di Beatrice Ficcarelli*
* Professore Associato di diritto processuale civile – Dipartimento Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Siena
Sommario
1. Considerazioni introduttive
2. La riforma del 2015
3. Riflessioni conclusive
1. Considerazioni introduttive
La principale obbligazione dell’aggiudicatario nella vendita forzata è rappresentata dal versamento del saldo del prezzo di aggiudicazione, costituito dalla differenza tra il prezzo stesso e la cauzione versata all’atto della presentazione dell’offerta. Esso, invero, rappresenta la condizione necessaria e imprescindibile per il perfezionamento della vendita forzata e, dalla sua prestazione, dipende l’emissione del decreto di trasferimento.
Secondo la giurisprudenza di legittimità e la dottrina prevalente infatti, il trasferimento dell’immobile oggetto di vendita forzata è l’effetto di una fattispecie complessa costituita dall’ ordinanza di aggiudicazione, dal successivo versamento del prezzo e dall’ emissione del decreto di trasferimento[1].
Proprio in considerazione della funzione svolta dal pagamento del prezzo, sia l’ordinanza di aggiudicazione che il decreto di trasferimento debbono essere revocati dal giudice dell’esecuzione quando venga accertato il mancato versamento integrale del prezzo di aggiudicazione con le modalità indicate nell’ordinanza di vendita.
Ne consegue che il decreto di trasferimento eventualmente emesso dal giudice dell’esecuzione, in caso di mancato versamento del prezzo integrale da parte dell’aggiudicatario, è affetto da nullità assoluta da far valere con lo strumento tipico dell’ opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art 617 c.p.c.[2]
Su questa premessa, di particolare interesse sono le novità che negli ultimi anni hanno riguardato l’istituto in oggetto, ridisegnandone la fisionomia e generando, stante lo stringato dettato normativo, una serie pressocchè indefinita di problematiche di grande rilevanza pratica.
[1] Vedi ad esempio Cass n. 15222/2005.
[2] Vedi Cass. n. 17460/2007.
2. La riforma del 2015
Gli interventi sucitati, come noto, si collocano nel più ampio quadro delle riforme che hanno interessato il processo esecutivo nel 2015 per effetto della l. n. 132 del 06.08.2015 in cui è stato convertito il d.l. 27.06.2015 n. 83.
Qualche attento commentatore ha subito definito l’espropriazione immobiliare a seguito di tali interventi come accelerata, conveniente, rateizzata e cameralizzata[3].
La qualificazione relativa alla rateizzazione, unitamente ai profili relativi alla conversione del pignoramento che esula dalla nostra indagine, riguarda precisamente il versamento del prezzo nell’espropriazione immobiliare. Ciò nonostante esso possa apparire ad una indagine superficiale e non tecnica quale istituto scevro da particolari problematiche.
Partendo dagli essenziali riferimenti normativi dell’istituto, la prima disposizione interessata dalla riforma è rappresentata dall’art. 569 c.p.c. comma 3 e 4 ( norma che come noto, nel suo complesso, disciplina il provvedimento per l’autorizzazione alla vendita da parte del giudice dell’esecuzione).
Ai sensi di tale disposizione come riformata nel 2015, circa la vendita senza incanto – che dopo le ultime riforme, é divenuta la regola ex artt. 503 e 569 c.p.c. – , nel provvedimento che fissa la vendita deve essere indicato il termine per il versamento del prezzo in una misura non superiore a 120 giorni.
Quando ricorrono giustificati motivi il giudice può disporre che il versamento del prezzo abbia luogo ratealmente ed entro un termine non superiore a 12 mesi.
La collocazione della norma fa carico al giudice di specificare già nell’ordinanza di vendita le ragioni che lo hanno indotto a prevedere la rateizzazione, non essendo sufficiente l’adozione di formule generiche.
A tale proposito si è subito chiarito che la rateizzazione del saldo del prezzo non può dunque disporsi in una fase più avanzata della procedura, né a favore di un determinato soggetto e ciò per il necessario rispetto dell’uguaglianza e della parità di condizioni tra tutti i potenziali partecipanti.
L’ ordinanza del G.E. deve sempre recare l’indicazione dell’importo nonchè la scadenza di ogni singola rata e il termine, non superiore a 12 mesi, per il versamento dell’ultima. Nonostante la legge nulla dica, ai termini per il versamento del saldo del prezzo deve riconoscersi natura perentoria. Il giudice non può prorogarli a causa della necessaria immutabilità delle iniziali condizioni di vendita.
Queste ultime, svolgendo una funzione decisiva nelle determinazioni degli offerenti, debbono essere conoscibili dall’inizio della fase di vendita e restare invariate fino al decreto di trasferimento[4].
Completano la disciplina della rateizzazione del saldo le modifiche apportate all’art. 574 c.p.c. sulle modalità di versamento e all’art. 587 c.p.c. sulla decadenza dell’aggiudicatario.
Ai sensi dell’art. 574 c.p.c., nella consapevolezza che l’immissione dell’aggiudicatario nel possesso dell’immobile prima del versamento del saldo espone la procedura a rischi p>
La fideiussione – che rappresenta la condictio sine qua non perchè l’aggiudicatario consegua il possesso – è escussa dal custode o dal professionista delegato previa autorizzazione del giudice[5]. La fideiussione è prestata anche a garanzia del risarcimento dei danni eventualmente arrecati all’immobile[6].
Infine circa il novellato art. 587 c.p.c, esso prevede che se il prezzo non venga depositato nel termine stabilito, il giudice dell’esecuzione dichiara con decreto la decadenza dell’aggiudicatario, pronuncia la perdita della cauzione a titolo di multa, e quindi dispone un nuovo incanto. Oltre all’ipotesi di mancato versamento del prezzo la novella del 2015 ha previsto costituire fonte di decadenza dell’aggiudicatario il mancato pagamento anche di una sola rata entro dieci giorni dalla scadenza, nel qual caso il giudice dell’esecuzione deve disporre anche la perdita a titolo di multa delle rate già versate.
La ratio dell’istituto è certamente quella di garantire la regolarità e la certezza dell’esecuzione che sarebbe altrimenti rimessa al mero arbitrio delle parti quanto ai tempi di definizione.
[3] Vedi Farina, L’ennesima esproriazione immobiliare “efficiente” (ovvero accellerata, conveniente, rateizzata e cameralizzata) , in Riv. dir. proc., 2016 127 e ss.
[4] Così testualmente Cass. 29 maggio 2015, n. 11171 e Sez. un. 12 gennaio 2010 n. 262 che fanno derivare la natura perentoria del termine dalla sua funzione, con la conseguenza ch epuò essere perentorio ancghei inassenza di una qualificazione specifica in tal senso. In dottrina v. ancora Farina ” L’ennesima espropriazione immobiliare” , cit., 136 e ss.
[5] Rileva Farina (op. cit. 137) che poiché le caratteristiche e l’importo della fideiussione non rientrano nella discrezionalità del giudice, sembra opponibile, ai sensi dell’art 617 c.p.c, il provvedimento che autorizza l’immissione dell’aggiudicatario nel possesso del bene, laddove la fideiussione non sia stata prestata ovvero differisca dalle prescrizioni normative.
[6] Se sono stati cagionati danni all’immobile o in caso di mancato rilascio, la fideiussione dovrebbe potersi escutere anche qualora dopo l’immissione in possesso dell’aggiudicatario, il giudice sospenda la vendita ex art. 586 c.p.c. ovvero in tutte quelle ipotesi di mancata pronuncia o revoca del decreto di traferimento.
3. Riflessioni conclusive
Come è stato immediatamente rilevato, dai primi commentatori della riforma del 2015, la possibilità di rateizzazione del saldo-prezzo non pare di spiccata convenienza: il termine di 12 mesi non è infatti particolarmente significativo e competitivo rispetto ai tempi di restituzione dei mutui bancari, e il pagamento rateale espone la procedura alla certezza dell’allungamento dei tempi processuali e al rischio del mancato pagamento del prezzo cui ha fatto fronte la immissione in posssesso dell’aggiudicatario con aggravio di spese e costi della procedura che dovrà impegnarsi nella liberazione del bene dall’aggiudicatario inadempiente.
Inoltre, poiché la misura della rateizzazione va adottata dal giudice e non dal delegato, in sede di ordinanza di delega non è escluso che fin dall’ ordinanza stessa si neghi la possibilità della rateizzazione del saldo-prezzo con la motivazione che essa non corrisponde alle esigenze di celerità del processo ed agli interessi delle parti processuali ad una sollecita distribuzione del ricavato della vendita, interessi che sopravanzano in un doveroso bilanciamento quelli dei potenziali aggiudicatari a conseguire una modesta dilazione del termine per il versamento del prezzo stesso[7].
[7] Così Ghedini – Mazzagardi, Il custode e il delegato alla vendita nel processo esecutivo immobiliare, III ed., Milano, 2017, 319 e ss.
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