Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2625 del 3 maggio 2011 ha stabilito che il giudicato penale non è vincolante per l’Amministrazione datore di lavoro di un dipendente pubblico che falsa i rimborsi spese, anche se costui è stato assolto in sede penale dal reato di truffa.
In particolare, l’Amministrazione può applicare le sanzioni di carattere disciplinare, come la sospensione, a prescindere dall’esito del processo penale.
I giudici di Palazzo Spada hanno affermato che «non esiste alcun rapporto di necessaria pregiudizialità tra procedimento penale e procedimento disciplinare, stante la loro ontologica diversità, quanto a oggetto delle valutazioni, soggetti coinvolti, natura e scopi da perseguire».
In particolare, ritengono i giudici, «il procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti pubblici si presenta in una posizione del tutto peculiare ed autonoma rispetto a quella che contraddistingue il procedimento penale, non essendo precluso all’amministrazione, in virtù del principio di autonomia, utilizzare le risultanze acquisite dal giudice penale quali elementi fattuali idonei a supportare il giudizio disciplinare. E, ancora, «l’inconfigurabilità dell’illecito penale non esclude la rilevanza dello stesso fatto ai fini disciplinari, in quanto la potestà disciplinare opera in una sfera diversa da quella del giudizio penale; tant’èche anche le formule assolutorie non precludono l’ingresso dell’azione disciplinare e la possibilità che il medesimo comportamento possa essere qualificato dall’amministrazione come illecito disciplinare».
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