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Il Magistrato di Sorveglianza di ALESSANDRIA, in data 18.07.2005, ha emesso provvedimento ai sensi dell’art. 54 L. 354/1975.
Avverso detto provvedimento il detenuto ha proposto reclamo, nei termini di legge, corredando la propria impugnazione con motivi afferenti al merito della decisione assunta dal giudice di prime cure con l’ordinanza emessa in data 18.7.05.
Il reclamo è inammissibile, poiché il provvedimento impugnato ha già formato oggetto di impugnazione da parte dell’interessato, decisa dal Tribunale di sorveglianza di Torino in data 22.11.05.
Anche nel procedimento applicativo della liberazione anticipata, infatti, ha rilevanza il principio del ne bis in idem.
La giurisprudenza della Cassazione ha, infatti, affermato il principio che il principio generale, ricavabile dall’art. 666, comma secondo, c.p.p., richiamato dall’art. 678 stesso codice, per cui le decisioni di competenza del Tribunale di sorveglianza sono sempre decisioni allo stato degli atti, trova applicazione anche con riguardo al beneficio della liberazione anticipata (Cass. 31.1.1997, n.6761, Laganaro,CED).
Il problema della sussistenza di un “giudicato” nel procedimento di sorveglianza ha formato oggetto di un’articolata giurisprudenza della Cassazione, che ha, nel tempo, progressivamente delineato i contorni di quello che può costituire il “giudicato di sorveglianza”.
Un primo punto di partenza è costituito dalla constatazione che il procedimento di sorveglianza è assoggettato alle regole proprie di ogni altro procedimento giurisdizionale, con particolare riferimento alla situazione di definitività delle decisioni, connessa all’esperimento dei possibili gravami ovvero al vano decorso del termine per la loro proposizione.
Su tale assunto, la giurisprudenza più risalente della Suprema Corte negava la possibilità di un successivo riesame del medesimo periodo di detenzione che aveva già formato oggetto di una valutazione del tribunale di sorveglianza esitato in una pronuncia divenuta definitiva (Cass. 19.7.1993, n.2877, Esposito, CED ).
Con una successiva decisione, la Suprema Corte precisava che, pur sussistendo anche nel procedimento di sorveglianza il principio del “ne bis in idem” in rapporto all’ “immodificabilità” della decisione divenuta inoppugnabile; tuttavia la conseguente preclusione di una nuova decisione sull’oggetto già definito non sussisteva qualora fossero “cambiate, nel tempo trascorso tra le due istanze, le circostanze di fatto”.( Cass. 11.2.1995, n.6112, CED ).
Qualora, tuttavia, la nuova istanza dell’interessato sia priva degli elementi di novità richiesti dalla norma dell’art. 666, comma 2, c.p.p., essa incorre nell’effetto preclusivo del “ne bis in idem”
(Cass. 1.2.1993, n.636;Cass. 22.4.1997, Fasoli,CED).
Ne consegue che, nella fattispecie, il giudice dell’impugnazione è chiamato a verificare se sull’oggetto del presente gravame sia sceso il giudicato.
Lo sviluppo della giurisprudenza di legittimità sulla questione fa registrare ulteriori precisazioni della cornice entro cui è ammissibile la deroga al richiamato principio del “ne bis in idem” , nel senso che il concetto di decisione “allo stato degli atti” va ricollegato proprio al disposto dell’art.666, n.2, c.p.p., che in tanto commina l’inammissibilità di richiesta ripropositiva di altra già rigettata, in quanto basata sui medesimi elementi: medesimezza che andrebbe, invece, esclusa allorché si deduca una radicale mutazione dell’antefatto storico-giuridico, cui era stata ancorata, come a sua causa giustificativa determinante, la precedente decisione ( Cass. 31.10.1997, n.6761, Laganaro, CED).
La Corte ha, inoltre, precisato in quali termini possa ritenersi superabile il principio del ne bis in idem in relazione alla domanda – respinta – di liberazione anticipata, affermando il principio che ciò può darsi qualora,in sede di nuova delibazione sollecitata su mutata piattaforma fattuale, la valutazione precedente, ancorché assistita da una sorta di giudicato, risolubile tuttavia alla luce del novum, , deve portare ad un riesame delle condizioni di già stabilita meritevolezza (o immeritevolezza) del beneficio penitenziario premiale, secondo una comune, armonica visione, ispirata al criterio di una giustizia sostanziale volta al conseguimento delle finalità normative, senza alcun sacrificio del principio giuridico del rispetto del giudicato, che resta ovviamente intangibile se si ripropone medesimezza di elementi già considerati ( Cass. 31.10.1997, n.6761, Laganaro, CED).
Nel caso di specie, tuttavia, il detenuto si limita a riproporre e svolgere i medesimi motivi di impugnazione sui quali già si era espresso il Tribunale con ordinanza in data 22.11.05.
Difetta pertanto, nella fattispecie, quel riversamento di elementi di valutazione “nuovi”, nel senso indicato dalla Suprema Corte, che giustificherebbe l’infrangimento del giudicato sceso sulla decisione del giudice a quo oggetto della presente impugnazione.
Pertanto, il reclamo del detenuto in epigrafe indicato deve essere dichiarato inammissibile.
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