Non solo danni alla persona ma anche alle cose di sua proprietà rientrano nel reato di stalking, perché il danneggiamento delle stesse implica un grado elevato di aggressività che genera uno stato patologico d’ansia nella vittima alterando «l’equilibrio emotivo».
Così hanno concluso i Giudici della Suprema Corte , sentenza n. 8852, nei confronti di un uomo che aveva attuato una serie innumerevole di atti vandalici sugli oggetti di proprietà della ex: automobile (specchietti, carrozzeria, pneumatici, gruppo ottico e lunotto posteriore); casa (sistema d’allarme, porta, campanello).
Gli stessi danni sono stati parzialmente ammessi dall’uomo ed attuati in uno spazio temporale ove tentava di ripristinare la relazione, ormai finita, con la ex compagna – sms e registrazione di conversazione -, sino a giungere all’acme con l’incendio della stessa vettura di proprietà della donna .
Dallo svolgersi degli eventi e dall’escalation dei danni subiti nella donna hanno creato uno stato patologico di ansia, preoccupazione, nervosismo continuo, tale da essere individuato nell’art 612 bis c.p..
Alla luce di quanto analizzato la Corte ha confermato le misure cautelari di divieto di avvicinamento al luogo in cui vive o lavora l’ex fidanzata.
La violenza sulle donne è una “violenza di genere”, espressione di quella sete di dominio e controllo che gli uomini tendono alacremente ad esercitare, sottacendone le reali intenzioni.
Una chiave di lettura per la comprensione della complessità del fenomeno è quella dell’analisi, ed interazione, dei diversi fattori socio, culturali ed economici.
Gli artefici di tali reati non sono solo mariti, fidanzati, compagni abbandonati, amici respinti, seguono a notevole distanza padri, fratelli e solo per ultimi, e in casi isolati, i “mostri” sconosciuti.
Questo è da spiegare alla luce di quel senso di possesso nei confronti della donna presente nei cosiddetti “delitti d’onore”, che hanno segnato per decenni la storia della cultura del nostro paese- soprattutto nell’Italia Meridionale -, almeno fino al 1981 quando è stato abrogato l’articolo 587 del codice penale, con la “L. 5 agosto 1981 n. 442”(prevedeva solo una pena da tre a sette anni per chi aveva ucciso la moglie, la fidanzata o la figlia, per cancellare l’offesa legata al proprio onore e a quello della sua famiglia).
Il comportamento di stalking scaturisce da diverse motivazioni:
-
per non interrompere la relazione
-
per vendicarsi di”eventuali” torti subiti
-
per dipendenza affettiva
-
per continuare un controllo possessivo sulla vittima.
Nella dipendenza affettiva il persecutore mette in atto il proprio stalking per:
-
esercitare un controllo per timore di essere lasciato
-
recuperare la relazione o vendicarsi della sua ex.
Il livello di stalking messo in campo, e le relative conseguenze violenti variano in proporzione al grado di intimità precedente esistente nella relazione. Maggiore intimità implica un maggiore rischio di violenza. A volte l’entità del fenomeno è anche associata a disturbi psichici presenti nel molestatore. Molti studiosi ritengono che il fenomeno non è osservabile da solo ma vada analizzata la relazione di coppia che è una variabile incisiva nel fenomeno dello stalking.
Il profilo psicologico dello stalker è simile a quello del soggetto affetto da dipendenza affettiva. Ci si trova spesso in presenza di una personalità debole che, nel timore di vivere l’abbandono, come evento già vissuto nell’infanzia, si lega ossessivamente a qualcuno. Si deduce che lo stalker manifesta un gran bisogno d’affetto in presenza di disturbi relazionali dovuti ad eventi traumatici. Nella teoria dell’attaccamento nello stalker si evince la presenza di un modello di attaccamento instabile (ansioso – ambivalente, evitante o disorganizzato) per cui il non può fare a meno dell’altra persona, la quale è assunta come indispensabile per la propria esistenza.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento