In cosa deve consistere il controllo di legittimità riguardante i provvedimenti emessi in tema di misure cautelari personali
(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 311)
1. La questione
Il Tribunale di Roma, in parziale accoglimento della richiesta di riesame, sostituiva la misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari nei confronti di una persona ritenuta gravemente indiziata di più fatti di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Ciò posto, avverso il provvedimento summenzionato il difensore dell’indagato proponeva ricorso per Cassazione.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Il ricorso proposto era ritenuto inammissibile.
In particolare, per quello che rileva in questa sede, tra i motivi, che avevano indotto la Suprema Corte alla sua reiezione, in punto di diritto, vi era quel costante orientamento nomofilattico secondo cui l’ordinanza emessa in tema di misura cautelari personali non può essere annullata sulla base di mere prospettazioni alternative che si risolvano in una rilettura orientata degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferire rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, perché considerati maggiormente plausibili, o perché assertivamente ritenuti dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006) posto che, in tema di limiti di sindacabilità dei provvedimenti in tema di misure cautelari personali, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito.
In particolare, il controllo di legittimità non riguarda né la ricostruzione di fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono ammissibili le censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvano nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice dì merito (Sez. 7, n. 12406 del 19/02/2015; Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015; Sez. 1, n. 1769 del 23.03.1995).
Al contrario, il controllo di legittimità è unicamente circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014; Sez. 2, n. 56 del 7/12/2012; Sez. 6, n. 2146 del 25.05.1995) e, dunque, l’erronea valutazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen. è rilevabile in Corte di Cassazione soltanto se si traduca nella violazione di specifiche norme di legge ovvero in una mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito, sulla scorta di un consolidato orientamento nomofilattico, in cosa deve consistere il controllo di legittimità riguardante i provvedimenti emessi in tema di misure cautelari personali.
Si afferma difatti in tale pronuncia che il controllo di legittimità è unicamente circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento e, dunque, l’erronea valutazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen. è rilevabile in Corte di Cassazione soltanto se si traduca nella violazione di specifiche norme di legge ovvero in una mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato, mentre esso non riguarda, né la ricostruzione di fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono ammissibili le censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvano nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice dì merito.
Tale sentenza, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si impugni, ai sensi dell’art. 311 cod. proc. pen., un provvedimento emesso in tema di misure cautelari personali.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesto provvedimento, dunque, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.
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Antonio Di Tullio D’Elisiis | Maggioli Editore 2015
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