La Corte di Cassazione, con una recente sentenza (n. 43631 del 5 ottobre 2023), ha sancito che è ammissibile la richiesta di revisione della sentenza di patteggiamento per inconciliabilità con l’accertamento compiuto in giudizio nei confronti di altro imputato per il quale si sia proceduto separatamente.
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Indice
1. I fatti
La pronuncia della Corte di Cassazione scaturisce dal rigetto da parte della Corte di appello di Brescia della richiesta di revisione della sentenza del Gip di Milano con la quale era stata applicata all’imputato la pena di anni tre di reclusione concordata ex art. 444 cod. proc. pen. con il Pubblico Ministero in relazione alle imputazioni di: 1) bancarotta fraudolenta per distrazione di risorse, attraverso un contratto di assistenza tecnica e servizi, a favore della holding di famiglia per un totale di circa 400 milioni di euro; 2) causazione del dissesto per effetto di operazioni dolose, in particolare 2a) attraverso la sistematica omissione delle necessarie misure e attività di tutela ambientale e sanitaria, così depauperando la struttura produttiva, non adeguandola alla normativa vigente e moltiplicando le esternalità negative e 2b)la sottrazione delle risorse accumulate nelle società estere del gruppo mediante un’operazione di scissione.
La richiesta di revisione si basava sulla sentenza (confermata in appello e divenuta irrevocabile) con la quale, all’esito del giudizio abbreviato, il Gip del Tribunale di Milano aveva assolto, perché il fatto non sussiste, il fratello del richiedente coimputato della stessa imputazione.
A seguito del rigetto da parte della Corte di appello di Brescia, dunque, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione denunciando violazione della legge penale e della normativa processuale, nonché vizio di motivazione, in quanto la sentenza nei confronti del ricorrente e quella nei confronti del coimputato si sono basate sull’identico compendio probatorio ma hanno avuto risvolti diversi.
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2. Patteggiamento e richiesta di revisione: l’analisi della Cassazione
Preliminarmente, la Corte di Cassazione si sofferma sui motivi di accoglimento della richiesta di revisione, citando un orientamento maggioritario secondo il quale “è ammissibile la richiesta di revisione di una sentenza di patteggiamento per inconciliabilità con l’accertamento compiuto in giudizio nei confronti di altro imputato per il quale si sia proceduto separatamente, ma è necessario che l’inconciliabilità si riferisca ai fatti stabiliti a fondamento della sentenza di condanna e non già alla loro valutazione“.
Ad avviso della Suprema Corte, non può essere, invece, condiviso il difforme indirizzo secondo cui è inammissibile la revisione ex art. 630, comma 1, lett. a) cod. proc. pen. di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, in quanto pronunciata all’esito di una procedura priva della ricostruzione probatoria del fatto e dell’accertamento della responsabilità penale dell’autore.
Analizzando le pronunce di merito, la Cassazione osserva che la Corte di appello di Brescia ha rilevato che la sentenza assolutoria nei confronti dell’altro imputato si è basata non già sull’assunto della non veridicità della relazione valorizzata dalla pubblica accusa, bensì su una differente valutazione dei medesimi fatti.
Inoltre, con riferimento alla prima imputazione, ad avviso della Corte, è stato ineccepibile il rilievo del giudice della revisione “lì dove sottolinea che l’argomentazione della pronuncia liberatoria del coimputato incentrata sulla ritenuta riconducibilità della stipula del contratto un’insindacabile (in sede penale) scelta imprenditoriale non dia corpo a un presupposto della revisione per inconciliabilità dei giudicati, venendo in rilievo una mera valutazione del giudice del rito abbreviato“.
Tuttavia, il percorso argomentativo della pronuncia assolutoria nei confronti del coimputato non si risolve in toto nell’anzidetta considerazione.
Il giudice della revisione ha escluso l’inconciliabilità dei giudicati osservando, in estrema sintesi, che le pronunce assolutorie si erano limitate e a verificare l’assenza di prove della riferibilità del successivo adeguamento a una dolosa iniziativa societaria, ossia a un abuso di potere degli organi amministrativi, considerata anche la brevità dei tempi per agire.
3. La decisione della Cassazione
L’analisi della Corte di Cassazione si conclude osservando che tra la sentenza oggetto di richiesta di revisione e le sentenze assolutorie nei confronti del coimputato, non sono emersi fatti diversi o contrastanti, in quanto alla base delle diverse conclusioni processuali vi è solo una diversa valutazione dei medesimi dati di fatto, mentre è irrilevante la contraddittorietà delle valutazioni logico-giuridiche.
Da questa decisione, si desume il consolidato principio (emanato in tema di riparazione dell’errore giudiziario, ma che la Corte riprende nel caso specifico), secondo il quale “nel caso di proscioglimento all’esito di giudizio di revisione conseguente alla revoca della sentenza di patteggiamento per contrasto di giudicati, la richiesta di applicazione della pena non costituisce condotta ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione, non essendo causa dell’errore giudiziario“.
La revisione di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 630, comma 1, lett. a) cod. proc. pen. è ammissibile proprio in quanto “pronunciata all’esito di una procedura priva della ricostruzione probatoria del fatto e dell’accertamento della responsabilità penale dell’autore“.
Ad avviso della Cassazione, infatti, “è proprio la natura ontologicamente debole dell’accertamento sotteso alla sentenza di applicazione della pena a rendere più acuta l’istanza di garanzia assecondata dalla revisione, sicché dato normativo e considerazione sistematica convergono nel far ritenere la sentenza di patteggiamento suscettibile di revisione per inconciliabilità di giudicati“.
Pertanto, assorbite le ulteriori doglianze, la Suprema Corte annulla con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia la sentenza impugnata, con il solo limite di non ripetere i vizi motivazionali del provvedimento annullato.
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