Le norme di recepimento della direttiva UE n. 123/2006 (cd. “Bolkestein”), contenute nel recentissimo Dlgs. n. 59/2010, entrato in vigore l’otto maggio, suggeriscono molti spunti di riflessione e, al contempo, sollevano numerose questioni di impatto con la realtà del nostro Paese, e ciò sia in termini di ordinamento giuridico sia di reticolo micro e macroeconomico.
Uno degli scenari più densi di incognite riguarda l’irrompere, per così dire, delle società di capitali (ma anche delle cooperative) nel luogo tradizionalmente simbolo del permanere di riti e modalità commerciali non particolarmente soggetti alla modernità: i mercatini rionali.
Difatti, con l’art. 70 del detto Dlgs. Comma 1 tale opzione è stata fatta propria dal legislatore nazionale che, del resto, non avrebbe potuto fare altrimenti, pena la sostanziale violazione dei principi informativi della direttiva comunitaria de qua.
Le reazioni non si sono fatte attendere. A titolo esemplificativo il sindacato nazionale che tutela gli interessi della categoria degli ambulanti (FIVA) ha sottolineato, per bocca del suo presidente Giacomo Errico, come un evento siffatto determini una sorta di lotta “ tra Davide e Golia”, alludendo al fatto che gli operatori dei mercati sarebbero soverchiati dalla media e grande distribuzione; ciò deriverebbe dalla notoria sperequazione in relazione alle capacità finanziarie, dalle diverse condizioni di accesso al credito, dall’organizzazione aziendale e dal relativo regime tributario, così da determinare un confronto impari; il che spiegherebbe per quale motivo, a a partire dal 1976, si era avuto cura di strutturare la materia dei mercati e dell’attività ivi esercita secondo il modello delle imprese individuali e delle società di persone, in quanto il commercio su aree pubbliche si connota, tradizionalmente, per il suo carattere di impresa familiare.
Di orientamento dissenziente, rispetto all’impostazione che si è testé riportata, è quella di altri settori del commercio[1], che negano che le modifiche normative introdotte rappresentino “un cavallo di troia” per favorire la grande distribuzione, dal momento che “…le società di capitali non potranno esser titolari di più di due o tre concessioni all’interno dello stesso mercato così come per tutti noi…”[2]
In realtà, senza entrare nel merito di dispute o legittime posizioni più o meno corporative, tale ultima asserzione non sembra aderire alla realtà normativa che stiamo soltanto sfiorando con questa breve nota. In particolare, non si desume attraverso quale percorso interpretativo si possa pervenire alla conclusione che l’istante -persona, società su base personale o di capitali che sia- subisca limitazione alcuna quanto ai coefficienti di posteggi fruibili in un’area mercatale. Sembra, anzi, valere la proposizione inversa, che ci condurrebbe a ritenere virtualmente disapplicabili le disposizioni di quelle regioni , tuttora vigenti, che limitano – rectius: limitavano- la titolarità degli stessi[3].
Quel che, tuttavia più rileva è che, per contro, disposizioni siffatte non sono ravvisabili nella normativa statale e, nello specifico, al Dlgs. n. 114/1998 (cd. “decreto Bersani”), che non ha mai posto limitazioni di sorta. Pertanto, se è vero che le società di capitali rappresentano una novità assoluta, è pur vero che la titolarità in capo ad un solo soggetto del numero di posteggi occupabili non è mai stata soggetta a regimi vincolistici.
Infine, riprendendo il richiamo a normative regionali che, per contro, tali limitazioni stabilivano, non può che pervenirsi alla conclusione che, sebbene le regioni siano dotate di potestà normativa esclusiva nella materia del commercio ( a seguito della riforma del titolo V della Costituzione), ciò non di meno va sottolineato come essa sia di grado inferiore alla fonte comunitaria (nel caso di specie la “Bolkestein” e le relative norme di recepimento). Nel caso della Campania, pertanto, la norma richiamata in nota dovrebbe ritenersi ex nunc come confliggente con superiore norma ultrastatuale.
[1] Ci si riferisce, per la precisione, al presidente dell’ANVA Confesercenti Maurizio Innocenti
[2] L’affermazione è riportata dalla pubblicazione on line Zona Franca,
[3] Il richiamo è all’art. 41 della legge regionale campana n. 1/2000 che limita a n. 7 i posteggi intestabili a ciascun operatore
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