunzione di pagamento contro l'intimato se la
notifica dell'atto (ricorso del creditore e pedissequo decreto del
magistrato) doveva essergli effettuata fuori dal territorio della Repubblica
Italiana;

b)- ha sancito l'obbligo per il giudice:

1)- di emettere il decreto ingiuntivo contro l'intimato entro trenta giorni
dalla data di avvenuto deposito del relativo ricorso in Cancelleria (norma
aggiunta nel primo periodo dell'art. 641 c.p.c.);

2)- di concedere "l'esecuzione provvisoria parziale del decreto ingiuntivo
opposto limitatamente alle somme non contestate, salvo che l'opposizione sia
proposta per vizi procedurali" (periodo aggiunto alla fine del 1° comma dell
'art. 648 c.p.c.).