Quando io studiavo Criminologia Clinica alla facoltà di Medicina di Modena, Istituto di Scienze Morfologiche, dopo il superamento di un concorso per esami e titoli, scuola triennale, 22 esami più la tesi di specialità, tutti mi facevano la battuta, confondendo il ruolo, tra criminologo e criminale, perché nessuno sapeva bene cosa fosse la figura del criminologo. Con la chiusura di queste scuole (grande perdita per la cultura italiana) non è più possibile conseguire questo titolo e allora si è aperta la strada all’improvvisazione con la psicologia che invade ogni sapere dello scibile umano. Come un virus arriva dappertutto, ho contato 87 aree di intervento, da pseudoscienza è diventata onniscienza. Spazia e naviga dalla psicologia dei consumi, alla psicologia giuridica, criminale, della testimonianza ecc., alla psicobiologia. Il segreto è nel suffisso psico, basta apporlo davanti ad ogni disciplina e il gioco è fatto. Con l’avvento delle fiction, poi, vedo che oggi tutti si dicono criminologi, non solo lo psicologo e lo psichiatra. Eravamo il paese dei professori e dei dottori, ora anche dei criminologi.
Registro un calo curriculare e scientifico dell’università, il cui ruolo sembra essersi ridotto ad un laurificio più che ad altro. Ci sono state delle convenzioni con l’amministrazione pubblica dove con sei esami o con la sola tesi, migliaia di impiegati dello Stato si sono laureati; mentre i nostri figli per la stessa laurea dovevano sostenere una trentina di esami. Mi domando, a che serve aver conseguito una laurea fast-food?
Vedo criminologi dappertutto. Io coordino il comitato scientifico dell’Istituto di Scienze Criminologiche e di Scienze della Sicurezza dell’Università Ludes di Lugano, il cui presidente è il dott. Pier Luigi Vigna, già procuratore Nazionale Antimafia. Ho studiato nove anni dopo la laurea, eppure davanti a un giudice, per una serie di regole non scritte, la mia parola vale meno di quella di un grafologo o perito fonico ecc., che viene nominato dal giudice. Il consulente di parte, spesso ha torto in partenza e questo è un pregiudizio, anche se il presupposto che può alimentarlo ha una sua logica giuridica. Sia nei tribunali che nella società si deve recuperare una certa attenzione non all’apparire, ma all’essere. Deve pur esserci una differenza tra chi ha studiato e piegato la testa sui libri facendo sacrifici, e chi racconta le cose con un linguaggio roboante e suggestivo, tra fiction e realtà, chiamando tutto “scientifico”. Eppure, in Italia si dice così: non sai fare nulla? Iscriviti al tribunale e fai il perito!
Registro, che la ricerca nelle università dove sono attivi corsi giuridici o affini alle scienze criminali, non esiste. Accade allora che nella realtà dei tribunali per far capire che una firma può essere riprodotta con mezzo meccanico, devi trovare il giudice illuminato che dispone un accertamento giudiziale. Un pantografo (oggi ne esistono addirittura al laser in grado di riprodurre la pressione al decimo di grammo) è in grado di riprodurre una firma vera in senso grafologico, ma falsa in senso reale; se noi pensiamo che il disconoscimento della firma avviene sulle cambiali, testamenti, fideiussioni bancarie, contratti, assegni, polizze assicurative ecc, capiamo la vastità del problema. Il giudice non illuminato cosa fa? Nomina il grafologo (e, giacché tale, si occupa della scrittura apposta con la mano biologica dell’uomo, non con mezzo meccanico) che, pur non avendo mai visto in vita sua un pantografo (ignaro del principio che nelle scienze ciò di cui non si conosce occorre tacere), cosa fa? Parla, s’improvvisa, annaspa, orecchia, s’avventura, ponendo il rischio sia dell’inganno scientifico sia dell’errore giudiziario all’ordine del giorno.
Lo stesso discorso vale per la perizia fonica. Abbiamo preso in esame la voce di Obama e quella del noto giornalista americano Elliot. La comparazione spettrografica le ha riconosciute come unica identità vocale; in un altro esperimento, abbiamo preso la stessa voce di un parlatore che ripeteva due volte la stessa parola nella medesima registrazione intercettata e il risultato è stato che si trattava di due persone diverse. Insomma, sono perizie poste su un piano opinabile, buone per escludere un’identità, ma sbagliate per includerla. A chi interessa saperlo? Io temo solo all’innocente, perché l’errore giudiziario colpisce solo lui.
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