Le notificazioni a mezzo posta elettronica certificata nel processo penale

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   SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. Il sistema delle notifiche a mezzo p.e.c. In particolare, nel processo penale. – 3. La questione controversa.

 

1. Introduzione – Soltanto qualche mese fa (cfr. Riv. Pen., 2016, 10, 905), commentando l’ordinanza della Corte di Assise di Taranto del 18 luglio 2016 (per cui: “A norma dell’art. 16, comma 4, D.L. 18.10.2012, n. 179 le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici registri. Non è quindi previsto l’utilizzo della p.e.c. nel caso di notificazioni effettuate dalle parti private. Tanto per il principio di tassatività ed inderogabilità delle forme stabilite dalla legge per le notificazioni alle quali deve attribuirsi valore di meccanismo di conoscenza legale dell’atto notificato da parte del destinatario, ed anche l’effetto legale della certezza dell’identificazione dell’autore nonché di conformità dell’atto notificato all’originale.”), ne coglievo la coerenza rispetto al principio incidentalmente affermato dalla giurisprudenza di legittimità nelle pronunce 18235/2015 e 7058/2014.

L’evoluzione tecnologica, tuttavia, prosegue veloce ed inesorabile ed, a distanza di poco tempo, anche la Corte di Cassazione sembra “subirne” l’effetto.

Con la sentenza in commento, infatti, ha ritenuto valida la notificazione a mezzo p.e.c. effettuata dal difensore dell’imputato al collega della persona offesa.

La decisione, beninteso, è funzionale alla “parità delle armi” fra il P.M. e le parti private ed introduce un’evidente ed obbiettiva semplificazione procedurale.

La questione, tuttavia, impattando su prassi consolidate, modificando il precedente indirizzo giurisprudenziale e riguardando le molteplici occasioni in cui – nell’ambito del procedimento penale – sono previste notifiche ad opera delle parti private, meriterebbe un maggiore approfondimento.

Proprio per le decadenze che spesso – come nel caso deciso dalla sentenza in commento – si collegano alle notifiche di determinati atti, sarebbe inoltre auspicabile una maggiore certezza sia de iure condendo che, de iure condito, da parte della giurisprudenza di legittimità.

 

2. Il sistema delle notifiche a mezzo p.e.c. In particolare, nel processo penale. – La digitalizzazione delle comunicazioni e delle notificazioni nell’ambito sia del processo civile e/o amministrativo che di quello penale costituisce uno degli obiettivi maggiormente perseguiti negli ultimi anni da parte del Legislatore: la sostituzione del documento digitale al cartaceo favorisce, infatti, la riduzione degli sprechi e degli spazi occupati dagli archivi, oltre alla velocità e sicurezza nella trasmissione dei dati.

Risponde, in altri termini, al fine di ottimizzare le risorse in funzione di attuazione dei principi costituzionali di giusto processo e ragionevole durata dei tempi processuali.

In ambito penale la p.e.c. è stata introdotta dall’art. 4 D.L. 193/2009 (“Misure urgenti per la digitalizzazione della giustizia”), convertito dalla L. 22.2.2010, n. 24; con l’art. 16, comma 4, D.L. 179/2012 si è poi previsto che: “Nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione a la ricezione dei documenti informatici. Allo stesso modo si procede per le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma degli articoli 148, comma 2 bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale. La relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria”.

Sia il termine utilizzato dal Legislatore (“procedimenti”) che il mancato riferimento alla pendenza di un processo dinanzi ad un giudice che, infine, il richiamo all’art. 151 c.p.p. (che riguarda gli “atti del P.M. nel corso delle indagini preliminari”) inducono a ritenere che non soltanto la fase processuale ma anche quella delle indagini preliminari ricada nell’ambito applicativo della norma in questione.

Il comma 9, lettera c bis, del citato D.L. 179/2012 stabilisce, tuttavia, che a decorrere dal 15 dicembre 2014 le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma degli articoli 148, comma 2 bis, 149, 150 e 151, comma 2, c.p.p. saranno eseguite attraverso p.e.c. nei procedimenti dinanzi ai Tribunali e Corti di Appello: ne consegue che esulino dall’ambito di applicazione della norma i procedimenti innanzi ai Giudici di Pace, alla Corte di Cassazione, ai Tribunali per i Minorenni e Militari ed agli Uffici di Sorveglianza.

Destinatari delle notifiche a mezzo p.e.c. nel procedimento penale debbono considerarsi tutti i soggetti del libro I del codice salvo l’imputato.

Alla posizione di quest’ultimo deve essere accomunata quella della persona sottoposta alle indagini giusta l’estensione operata dall’art. 61 c.p.p. delle garanzie e dei diritti previsti in favore del primo.

La portata prescrittiva dell’esclusione è stata limitata dalla giurisprudenza di legittimità.

Con la sentenza n. 32398 del 28.4.2011 (dep. 19.7.2011) si è ritenuto infatti che: “La notificazione di un atto di cui sia destinatario l’imputato o altra parte privata in ogni caso in cui esso possa o debba essere consegnato al difensore può essere eseguita con telefax o altri mezzi idonei a norma dell’art. 148, comma 2 bis c.p.p.” (conforme, da ultimo, Cass., sez. IV, 3.3 – 21.4.2016, n. 16622).

Ne consegue la ritualità della notifica a mezzo p.e.c. al difensore dell’imputato dell’atto destinato a quest’ultimo ove irreperibile (art. 159 c.p.p.), domiciliato presso il difensore (art. 161 c.p.p.), latitante (art. 165 c.p.p.) o residente all’estero nell’ipotesi in cui non abbia ottemperato all’invito a dichiarare o eleggere domicilio nello Stato (art. 169, comma 1, c.p.p.).

La tenuta costituzionale del sistema e di quest’ultima opzione interpretativa risiede nei doveri di diligenza (che impongono al difensore di  preservare l’idoneità degli impianti di ricezione della p.e.c.; cfr., all’uopo, Cass., sez. II, 4.12.2013 – 20.1.2014, Ortolan; Cass., sez. III, 18.12.2008 – 22.1.2009, Capasso; Cass., sez. IV, 11.3 – 7.5.2004, n. 21734, Costanzo) e di informazione verso l’assistito, statuiti dalla Legge professionale e dal codice deontologico e più volte affermati anche dalla giurisprudenza della C.E.D.U. (cfr., ex pluribus, 18.10.2006, Hermi c/ Italia, e 28.2.2008, Demebukov c/ Bulgaria).

L’astratta potenzialità che persone offese, parti civili, responsabili civili, persone civilmente obbligate per il pagamento della pena pecuniaria, enti ed associazioni rappresentative degli interessi lesi dal reato o citati ai sensi del D. Lgs. 231/2001, interpreti, periti e consulenti tecnici possano ricevere notifiche a mezzo p.e.c. va coordinata, ovviamente, con la previsione dell’art. 16 ter cit. D.L. 179/2012, il quale definisce i “pubblici elenchi per le notificazioni e comunicazioni”, rimandando alle previsioni degli articoli 4 e 16, comma 12, del citato D.L., 16 D.L. 29.11.2008 e 6 bis D. Lgs. 7.3.2005 n. 82: ne consegue che destinatari delle notifiche a mezzo p.e.c. potranno essere soltanto soggetti tenuti per legge ad avere un indirizzo di p.e.c., ovvero le Amministrazioni Pubbliche, le imprese costituite in forma societaria, nonché i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato.

In presenza delle predette condizioni di legittimità la notifica a mezzo p.e.c. deve ritenersi consentita anche in assenza dei decreti attuativi e/o delle situazioni di “urgenza” o particolarità richieste dagli artt. 149 e 150 c.p.p.; in tal senso è significativo l’arresto di Cass., sez. IV, 21.4.2016, n. 16622, per cui: “Nel processo penale, le notifiche ai difensori possono essere effettuate ricorrendo alla procedura con mezzi tecnici idonei tra cui è compresa la trasmissione telematica, se certificabile, a prescindere dall’emanazione dei decreti attuativi destinati a regolamentare l’uso della p.e.c.”.

 

3. La questione controversa. – In questo contesto normativo e giurisprudenziale di riferimento si colloca la questione decisa con la sentenza in commento, ovvero la ritualità della notifica a mezzo p.e.c. nel processo penale non già su richiesta della cancelleria ma di una parte privata (nel caso di specie, dell’istanza di revoca e/o sostituzione della misura cautelare personale in procedimento avente ad oggetto delitti contro la persona).

La soluzione della predetta questione non riceve alcun esplicito contributo nella Circolare del Ministero della Giustizia dell’11.12.2014, avente ad oggetto l’ “avvio del sistema di notificazioni e comunicazioni telematiche penali (SNT)”; ed è, in effetti, perplessa.

Con ordinanza del 18 luglio 2016 la Corte di Assise di Taranto, decidendo su questione che investiva direttamente la validità della notifica effettuata a mezzo p.e.c. da una parte privata all’altra (nel caso di specie si trattava della citazione del responsabile civile a cura della parte civile), statuiva che: “A norma dell’art. 16, comma 4, D.L. 18.10.2012, n. 179 le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici registri. Non è quindi previsto l’utilizzo della p.e.c. nel caso di notificazioni effettuate dalle parti private. Tanto per il principio di tassatività ed inderogabilità delle forme stabilite dalla legge per le notificazioni alle quali deve attribuirsi valore di meccanismo di conoscenza legale dell’atto notificato da parte del destinatario, ed anche l’effetto legale della certezza dell’identificazione dell’autore nonché di conformità dell’atto notificato all’originale.”.

Incidentalmente, tuttavia, il medesimo principio era stato già affermato dalla Suprema Corte.

In una fattispecie concernente la ritualità di un’istanza indirizzata alla cancelleria e trasmessa mediante p.e.c., ad esempio, la Cassazione aveva già affermato che: “per quanto attiene la trasmissione dell’istanza del difensore a mezzo p.e.c. si osserva che alla parte privata, nel processo penale, non è consentito l’uso di tale mezzo informatico di trasmissione, quale forma di comunicazione e/o notificazione. L’utilizzo della pec è stato consentito, ma a partire dal 15.12.2014, solo per le notificazioni per via telematica da parte delle cancellerie nei procedimenti penali a persona diversa dall’imputato – a norma degli articoli 148 comma 2-bis – 149 150 e 151 comma 2 cod. proc. pen. (legge n. 228 del 2012 (art. 1 comma 19); D.L. 18.10.2012 n. 179, art. 16, comma 9 e 10). Allo stato, la forma della notifica via pec è deputata a sostituire forme derogatorie dell’ordinario regime delle notifiche, ponendosi come alternativa privilegiata rispetto alle comunicazioni telefoniche, telematiche e via telefax attualmente consentite in casi determinati e nei confronti di specifiche categorie di destinatari. Si tratta de: a) le comunicazioni richieste dal pubblico ministero ex art. 151 c.p.p.;

b) le notificazioni e gli avvisi ai difensori disposte dall’Autorità Giudiziaria (giudice o pubblico ministero), “con mezzi tecnici idonei”, secondo il dettato dell’art. 148, comma 2 bis, cod. proc. pen;

c) gli avvisi e le convocazioni urgenti disposte dal giudice nei confronti di persona diversa dall’imputato, per le quali è stata finora consentita la notifica a mezzo del telefono confermata da telegramma (ovvero, in caso di impossibilità, mediante mera comunicazione telegrafica dell’estratto), da eseguirsi ai recapiti corrispondenti ai luoghi di cui all’art. 157, commi primo e secondo e nei confronti del destinatario o di suo convivente (art. 149, cod. proc. pen.);

d) le notificazioni di altri atti disposte dal giudice sempre nei confronti di persona diversa dall’imputato, mediante l’impiego di mezzi tecnici che garantiscano la conoscenza dell’atto (art. 150, cod. proc. pen.)” (Cass., sez. I, 28.1.2015, n. 18235); chiarendo altresì “che, a differenza di quanto previsto per il processo civile, nel processo penale tale forma di trasmissione, per le parti private, non sarebbe stata comunque idonea per comunicare l’impedimento. Ed invero, nel processo civile l’art. 366, comma secondo, cod. proc. civ. (così come previsto dalla legge 12 novembre 2011, n. 183, che ha modificato la legge n. 53/1994), ha introdotto espressamente la pec quale strumento utile per le notifiche degli avvocati autorizzati. Già il D.M. n. 44/2011 aveva disciplinato con maggiore attenzione l’invio delle comunicazioni e delle notifiche in via telematica dagli uffici giudiziari agli avvocati e agli ausiliari del giudice nel processo civile, in attuazione dell’art. 51 della Legge 6 agosto 2008, n. 133. In tale contesto assume rilevanza la disposizione di cui all’art. 4 che prevede l’adozione di un servizio di posta elettronica certificata da parte del Ministero della Giustizia in quanto ai sensi di quanto disposto dalla legge 24/2010 nel processo civile e nel processo penale, tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica devono effettuarsi mediante posta elettronica certificata. Quest’ultima disposizione è stata rinnovata anche dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (“Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”, in GU n. 245 del 19.10.2012 – Suppl. Ordinario n. 149), entrato in vigore il 20.10.2012 e convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 (c.d. Decreto crescitalia 2.0) dove all’art. 16 viene sancito, al comma quarto, che “Nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Allo stesso modo si procede per le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale. La relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria”. Ne consegue, pertanto, che per la parte privata, nel processo penale, l’uso di tale mezzo informatico di trasmissione non è – allo stato – consentito quale forma di comunicazione e/o notificazione” (Cass., sez. III, 11.12.2014, n. 7058).

Con la sentenza in commento, invece, la II Sezione, muovendo dall’inapplicabilità dell’art. 16 D.L. 179/2012 (“L’unico divieto che può trarsi dal citato articolo 16 è quello dell’inutilizzabilità della notifica a mezzo PEC a cura della cancelleria, qualora il destinatario sia l’imputato (persona fisica). Diversa è invece la fattispecie in esame, in cui viene in rilievo una notifica da effettuare non già all’imputato ma al difensore della persona offesa e ad opera del difensore dell’imputato”; cosiddetto distinguishing), fonda la speculare soluzione sugli artt. 152 c.p.p.  (ai sensi del quale: “Salvo che la legge disponga altrimenti, le notificazioni richieste dalle parti private possono essere sostituite dall’invio di copia dell’atto effettuata dal difensore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento”) e 48 D. Lgs. 7.3.2005 n. 82 (“Sulla base dell’art. 48 dell’anzidetto Codice la notifica a mezzo PEC è equiparata alla notifica per mezzo della posta, salvo che la legge non disponga altrimenti”): “In tale contesto normativo deve ritenersi che la lettera raccomandata, di cui può avvalersi il difensore ai sensi dell’articolo 152 c.p.p., può essere sostituita dalla comunicazione a mezzo PEC, con la conseguenza che, nel caso in esame, la notifica effettuata a mezzo PEC dal difensore dell’imputato al difensore della persona offesa ex articolo 299 c.p.p., deve ritenersi validamente effettuata.

La decisione, siccome già anticipato nell’introduzione, ha l’indubbio merito di estendere alle parti private del procedimento penale un fondamentale strumento di semplificazione; elimina, inoltre, la – altrimenti esistente – disparità di trattamento fra l’ufficio del P.M. (cui la facoltà di procedere a notificazione a mezzo p.e.c., sebbene a soggetti diversi dall’imputato, è implicitamente riconosciuta dal citato art. 16 D.L. 179/2012) e le altre parti private del procedimento; appare coerente, in altri termini, con i principi fondamentali del “giusto processo” di cui all’art. 111 della Costituzione.

Forse, tuttavia, pretende di ricavare troppo dai (due) dati normativi assunti a riferimento.

Trascura del tutto di considerare, infatti, che la notifica a mezzo p.e.c. da parte degli avvocati è consentita pure dall’art. 1 L. 53/1994, sì come modificato dal D.L. 90/2014, ma esclusivamente in “materia civile, amministrativa e stragiudiziale” (“L’avvocato o il procuratore legale, munito di procura alle liti a norma dell’articolo 83 del codice di procedura civile e della autorizzazione del consiglio dell’ordine nel cui albo è iscritto a norma dell’articolo 7 della presente legge, può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale a mezzo del servizio postale, secondo le modalità previste dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, salvo che l’autorità giudiziaria disponga che la notifica sia eseguita personalmente. Quando ricorrono i requisiti di cui al periodo precedente, fatta eccezione per l’autorizzazione del consiglio dell’ordine, la notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale può essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata”) e deve svolgersi secondo le modalità specificamente regolate dal successivo art. 3 bis L. 53/1994 (“La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi. 2. Quando l’atto da notificarsi non consiste in un documento informatico, l’avvocato provvede ad estrarre copia informatica dell’atto formato su supporto analogico, ((attestandone la conformità con le modalità previste dall’articolo 16-undecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221)). La notifica si esegue mediante allegazione dell’atto da notificarsi al messaggio di posta elettronica certificata. 3. La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall’articolo 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall’articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68. 4. Il messaggio deve indicare nell’oggetto la dizione: «notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994». 5. L’avvocato redige la relazione di notificazione su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale ed allegato al messaggio di posta elettronica certificata. La relazione deve contenere: a) il nome, cognome ed il codice fiscale dell’avvocato notificante; b)lettera soppressa; c) il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale ed il codice fiscale della parte che ha conferito la procura alle liti; d) il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale del destinatario; e) l’indirizzo di posta elettronica certificata a cui l’atto viene notificato; f) l’indicazione dell’elenco da cui il predetto indirizzo e’ stato estratto; g) l’attestazione di conformità di cui al comma 2. 6. Per le notificazioni effettuate in corso di procedimento deve, inoltre, essere indicato l’ufficio giudiziario, la sezione, il numero e l’anno di ruolo.”).

Ove, sì come autorevolmente argomentato dal Supremo Collegio con la sentenza in commento, la notifica a mezzo p.e.c. ad opera delle parti private nell’ambito del procedimento fosse consentita dal combinato disposto degli artt. 152 c.p.p. e 48 cit. D. Lgs. 82/2005, questa potrebbe svolgersi in maniera del tutto libera e svincolata (finanche) dalle formalità previste dall’art. 3 bis L. 53/1994; non opererebbe, inoltre, la limitazione per la persona dell’imputato prevista – in materia di notificazioni a mezzo p.e.c. a cura della cancelleria – dal citato art. 16 D.L. 179/2012.

Si cadrebbe, in altri termini, da un eccesso (violativo della parità delle armi fra le parti nel giusto processo a favore del P.M.) ad un altro, ampliando le prerogative notificatorie a mezzo p.e.c. delle parti private rispetto a quelle del P.M..

Rebus sic stantibus, nell’impellente necessità che il Legislatore intervenga nello stesso solco tracciato dalla Suprema Corte con la sentenza in commento per eliminare ogni disparità di trattamento fra le parti ed investire sull’efficacia della tecnologia anche in ambito processuale penale, non appare medio tempore destituita di fondamento la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 4, D.L. 179/2012 con riferimento agli artt. 3, 24 comma 2 e 111 della Costituzione.

Sentenza collegata

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Avv. Garzone Francesco Paolo

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