La condotta successiva al reato non può rilevare da sola per il riconoscimento della particolare tenuità del fatto.
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Indice
1. La questione
La Corte di Appello di Bologna confermava una sentenza del Tribunale della medesima città che, a sua volta, aveva condannato l’imputata alla pena di giustizia in relazione al reato di truffa aggravata dal timore di un pericolo immaginario.
Ciò posto, avverso questo provvedimento ricorreva per Cassazione il difensore dell’accusata, deducendo violazione di legge e vizio della motivazione per non avere la Corte territoriale ritenuto applicabile la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., anche tenuto conto della restituzione alla vittima della somma sottrattale.
2. La soluzione adottata dalla Cassazione sulla causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto
Il ricorso suesposto era reputato infondato in quanto la causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., non era stata dedotta con l’atto di appello.
Oltre a ciò, i giudici di piazza Cavour facevano tuttavia presente che, dal momento che l’invocazione difensiva di cui al ricorso si fondava sul comportamento susseguente al reato, poteva essere applicato il principio di diritto a mente del quale, l’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., come novellato dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in ragione della natura sostanziale dell’istituto, oltre ad essere questione deducibile per la prima volta nel giudizio di legittimità in quanto non proponibile in precedenza, può essere rilevata dalla Corte anche di ufficio ex art. 609, comma 2, cod. proc. pen., pur in caso di ricorso inammissibile (Sez. 4, n. 9466 del 15/02/2023; Sez. 1, n. 30515 del 02/05/2023), richiamandosi conseguentemente quell’ulteriore principio di diritto secondo cui, ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, acquista rilievo, per effetto della novellazione dell’art. 131-bis cod. pen. ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, anche la condotta dell’imputato successiva alla commissione del reato, che, tuttavia, non potrà, di per sé sola, rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen. (Sez. 3, n. 04/04/2023).
Orbene, applicando tali principi al caso in esame, gli Ermellini rilevavano come i giudici di secondo grado avessero rilevato come il Tribunale avesse effettuato un giudizio prognostico positivo in ordine alla commissione di ulteriori reati da parte della ricorrente, sia pure ai fini di negare il riconoscimento dei benefici di legge, sottolineando che la sua condotta illecita non poteva ritenersi di tipo occasionale, con il che negando in radice la sussistenza di quel presupposto che consente di ritenere applicabile la causa di non punibilità di cui si discute.
Da ciò se ne faceva discendere la reiezione del ricorso proposto e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che la condotta successiva al reato non può rilevare da sola per il riconoscimento della particolare tenuità del fatto.
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