Note a margine della Relazione di apertura dell’Anno Giudiziario 2011 Il riferimento fatto alla pedofilia ed il commento del Dott. Giuseppe Toscano, magistrato in servizio, quale Procuratore aggiunto, presso la Procura Distrettuale Antimafia di Catania

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Con la Relazione inaugurale del 29 gennaio 2011 il Presidente della Corte di Appello di Catania f.f. Dott. Alfio Scuto ha dichiarato aperto l’anno giudiziario; va sicuramente riconosciuto all’alto Magistrato il merito di avere saputo cogliere con straordinaria lucidità gli aspetti fondamentali delle problematiche riguardanti l’andamento della Giustizia nel Distretto.

L’esposizione del Presidente Scuto, a tutti apparsa pacata nei toni quanto rigorosa nei contenuti, ha, quindi, suscitato unanime consenso ed incondizionato apprezzamento, anche perché il Relatore ha preferito anteporre alla tenuità delle polemiche la forza dei principi e dei valori, più volte caldeggiata, oltre che la costruttiva speranza nell’avvenire e in future affermazioni di Legalità.

Sotto tale profilo, è sembrato particolarmente eloquente ed ha suscitato l’interesse di chi scrive il riferimento (pagina 19) alla pedofilia ed alla pedofilia telematica, là dove sono stati evidenziati i risultati già conseguiti dalla Procura della Repubblica di Siracusa, all’epoca in cui era coordinata nel settore in oggetto dal procuratore aggiunto Dott. Giuseppe Toscano (oggi procuratore aggiunto presso la Procura Distrettuale Antimafia di Catania) e, segnatamente, gli aspetti riguardanti il richiamo della fattispecie di cui all’art. 416 c.p. (“oggi confermato in una legge in via d’approvazione”), nonché l’utilizzo di tutte le forze di polizia.

La rilevanza sociale e giuridica della questione è sembrata propizia per un approfondimento che, richiesto al Dott. Toscano, è stato volentieri fornito dal suddetto magistrato, che ha inteso percorrere alcuni aspetti fondamentali riconducibili al turpe fenomeno, riferendone diffusamente nei termini seguenti.

La Redazione di “Diritto & Diritti”

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Il Commento del Dott. Giuseppe Toscano:

<<< Il reato associativo di cui all’art. 416 c.p. in materia di pedofilia telematica (che è quello di più difficile configurabilità rispetto alla pedofilia reale) – ha riferito il Dott. Toscano – è stato, invero, efficacemente sperimentato dalla Procura di Siracusa, con il pieno sostegno ed appoggio del Procuratore capo del tempo, Dott. Roberto Campisi (così come del Procuratore capo Dott. Ugo Rossi, che ha preso il posto del primo), a partire dal 2001, nel momento in cui si ravvisò tale reato non solo nei casi di scambio di immagini pedopornografiche, ma anche nei casi nei quali, con la volontaria iscrizione ad una comunità virtuale a contenuto pedopornografico, si fosse semplicemente assunto l’impegno all’apporto di materiale di quel tipo, purché, anche attraverso comportamenti concludenti, lo stesso non apparisse mai scemato, né venuto meno, ma risultasse, piuttosto, integro, inalterato ed attuale. Il principio di cui sopra – non va dimenticato – è stato purtroppo guardato per molti anni, come spesso accade, con diffidenza e incredulità (d’altronde comprensibili per la novità del principio), ma la convinzione di essere nel giusto ha infine ottenuto un fondamentale riconoscimento, trovandolo prima in una sentenza della Suprema Corte di Cassazione (a seguito di ricorso della Procura di Siracusa), la n. 21417/2007 della I° Sezione Penale, e successivamente – là dove veniva confermata la prospettabilità del reato associativo – attraverso la sua esplicita previsione in un disegno di legge (ancora) in via di approvazione (con l’inserimento di un ultimo comma all’art. 416 c.p. quando l’associazione è diretta a commettere uno dei delitti di cui agli artt. 600-bis, 600-ter e 600-quater c.p.), di ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa fatta a Lanzarote nell’ottobre del 20071. Giova anche sottolineare – ha proseguito il Dott. Toscano – che l’art. 416 c.p. vale ad evitare che una inchiesta di particolare valenza venga a disperdersi in vari segmenti procedimentali da assegnare alla competenza di diverse Procure della Repubblica (oggi solo Distrettuali, come si dirà in seguito), nessuna in grado, però, di incidere significativamente, in relazione al singolo caso di pertinenza, su di una vicenda grave solo se vista nel suo complesso e nel suo insieme ed alla quale solo con la prospettazione del reato associativo si può essere in grado di assicurare una vera ed adeguata risposta giudiziaria, idonea a fronteggiare fattispecie penali che meritano incisivo riscontro. Va aggiunto che Il carattere particolarmente insidioso e pericoloso dell’associazionismo pedofilo on-line si ricava dal fatto che, anche quando le persone coinvolte si danno appuntamenti occupando spazi nella rete apparentemente innocui e legali, le conversazioni possono invece riguardare fatti sostanzialmente rivolti ad incrementare e diffondere la propensione alla pedofilia stessa.

Senza contare che Internet è purtroppo utilizzato anche come strumento di adescamento ed intermediazione della prostituzione minorile, offrendo incontri virtuali on-line prima, e reali poi, con minori, anche stranieri, attirati con l’inganno nel nostro Paese. Non solo, ma diventa altresì il modo con il quale il pedofilo del terzo millennio tenta di passare all’azione, specie ove si pensi ai profitti – spesso considerevoli – che possono derivare dal c.d. turismo sessuale o anche dal traffico di bambini, illeciti questi in grado purtroppo di richiamare il crescente interesse della criminalità organizzata. Ciò nonostante, tutto questo – va subito chiarito – non deve, però, valere a creare una generalizzata ed indiscriminata “cultura del sospetto” verso gli strumenti informatici, sicuramente agevolata dalla incontrollata diffusione di notizie inutili e sconcertanti, ma solo idonea a mettere in evidenza quanti forniscono le notizie stesse, oltre che a creare uno stato di ansia ed allarme, tanto propagandistico quanto ingiustificato. Appare invece preferibile, rispetto alla prima, la più proficua “cultura della sicurezza”, alla quale si perviene attraverso oculati e razionali interventi di protezione, sempre auspicabili e pienamente condivisibili, nella misura in cui fondano la loro ragion d’essere su di una cauta informazione, piuttosto che su di una brutale comunicazione, sul rispetto, piuttosto che sul cinismo, in un parola, sulla prudenza, sul rigore e sulla cautela, piuttosto che sull’arrogante e continua celebrazione di vuote esaltazioni di sapere, in grado, tuttavia, queste di richiamare inconsapevole plauso ed alle quali purtroppo si è più volte costretti inermi ad assistere.

Con riferimento, inoltre, al metodo dell’utilizzo di tutte le forze di polizia (non solo della Polizia Postale) adottato dalla Procura di Siracusa anche per combattere la pedofilia telematica – ha sostenuto il Dott. Toscano – lo stesso ha tratto fondamento dalla necessità (anche questa ravvisata sin dal 2001) della costituzione in Procura di un gruppo di lavoro specializzato, formato da magistrati entusiasti e particolarmente motivati (la necessità di un siffatto gruppo di lavoro ha peraltro successivamente trovato esplicita conferma, come è noto, nella legge n. 48 del 18.03.2008). Ben presto si comprese, però, che l’operatività stessa di tale gruppo di lavoro fondava necessariamente la sua ragion d’essere su di alcuni presupposti e condizioni essenziali.

Che nell’ambito delle Sezioni di P.G. della stessa Procura si istituisse, innanzi tutto, un nucleo (anche interforze – così come creato a Siracusa) di personale specializzato, in grado di affiancare costantemente e quotidianamente il lavoro dell’A.G. con l’esercizio reale da parte di questa del diritto-dovere della verifica e controllo continuativi sull’andamento delle indagini.

E’ sembrato, in sostanza, indispensabile (come è stato peraltro sostanzialmente riconosciuto anche dalla Cassazione sin dal 2004 con sentenza n. 21778) che scendessero in campo tutte le professionalità valide ed in servizio presso le varie forze di polizia, in grado di fornire all’Autorità inquirente il fattivo contributo di capacità ed esperienza, pronte ad esprimere la loro potenzialità, legittimamente così concorrendo (vuoi che si tratti di Nuclei presso le Sezioni di P.G. di Procura, vuoi che si tratti di Forze esterne) all’apporto delle normali attività investigative rivolte precipuamente all’accesso ai files condivisi dai fruitori di un determinato programma.

Ferma rimanendo però, naturalmente, l’attribuzione alla esclusiva competenza della Polizia Postale, come per legge, dell’attività di contrasto di cui all’art. 14 legge 269/98 – v. acquisto simulato di materiale pedopornografico e indicazioni di copertura: agente provocatore -.

Solo così si possono, quindi, comprendere i significativi risultati a quel tempo conseguiti dalla Procura di Siracusa, con la costante e proficua collaborazione – va, però, ricordato – dell’Associazione Telefono Arcobaleno del dott. Giovanni Arena, quando si riuscì fortunatamente a creare un gruppo di lavoro (A.G. e P.G.) amalgamato ed efficiente, in grado di fronteggiare la grave situazione esistente, contro la quale ebbe proficuamente a lottare, con la determinazione dell’impegno e della ragione, ma anche con l’impeto di quanti sono disposti ad ogni sacrificio lavorativo se rivolto a salvaguardare l’ingenuità dei bambini da turpi aggressori.

Il tutto, quindi, ebbe a svolgersi nel contesto di un fortunato equilibrio garantito dalla strettissima interazione tra il pubblico ministero – vigile nel mantenere le prerogative di competenza – e la polizia giudiziaria, nell’ambito di investigazioni caratterizzate da fattori di estrema rapidità e massima tempestività, imposti dalla volatilità dei siti internet a contenuto pedofilo, opportunamente acquisiti e repertati pressoché contestualmente all’acquisizione della notizia di reato.

Vale la pena, però, ricordare un altro aspetto di particolare interesse, quello che riguarda la competenza ad inquisire (e poi a giudicare) con riguardo ai reati in discussione, dato che con la legge n. 48/2008 (art. 11) sopra citata se ne dispose inaspettatamente il trasferimento dalla Procure Circondariali (che pur avevano degnamente operato) alle Procure Distrettuali, nonostante fosse a conoscenza di tutti l’elevato carico di lavoro che a queste facevano (e fanno) carico, unitamente alla ormai consolidata carenza di mezzi e personale.

E’ accaduto così che, in considerazione dei deludenti e prevedibili risultati che ne sono conseguiti (si ha ragionevole motivo di ritenere che presso le Procure Distrettuali i procedimenti a carico di noti non solo non siano aumentati ma siano addirittura diminuiti, forse anche non poco), è rimasta l’amara constatazione della pericolosa attenuazione del fronte del contrasto, in tal modo indebolito sensibilmente, al triste ed allarmante fenomeno. Non si tratta, d’altronde, di opinione isolata , dato che anche da parte di autorevoli esponenti della Procura della Repubblica di Milano, nel corso di un convegno tenutosi a Siracusa nell’ottobre del 2009, si è esplicitamente sostenuto che si era ”di fatto paralizzata l’azione investigativa”.

Ma vi è di più, perché, con riferimento all’art. 600-ter, 3° co., c.p. (diffusione/divulgazione di materiale pedopornografico), si ravvisi o meno anche il reato di cui all’art. 416 c.p., la competenza territoriale dovrebbe, inoltre, rimanere assegnata (ex art. 9 c.p.p.) alla Procura della Repubblica che per prima iscrive la notizia di reato nel registro di cui all’art. 335 c.p.p. e ciò per la pratica impossibilità di applicare l’art. 8 c.p.p., dato che, quando la consumazione dei reati avviene via etere, diventa praticamente possibile in ogni luogo e diventa di fatto non individuabile il luogo di consumazione dei reati secondo i criteri tradizionali, trattandosi di reati avvenuti in luoghi virtuali, non definiti.

Allorché, cioè, le condotte assumono una configurazione immateriale ed informatica, i contributi dei responsabili (o compartecipi) della condivisione di un sito in una dimensione del tutto disancorata dal luogo in cui si opera sono tutti “on line” e quindi contestuali ed ubiqui, tanto da far perdere ogni dimensione concreta e tangibile e da ricondurre, invece, ad una fisionomia del tutto immateriale.

Anche sotto tale profilo, quindi, non si può che propugnare la tesi che esalta la competenza di tutte le Procure Circondariali (presso ciascuna delle quali opererebbero di conseguenza i gruppi di lavoro suddetti), piuttosto che di quelle Distrettuali, che consentirebbe di realizzare, se occorre anche coordinandosi per singoli casi, l’esigenza del rafforzamento, come si è detto, della risposta giudiziaria a reati di tal tipo (ancor più semplificata, peraltro, nei casi in cui risulti utilmente esperibile – è augurabile attraverso un intervento del Legislatore – il ricorso all’art. 9 c.p.p. come sopra ricordato).

Tanto questo è vero – ha ribadito il Dott. Toscano – che al disegno di legge sopra richiamato ed in corso di approvazione (riguardante la ratifica della convenzione del Consiglio d’Europa fatta a Lanzarote nell’ottobre del 2007) risulta essere stato recentemente presentato in Senato un emendamento rivolto a riportare la competenza alle Procure Circondariali, al fine di ampliare la platea di interventi contro la pedofilia e di rilanciarne l’attività di opposizione, il cui recente insuccesso – ha precisato il Dott. Toscano – va comunque ricercato anche nel fatto che i reati in oggetto sono stati ingiustamente assimilati ai reati informatici: già con la nuova competenza delle Procure Distrettuali, di cui alla legge 48/2008, si era, infatti, introdotta una novità di certo non riconducibile al rispetto degli obblighi internazionali ai quali la legge faceva riferimento, dato che era rivolto a ratificare la convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica fatta a Budapest nel lontano 23.11.2001, materia questa del tutto estranea alla pedofilia e alla pedofilia telematica; ma il timore è che anche con il nuovo disegno di legge non si riesca ancora a separare decisamente, come sembra doveroso, queste ultime dalla prima, dovendosi, invece, sempre tenere presente che la logica dello sfruttamento sessuale dei minori rigorosamente confida, al contrario dei reati informatici, nella assoluta priorità del recupero e del reinserimento sociale delle vittime della pedofilia, sancita dalla Convenzione Internazionale sui Diritti del Fanciullo, fatta a New York il 29.11.1989 e ratificato in Italia con legge n. 176/1991. >>>

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Alla luce di quanto ci ha riferito il Dott. Toscano, si può conclusivamente auspicare che i suoi rilievi inducano a riflessioni ed osservazioni, sempre degne di considerazione, anche se diversamente orientate, specialmente se concrete e propositive.

Certo è, però, che, se si condivide quanto egli ha esposto (e noi siamo fra questi) o se le argomentazioni di segno contrario risultano pregiudizialmente avanzate, appare indispensabile trarre sollecitamente le dovute conseguenze, soprattutto sotto il profilo delle iniziative da intraprendere, ormai non più differibili e alle quali non possono, quindi, frapporsi ulteriori remore. I dati occorrenti per proseguire si traggono anche dai chiarimenti forniti dal Dott. Toscano.

D’altronde, non è pensabile che il Presidente Scuto, con i riferimenti espliciti, contenuti nella Sua relazione inaugurale, a vari settori della Giustizia, non abbia inteso sostenere e sollecitare i cambiamenti necessari per condurre a future e possibili affermazioni, oltre che a successi non ancora conseguiti. Basta, in proposito, ricordare le Sue conclusioni, quando, pur riconoscendo “il dovere istituzionale della fiducia nel futuro”, ha poi significativamente precisato: “Se poi l’elencazione delle criticità permane nel tempo, non è colpa delle parole che continuano a ricordarle agli uomini, ma è piuttosto segno che gli uomini non sono in grado di affrontarle e risolverle nel tempo trascorso…”.

Le espressioni usate sono talmente chiare e lungimiranti da non richiedere spiegazioni di sorta.

Speriamo, quindi, che gli uomini riescano a cogliere, in questo come in altri casi, i segnali delle parole e vogliano tradurli in comportamenti ed operati, che sappiano dare forza ed energia a legittime e degne sollecitazioni.

La Redazione di “Diritto & Diritti”

 

1 L’esperienza siracusana ha anche riguardato la ipotizzabilità del reato di apologia di reato (art. 414 c.p.), così come la necessità di ricorrere alla collaborazione degli indagati, fattispecie oggi previste dal disegno di legge, che, in riferimento a quest’ultima figura, prevede giustamente una circostanza attenuante per chi fornisce un aiuto concreto alle indagini.

A cura della Redazione di “Diritto e Diritti”

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