Il c.c.n.l. al vaglio del Giudice amministrativo

sentenza 03/03/11
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Nel processo amministrativo, all’adito Giudice, investito dell’impugnazione di un atto amministrativo recettivo di disposizioni contenute in un contratto collettivo nazionale di lavoro, è consentito valutare incidenter tantum la validità di quest’ultimo.

Ciò in quanto i principi di imparzialità e buon andamento, atteggiandosi a veri e propri principi di ordine pubblico, costituiscono canone per la verifica della validità dei contratti collettivi, comunque assoggettati al limite del rispetto delle norme imperative, dell’ordine pubblico e del buon costume, secondo quanto dispone l’articolo 1418 cod. civ..

N. 00428/2011 REG.PROV.COLL.

N. 00350/1999 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 350 del 1999, proposto da***

nei confronti di

Denaro Antonio;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

– della deliberazione del DG dell’Azienda Policlinico Universitario di Messina n. 2807 del 29 ottobre 1998, nella parte in cui esclude la trasformazione del rapporto di lavoro per coloro che non erano in servizio alla data del 1 gennaio 1997;

– della nota dell’Azienda Policlinico Universitario di Messina prot. 490 Pos. III del gennaio 1999, con cui il ricorrente è stato convocato per sostenere la prova idoneativa per la selezione di cui alla GU n. 67 del 20 agosto 1996;

– del bando di concorso pubblicato sulla GU n. 67 del 20 agosto 1996 relativo alla selezione pubblica per titoli, integrata da prova idoneativa, per la formazione di una graduatoria per il reclutamento di personale medico, da assumere con rapporto di lavoro a tempo determinato, per la Clinica di Ostetricia e Ginecologia;

– di ogni altro atto presupposto, connesso e comunque consequenziale;

nonché per la declaratoria del diritto alla immediata conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato in corso al 1 gennaio 1997 in altro ai sensi dell’art. 19, comma 9bis del CCNL Comparto Università.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Messina;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2011 il dott. **************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso notificato in data 28 gennaio 1999, e depositato il 30 gennaio 1999, il ricorrente espone:

-di aver prestato la propria opera medico professionale presso l’Istituto di ostetricia e ginecologia e presso la Divisione di patologia ostetrica del Policlinico universitario di Messina, avendo stipulato con tale amministrazione otto diversi contratti d’opera per una durata complessiva di oltre sei anni, dall’aprile 1992 fino ad ottobre 1998;

– che tale servizio era stato svolto in forza di contratti a tempo determinato di durata quadrimestrale effettuati dal policlinico attraverso «… l’ ormai collaudato meccanismo rotatorio con intervallo temporale tra una chiamata e l’altra…» (ricorso, pag. 4);

– che alla data del 1 gennaio 1997 si trovava in «…pausa tecnica, il che vale a dire che, per motivi attinenti alla turnazione contrattuale, lo stesso era in attesa di essere convocato dall’Amministrazione del Policlinico per stipulare un nuovo contratto a tempo determinato…» (ricorso, ibidem);

– che l’impugnata delibera 2807/1998 ha autorizzato, in base all’articolo 19, comma 9-bis del CCNL Comparto Università, la trasformazione del rapporto di lavoro relativo ai contratti in essere al 1 gennaio 1997, escludendo dai benefici previsti dal citato articolo 19 coloro i quali a tale data non si trovassero in servizio;

– che l’impugnata nota n. 490/1999 ha convocato il ricorrente per lo svolgimento delle prove idoneative, così manifestando l’intenzione del Policlinico a «…ricoprire posti disponibili presso la Clinica di Ostetricia e Ginecologia dando corso, dopo alcuni anni, alla selezione del 29.7.1996, frustrando così il diritto soggettivo all’assunzione di cui è titolare il *********** a seguito dell’applicazione dell’art. 19 cit. …».

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi.

1. Violazione e mancata applicazione dell’articolo 19 comma 9-bis del CCNL Comparto Università del 21 maggio 1996 come modificato il 17 luglio 1997. Eccesso di potere sotto il profilo della disparità di trattamento. Violazione dell’articolo 97 della carta costituzionale. L’amministrazione avrebbe erroneamente interpretato l’articolo 19 citato come riferibile ai soli soggetti in servizio alla data del 1 gennaio 1997; sotto altro profilo, il ricorrente deve essere ritenuto in servizio a tale data in quanto il rapporto di lavoro deve essere considerato momentaneamente sospeso e non interrotto per effetto della turnazione contrattuale; ove poi la norma dovesse essere interpretata nel senso di escludere coloro che non fossero in servizio alla data del 1 gennaio 1997, essa realizzerebbe una disparità di trattamento e «… presterebbe il fianco a censure di illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 3 Cost. …» (ricorso, pag. 11).

2. Violazione e mancata applicazione dell’articolo 19 comma 9-bis del CCNL Comparto Università del 21 maggio 1996 come modificato il 17 luglio 1997. Eccesso di potere. La scelta dell’amministrazione, concretatasi nella citata nota 490/1999, di procedere nella selezione per l’assunzione di personale medico attraverso contratti a tempo determinato, il cui bando è stato pubblicato nella GU del 20 agosto 1996, lederebbe il diritto soggettivo del ricorrente all’assunzione, scaturente dal citato articolo 19, comma 9-bis.

3. Eccesso di potere per sviamento dall’interesse pubblico e dalla causa tipica. Eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà estrinseca dei provvedimenti amministrativi. Ingiustizia manifesta. L’azione dell’amministrazione , poichè «…la reitera dei citati contratti è del tutto incompatibile con la volontà di concludere il procedimento di selezione interrotto (…) ingenera il dubbio che siffatta azione amministrativa sia determinata da un interesse diverso da quello pubblico finalizzato a favorire nuovi ed altri concorrenti o, comunque, ad “eludere” una precisa norma giuridica…» (ricorso, pag. 22); il vizio dell’eccesso di potere per sviamento risulterebbe quindi anche dalla nota del 2 novembre 1998 con cui il Direttore di patologia ostetrica e ginecologica sollecitava, ai sensi dell’articolo 19 citato, al Direttore Generale del Policlinico la nomina del ricorrente, nonché dal provvedimento del Direttore Amministrativo del Policlinico prot. n. 3944 del 3 settembre 1998, secondo cui «… questa amministrazione ha già provveduto a sospendere la selezione in oggetto per le sopravvenute norme contenute nel C.C.N.L. comparto Università ed in particolare l’art. 19, comma 9 bis…».

4. Violazione mancata applicazione degli articoli 2 e 3 legge 241/1990. Eccesso di potere per assoluta carenza di motivazione. Dopo aver bandito la procedura di selezione l’amministrazione non ha proceduto a concluderla né a motivare circa la necessità di concluderla, a distanza di tempo, benché, nelle more, siano mutati i presupposti di fatto e di diritto che ne avevano determinato l’adozione.

L’università di Messina si è costituita, spiegando difese in rito e nel merito.

Questa Sezione, con ordinanza 2 marzo 1999, n. 447, ha rigettato la domanda di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati.

All’udienza pubblica del 12 gennaio 2011 la causa è stata trattata e trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è palesemente infondato.

L’articolo 19 comma 9-bis del CCNL Comparto Università del 21 maggio 1996 come introdotto con la contrattazione integrativa del 17 luglio 1997 prevede, per quanto di interesse per il presente giudizio, che «Le assunzioni a tempo determinato di cui al comma 6 possono essere effettuate anche in relazione a personale laureato medico ed odontoiatra e delle altre professionalità sanitarie (farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi), per far fronte ad esigenze assistenziali di assoluta necessità, dalle sole amministrazioni ove già sussistano alla data del 1 gennaio 1997 rapporti di lavoro a termine con tali figure professionali. Tali assunzioni devono essere effettuate dando luogo alla trasformazione dei rapporti in essere alla data predetta e hanno durata massima di tre anni, non prorogabile. Solo qualora risultino disponibili posti rispetto al limite del contingente determinato dai rapporti in essere alla data del 1 gennaio 1997, a seguito della cessazione dei medesimi rapporti ed entro il limite delle risorse rese conseguentemente disponibili e, in ogni caso, delle disponibilità di bilancio, le amministrazioni possono procedere a nuove assunzioni entro e non oltre sei mesi dalla stipulazione del presente contratto…».

Da una lettura piana di tale comma si evince che le assunzioni devono essere effettuate trasformando i rapporti in essere alla data del 1 gennaio 1997; tale interpretazione appare confermata dalla sentenza del CGARS 23 luglio 2007, n. 668: «In realtà la norma dell’articolo 19 comma 9 bis si esprime in termini di possibilità, ma non al fine di individuare una situazione discrezionale, bensì con lo scopo di facultizzare le aziende sanitarie alla assunzione di personale nell’ambito delle ben note restrizioni stabilite dalle norme finanziarie e speciali. Il termine “possono” indica che esse sono autorizzate ad assumere. Quanto alla qualificazione della posizione giuridica soggettiva così determinata, invece, occorre avere riferimento al periodo finale del detto comma, dove si dispone che: “Tali assunzioni devono essere effettuate dando luogo alla trasformazione dei rapporti in essere alla data predetta …”. Dall’insieme delle disposizioni si evince che il CCNL ha inteso dare forma giuridica definitiva a situazioni di fatto che vedevano il servizio sanitario espletato da personale non legato da un rapporto di lavoro pubblico, ma da rapporti professionali. L’intera norma rinvia, ad una situazione in essere al 1 gennaio 1997, prendendo tale data come momento discriminante per la ricognizione dei rapporti esistenti, ma anche come momento in cui le condizioni di assoluta necessità erano esistenti. In altri termini, le parti, nella sottoscrizione del contratto, hanno con chiarezza fatto riferimento a situazioni precarie esistenti ad una certa data e chiara è la loro volontà di appianarle con riferimento a quello stesso momento».

Il ricorrente, alla data del 1 gennaio 1997, secondo quanto dedotto in ricorso, non era titolare di un contratto di lavoro; assume tuttavia di avere un diritto soggettivo alla trasformazione del rapporto di lavoro secondo quanto previsto dall’articolo 19 citato, in quanto i diversi contratti stipulati con l’amministrazione configurerebbero un rapporto di lavoro sostanzialmente unitario; ne conseguirebbe che egli si sarebbe trovato, alla data del 1 gennaio 1997, in costanza di rapporto di lavoro, in quanto in “pausa tecnica” fra due periodi contrattuali.

L’assunto non è condivisibile.

Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, secondo cui la semplice reiterazione dei contratti stipulati con l’amministrazione configuri, ex se, un rapporto di lavoro unitario, nel caso di ripetute assunzioni a termine, l’unicità del rapporto di lavoro deve essere accertata dal giudice, in esito ad apposita domanda giudiziale (TAR Abruzzo – Pescara, 1 aprile 1996, n. 278); la stessa giurisprudenza citata dal ricorrente si riferisce ad ipotesi in cui l’unicità del rapporto di lavoro costituiva oggetto del giudizio: «…è inoltre evidente, nel caso di ripetute assunzione a termine, per le quali sia stata affermata la unicità del rapporto per effetto della mancata apposizione per iscritto del termine, che gli intervalli non lavorati debbono intendersi come sospensione consensuale del rapporto…» (Cass. civ., Sez. Lavoro, 2 settembre 1995, n. 9278); «…Nel caso di successione di una pluralità di illegittimi contratti di lavoro a termine, poi, una volta convertitosi il primo rapporto a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato, è irrilevante che l’intervallo tra le successive assunzioni (durante il quale il rapporto è da considerare sospeso) sia più o meno lungo (…) può ammettersi solo che una lunga interruzione, caratterizzata da un completo disinteresse di entrambe le parti alla prosecuzione del rapporto, sia tale da implicare lo scioglimento per mutuo consenso del rapporto a tempo indeterminato nel quale si è convertito il precedente rapporto a termine illegittimo, fermo, peraltro, l’obbligo del giudice del merito di indicare, con adeguata motivazione, le circostanze concrete dalle quali sia desumibile una siffatta volontà risolutoria delle parti…» (Cass. civ., Sez. Lavoro, 19 marzo 1990, n. 2261).

Il ricorrente censura quindi presunti profili di disparità di trattamento, irragionevolezza ed ingiustizia manifesta dell’azione amministrativa e di contrasto della disposizione contrattuale con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto essa «…realizzerebbe una assoluta disparità di trattamento tra “contrattisti”, discriminandoli senza alcuna ragione valida sol perché non favoriti aleatoriamente dalla turnazione contrattuale…» (ricorso, pag. 10), e perché «…la P.A. rischierebbe di “favorire” contrattisti fortuitamente in servizio all’1.1.1997, con alle spalle nessun contratto o comunque con poca esperienza, escludendo, invece, personale medico che per numerosi anni ha prestato la propria professionalità… » (ricorso, pag. 11).

Sul punto, il Collegio preliminarmente rileva che è consentito al giudice amministrativo, investito dell’impugnazione di un atto amministrativo recettivo di disposizioni contenute in un contratto collettivo nazionale di lavoro, valutare incidenter tantum la validità di quest’ultimo, atteso che i principi di imparzialità e buon andamento, atteggiandosi a veri e propri principi di ordine pubblico, costituiscono canone per la verifica della validità dei contratti collettivi, comunque assoggettati al limite del rispetto delle norme imperative, dell’ordine pubblico e del buon costume, secondo quanto dispone l’articolo 1418 cod. civ. (TAR Toscana, Sez. I, 2 febbraio 2009, n. 183).

Nel merito tuttavia, il Collegio non ritiene sussistere le dedotte situazioni di discriminazione e di eccesso di potere, alla luce della condivisibile interpretazione del citato comma 9-bis data dal CGARS: «…Dall’insieme delle disposizioni si evince che il CCNL ha inteso dare forma giuridica definitiva a situazioni di fatto che vedevano il servizio sanitario espletato da personale non legato da un rapporto di lavoro pubblico, ma da rapporti professionali. L’intera norma rinvia, ad una situazione in essere al 1 gennaio 1997, prendendo tale data come momento discriminante per la ricognizione dei rapporti esistenti, ma anche come momento in cui le condizioni di assoluta necessità erano esistenti. In altri termini, le parti, nella sottoscrizione del contratto, hanno con chiarezza fatto riferimento a situazioni precarie esistenti ad una certa data e chiara è la loro volontà di appianarle con riferimento a quello stesso momento…» (decisione 668/2007, citata).

La data del 1 gennaio 1997 non risulta quindi casualmente stabilita, essendo il momento in cui le parti hanno concordato che sussistessero le condizioni di necessità che costituiscono presupposto per la stipula del contratto, così rispondendo ad una valutazione delle parti che non appare essere manifestamente irragionevole, ricorrendo la figura della irragionevolezza quando essa sia rilevabile ictu oculi (sul punto, TAR Lazio – Roma, Sez. I, 20 settembre 2010 , n. 32353); inoltre, il ricorrente non ha provato l’esistenza di situazioni di disparità di trattamento, essendosi limitato ad enunciarne l’astratta possibilità (sul punto, Consiglio Stato, Sez. V, 11 gennaio 2011, n. 79).

Il primo motivo deve dunque essere rigettato.

Gli ulteriori motivi sono inammissibili per difetto di interesse; non essendo infatti configurabile un diritto soggettivo del ricorrente all’assunzione, scaturente dal citato articolo 19, comma 9-bis, nessun interesse può avere il ricorrente ad una pronuncia che, in ipotesi, rimuoverebbe ulteriori mezzi che potrebbero permettergli di pervenire alla stipula di contratti di lavoro con l’amministrazione.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania (Sezione II interna), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo rigetta ed in parte lo dichiara inammissibile.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente grado di giudizio, che liquida, in via equitativa, in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:

*******************, Presidente

********************, Consigliere

****************, Referendario, Estensore

 

 

 

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 25/02/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

sentenza

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