La Sentenza n. 370 del 28 settembre 2021, emessa dal Giudice di Pace di San Giorgio Jonico (Avv. Marisa Di Santo), ha affrontato in maniera chiara ed esaustiva la questione relativa alla modalità di proposizione della domanda risarcitoria (e, più in generale, a contenuto economico) nei confronti del vettore aereo sottoposto a procedura di amministrazione straordinaria.
La vicenda processuale
La controversia traeva origine dalla richiesta di risarcimento promossa da un passeggero vittima di ritardo aereo, avente ad oggetto il rimborso delle spese impreviste ed il reintegro dei danni patrimoniali asseritamente subiti.
Segnatamente, il volo oggetto delle doglianze attoree veniva eseguito nel mese di giugno 2018, sulla tratta Bari-Roma.
Rimasti infruttuosi i tentativi bonari di risoluzione della controversia, all’istante non rimaneva che tentare la soluzione giudiziale.
A seguito di notifica, in data 3 maggio 2019, dell’atto di citazione, veniva quindi incardinato il procedimento rubricato al n° 378/2019 R.G dell’Ufficio del Giudice di Pace di San Giorgio.
Si costituiva ritualmente la Compagnia aerea, la quale, preliminarmente ed in rito, eccepiva la improponibilità della domanda attorea per essere stata erroneamente proposta in forma ordinaria, anziché nelle speciali forme previste dalla Legge Fallimentare.
A tal proposito, la Società convenuta osservava che, in data 2 maggio 2017 (e, cioè, anteriormente alla notifica dell’atto introduttivo del giudizio), con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, era stata aperta a proprio carico la procedura di amministrazione straordinaria di cui al D.L. n. 347 del 23 dicembre 2003 («Legge Marzano»).
A partire da tale data, ogni diritto di credito nei confronti della Società convenuta, ivi compresi i crediti prededucibili, risultava, quindi, tutelabile esclusivamente nelle forme dettate dal Capo V della Legge Fallimentare, così come previsto dall’art. 18 D.lgs. n. 270/1999 (che, sul punto, richiama l’art. 52 l.f.), applicabile in forza del rinvio di cui all’art. 8 del cennato D.L. n. 347/2003.
La previsione di un’unica sede concorsuale per l’accertamento del passivo comportava la necessaria concentrazione presso un unico organo giudiziario (nel caso in esame, il Tribunale che aveva dichiarato lo stato di insolvenza della convenuta) delle azioni dirette all’accertamento di crediti e l’inderogabile osservanza di un rito funzionale alla realizzazione del concorso dei creditori.
Ciò determinava l’improponibilità in forma ordinaria di qualsiasi domanda tesa alla tutela di un (presunto) diritto di credito quale quella proposta dalla parte attrice, che avrebbe dovuto quindi essere azionata tramite insinuazione al passivo.
La decisione dell’Organo giudicante
Il Giudice di Pace, nel pervenire alla sua definitiva pronuncia, osservava come, nel caso di specie, la domanda attorea fosse stata erroneamente proposta dinanzi al proprio Ufficio, anziché dinanzi al Tribunale (…), foro della procedura concorsuale. La normativa in materia ed in particolare l’art. 24 Legge Fallimentare non si limita a fissare una competenza per materia in deroga agli artt. 7 e ss. c.p.c., ma introduce un rito speciale per l’accertamento dei crediti della massa fallimentare e più in generale per le azioni proposte da terzi contro il fallimento; è, quindi, ritenuta espressiva di una regola di rito che impone l’esclusività del procedimento di accertamento del passivo. Secondo l’orientamento prevalente sono considerate azioni derivanti dal fallimento tutte quelle che comunque incidono sul patrimonio del fallito; tali sono ritenute anche le azioni di mero accertamento, se costituiscono la premessa di una pretesa nei confronti della massa, e quindi quando siano dirette a porre in essere il presupposto di una successiva sentenza di condanna o di accertamento dei crediti nei confronti del fallito. (…) Sulla base di tali premesse, la giurisprudenza ritiene che, quando una domanda è diretta a far valere, nelle forme ordinarie o in quelle di altro procedimento speciale, una pretesa creditoria soggetta al regime del concorso, sia se proposta dinanzi allo stesso Tribunale Ordinario competente anche come Tribunale Fallimentare sia avanti ad altro Tribunale, il Giudice è ugualmente tenuto a dichiarare non la propria incompetenza, bensì, a seconda dei casi, l’inammissibilità o improcedibilità della domanda, siccome proposta secondo un rito diverso da quello previsto come necessario dalla legge e, quindi, inidonea a conseguire una pronuncia di merito (Cass. n. 16867/2011). Applicando tali principi normativi e giurisprudenziali al caso di specie e ritenuto che l’azione di risarcimento danni proposta da parte attrice, se accolta, è destinata ad incidere sul passivo (del vettore), trattandosi di credito risarcitorio maturato in epoca anteriore alla dichiarazione di insolvenza (Cass. n. 17279/2010), essa pertanto, come espressamente previsto dall’art. 18 d.lgs. n. 270/2009 che sul punto richiama l’art. 52 L.F., deve essere accertata nelle forme dettate dal Capo V della Legge Fallimentare.
Tali motivazioni conducevano al rigetto integrale della domanda attorea per motivi in rito e, quindi, in assenza della disamina del merito della vicenda.
Risvolti pratici della pronuncia giudiziale
Il testo della sentenza in esame si pone nel solco già ampiamente tracciato dalla giurisprudenza di legittimità, la quale, a più riprese, ha indicato le modalità di proposizione delle domande a contenuto economico nei confronti di società sottoposte a procedura di amministrazione straordinaria.
In tal senso, non deve trarre in inganno il fatto che tali società continuino ad operare (pur con delle limitazioni) a livello economico e nella fornitura di servizi, poiché la dichiarazione dello stato di insolvenza determina, automaticamente, uno specifico sistema di rivendicazione dei crediti del tutto difforme rispetto a quello delle società in bonis.
Resta inteso che, a mente dell’art. 52 del D.Lgs. n. 270/1999, applicabile in forza del rinvio di cui all’art. 8 del D.L. n. 347/2003, in tema di amministrazione straordinaria, i crediti sorti per la continuazione dell’esercizio dell’impresa possano essere soddisfatti in prededuzione ai sensi dell’art. 111 della Legge Fallimentare.
Avv. Francesco Ruggiero e Avv. Marco Direnzo
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