Professori a contratto e collaborazioni coordinate e continuative di Vincenzo Tedesco
Quadro normativo di riferimento.
L'articolo 17, comma 96, della legge 15 maggio 1997, n. 127, recante misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo" attribuisce al Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica la potestà di riordinare, attraverso l'adozione di appositi decreti, molteplici settori dell'ordinamento generale universitario, già disciplinati da normativa di rango primario succedutasi nell'ultimo decennio, spesso in assenza di una visione organica di settore.
Tra queste rientra la disciplina sui professori a contratto, regolata dagli articoli 25 e 100 del D.P.R. 11.7.1980, n. 382.
L'art.25, in particolare, delinea la figura del professore a contratto per l'attivazione di corsi integrativi di quelli ufficiali impartiti nelle facoltà, finalizzati all'acquisizione di "significative esperienze teorico-pratiche di tipo specialistico provenienti dal mondo extrauniversitario, ovvero risultati di particolari ricerche, o studi di alta qualificazione scientifica o professionale".
L'art. 100, lettera d) del medesimo D.P.R. n. 382/80, estende il richiamo allo strumento del contratto di diritto privato per l'attivazione di insegnamenti universitari anche ai corsi ufficiali delle Facoltà di nuova istituzione.
Tale articolo pone, inoltre, le seguenti condizioni, in parte aggiuntive, in parte alternative rispetto alle previsioni contenute nel precedente art. 25. 1) gli insegnamenti attivabili con tale strumento sono quelli "ufficiali, con ciò intendendosi quelli previsti nei piani di studio elaborati dalle Facoltà sulla base delle tabelle nazionali didattiche (art. 9 della legge n. 341/90); 2) deve trattarsi di facoltà e corsi di laurea di nuova istituzione, e cioè di corsi che non hanno completato la relativa durata legale, così come previsto dalla corrispondente tabella nazionale; 3) il ricorso a tale strumento si presenta eccezionale nella misura in cui pregiudizialmente e infruttuosamente vanno escusse le procedure di cui alle precedenti numeri 1 e 2.
Questa disciplina ha subito, di recente, deroghe espresse per effetto delle disposizioni recate dall'art. 1, comma 32, della legge 28.12.1995 n. 549, la quale ha consentito la stipula di contratti di diritto privato, ai sensi dell'art. 25 del citato D.P.R. n. 382/80, anche per l'attivazione di corsi ufficiali "non fondamentali o caratterizzanti nei casi e nei limiti stabiliti dallo statuto". Il quadro normativo descritto ovviamente si presentava particolarmente complesso a causa della complessa evoluzione del sistema universitario determinato dalle leggi n. 341/90 e n. 245/90, e tuttora in atto dall'altro, dalle sostanziali modifiche dei rapporti all'interno del sistema, il quale deve essere messo in grado di gestire i sensibili processi di trasformazione che investono tutte le componenti dell'organizzazione e del funzionamento degli atenei, soprattutto in termini di utilizzazione delle risorse umane e finanziarie.
Con riferimento al primo fattore, l'utilizzo efficace del personale docente, attraverso strumenti innovativi sul piano delle tecniche dell'insegnamento e degli strumenti tecnologici oggi a disposizione, diventa determinante soprattutto in funzione dell'evoluzione del sapere e dell'emergere di nuove professionalità in settori produttivi e nel terziario avanzato.
Se da un canto a tali esigenze si può rispondere con il potenziamento dell'autonomia didattica degli atenei, (cfr. art, 17, comma 95, della legge n. 127/97), dall'altro appare evidente la necessità di apportare anche nuove risorse di docenza per far fronte al potenziamento dell'offerta formativa non solo in termini quantitativi, ma anche qualitativi e soprattutto innovativi anche in considerazione dell’aumentato ventaglio di proposte ed in linea con la riforma.
SI imponeva necessariamente la revisione della disciplina dei professori a contratto, sia sul versante nazionale che su quello più propriamente di Ateneo.
Viene emanato pertanto il D.M. 242/98, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.170 del 3 luglio 1998 (in allegato), di agile applicazione, rimettendosi correttamente all'autonoma discrezionalità dei competenti organi accademici la disciplina delle modalità e delle procedure preordinate all'attivazione dei contratti in questione.
L'articolo 1, consente alle università e agli istituti d'istruzione università statali di procedere alla stipula di contratti di diritto privato per l'attivazione di insegnamenti previsti dagli ordinamenti didattici dei corsi di diploma universitari, di laurea e di specializzazione, ovvero per lo svolgimento di attività didattiche integrative dei corsi stessi.
Quali sono le innovazioni apportate:
Resta immutato l'attuale vincolo per i destinatari dei contratti in argomento i quali non possono essere stipulati con personale dipendente dagli Atenei, sia che appartengano al ruolo docente che a quello tecnico-amministrativo ovvero al ruolo dei ricercatori.
Importante innovazione è costituita dall’innalzamento del limite di rinnovabilità che viene portato a sei anni correttamente venendo incontro sia alle istanze di molte Facoltà desiderose di avvalersi di professionalità del mondo extrauniversitario alla luce delle profonde modificazioni intervenute nel frattempo negli ordinamenti didattici delle Facoltà
Secondo le previsioni dell’art.2 del D.M.242 anche l’Università di Pisa ha emanato il regolamento di ateneo con decreto rettorale 01-1478 del 12 /10/1998 modificato da ultimo con D.R. 01-297 del 7 marzo 2001. La recente modifica ha interessato l’art. 4 del regolamento dove si è aggiunto un comma 3 per andare incontro a quelle situazioni prospettateci anche da alcune Facoltà in cui qualificati professionisti, per loro personali motivazioni (ad es. incompatibilità trattamento pensionistico e redditi da lavoro etc.), non possano stipulare contratti retribuiti mentre potrebbero essere disponibili ad accettare un contratto non retribuito considerando che la rinuncia al compenso si configura a seguito di alcune pronunce giurisprudenziali (Cass. 13-05-1982, 2987/1982, Trib. Caltagirone, 24-02-1983 etc.) espressione di autonomia privata e che la rinuncia comunque non esclude minimamente la stipula del contratto. In questo caso è applicata la disciplina prevista al comma 2 del regolamento.
Da ultimo si segnala i D.M.n.13 del 26/1/01 che ampia il ricorso allo strumento della docenza a contratto e che si inserisce nel solco di quella volontà del MURST di destinare risorse aggiuntive da far valere sul fondo per il finanziamento ordinario. Si individuano i tratti più importanti di questa problematica:
La natura giuridica del contratto L’art.5 comma 2 del regolamento di Ateneo vigente prevede che "I contratti di cui al presente regolamento, se retribuiti, costituiscono una prestazione di collaborazione coordinata e continuativa e sono assoggettati al corrispondente regime fiscale e previdenziale, in dipendenza anche della posizione del contraente". E della collaborazione, così come si evince anche dai lucidi, hanno le caratteristiche fondamentali:
collaborazione: il titolare del contratto non è inserito nell’organizzazione dell’impresa, ha pertanto autonomia nello svolgimento dell’incarico anche se all’interno della programmazione didattica delle Facoltà; in buona sostanza non esiste vincolo di subordinazione (supremazia del datore di lavoro).
coordinamento: esiste un coordinamento funzionale del collaboratore nel senso che concorre alla realizzazione dell’attività rectius della missione dell’Università e quindi delle sue finalità istituzionali.
continuità: il titolare del contratto svolge una prestazione comunque duratura nel tempo cioè emerge un impegno costante nei confronti del committente. SI pensi al fatto che in questo caso ciò che conta è il corso affidato non la lunghezza dello stesso (vedi pareri). Non esiste differenza tra gli insegnamenti. La continuità però non va intesa nel senso della stabilità che si ha quando la prestazione si ripete periodicamente nel tempo.
personalità della prestazione: la prestazione del docente a contratto è a carattere personale.
A questa impostazione prevalente è possibile che ci siano alcune eccezioni: ¿ L’attività del contraente non deve normalmente essere quella oggetto della propria professione o dell’impresa normalmente esercitata anche se è necessario che l’attività didattica venga espressamente prevista dalle norme che regolano le attività professionali. ¿ Ad esempio il caso dello psicologo che svolga un’attività di docenza tipica della sua professione. L'INPS con circolare 104/99 ha infatti sottolineato che "l'art.1 della legge n.56/89, concernente l'ordinamento della professione di psicologo, annovera esplicitamente l'attività didattica nell'ambito della attività professionale dello psicologo". ¿ Nei casi di seminari, di interventi a masters, convegni etc.
Appare però improbabile una diversa configurazione del professore a contratto anche in considerazione del conseguimento dei fini istituzionali dell’Università mediante l’attività di insegnamento. |
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