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1. PREMESSA.
Le tecnologie informatiche, influenzando la vita dei soggetti comuni che
in esse trovano nuovi modi di comunicare e lavorare, hanno contribuito a
mutare sostanzialmente i vecchi archetipi organizzativi delle strutture
criminali.
Gli effetti di queste influenze si sono avvertiti, in modo immediato, sul
piano della realizzazione e della messa in atto dell'intento criminoso e,
in modo mediato, sulla stessa struttura organizzativa che si è dovuta
adattare alle diverse "urgenze" create dall'esigenza di perseguire e
ottenere nuovi e più incisivi risultati.
Per quanto riguarda il primo aspetto, si assiste ad una rivoluzione
copernicana del classico rapporto che lega la criminalità organizzata al
territorio, classico oggetto di dominio diretto e tangibile.
Per quanto riguarda il secondo punto, si assiste all'abbandono delle
vecchie e monumentali strutture verticistiche non più idonee, in una
società in cui tutto si muove ad estrema velocità e dove le stesse forze
dell'ordine controllano in modo efficace le principali autostrade
dell'informazione, a garantire la sopravvivenza del gruppo criminale.
La criminalità organizzata, nelle sue varie e mutevoli forme, si è,
necessariamente, adattata ad un nuovo tessuto sociale ed economico che
pone al centro dei propri interessi una nuova fonte di ricchezza, simbolo
essa stessa di nuova era: l'informazione.
2. L'EVOLUZIONE DI UN PREDATORE.
La prima considerazione da fare è quella di prendere coscienza del fatto
che in tema di criminalità organizzata il ruolo del ragionamento deduttivo
è marginale ed attiene solo alla prima fase dell'indagine speculativa.
Parlando di fenomeni strettamente connessi alla realtà ed allo sviluppo
del territorio in cui si manifestano, ogni dissertazione che pretenda di
articolare un ragionamento analizzando singoli e generali archetipi da cui
dedurre probabili regole applicabili al caso concreto, non riesce a
dipingere un quadro veritiero di una situazione che per sua natura è
fisiologicamente particolare.
Non è una novità, ad esempio, considerare la criminalità organizzata che
si è sviluppata in una data regione diversa, nei suoi aspetti cognitivi ed
operativi, da quella nata e sviluppata in altre realtà geografiche e
sociali.
Ciascuna di tali entità non può essere considerata come una monade (sola,
irrelata, chiusa nella contemplazione di se stessa) poiché vive di flussi
di informazioni e di risorse provenienti in gran parte da fonti ad essa
esterne, riuscendo, tuttavia, a mantenere la propria identità
caratteriale.
Nel passato, un sicuro indice della vitalità delle grosse organizzazioni
criminali poteva essere intravisto nel controllo del territorio ottenuto
tramite la "silente e terribile autorità mafiosa" (quest'ultimo attributo
da intendersi in senso ampio come espressione di un capillare controllo
esercitato in modo rigido e costante su un territorio e/o su un gruppo di
individui). La persistente e duratura presenza fisica sul suolo del
"paese" da assoggettare era considerata di fondamentale importanza. Per
comprendere l'importanza di questo fattore si pensi, ad esempio: alla
necessità di avere basi logistiche ed amicizie influenti nei luoghi
oggetto di interesse, al fine di ottenere una rapida ed efficace
penetrazione criminale; alle classiche figure di personalità ben definite
incaricate di presidiare, con la loro "semplice" sagoma, gli uffici
pubblici durante una decisione importante o il seggio elettorale prima,
durante e dopo le operazioni di voto; alle cessioni obbligate di attività
ben avviate o alle chiusure improvvise di esercizi commerciali altamente
concorrenziali.
Questa triste "fauna predatoria" è realmente estinta?
Purtroppo, non potendosi scorgere nella recente storia della nostra
"giustizia penale" nessun catastrofico evento simile ad una glaciazione o
alla caduta di un meteorite di grosse dimensioni, dobbiamo necessariamente
pensare che i predetti potenti "dinosauri" non si siano estinti, ma
semplicemente evoluti.
Una palese dimostrazione di questa "evoluzione della specie" è rinvenibile
nel mutato rapporto che le organizzazioni stesse sembrano, oggi, avere con
il territorio e con le modalità di apposizione dei segni atavici
attraverso cui si rendono noti all'esterno, attraverso una marcatura
indelebile, i confini della propria autorità. Grazie alle nuove tecnologie
informatiche il controllo e la gestione del territorio (punto chiave di
ogni organizzazione criminale piccola o grande) si possono ottenere
efficacemente senza una reale presenza fisica: basta una presa del
telefono e le giuste coordinate per venire a conoscenza di dati ed
informazioni utili.
Il ragionamento è semplicemente basato su un dato economico: costa meno,
da un punto di vista delle risorse impiegate e dei probabili rischi,
corrompere le persone giuste per avere le parole d'ordine (codici segreti)
di accesso a banche dati riservate, piuttosto che impiegare a tempo pieno
uomini e mezzi per controllare porzioni di territorio o semplicemente per
reperire informazioni strategiche su luoghi o persone oggetto d'interesse
illecito.
Quale significato aveva il territorio? Perché era così importante per
l'organizzazione criminale ?
Il territorio, probabilmente, costituiva lo sfondo, scenario fisico
necessario, di qualunque operazione economica: gli interessi finanziari,
politici e gli stessi operatori si muovevano da un luogo all'altro (ad
esempio, per rimanere alle operazioni "d'ordinaria amministrazione": per
minacciare una persona era necessario imbucare e consegnare una lettera (o
un feticcio...), parlargli direttamente o indirettamente; per rubare
qualcosa o per progettare un omicidio bisognava fare un sopralluogo nella
zona interessata in modo da rendersi conto delle reali distanze e
calcolare tempi di reazione della polizia...).
In questo ragionamento può essere così trovata una delle numerose e
complesse verità che appaiono idonee a spiegare i motivi dell'arretratezza
del sud d'Italia, oggi estremo sud d'Europa. Lo scarso sviluppo, in questa
particolare ottica, appare legato indissolubilmente alle esigenze di
controllo e di repressione delle più importanti organizzazioni criminali;
quest'ultime, infatti, preferirono sacrificare l'incremento economico -
proveniente da un improbabile turismo di massa o da inverosimili
investimenti imprenditoriali - sull'altare dell'isolamento, piuttosto che
non disporre di un costante monopolio delle attività economiche e
politiche sui luoghi ritenuti di propria "influenza".
La stasi e l'immobilismo facilitavano il compito e favorivano i traffici.
Non si trattava, per questo motivo, come molti pensano di accontentarsi e
di contendersi solo un "osso già spolpato", le poche e povere risorse di
un territorio economicamente morente, ma di garantirsi un luogo di
sicurezza, una roccaforte feudale, dove poter vivere tranquilli e da cui
partire per gestire i propri "affari".
Oggi questa esigenza non esiste più. A che serve sprecare energie al fine
di garantire il perpetuarsi dello status quo?
Oggi serve la dinamicità di tutti e di ogni cosa, perché a differenza del
passato si può controllare meglio e in profondità le cose che si "muovono"
di più. Un soggetto, o un oggetto, lascia un numero di tracce che aumenta
in modo esponenziale con il suo movimento fisico o virtuale: più segni del
proprio passaggio si lasciano e maggiore diventa la probabilità di essere
soggetto ad un controllo da parte di qualcuno.
Stranamente il rapporto tra la velocità di movimento degli "oggetti
d'interesse" ed il loro controllo potrebbe diventare la nuova terra di
frontiera dove ingaggiare una rinnovata lotta, nuova nei mezzi e vecchia
nei fini, tra l'ordinamento giuridico, sia esso statale, comunitario o
internazionale, e le organizzazioni criminali. Le tracce che tutti noi
lasciamo movendoci ed operando fisicamente (percorrendo l'autostrada,
utilizzando la carta di credito, il bancomat o semplicemente il telefono
cellulare...) o "virtualmente" nella rete (dando e ricevendo informazioni
in modo volontario o involontario; richiedendo e concedendo l'utilizzo di
una serie di dati personali oppure semplicemente consultando determinate
notizie piuttosto che altre...) potrebbero rappresentare, per le
organizzazioni criminali, il nuovo territorio "virtuale e reale" da
sottoporre ad un rigido controllo e da cui trarre illeciti guadagni.
Una breve riflessione, inoltre, deve essere compiuta anche sul fatto che
non serve più creare e coltivare un ambiente sociale degradato da cui
poter attingere a piene mani la manovalanza necessaria per mantenere
vitale ed economicamente produttiva la struttura criminale.
Non serve più, infatti, un numero elevato di uomini sacrificabili da
lanciare contro il nemico di turno o da utilizzare come corrieri per il
trasporto di materiale illegale; oggi servono pochi e specializzati
individui che da una comoda scrivania, collocata in una qualunque parte
del mondo, riescano a controllare e gestire enormi flussi di informazioni
(si ricorda, ad esempio, che anche il denaro è un'informazione che migra
da un circuito bancario all'altro).
Per questo motivo bisogna prestare la massima attenzione durante le
diverse fasi di sviluppo del processo di modernizzazione in atto; il
timore è quello di creare, assieme ad una augurabile crescita ed
occupazione, un concorrente aumento di potere di alcune organizzazioni
criminali che potrebbero utilizzare le risorse impiegate dallo Stato, per
creare infrastrutture (strade e ponti per muoversi fisicamente e
tecnologia informatica per incrementare l'invio, la ricezione e
l'elaborazione delle informazioni reperibili) al fine di precostituirsi
potenti mezzi da utilizzare per scopi illeciti.
Le notizie relative alle diverse organizzazioni criminali che si sono
alternate sulle prime pagine della cronaca di questi anni hanno avuto un
ruolo determinante nella storia d'Italia e d'Europa, segnando con vistose
cicatrici la nostra stessa cultura. La sopravvivenza nel tempo è stata
loro garantita dalla grande capacità di rinnovamento.
Ogni elemento, più o meno importante, arrestato o in qualche modo
"bruciato" non ha determinato la morte del nucleo organizzativo, ma ha
rappresentato un fisiologico momento rigenerativo in cui si impiantava al
posto dell'arto amputato un nuovo tessuto più efficiente, attento a non
ripetere gli errori del suo predecessore.
L'invito che si può muovere alle Autorità governanti è quello di andare
alle radici dei fenomeni economici e di fronte alle richieste improvvise
di modernità ed infrastrutture, prima di concedere acriticamente qualcosa,
vagliare attentamente tale richiesta utilizzando, per orientare le proprie
decisioni, l'eterna bussola delle miserie umane, costituita dalla domanda:
cui prodest?
2. DALLA PIRAMIDE ALL'ARCIPELAGO.
Osservando con attenzione i diversi e numerosi fenomeni criminali di tipo
associativo, quotidiani catalizzatori dell'opinione pubblica nazionale ed
internazionale, si riesce a scorgere in tutti loro la fiera presenza di un
nuovo e comune elemento: un particolare tipo di decentramento
organizzativo.
La ragione di tale novità è ancora una volta di tipo evolutivo.
Non appaiono più enormi strutture associative organizzate in modo
patriarcale e rigidamente gerarchico. Il c.d. modello a piramide,
estremamente efficiente nella sua verticistica autorità, si presenta allo
stesso tempo macchinoso e poco duttile in rapporto alle esigenze della
moderna e camaleontica pratica quotidiana.
Nelle organizzazioni così costituite la pianificazione delle attività
criminali viene calata dall'alto senza una partecipazione diretta della
base, se non in termini esecutivi e di verifica. I legami rilevanti e
vitali sono quelli che mettono in comunicazione il vertice con i diversi
livelli inferiori e con la base stessa dell'organizzazione. Quest'ultima,
infatti, vive finché permangono vitali i legami vertice / livelli
intermedi / base e base / livelli intermedi / vertice.
E' proprio attraverso questi legami che scorre, in ambo i sensi di marcia,
un flusso costante di informazioni e di denaro (o di qualsiasi altro suo
succedaneo. Il black-out comunicativo determinerebbe un'interruzione di
tali flussi causando la cancrena dei livelli inferiori scollegati e la
necessità di un considerevole periodo di tempo per la rigenerazione di
nuovi tessuti attraverso complessi e onerosi processi di
neovascolarizzazione. La fine dell'organizzazione, quindi, non potrebbe
essere determinata dall'amputazione di una parte periferica della
struttura, per sua intima essenza autorigenerante, ma dalla decapitazione
definitiva del vertice. Nel momento in cui la "testa" dell'organizzazione
cade è la stessa comunicazione con le parti e tra le parti a cessare o
compromettersi.
I legami con le zone periferiche sono, nel modello di organizzazione
criminale piramidale, generalmente accentrati nelle mani di poche entità;
poiché, sono le stesse conoscenze e possibilità comunicative a determinare
il ruolo più o meno elevato che ciascuno riveste all'interno della stessa
struttura. Quando il detentore dei contatti cade, si apre un periodo di
dubbioso silenzio tra gli "orfani" dell'organizzazione sopravvissuti che
porta con sé sospetti e dispendiose lotte per la successione.
La sostituzione del vertice apre una crisi che difficilmente si concluderà
con la nascita di un'entità che presenta le stesse caratteristiche,
quantitative e qualitative, della precedente. In qualche modo la
personalità del vertice influenza, dando una propria impronta, l'intera
organizzazione criminale che nasce, vive e muore seguendo i punti della
parabola vitale del gruppo di comando.
L'importanza del vertice per l'esistenza dell'organizzazione criminale,
sua espressione tentacolare, è testimoniata dalla necessità di stabilire,
nel caso in cui vengano assicurati alla giustizia personalità rilevanti,
dei contatti continui per preservare, funzionale, il legame informativo ed
economico: linfa vitale dell'intera struttura. La "testa", anche se
rinchiusa in un istituto penitenziario, continua a ricevere, archiviare e
digerire informazioni consegnando le direttive per lo svolgimento
dell'attività criminale o semplicemente creando le condizioni necessarie
per una successione "soft". La guerra alle organizzazioni criminali
piramidali si combatte principalmente puntando ai vertici, cercando di
isolarli poiché il resto della struttura crolla, polverizzandosi, senza un
continuo contatto con la fonte della forza di coesione del gruppo.
Lo Stato ha ottenuto, ad esempio nel caso della lotta alla criminalità
mafiosa, numerose vittorie scegliendo di investire ingenti risorse umane
ed economiche nell'attuazione della strategia in precedenza, a larghe
linee, descritta.
Le investigazioni classiche, quelle con la lente d'ingrandimento per
utilizzare una metafora, se da un lato erano utili al fine di trovare gli
autori materiali dei singoli delitti non si presentavano, però,
sufficientemente idonee ad individuare i mandanti degli stessi.
In altre parole, la difficoltà d'individuazione dei soggetti responsabili
aumenta in rapporto alla posizione rivestita dal mandante nella scala
gerarchica. Per questo motivo, nel momento in cui lo Stato ha compreso la
struttura e il relativo funzionamento delle organizzazioni mafiose ha
cercato nuove vie per arrivare al vertice, alla testa, alla mente
dell'organizzazione rischiando, in alcuni casi, di trascurarne il
tentacolo amputato che poteva:
1) continuare ad operare prima di spegnersi in modo convulso;
2) se sufficientemente forte: 2.1) sopravvivere in uno stato di quiescenza
prima di essere fagocitato e metabolizzato da altre organizzazioni, 2.2)
assumere esso stesso, tramite una "mutazione genetica", la forma di una
nuova testa alla ricerca di altri tentacoli.
Lo strumento investigativo classico viene così gradualmente sostituito
dallo strumento "pentiti", cioè da persone appartenenti alle
organizzazioni criminali che decidono, per vari motivi (morali, religiosi,
economici...), di tradire l'organizzazione mettendone a nudo la struttura
ed indicandone, in modo puntuale, i vertici. In questa sinfonia di dati ed
informazioni il pentito diviene il protagonista principale di scene
processuali sempre più vaste e complesse assumendo, sempre più, il ruolo
di un procacciatore di notizie ed informazioni utili ai fini delle
indagini, provocando quello che può essere definito il processo di
"rilassamento investigativo" delle strutture ufficiali delle forze
dell'ordine.
Se il modello piramidale, sino a qualche anno addietro, si presentava come
dominante e il più diffuso su scala nazionale e internazionale (si pensi
alla rigida struttura gerarchica presente nelle organizzazioni criminali
che rientrano in quelle che comunemente vengono definite "mafia cinese",
"mafia albanese", "mafia russa"; dove il termine mafia indica l'esistenza
di una struttura di tipo piramidale e tentacolare) oggi sembra aver perso
terreno, sino quasi a scomparire, sostituito da quello che si può
metaforicamente definire: organizzazione ad "arcipelago".
L'organizzazione criminale, di qualunque natura, sembra tendere
inevitabilmente verso una graduale frammentazione della propria struttura.
Non si scorgono più tentacoli saldamente legati ad un unico corpo, ma
l'organismo, mutando ed adattandosi alla realtà di un'economia e ad una
politica di sicurezza sempre più globale e tecnologica, trova la sua
"nicchia biologica", dove poter sopravvivere e riprodursi,
nell'indipendenza e nelle ridotte dimensioni di particolari forme di
esistenza: le "cellule" criminali.
La forma a "cellula" se da un lato non garantisce un puntuale e continuo
coordinamento rispetto al fine da perseguire, dall'altro consente la
sopravvivenza dell'organizzazione indipendentemente da quale parte,
importante o meno, venga colpita o assicurata alla giustizia.
Non ci sono veri e propri vertici comuni, ma semplicemente dei fini comuni
da perseguire in modo autonomo, salvo alcuni momenti di occasionali
sinergie.
Ogni cellula nasce, vive, si scinde, viene fagocitata e muore
indipendentemente dalle altre, ma con le altre ha in comune il
perseguimento del fine ultimo dell'organizzazione.
Il perseguimento dell'obiettivo sembra impresso nel DNA di queste cellule
che si dimostrano fisiologicamente orientate a raggiungerlo utilizzando i
metodi che appaiono a ciascuna più idonei.
Non bisogna pensare, però, che le singole entità siano irrelate, perché le
stesse vivono di flussi di informazioni e denaro che pervengono dal
collegamento con le altre autonome entità cellulari.
La differenza rispetto all'organizzazione piramidale risiede, però, nel
tipo di struttura che caratterizza il collegamento, non più "a radice" (
dal tronco principale alla periferia ) ma "a rete" ( costituita da nodi
orizzontalmente dislocati).
L'immagine della rete è utile per comprendere che la stessa comunicazione
tra tali entità non viene mai meno per l'estinzione di una di loro (nodo)
perché nessuna è gerarchicamente superiore all'altra e nessuna è collegata
in modo univoco alle altre. Il black-out, in questo modello organizzativo,
non si può provocare semplicemente eliminando uno o più elementi. E'
necessario mandare in "corto" l'intero sistema su cui tali strutture
poggiano tramite l'utilizzo di meccanismi idonei a riprodursi ed infettare
esponenzialmente ogni cellula che venga a contatto con quella ormai
malata, ma ancora non morta.
Ogni organizzazione, essendo costituita essenzialmente da persone, nasce
perseguendo un fine ben determinato e finché non sia conquistato le
singole cellule, in modo autonomo, si indirizzeranno verso di esso
cercando di raggiungerlo con ogni mezzo.
E' sul fine, quindi, che bisogna concentrare l'attenzione.
Due appaiono le soluzioni astrattamente percorribili:
1) agire sui motivi di fondo che spingono i soggetti membri delle cellule
dell'organizzazione criminale a voler raggiungere quei fini;
2) rendere poco appetibile il fine stesso.
E' opportuno precisare che queste soluzioni, come chiaramente si evince
dal tenore dello scritto, hanno un valore meramente teorico ed astratto e
per rilevare devono essere adattate alle diverse realtà che caso per caso
verranno concretamente prese in considerazione.
Sono necessari nuovi strumenti e nuove professionalità investigative per
far fronte a queste organizzazioni che traggono la loro forza dal numero e
dall'autonomia dei singoli elementi che le compongono.
I c.d."pentiti", non appaiono più come un formidabile grimaldello con cui
scardinare e scassinare complesse strutture criminali, perché la cattura
di uno o più capi, oggi, non rappresenta che un piccolo colpo inferto ad
un elemento strutturale di una organizzazione che per sua intima essenza
non ha struttura.
Le varie organizzazioni criminali "mafiose"(locali, nazionali ed
internazionali) e terroristiche (da quelle a sfondo politico a quelle
motivate da particolari fondamentalismi religiosi) dimostrano pienamente
come ciò che conta è il fine, l'idea .
La lotta fisica alle strutture organizzative ad "arcipelago" è destinata a
fallire se non sarà affiancata da una congrua operazione culturale e di
informazione tesa ad eliminare, o almeno limitare, la nascita dei
desideri, degli odi e degli oggetti (scopi) che rappresentano il fertile
terreno di coltura di ogni organizzazione criminale.
In questa situazione di forte instabilità dai tessuti isolati e
dimenticati nell'oceano della società prendono forma e vita quelle cellule
criminali che trovano negli scopi comuni, o semplicemente nei nemici
comuni, il collante necessario per saldare la loro attività a quella delle
altre nate per analoghi motivi costruendo così un'organizzazione ad
"arcipelago" .
Paradossalmente, in un'epoca in cui si rileva la totale assenza di valori
totalizzanti e totalitari il mondo si ritrova a combattere e morire a
causa della presenza di gruppi di persone che si contrappongono,
violentemente, le une alle altre innalzando ciascuno le proprie bandiere,
i propri simboli, i propri simulacri.
LEO STILO