Con una recente sentenza (n. 35511/2010, dep. 01.10.10) la Corte di Cassazione ha affrontato un punto molto particolare relativo all’applicazione dell’articolo 57 c.p. a figure che si discostano dalla cosiddetta “carta stampata”.
Il caso arrivato all’attenzione dei giudici della Quinta Sezione Penale riguardava la presunta pubblicazione, su di un giornale “on-line”, di una lettera dal contenuto diffamatorio, per la quale anche il direttore responsabile di tale testata era stato condannato in grado d’appello per il reato di cui all’art. 57 c.p.. Tra i motivi di ricorso il difensore dell’imputato eccepiva l’erronea applicazione dell’articolo medesimo in quanto il dato testuale e la ratio dello stesso debbono riferirsi esclusivamente al concetto di “stampa” in cui non può rientrare una testata divulgata sul web.
E’ necessario premettere che l’attuale formulazione dell’art. 57 (Reati commessi col mezzo della stampa periodica), come modificata dalla L. 4 marzo 1958, n. 127 prevede che: “Salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo”. La norma in esame, per quanto non concerne l’ipotesi di concorso nel reato, tende ad imporre ai soggetti che assumono la responsabilità di organi di informazione l’obbligo di esercitare un puntuale controllo sulla pubblicazione, al fine di prevenire la commissione di reati commessi con il mezzo della stampa. Ne deriva l’introduzione nell’ordinamento di un’ autonoma figura di reato proprio in cui la condotta omissiva del reo è punita a titolo di colpa per non aver esercitato la necessaria attività di controllo, in violazione delle norme che ne regolano la funzione.
La censura avanzata è stata ritenuta fondata dal collegio, il quale ha premesso che il codice penale, al terzo comma dell’art. 595, distingue la stampa dagli altri mezzi di pubblicità, precisando poi come l’art. 57 c.p. sia riferito esplicitamente alla “carta stampata”, dato che si ricava dalla lettera e dalla interpretazione storicamente e costantemente riferita alla norma.
Tale lettura ha preso le mosse dai precedenti relativi alla materia. Per pacifica giurisprudenza infatti, alla luce del principio di tassatività della legge penale, la responsabilità ex art. 57 c.p. è esclusa in riferimento al direttore di una testata televisiva, stante la differenza di questa con il concetto appunto di carta stampata. Differenza logicamente riscontrabile anche nel caso di internet.
Occorre sottolineare che il concetto di stampa vada ricercato nell’art. 1 della legge n. 47 del 1948 il quale dispone che “ Sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione”.
La sentenza in esame, sulla base di tale definizione, afferma che per rientrare in quest’ ambito debbano concorrere due peculiarità: la presenza di una riproduzione “tipografica” e la destinazione e distribuzione al pubblico del prodotto di tale attività. Requisiti che un giornale on-line non presenta, a nulla valendo la possibilità che il contenuto telematico del sito possa essere stampato.
La corte si è soffermata poi su altre situazioni simili ricordando come, ai sensi del D.lgs 70/2003, la responsabilità per reati commessi in rete sia esclusa per gli access provider, service provider e hosting provider, salvo logicamente i casi di concorso nel reato doloso. Passando poi a sottolineare come vada esclusa ogni responsabilità per i coordinatori di blog e forum sul web (sul punto si veda anche Cass. pen., sez. III, 10 marzo 2009, n. 10535).
Sulla base di tali considerazioni il collegio ha quindi ritenuto che un’estensione, al direttore di giornale web, della responsabilità ex art. 57 c.p. costituirebbe ipotesi di analogia in malam partem, sottolineando ulteriormente come gli interventi normativi riguardanti l’editoria, posti in essere dal legislatore negli ultimi anni, non abbiano modificato la situazione esistente nonostante la presenza di numerose proposte in tal senso. Aspetto che conferma implicitamente come tale estensione e tale responsabilità, ad oggi, non esista.
La sentenza è stata quindi annullata senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Federico Cavallini
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