Le "performances" nel campo dei dispetti sono infiniti e fantasiosi. Ma non si finisce mai di rimanere sbigottiti davanti alle varie sfaccettature dell’immaginazione: l’originalità di una donna che ha inviato alla sua antagonista d’amore alcune missive anonime con l’aggiunta di uno scorpione morto. Tale atto le è costato una condanna ad una multa di 400 euro per il reato di molestie. Nella sentenza della prima sezione penale della Corte (n.30306/2009) gli Ermellini del Palazzaccio in sede di ricostruzione degli avvenimenti evidenziano che la donna non si era limitata alle telefonate mute. A nulla è servito giustificare l’atto con la propria ignoranza che la "vittima" soffrisse di fobia verso gli aracnidi, la Cassazione ha respinto il ricorso e non solo ha avallato la multa di 400 euro per molestie ma ha penalizzato la donna al pagamento di 1.000 euro per aver interessato "senza giusta causa"la giustizia.
Precedentemente un altro caso analogo, ma nello specifico la penalizzata era entrata nella sfera privata della "vittima mediante strumento tecnologico (cellulare) inviando in tre cinque sms all’antagonista in amore, rivelando a quest’ultima di avere una relazione con il suo convivente. Mediante messaggini, aveva anche riferito alla povera donna giudizi poco edificanti che il suo convivente aveva esplicitato sul suo conto.
Anche in questo caso la Cassazione, infatti, ha inflitto la multa di 300 euro nei confronti dell’artefice della molestia (sentenza 28852/2009) ribadendo la condanna emessa dal tribunale di Castrovillari (Cosenza) l’11 giugno 2008.
L’emergenza scatenata dalla frequenza quotidiana di episodi di cronaca legati direttamente o indirettamente alle molestie assillanti ha mostrato l’insufficienza della risposta sociale rispetto alla peculiarità, all’entità e alla gravità del fenomeno e ha reso pressante l’esigenza di un intervento specifico.
Con l’avvento della tecnologia anche le modalità di comunicazione dell’infedeltà coniugale in atto si aggiornano: dalle contravvenzioni concernenti l’ordine pubblico e la tranquillità pubblica alla molestia o il disturbo alle persone
Ai sensi e per gli effetti dell’articolo 660 codice penale si punisce “chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo”.
Il trattamento sanzionatorio previsto dal legislatore per tale fattispecie è quello dell’arresto fino a sei mesi oppure l’ammenda fino ad € 516.
Analizzando il testo letterale della norma incriminatrice, si deve evidenziare che la“petulanza” deve essere intesa come un comportamento impertinente, arrogante e come un modo di agire non conforme ai principi della società civile. Inoltre, la“petulanza” può essere definita anche come quel modo di agire pressante, ripetitivo, insistente, indiscreto e impertinente che finisce, per il modo stesso in cui si manifesta, per interferire negativamente nella sfera della quiete e della libertà di altre persone.
Pertanto anche se animati da desideri diversi (solidarietà, dispetto o possessività) irrompere nella privacy dell’individuo mediante l’uso di cellulari comporta una penale perché si configura, ai sensi e per gli effetti, nell’articolo 660 codice penale che testualmente cita “chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo”.
È importante rilevare che la molestia o il disturbo devono essere valutati avendo per riferimento la psicologia normale media, in relazione cioè al modo di sentire e di vivere comune.
L’ articolo 660 c.p. esige il requisito della“pubblicità del luogo” che sussiste tanto nel caso in cui il soggetto attivo si trovi all’interno di un luogo pubblico o aperto al pubblico ed il soggetto passivo in un luogo privato, come anche nell’ipotesi in cui la molestia venga arrecata da un luogo privato nei riguardi di chi si trovi all’interno di un luogo pubblico o aperto al pubblico.
Il supremo bene giuridico tutelato dalla predetta norma sono l’ordine pubblico, inteso in generale come pubblica tranquillità, ed anche la quiete privata
Il reato della molestia o del disturbo alle persone, di cui all’art. 660 c.p., richiede, in deroga ai principi generali in materia di contravvenzioni, l’elemento psicologico del dolo. In particolare, dall’esame della modalità, vettore e la predeterminazione in oggetto emerge che l’elemento psicologico previsto è rappresentato dal dolo specifico, la cui sussistenza deve formare oggetto di puntuale motivazione da parte del giudice di merito.
Inoltre, la contravvenzione in oggetto si consuma nel momento in cui la molestia o il disturbo vengono arrecati ad un’altra persona.
In sintesi, il reato contravvenzionale di molestia o disturbo alle persone si fonda in una qualsiasi forma di comportamento idonea a molestare e a disturbare le terze persone, violando l’altrui vita privata e l’altrui rapporto relazionale (vds Cassazione penale, sezione I, sentenza 8 marzo 2006, n. 8198).
E’ un reato comune, che può essere messo in essere da chiunque, e di danno giacché richiede l’offesa in senso naturalistico del bene protetto. Inoltre, il reato "in fabula" è a forma libera, perché la condotta tipica non è preventivamente codificata dal legislatore, e di evento, visto che si ottimizza nella realizzazione .
Il reato contravvenzionale, di cui all’art. 660 codice penale, non è un reato abituale e può essere realizzato anche con un’unica soluzione di disturbo o di molestia.
Tempo fa la Cassazione penale, sezione I, sentenza 29 maggio 2007, n. 21158, ha specificato che“un’unica condotta è in grado di integrare sia il reato di molestia o disturbo alle persone, che il delitto di ingiuria, perché tra le due previsioni non sussiste alcun rapporto di specialità, attesa la diversità dei beni giuridici tutelati dalle rispettive norme incriminatici (Fattispecie che riguardava l’invio insistente di messaggi SMS a mezzo telefono muniti di un contenuto ingiurioso).
Se con la sentenza 10444/2006, la Cassazione aveva spiegato “Come l’MMS diventa reato” (cfr. Cassazione , sez. V penale, sentenza 27.03.2006 n° 10444), e successivamente con la pronuncia 16215 dell’11 maggio., la Corte descrive “Come l’SMS diventa reato”.
E’ opportuno fare un po’ di chiarezza. SMS è l’acronimo di Short Message System e fa capo alla tecnologia innestata sui telefoni cellulari la quale consente di inoltrare e ricevere brevi messaggi di testo tra utenti. La diversa tecnologia “Movement Monitoring System” (MMS), invece, abilita ai servizi multimediali: video, audio, immagine (photo).
Con la pronuncia del 27 marzo richiamata, la Cassazione aveva sancito che mediante la tecnologia MMS di un cellulare è possibile violare il precetto penale di cui all’art. 615 bis c.p., il quale vieta le interferenze illecite nella vita privata.
Con la pronuncia che si annota, l’oggetto della condotta cambia ma il risultato è il medesimo: anche con gli sms possono essere posti in essere dei crimini sanzionabili penalmente.
La tecnologia SMS consente la trasmissione di messaggi brevi tra telefoni cellulari GSM (Global System for Mobile) e permette l’invio di short messages di testo da un telefono cellulare all’altro o da una pagina Web che supporti il servizio.
In primis (ed in ciò sta la rilevanza della pronuncia) e a prescindere dall’essenza dell’SMS (ad. es. ingiurioso) si valuta l’atto dell’invio “molesto” degli sms, un po’ come avviene per le ipotesi di spamming, ovvero posta indesiderata ( lo Stato italiano ha recepito il dettato della direttiva n. 2002/58/CE all’interno del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice Privacy)introducendo nell’art. 130 del Codice succitato, la sanzionabilità delle «comunicazioni indesiderate»).
Dottoressa in Scienze dell’educazione
Consulente dell’educazione familiare
Mediatrice Familiare
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