Fatto
A seguito di una trombosi venosa, un paziente aveva adito davanti al Tribunale di primo grado la clinica privata, ove era stato ricoverato, e i due medici che lo ebbero in cura, per vederli condannare al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del loro negligente operato.
Secondo la tesi dell’attore la responsabilità dei medici sarebbe consistita nell’aver somministrato un’inadeguata dose di farmaco antitrombotico a base di eparina, e di non essersi tempestivamente accorti dell’insorgenza della trombosi venosa profonda, ritardando così di quattro giorni l’inizio della corretta terapia.
Il Giudice di primo grado accoglieva la domanda attrice ritenendo che i medici della struttura sanitaria ove il paziente era stato ricoverato erano responsabili per i danni subiti dallo stesso. Secondo il Giudice i medici non avevano correttamente interpretato il quadro clinico del paziente avendo ridotto colposamente la posologia del farmaco antitrombotico a base di eparina.
Il Tribunale nella sua valutazione si spingeva ad affermare anche che se i medici avessero somministrato la giusta dose di eparina la trombosi venosa profonda non si sarebbe verificata con ragionevole probabilità.
Sia la clinica privata che i due medici della stessa struttura decidevano di proporre appello avverso la sentenza che li vedeva soccombenti.
La Corte territoriale ribaltava la decisione del Giudice di primo grado accogliendo le doglianze dei convenuti. Secondo il discernimento degli Stessi la domanda attorea non poteva che essere considerata infondata, in quanto non vi era alcun nesso causale fra le condotte colpose ascritte ai medici ed il danno subito dal paziente.
In particolare in riferimento all’insufficiente somministrazione di eparina da parte dei medici la Corte d’appello aveva escluso che quella condotta potesse essere considerata colposa, in quanto i medici in quell’occasione avevano bilanciato il rischio emorragico col rischio trombotico, valutando che la quantità di eparina somministrata costituiva un giusto compromesso fra i due rischi. Oltretutto I Giudici di secondo grado avevano evidenziato che la somministrazione di eparina non eliminava del tutto il rischio di trombosi venosa profonda, e che nel caso di specie non era possibile stabilire se la trombosi fosse una
conseguenza dell’incidente avuto, oppure fosse insorta il ricovero presso la struttura sanitaria.
In riferimento alla tesi attorea secondo cui i medici avevano trascurato l’evidenza dei sintomi ritardando, così, l’inizio della terapia della trombosi venosa, la Corte d’Appello si era espressa riconoscendo nell’operato dei medici una condotta colposa. Ciononostante, i Giudici avevano ritenuto che questo ritardo non aveva provocato alcuna conseguenza dannosa ulteriore rispetto a quella che già di per sé aveva comunque provocato la trombosi. Secondo quest’ultimi non vi erano elementi certi per stabilire dove era insorta e come era progredita la trombosi venosa, né era possibile stabilire che laddove il medico fosse prontamente intervenuto, ci sarebbero stati serie ed apprezzabili probabilità di evitare il danno.
La parte attrice, in disaccordo con la decisione della Corte di Appello, aveva deciso di adire la Corte di Cassazione con nove motivi di ricorso. In particolare, per quanto a noi di interesse, con il terzo motivo il ricorrente lamentava l’omesso esame da parte del Giudice di secondo grado di tre fatti decisivi, tra cui il fatto che i medici della struttura sanitaria si discostarono dalle linee-guida generalmente condivise dalla scienza medica per il trattamento dei politraumatizzati da sinistro stradale.
La decisione della Corte di Cassazione
I Giudici di legittimità limitatamente al terzo motivo di ricorso si sono pronunciati sfavorevolmente, ritenendolo infondato.
Secondo i Giudici Ermellini il lamentato fatto che i medici della struttura sanitaria non si erano attenuti alle “linee-guida” generalmente condivise per la somministrazione di eparina non era un fatto decisivo in quanto le linee guida sono solo un parametro di valutazione della condotta del medico.
I Giudici nelle loro motivazioni evidenziano come una condotta conforme alle linee guida di norma sarà diligente, mentre una condotta difforme dalle linee guida sarà negligente od imprudente. Ma sottolineano che questo assunto non impedisce che una condotta difforme dalle linee guida possa essere ritenuta comunque diligente, ad esempio quando esistono particolarità tali che impongono di non osservare le linee guida, ad esempio quando le linee guida prescrivano la somministrazione di un farmaco verso il quale il paziente ha una forma di allergia.
Sulla base dello stesso principio una condotta conforme alle linee-guida può essere ritenuta colposa, quando ad esempio le linee guida suggeriscono l’esecuzione di un intervento chirurgico ed il medico vi si attenga, nonostante le condizioni del paziente non gli consentono di sopportare la anestesia totale imposta dal tipo di intervento.
I Giudici di Cassazione hanno quindi sentenziato che le linee guida non costituiscono un parametro rigido ed insuperabile di valutazione della condotta del medico sanitario, e la circostanza che il giudice abbia ritenuto non colposa la condotta del medico che non si sia attenuto alle linee guida non è sufficiente per ritenere erronea la sentenza, e di conseguenza per ritenere decisivo l’omesso esame del contenuto di quelle linee-guida.
La Corte di legittimità ha evidenziato che nel caso di specie i Giudici di secondo grado hanno ritenuto che la riduzione della somministrazione di eparina da parte dei medici era stata giustificata dalla necessità di prevenire il rischio di emorragie, rischio che rispetto ai casi analoghi si presentava aumentato. La Corte d’appello aveva, dunque, individuato circostanze concrete che nel caso specifico giustificavano l’allontanamento dalle linee guida.
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