Il concetto di "organismo di diritto pubblico" nelle privatizzazioni

di Guido Ottaviano

horizontal rule

Lo strumento attraverso il quale si è realizzata la privatizzazione degli enti pubblici è la società per azioni, date le sue caratteristiche particolarmente attinenti alle finalità perseguite dal legislatore; nella fase della realizzazione pratica delle scelte operate a livello legislativo si è, tuttavia, assistito alla nascita di un acceso dibattito attorno alla validità del sistema disegnato dal legislatore.(1)

Ricordiamo a titolo esemplificativo le questioni relative alla legittimità del mantenimento della golden share e all’opportunità del controllo di gestione della Corte dei Conti ex art. 12 l. 259/58.

Il nodo centrale della questione consiste nella difficoltà di sottoporre una società per azioni alle limitazioni "esterne" cui deve sottostare un ente pubblico nello svolgimento della propria attività, in ragione della sua funzionalizzazione al perseguimento dell’interesse pubblico; difatti l’essenza dell’istituto giuridico della s.p.a. sta nel rendere possibile la gestione di ingenti investimenti commerciali, risultanti dalla concentrazione di capitali diffusi presso il largo pubblico dei risparmiatori, da parte di un unico centro di decisione, collocato in posizione di autonomia privata, giuridicamente svincolato dai titolari formali del potere di gestione (2); eventuali deroghe allo schema legislativo tipico potrebbero svilirne la stessa funzione economica.

L’occasione per approfondire il dibattito è offerta dalla recente giurisprudenza nazionale e comunitaria che ha affrontato questa problematica in materia di opere pubbliche, con particolare riferimento all’osservanza delle procedure dell’evidenza pubblica previste ed imposte dalle direttive comunitarie.

Il dibattito vede schierati su posizioni opposte i massimi organi giurisdizionali italiani, infatti, se, da un lato, la Corte di Cassazione risolve la questione dando una lettura formalistica della disciplina vigente, dall’altro il Consiglio di Stato, sulla scia di precedenti pronunce della stessa Corte Costituzionale, e, ancor di più, della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, (3) sottolinea il profilo sostanziale della questione.

Essenziale punto di partenza è rilevare come l’intero dibattito si sia focalizzato attorno al concetto di impresa pubblica accolto dalla disciplina comunitaria, da intendere come vero e proprio elemento discriminatorio tra l’accezione sostanziale o formale cui si accennava; due sono in particolare le teorie che si sono distinte, una sostenuta dalla Corte di Cassazione, che si fonda sulla nozione di "organo indiretto dello Stato" e l’altra detta "finalistica".

La Corte di Cassazione sostenendo (4)che un soggetto investito, su base di concessione, di pubbliche funzioni proprie dell’ente pubblico concedente abbia natura pubblicistica, rileva come i relativi atti siano, tanto sotto il profilo oggettivo quanto soggettivo, atti amministrativi, e quindi sottoposti al giudice amministrativo.

Tale concezione si fonda sulla nozione di organo indiretto, secondo la quale qualsiasi società privata può divenire un organo indiretto di una pubblica amministrazione, rimanendo soggettivamente diversa ma esercitando funzioni comunque statali.

Applicando a contrario la medesima teoria dell’organo indiretto si arriva ad affermare che l’attività di gara espletata dalle società per azioni a partecipazione pubblica locale non legate da un rapporto concessorio all’ente pubblico conserva natura privatistica, con la conseguente devoluzione di eventuali controversie al giudice ordinario.(5)

Il caso emblematico dell’applicazione di questo principio è la controversia del caso "Siena parcheggi s.p.a. (6).

Una società per azioni, esercitando per definizione un’attività lucrativa in quanto finalizzata alla produzione e allo scambio di beni e servizi, non potrebbe mai essere istituita per finalità di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale.

La teoria opposta invece si sviluppa attorno ai principi posti dalla normativa comunitaria, adattando tali regole alla realtà nazionale ed in particolare all’attività delle società partecipate dallo Stato.

E’ noto che la disciplina comunitaria, in sede di enucleazione dei soggetti tenuti al rispetto delle regole di evidenza ispirate al principio della gara comunitaria, si è emancipata dalla nozione formale di ente pubblico accolta nei singoli ordinamenti nazionali accedendo ad un concetto sostanziale di organismo di diritto pubblico, che comprende anche soggetti che, pur se non formalmente pubblici in base ai canoni ermeneutici interni, possiedono una rilevanza pubblicistica in quanto fungono da strumenti alternativi, rispetto agli organi classici della pubblica amministrazione, per l’esercizio di compiti di questa mediante l’utilizzazione di fondi pubblici.

Su questa premessa si basa questa teoria che si caratterizza per il fatto di sottolineare l’importanza del profilo oggettivo dell’attività posta in essere, superando così la teoria della Corte di Cassazione incentrata sul profilo soggettivo.

Nella recente decisione 1478/98 (7) il Consiglio di Stato indica analiticamente i dati di diritto positivo che non consentono di assegnare alla concessione di opera pubblica natura di provvedimento traslativo di funzioni: tra questi l’articolo 4, commi 2 e 4, del Dlgs. 19 dicembre 1991, n. 406, che, imponendo alla pubblica amministrazione l’osservanza della procedura di gara per la scelta del concessionario farebbe leva sull’assenza di una traslazione di poteri pubblicistici che possa giustificare una scelta fiduciaria e deproceduralizzata.

Viene così ripudiata la teoria dell’organo indiretto e si ricorre alla teorizzazione della materia proposta in sede comunitaria, mutuando l’accezione ampia di "pubblica amministrazione", per procedere ad una rilettura della disciplina dei profili soggettivi dell’atto amministrativo e della connessa perimetrazione degli ambiti giurisdizionali. In altre parole si sottolinea come la sussistenza della giurisdizione amministrativa sia del tutto disancorata dalla questione della natura giuridica dell’ente che ha adottato l’atto, ben potendosi trattare di un soggetto societario, purché riconducibile alla categoria di ente aggiudicatore di cui alla direttiva n. 90/531/CEE, concernente le procedure d’appalto relative ai c.d. settori esclusi.

A livello legislativo il d. lgs. 80/1998 devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi, tra le quali sono espressamente indicate quelle aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti comunque tenuti alla applicazioni delle norme comunitarie o nazionali o regionali; è evidente l’intento di ricondurre alla giurisdizione amministrativa ogni procedura di affidamento retta da norme pubblicistiche, ancorché gestita da soggetti privati.

Un’importante notazione a sostegno della teoria in questione dimostra l’imprescindibilità della procedimentalizzazione dell’attività di questi soggetti, tenuto conto che la creazione di s.p.a. controllate dall’amministrazione pubblica (8) sarebbe infatti un’agevole scappatoia percorribile dai soggetti pubblici per sottrarsi alle regole della gara comunitaria e, quindi, eludere, a parità di interessi pubblici coinvolti, il perseguimento delle finalità concorrenziali perseguite dalle direttive con la creazione della categoria elastica degli organismi di diritto pubblico.

Indice della natura pubblica di queste società sarebbe il riferire il carattere non industriale o commerciale alle finalità perseguite e non tanto alla natura dell’attività; le procedure concorrenziali sono, dunque, imposte a tutti quegli organismi che abbiano ad oggetto della propria attività la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza.(9)

In quest’ottica si è inserito il Consiglio di Stato, che opta chiaramente per la concezione "finalistica" secondo la quale, ai fini dell’identificazione dell’organismo rileverebbe l’individuazione di un interesse generale della collettività, mentre risulterebbero neutre la forma giuridica del soggetto e le modalità gestionali suscettibili di assumere connotazioni

Restando fermo il principio ribadito nella sentenza del Consiglio di Stato 1478/98, in forza del quale la giurisdizione amministrativa presuppone che si controverta della legittimità di un atto soggettivamente riconducibile a una pubblica amministrazione, vero oggetto d’indagine risulterà quindi quello di verificare se un atto assunto da una società è adottato o meno sulla base di poteri che non sono originariamente propri del soggetto agente ma che gli vengono conferiti dall’amministrazione pubblica.

Il problema è stato risolto ricorrendo all’individuazione dei fini istituzionali e degli altri elementi caratterizzanti da cui evincere la natura pubblica o privata di una società; si è quindi riconosciuta la necessità di ricorrere ad un’analisi sistematica "caso per caso".

L’art. 1 lett. b) della direttiva 93/37 CEE definisce "organismi di diritto pubblico" i soggetti giuridici "istituiti per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, dotati di personalità giuridica e la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione è sottoposta a controllo di questi ultimi, oppure i cui organi di amministrazione, di direzione o di vigilanza sono costituiti da membri più della metà dei quali è designata dallo Stato, dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico".(10)

Emerge da questa definizione il carattere "finalistico" dell’attività di queste società, in quanto l’attenzione è posta alle finalità perseguite dal soggetto, piuttosto che alla natura della sua attività; tale caratteristica è poi confermata nella stessa sentenza citata del Consiglio di Stato, nella quale si specifica che l’attività degli organismi di diritto pubblico deve essere finalizzata a produrre utilità strumentali all’interesse generale, non aventi carattere industriale o commerciale, in quanto non assoggettate a regole di mercato e dunque non perseguite secondo criteri di stretta imprenditorialità.

Per ammettere l’assimilabilità di una società alla nozione di organo pubblico sarà quindi necessario valutare la sussistenza di alcuni indici "tipici", quali il possesso della personalità giuridica, la funzionalizzazione al perseguimento di bisogni di interesse generale e il finanziamento dell’attività dell’organismo da parte dello Stato, degli Enti locali o di altri organismi di diritto pubblico.

I risvolti concreti di queste notazioni risultano chiari ove si consideri che quanto detto finora rappresenta l’unico strumento per risolvere il contrasto tra chi sostiene la natura ordinaria e chi quella speciale delle società per azioni risultanti dalla privatizzazione degli enti pubblici. Valutando infatti, a monte, il soggetto "privatizzando", quale, ad esempio, un ente pubblico economico, emergerà l’impossibilità di considerarlo un organismo pubblico proprio per le caratteristiche della sua attività di diritto comune, poiché informata a regole intrinsecamente imprenditoriali e quindi commerciali, con la conseguente esclusione dalla categoria degli organismi di diritto pubblico.

Allo stesso modo solo ricorrendo ad un criterio teleologico, cioè che tenga conto delle finalità direttamente perseguite dalle società privatizzate, se ne potrà definire la natura giuridica e la conseguente possibilità di assoggettarle alla disciplina codicistica o a quella pubblicistica, nonché a stabilire la competenza a giudicare del giudice amministrativo o di quello ordinario.(11)

In conclusione appare pacifico che se, finché non si sia proceduto alla privatizzazione sostanziale permangano i poteri speciali dello Stato, oltre che il controllo della Corte dei Conti, nella fase successiva occorrerà valutare singolarmente l’attività delle varie società privatizzate e, dunque, stabilirne la natura; sarà l’esame del profilo oggettivo a evidenziare, per induzione, il profilo soggettivo.

(giugno 99)

dott. Guido Ottaviano

horizontal rule

NOTE:

1) Ricordiamo infatti come la prerogativa tipica della s.p.a. sia quella di permettere la raccolta e la mobilitazione di notevoli masse di risparmio popolare, offrendo al socio il duplice vantaggio di limitare la propria responsabilità per le obbligazioni sociali alla somma conferita e di potere, con l’alienazione del titolo che rappresenta la sua partecipazione, realizzare in qualsiasi momento il suo investimento senza che per ciò solo venga alterata la consistenza del patrimonio sociale;
2)  Questa tecnica giuridica consente l’affermarsi di importanti poteri economici, che la posizione di autonomia privata rende indipendenti nell’ambito dell’ordinamento statale, e dunque difficilmente compatibili con le limitazioni “fisiologiche” per gli enti pubblici;
3)  Cfr. sentenza Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 15 gennaio 1998, causa Corte dei Conti-44/96, edita in “Il Foro italiano”, 1998, I, p. 133, c.d. caso “Mannesmann”;
4)  Il principio è esposto nella fondamentale sentenza 29 dicembre 1990, n. 1221;
5)  Cfr. sentenza Cass. SS. UU. 8541/98;
6)  Si trattava di una società a prevalente partecipazione pubblica locale costituita per la gestione del servizio di parcheggi e delle aree di sosta degli autoveicoli nel comune di Siena, che aveva affidato a un terzo l’esecuzione di un’opera funzionale all’espletamento del servizio stesso
7)  Secondo il Consiglio di Stato: “il titolo concessorio non integra una fattispecie traslativa di funzioni pubbliche idonea a decretare la trasformazione del privato in organo indiretto della pubblica amministrazione. L’attribuzione ad un soggetto privato della qualifica di amministrazione aggiudicatrice incide non solo in sede di individuazione della disciplina sostanziale di gara da osservare, ma anche in ordine al riparto di giurisdizione”;
8) Con la funzione di strumenti alternativi a disposizione della P.A. per il perseguimento, con una forma privatistica più duttile, degli interessi istituzionali;
9)  Sia perché i beni o servizi sono destinati ad una cerchia ristretta di soggetti, come nel caso della Lombardia Informatica s.p.a. (cfr. Tar Lombardia, sede di Milano, sezione III, sentenza 25 maggio 1998, n. 1119, in “Urbanistica e Appalti”, 1998, p. 976 e ss.), sia perché, pur essendo destinati alla collettività, sono forniti seguendo criteri non strettamente imprenditoriali, come nel caso delle società miste per la gestione di servizi pubblici locali;
10)  Cfr. Garofoli R., Organismo di diritto pubblico, criteri di identificazione e problemi di giurisdizione, in “Urbanistica e appalti”, 1997, 460;
11)  Emblematico in questo senso è il caso della Siena Parcheggi s.p.a. cui si accennava in precedenza, che non è stata ritenuta un organismo di diritto pubblico in quanto perseguiva “direttamente” un fine commerciale, non implicando in alcun modo l’esercizio di poteri pubblicistici