La legge anticorruzione n. 190/2012 impone l’obbligo per tutte le amministrazioni di pubblicare online i conti e i bilanci annuali, di indicare la ripartizione dei costi delle opere e dei servizi pubblici e l’elenco degli operatori invitati nelle procedure negoziate, nonchè di fornire informazioni dettagliate sulle gare in corso e già concluse. La legge prevede anche una banca dati sugli appalti pubblici e l’obbligo per i prefetti di istituire elenchi di operatori economici non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa. Sembrerebbe che la legge anticorruzione sia un vero e proprio punto di arrivo, ovvero di inizio sostanziale per la lotta alla corruzione. Tuttavia, non prevede misure preventive inerenti al controllo della fase di esecuzione dei contratti pubblici.
Secondo studi empirici, in Italia la corruzione risulta particolarmente lucrativa nella fase successiva all’aggiudicazione, soprattutto in sede di controlli della qualità o di completamento dei contratti di opere/forniture/servizi (Ecorys, PwC, London Economics, Public Procurement in Europe: cost and effectiveness, 2011 ). In effetti la Corte dei conti ha più volte constatato la correttezza della gara, il rispetto delle procedure e l’aggiudicazione dell’appalto all’offerta più vantaggiosa, ma è nella fase di esecuzione che può essere compromessa la qualità e la correttezza dei lavori. La Corte dei conti ha fatto inoltre presente una carenza dei propri poteri di controllo: essa non può infatti eseguire controlli ad hoc senza preavviso, il che si ripercuote negativamente sul tasso di accertamento delle irregolarità.[1] Per una efficace lotta alla corruzione, nell’ambito della riforma del codice degli appalti (riforma obbligatoria per il recepimento delle nuove direttive approvate dal Parlamento Europeo, direttive Ue 2014/24 (appalti) e 23/2014 (concessioni) e direttiva 2014/25/UE), sarebbe certamente opportuno agire in termini di controllo nella fase di esecuzione del contratto pubblico, disegnando un ruolo incisivo di controllo da parte del RUP e del Direttore dei Lavori e prevedendo a loro carico un sistema sanzionatorio fortemente deterrente, ma meglio ancora delegando la responsabilità del controllo alla Corte dei Conti o prevedendo disposizioni legislative di obblighi di controllo da assegnare ad organismi esterni alla p.a. procedente.
In concreto, il controllo potrebbe operare sulla verifica della corrispondenza dei prezzi dei computi metrici dei lavori, rispetto ai prezzi correnti di mercato, così come sulla verifica della corrispondenza dei prezzi di mercato ai beni o servizi forniti dall’aggiudicatario. La responsabilità sul controllo dovrebbe inoltre estendersi alla verifica, documentata con verbali di accertamento effettuato in loco, della qualità dei materiali posati sul posto e dei beni/forniture resi, in rapporto a quanto progettato e/o variato in corso d’opera. In sostanza, per la pubblica amministrazione si tratterebbe di attuare un sistema di controlli sulla spesa pubblica nazionale e regionale, adottando il modello di controllo utilizzato per la verifica della spesa dei finanziamenti europei, disciplinato nei diversi regolamenti dei Fondi Strutturali. Difatti, la normativa dei regolamenti europei[2] prevede non solo un controllo amministrativo sulla regolarità delle fasi procedurali di aggiudicazione dei lavori, ma altresì un controllo tecnico-finanziario durante la fase di esecuzione, sì da sottoporre a verifica gli stati di avanzamento lavoro ed infine verifiche sul posto, ovvero controlli in loco, tesi ad accertare la corrispondenza tra il progetto da realizzare e la sua effettiva esecuzione.
Un’auspicabile decisione di implementare un sistema di controllo della spesa pubblica ad ogni livello istituzionale sulla scorta del modello dei controlli europei, potrebbe dipendere da valutazioni del tipo: costa di più la prevenzione operativa della corruzione o la lotta alla corruzione, con ciò che ne consegue per il denaro sottratto ai cittadini ed il costo di processi giudiziari?
Con ciò non si esclude la bontà della legge anticorruzione che anzi, ha delineato un percorso sulla trasparenza dei procedimenti amministrativi, la cui formazione e provvedimento finale, da sempre, sono stati secretati dagli uffici responsabili dei procedimenti.
La legge anticorruzione si è mossa dando ai cittadini uno strumento per vigilare sul rispetto della meritocrazia e per controllare l’impiego e l’uso corretto di danaro pubblico. Questa intenzione del legislatore appare evidente nell’art.1, ai commi 15, 16 e 32, che analizzati in combinato disposto con gli artt. 15 – c. 1, 23, 37, 38, 39 del D. Lgs. 33/2013, danno al comune cittadino la possibilità di vigilare sul corretto funzionamento della pubblica amministrazione. Egli difatti, può verificare, ad esempio, i curriculum (per i quali è obbligatoria la pubblicazione) di procedure selettive svolte per titoli e valutare se gli incarichi vengono assegnati nel rispetto dei bandi selettivi, dei criteri di legge e nel rispetto delle competenze professionali, a garanzia del principio costituzionale di imparzialità (art. 97, Costituzione italiana).
Se l’indagine della Commissione sulla prevenzione del fenomeno corruttivo nel 2012 rileva, fra gli altri, anche un maggior ricorso della p.a. a procedure negoziate ed individua nelle amministrazioni locali uno dei principali fattori di rischio (gli enti locali adottano prevalentemente procedure in economia mediante cottimo fiduciario ricorrendo alla motivazione dell’urgenza, art. 125 Codice degli appalti), oggi, grazie alla legge anticorruzione, il cittadino può controllare nell’ambito dei procedimenti di aggiudicazione di lavori pubblici, l’elenco degli operatori invitati nelle procedure negoziate[3]. In questo caso, il cittadino verificherà se gli operatori invitati sono sempre gli stessi e/o se tra essi l’aggiudicatario è sempre lo stesso: il riscontro di uno dei due aspetti, sarebbe motivo di indagine per verificare se tra l’amministrazione (dirigente e/o politico) e gli operatori privati, sia stato messo in atto un sistema di tangenti o di sub-appalti, eventualmente volti a far lavorare sempre la/le stesse imprese e/o volti a favorire imprese che non hanno i requisiti di legge per ricevere direttamente l’appalto dalla p.a., (ciò con pregiudizio alla qualità delle opere che si realizzerebbero e che attraverso controlli fisici sarebbe facilmente riscontrabile), così come si potrebbero snidare cartelli tra imprese, che con la complicità del potere politico e/o dirigenziale partecipano a gare alterando le regole della concorrenza. Ma il cittadino, può anche controllare i costi unitari delle opere pubbliche completate, sì da verificare se i prezzi scritti sui computi metrici (o tabelle di sintesi) sono prezzi gonfiati rispetto al valore standard di mercato. E se l’indagine della Commissione sulla prevenzione del fenomeno corruttivo, nel 2012 ha messo in evidenza come la pianificazione urbanistica sia uno dei settori a rischio di corruzione, il cittadino oggi può consultare gli schemi di provvedimento della pianificazione e governo del territorio (piani territoriali, piani di coordinamento, piani paesistici, strumenti urbanistici, generali e di attuazione, nonche’ le loro varianti) prima che siano portati all’approvazione.
In conclusione, l’adozione della legge anticorruzione segna senza dubbio un momento storico di assoluta importanza, perchè essa detta le linee affinchè l’apparato normativo assuma la lotta alla corruzione come azione sistematica, tant’è che le misure previste riguardano sia i reati contro la p.a. che l’attività preventiva nella pubblica amministrazione.
Non v’è dubbio poi, che un’efficace lotta contro la corruzione dovrebbe prevedere un quadro giuridico, che in modo complessivo disciplini una lotta più incisiva per spezzare i legami tra politica, criminalità organizzata e imprese, ma ciò passa anche dalla volontà delle formazioni politiche ad intervenire in tale direzione, innanzitutto selezionando l’integrità dei titolari di cariche elettive e di governo attraverso codici di comportamento, con conseguenti disposizioni regolamentari sulle sanzioni applicabili in caso di violazione. Secondariamente, occorrerebbe una riforma complessiva della normativa che regola la prescrizione e contestualmente un incremento di risorse finanziarie da destinare alle procure sottodimensionate.
Se oggi la corruzione è un fatto di costume, un normale modo di operare, ciò è dovuto al disimpegno morale delle classi dirigenti del paese, che non agiscono come modelli esemplari e neppure si mostrano impegnati in opere di moralizzazione e difesa etica dei ruoli di responsabilità che rivestono[4]. Non sarà un caso se il Procuratore aggiunto antimafia di Reggio Calabria, N. Gratteri nelle sue interviste dichiara che negli ultimi anni è più la politica a cercare la mafia, che spostando il 20 per cento dei propri voti determina il successo di una coalizione piuttosto che di un’altra[5]: quanto basta per dare la misura di come la corruzione sia un fatto di costume opportuno ad interessi di potere, che prevalgono schiacciando etica e moralità.
L’ipotesi, auspicabile, di normare la selezione delle cariche elettive, oltre che ad innalzare il livello di integrità e responsabilità sociale, potrebbe rappresentare un segnale, una volontà delle classi dirigenti di riscattarsi e di riscattare l’Italia da un mal costume e da una immoralità che condiziona la meritocrazia e la sana crescita sociale ed economica.
Per il momento, si assumono per positive le misure previste dalla legge anticorruzione che incide sulla trasparenza degli appalti, settore nevralgico della p.a., punto terminale di materializzazione delle condotte corruttive, che maggiormente, rispetto ad altri settori, condizionano negativamente l’economia del paese e la liberta dell’individuo, anche se il controllo generalizzato sull’azione amministrativa (come agevolato dalla legge sulla trasparenza) non può essere lasciato solo al cittadino, ma andrebbe strutturato in modo sistemico a carico dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). L’Autorità dovrebbe controllare d’ufficio, almeno tutte le gare aggiudicate con procedure negoziate da parte degli enti pubblici e degli enti territoriali, delle società in house, delle partecipate, delle controllate o ancora meglio, il legislatore potrebbe prevedere, come azione preventiva della corruzione, l’obbligo di inserimento in ogni commissione di gara di un componente individuato dall’ANAC, sia nelle procedure negoziate che in quelle ristrette e aperta.
Infine, si attendono strumenti o modelli operativi di effettivo controllo sistematico delle irregolarità; controllo da svolgere, da parte della p.a. procedente, attraverso il reale accertamento dei requisiti dichiarati dai partecipanti a selezioni pubbliche per l’attribuzioni di incarichi; controllo da svolgere, per le gare di appalti pubblici, dalla fase di indizione del procedimento di gara fino al rilascio del certificato di esecuzione dei lavori o del collaudo finale.
[1] Commissione Europea, (2014), Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo – Relazione dell’Unione sulla lotta alla corruzione – Allegato 12 sull’Italia.
[2] Regolamento (CE) N. 1083/2006 del Consiglio; Regolamento (CE) n. 1828/2006 della Commissione; Regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio; Regolamento (UE) N. 65/2011 della Commissione.
[3] Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, art. 57 procedura negoziata senza bando (la stazione appaltante consulta un numero limitato di operatori economici selezionati da un elenco costituito); art. 55 procedura ristretta (la procedura negoziata prevede che tutti gli operatori qualificati per una tipologia di appalto possono richiedere di partecipare all’assegnazione di un contratto, ma possono presentare un’offerta solo quelli successivamente invitati dalla stazione appaltante); art. 123 procedura ristretta semplificata (per gli appalti di lavori di importo inferiore a un milione e cinquecentomila di euro gli operatori vengono scelti da un elenco); art. 125 procedura in economia (col cottimo fiduciario, per lavori compresi tra 40 mila e 200 mila euro gli operatori possono essere scelti senza bando; sotto i 40 mila euro si può procedere ad affidamento diretto senza elenco imprese).
[4] La corruzione è un fenomeno talmente diffuso nella sfera sociale, economica e politica, che è l’ambiente ad attrarre i gruppi criminali organizzati e non già la criminalità organizzata a causare la corruzione (studio del 2010 a cura del Center for the Study of Democracy).
[5] http://www.liberainformazione.org/2011/05/05/ndrangheta-e-politica-dopo-gli-arresti-di-marina-di-gioiosa/
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