(Riferimento normativo: D.lgs., 10/03/2000, n. 74, art. 10-quater)
Indice:
- Il fatto
- I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
- Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
- Conclusioni
Il fatto
Il Tribunale di Lecco assolveva, perché il fatto non sussiste, un imputato dal reato di cui all’art. 10 quater del d.lgs. n. 74 del 2000, che gli era stato contestato perché, quale legale rappresentante di una s.r.l., non aveva versato per l’anno di imposta 2015 le somme dovute, utilizzando in compensazioni un credito iva inesistente pari a 200.000 euro.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione la pubblica accusa, deducendo erronea applicazione della legge penale, rilevandosi che, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale, la soglia di punibilità di cui all’art. 10 quater del d.lgs. n. 74 del 2000, come precisato peraltro dalla giurisprudenza di legittimità, ad avviso dell’autorità requirente, deve essere riferita non all’imposta non versata, ma all’ammontare del credito non spettante o inesistente, essendo la norma incriminatrice simile a quella di cui all’art. 2, piuttosto che a quelle di cui agli art. 10 bis e 10 ter del medesimo decreto, ciò in ragione del contributo “fraudolento” del soggetto agente, tenuto conto altresì del fatto che i crediti di imposta inesistenti o non spettanti appartengono certamente al genus degli “elementi passivi fittizi“, presentandosi dunque la fattispecie di cui all’art. 10 quater come una specificazione di quella di cui all’art. 2, che prevede soglie di punibilità riferite non alle imposte evase, ma all’entità degli elementi passivi fittizi fraudolentemente documentati.
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Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso era reputato fondato per le seguenti ragioni.
A tal proposito si riteneva censurabile l’argomentazione addotta dal giudice di merito alla luce del fatto che la Corte di Cassazione ha di recente affermato (Sez. 3, n. 14763 del 19/02/2020, e Sez. 3, n. 34966 del 16/10/2020) il (reputato) condiviso principio secondo cui, in tema di reati tributari, la soglia di rilevanza penale di cui all’art. 10 quater del d.lgs. n. 74 del 2000, pari a cinquantamila euro annui, va riferita all’ammontare dei crediti non spettanti utilizzati per le compensazioni indebite, e non alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto non versate, con la conseguenza che, per accertare il superamento della soglia, occorre procedere alla somma algebrica degli importi dei crediti inesistenti o non spettanti portati in compensazione atteso che il delitto di indebita compensazione presenta un evidente tratto differenziale rispetto agli altri delitti in materia di omesso versamento delle imposte, nel senso che, mentre nelle ipotesi di cui agli art. 10 bis e 10 ter del d.lgs. n. 74 del 2000 la condotta incriminata risulta priva di connotati di insidiosità, in quanto l’omesso versamento delle somme dovute è prontamente riscontrabile dall’Amministrazione finanziaria mediante la consultazione dei documenti fiscalmente rilevanti, lo stesso non può dirsi per l’ipotesi disciplinata dall’art. 10 quater, posto che, in tale fattispecie, la condotta esprime una componente decettiva o di frode, ossia un quid pluris che vale a differenziare il reato di cui all’art. 10 quater dalle fattispecie di mero omesso versamento, cosicché il disvalore di azione consiste nella redazione di un documento ideologicamente falso, mediante l’abusivo utilizzo dell’istituto della compensazione in materia tributaria disciplinato dall’art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997, fermo restando che, sempre per il Supremo Consesso, con questo istituto, il quale, per sua natura, implica un elevato grado di affidamento nella correttezza del protagonista del versamento, si consente al contribuente di effettuare, tramite la compilazione di un apposito modello, denominato “Modello F24“, il versamento unitario «delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali» e, contestualmente, di compensare le somme a debito con quelle a credito relative a tali imposte ma l’eventuale indebita compensazione non è immediatamente percepibile dall’Amministrazione finanziaria perché emerge soltanto qualora gli organi accertatori appurino l’insussistenza o la non spettanza del credito portato in compensazione, circostanza che rende la condotta descritta dall’art. 10 quater del d.lgs. n. 74 del 2000 dotata di particolare potenzialità decettiva: in essa infatti l’elemento caratterizzante, oltre che indice di maggior disvalore della condotta, è costituito dall’abusivo utilizzo della possibilità di compensare le somme dovute per imposte sui redditi o sul valore aggiunto con le somme a credito per le medesime imposte e, ai sensi del citato art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997, anche con i contributi dovuti all’Inps e con le altre somme
dovute allo Stato, alle regioni e agli enti previdenziali.
Ne consegue quindi, per la Corte di legittimità, che la soglia di rilevanza penale, come modificata dal d.lgs. n. 158 del 2015, non va riferita alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto non versate per effetto della indebita compensazione, bensì all’ammontare dei crediti non spettanti o inesistenti indebitamente utilizzati in compensazione stante il fatto che ciò si ricava dalla ratio e dallo scopo della fattispecie volta a tutelare l’interesse erariale alla riscossione dei tributi sanzionando le condotte di indebito utilizzo di crediti non spettanti o inesistenti, nell’ambito delle quali il disvalore della condotta è individuato nella dimensione della compensazione indebita, cui è correlata la soglia di punibilità.
Ciò posto, alla stregua di tale premessa, ad avviso degli Ermellini, si imponeva, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Milano il quale si sarebbe dovuto attenere al principio di diritto secondo cui la soglia di rilevanza penale di cui all’art. 10 quater del d.lgs. n. 74 del 2000, pari a cinquantamila euro annui, va riferita all’ammontare dei crediti inesistenti o non spettanti indebitamente utilizzati in compensazione, che producono l’effetto del mancato versamento delle somme dovute, con la conseguenza che, per accertare il superamento della soglia, occorre procedere alla somma algebrica degli importi dei predetti crediti portati in compensazione.
Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi stabilito, sulla scorta di un recente orientamento nomofilattico, che la soglia di rilevanza penale di cui all’art. 10 quater del d.lgs. n. 74 del 2000, pari a cinquantamila euro annui, va riferita all’ammontare dei crediti inesistenti o non spettanti indebitamente utilizzati in compensazione, che producono l’effetto del mancato versamento delle somme dovute, con la conseguenza che, per accertare il superamento della soglia, occorre procedere alla somma algebrica degli importi dei predetti crediti portati in compensazione.
Pertanto, in relazione a quanto sancito dall’art. 10-quater, co. 1, d.lgs. n. 74/2000 che, come è noto, dispone che è “punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241[1], crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro”, per comprendere quanto tale soglia di penale rilevanza sia stata superata, ben si potrà fare riferimento a quanto statuito in siffatta pronuncia.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica giuridica, quindi, non può che essere positivo.
Note:
[1]Ai sensi del quale: “1. I contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all’anno dell’imposta sul valore aggiunto, dei crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e all’imposta regionale sulle attività produttive, per importi superiori a 5.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge. 2. Il versamento unitario e la compensazione riguardano i crediti e i debiti relativi: a) alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e alle ritenute alla fonte riscosse mediante versamento diretto ai sensi dell’art. 3 [, primo comma], del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 per le ritenute di cui al secondo comma del citato art. 3 resta ferma la facoltà di eseguire il versamento presso la competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato; in tal caso non è ammessa la compensazione; b) all’imposta sul valore aggiunto dovuta ai sensi degli articoli 27 e 33 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e quella dovuta dai soggetti di cui all’art. 74; c) alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto; d) all’imposta prevista dall’art. 3, comma 143, lettera a ), della legge 23 dicembre 1996, n. 662; d-bis) all’imposta prevista dall’articolo 1, commi da 491 a 500, della legge 24 dicembre 2012, n. 228; e) ai contributi previdenziali dovuti da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali, comprese le quote associative; f) ai contributi previdenziali ed assistenziali dovuti dai datori di lavoro e dai committenti di prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 49, comma 2, lettera a ), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917; g) ai premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dovuti ai sensi del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124; h) agli interessi previsti in caso di pagamento rateale ai sensi dell’art. 20. h-bis ) al saldo per il 1997 dell’imposta sul patrimonio netto delle imprese, istituita con decreto-legge 30 settembre 1992, n. 394, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 novembre 1992, n. 461, e del contributo al Servizio sanitario nazionale di cui all’art. 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, come da ultimo modificato dall’art. 4 del decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dallalegge 22 marzo 1995, n. 85. h-ter ) alle altre entrate individuate con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, e con i Ministri competenti per settore (9) . h-quater ) al credito d’imposta spettante agli esercenti sale cinematografiche. h-quinquies) alle somme che i soggetti tenuti alla riscossione dell’incremento all’addizionale comunale debbono riversare all’INPS, ai sensi dell’articolo 6-quater del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, e successive modificazioni h-sexies) alle tasse sulle concessioni governative; h-septies) alle tasse scolastiche. 2-ter. Qualora il credito di imposta utilizzato in compensazione risulti superiore all’importo previsto dalle disposizioni che fissano il limite massimo dei crediti compensabili ai sensi del presente articolo, il modello F24 è scartato. La progressiva attuazione della disposizione di cui al periodo precedente è fissata con provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono altresì indicate le modalità con le quali lo scarto è comunicato al soggetto interessato. 2-quater. In deroga alle previsioni di cui all’articolo 8, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, per i contribuenti a cui sia stato notificato il provvedimento di cessazione della partita IVA, ai sensi dell’articolo 35, comma 15-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, è esclusa la facoltà di avvalersi, a partire dalla data di notifica del provvedimento, della compensazione dei crediti, ai sensi del comma 1 del presente articolo; detta esclusione opera a prescindere dalla tipologia e dall’importo dei crediti, anche qualora questi ultimi non siano maturati con riferimento all’attività esercitata con la partita IVA oggetto del provvedimento, e rimane in vigore fino a quando la partita IVA risulti cessata. 2-quinquies. In deroga alle previsioni di cui all’articolo 8, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, per i contribuenti a cui sia stato notificato il provvedimento di esclusione della partita IVA dalla banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie, ai sensi dell’articolo 35, comma 15-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, è esclusa la facoltà di avvalersi, a partire dalla data di notifica del provvedimento, della compensazione dei crediti IVA, ai sensi del comma 1 del presente articolo; detta esclusione rimane in vigore fino a quando non siano rimosse le irregolarità che hanno generato l’emissione del provvedimento di esclusione. 2-sexies. Nel caso di utilizzo in compensazione di crediti in violazione di quanto previsto dai commi 2-quater e 2-quinquies, il modello F24 è scartato. Lo scarto è comunicato tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate al soggetto che ha trasmesso il modello F24, mediante apposita ricevuta”.
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