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La firma digitale: implicazioni e novità del nuovo strumento di Maurizio Sala, Avvocato in Milano La diffusione e l'utilizzo degli strumenti informatici e lo sviluppo dei sistemi di comunicazione tra computers hanno imposto di trovare soluzione ai problemi connessi al passaggio dal sistema tradizionale, basato sulla documentazione cartacea, a quello nuovo "elettronico". Il legislatore ha inserito nell'ordinamento italiano la disciplina del documento informatico in tre fasi successive:
Concluso il processo di formazione della disciplina giuridica del documento elettronico, l'Italia é uno dei pochi paesi al mondo ad avere recepito nel proprio ordinamento una così importante innovazione tecnologica, introducendo il concetto e le specifiche della firma digitale, tramite la quale viene conferita validità giuridica del documento elettronico. La firma digitale non é qualcosa di riconducibile ad un elemento materiale immediatamente percepibile - così come la firma tradizionale - essendo invece un sistema di cifratura e decifratura a chiavi asimmetriche (detto anche a chiave pubblica) per garantire la sicurezza della genuinità e della provenienza dei documenti informatici. Il D.P.R. 513 10 novembre 1997 n. 513 ha equiparato la firma digitale a quella tradizionale disponendo che:
Stante l'equivalenza, sul piano giuridico, della firma digitale a quella tradizionale e dei particolari effetti che ciò comporta é logico domandarsi come la prima possa assolvere alle funzioni attribuite dalla dottrina alla seconda e precisamente:
Per rispondere al quesito é necessario, a questo punto, spiegare, nel modo più semplice e meno tecnico possibile, il sistema crittografico alla base la firma digitale. Facciamo un esempio. Supponiamo che A debba trasmettere a B un documento che non vuole che altri possano leggere. La strada da seguire é quella della criptografia, vale a dire di quella tecnica che applicando un algoritmo matematico ad una serie di caratteri alfanumerici intellegibili a chiunque, li rende incomprensibili. Naturalmente il processo di criptografia deve essere reversibile e consentire, quindi, di rendere intelleggibile un documento precedentemente criptato. L'elemento che consente di criptare e decriptare un documento é chiamato "chiave". I sistemi di criptografia sono di due tipi: quello simmetrico, detto anche a chiave segreta e quello asimmetrico, chiamato anche a chiave pubblica . Nel sistema simmetrico si usa la medesima chiave sia per criptare che per decriptare; ecco la ragione per la quale la chiave deve essere segreta. L'uso di questo sistema importa alcune controindicazioni e problemi quali:
Tali problemi non si pongono nel sistema asimmetrico o a chiave pubblica . In tale sistema, infatti, per la cifratura e la decifratura dei documenti sono necessarie due chiavi, diverse tra loro, delle quali una rimane segreta ed é conosciuta solo dal suo titolare mentre la seconda é, per l' appunto, pubblica e, quindi, conosciuta ovvero conoscibile da chiunque perché annotata in appositi registri tenuti da uno specifico ente certificatore che garantisce l'identità del soggetto titolare di tale chiave. Per cui, nell' esempio proposto di invio di un documento da A a B, il mittente A cifrerà il documento con la propria chiave privata (segreta) e lo trasmetterà al destinatario B che utilizzerà la chiave pubblica di A per decifrarlo. Così operando A non dovrà mai trasmettere la propria chiave privata che, quindi, rimarrà segreta. B, a sua volta, dopo aver decifrato il documento ricevuto utilizzando la chiave pubblica di A, avrà la certezza che il documento é genuino e che proviene da A. In altre parole: un documento cifrato con una determinata chiave privata potrà essere decrifrato solo con la corrispondente chiave pubblica. Vale, evidentemente, anche la regola inversa per cui un documendo decifrato con una determinata chiave pubblica non potrà essere stato generato che dal titolare della corrispondete chiave privata. Il sistema delle chiavi asimmetriche assicura - quindi - la paternità del documento, vale a dire l' identità del mittente, e l' integrità del documento, vale a dire la non ripudiabilità dello stesso. Rimane - però - il problema della segretezza. Infatti, se per la decifratura di un messaggio crittografato con una chiave privata é necessaria e sufficiente la chiave pubblica accessibile a chiunque, il documento cifrato é, per definizione, esso stesso pubblico o, quantomeno, può essere reso intelleggibile da tutti. Il sistema a chiavi asimmetriche offre la soluzione al problema essendo sufficiente invertire l'uso delle chiavi sopra indicato, di modo che il mittente A cifrerà il messaggio utilizzando la chiave pubblica del destinatario B che sarà l'unico in grado di leggerlo perché titolare della corrispondente chiave privata. Riassumendo: per assicurare l' identità del mittente e la genuinità del documento il mittente cifrerà con la propria chiave privata mentre il destinatario decifrerà con la corrispondete chiave pubblica, per assicurare la segretezza del documento il mittente cifrerà con la chiave pubblica del destinatario che decifrerà con la propria chiave privata. Le due funzioni possono - poi - essere combinate per assicurare tanto la paternità e genuinità del documento quanto la sua riservatezza. Per ottenere tale risultato sarà necessaria un doppia crittazione per cui il mittente A cifrerà il documento utilizzando la propria chiave privata e - poi - lo cifrerà una seconda volta impiegando la chiave pubblica di B. B, da parte sua, decifrerà il messaggio dapprima con la propria chiave privata e, subito dopo, con la chiave pubblica di A.
Sin qui abbiamo illustrato il sistema di criptografia dell'intero messaggio utilizzato per la trasmissione riservata di un documento. La firma digitale, pur basandosi sullo stesso principio, é qualcosa di diverso. La cifratura di un intero documento richiede però molto tempo e potrebbe non interessarci, magari perché non abbiamo bisogno di trasmettere un messaggio riservato ma solo di garantire al destinatario B la genuinità e la paternità del nostro documento. In tale condizione soccorre la firma digitale, che funziona nel seguente modo:
L'utilità dell'uso dell'impronta é di tutta evidenza: ci consente di generare la firma digitale senza necessità di criptare l'intero documento. L'impronta rappresenta - poi - il mezzo per ottenerne l'autenticazione da parte di un terzo mantenendo riservato il contenuto del documento che l'ha generata, ma di ciò ci occuperemo più avanti quando parleremo della validazione ovvero marcatura temporanea. La firma digitale, per come abbiamo illustrato, non cripta il documento - che, quindi, rimarrà intelleggibile a tutti, vale a dire "in chiaro" - ma ne assicurerà esclusivamente la non alterazione del testo e la provenienza da un soggetto determinato. La criptazione del testo potrà - invece - essere effettuata a meri fini di segretezza utilizzando la chiave pubblica del destinatario B, come spiegato nell'esempio fatto sopra. Nel sistema a chiavi asimmetriche sin qui illustrato le coppie di chiavi (privata e pubblica) sono - quindi - due: una prima coppia, detta di firma, destinata alla criptazione/decriptazione dell'impronta del documento al fine di generare la firma digitale ed una seconda coppia, detta di trasmissione, utilizzata per la criptazione/decriptazione del testo di un documento per la successiva trasmissione riservata. Arrivati a questo punto apparirà - ci auguriamo - più comprensibile la definizione di firma digitale data dal D.P.R. 513/97 secondo il quale essa é " il risultato della procedura informatica (validazione) basata su un sistema di chiavi asimmetriche a coppia, una pubblica e una privata, che consente al sottoscrittore tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici " (art. 1 lett. b).
L'impiego del sistema a chiavi asimmetriche sin qui esposto lascia tuttavia irrisolto il problema di come sia possibile assicurare al destinatario di un messaggio con firma digitale che una chiave pubblica appartenga ad un determinato soggetto. Senza dilungarci più di tanto in spiegazioni tecniche che appesantirebbero il discorso, basti sapere che la soluzione al problema risiede nella certificazione, che consiste in un documento elettronico rilasciato da una Autorità di Certificazione che attribuisce alle chiavi pubblica l'identità, precedentemente accertata, del soggetto titolare delle corrispondenti chiavi private. Dal punto di vista pratico la cosa funziona così: chi desiderasse utilizzare il sistema di criptografia asimmetrico sin qui descritto dovrà farsi, preventivamente identificare da un apposito ente denominato Autorità di Registrazione (le cui funzioni potrebbero esser e svolte, ad esempio, tramite gli addetti agli sportelli bancari piuttosto che agli uffici postali) che trasmetterà, per via elettronica, i dati acquisiti all' Autorità di Certificazione consegnando, nel contempo, al richiedente una smart card (una specie di carta bancomat dotata di microchip) ed un software che, insieme, consentiranno di generare, con l'aiuto di un personal computer, le chiavi pubbliche (di firma e di trasmissione), rimanendo quelle private (segrete) nella smart card. A questo punto il richiedente invierà le chiavi pubbliche appena generate all'Aurtorità di Certificazione che, ricevuti i dati identificativi del titolare e verificata la loro coincidenza con i dati pervenutile dall'Autorità di Registrazione, inserirà le chiavi pubbliche nel direttorio (il registro delle chiavi pubbliche) "marcandole", vale a dire applicando alle stesse la data e l'ora di registrazione, ed emetterà il certificato elettronico di - diciamo così - attribuzione di paternità della coppia di chiavi pubbliche che, quindi, trasmetterà al richiedente che, da quel momento sarà abilitato all'utilizzo dele chiavi elettroniche.
Qui giunti si impone una breve enunciazione di tre concetti fondamentali:
Dalle definizioni sopra enunciate e dalla comprensione del sistema crittografico a chiavi asimmetriche possiamo desumere le sostanziali differenze tra la firma digitale e la firma tradizionale. Secondo la concezione tradizionale l'integrità di un documento é inscindibilmente connessa a quella del supporto sul quale é stata fissata, ad esempio, una manifestazione di pensiero, di modo che l' alterazione di esso sia riconducibile alla riconoscibilità di cancellature o altre modifiche. L'imputazione del contenuto del documento ad un determinato soggetto é assicurata - quindi - dalla firma di colui che se ne vuole assumere la paternità e che appone il suo segno grafico in calce al supporto (normalmente cartaceo) sul quale é stato realizzato il documento. La firma digitale - secondo la definizione offerta all' art. 1 lett. b del D.P.R. 513/97 - realizza da sola il risultato dell' integrità del documento e dell'imputazione dello stesso. Essendo la firma digitale il risultato di una procedura crittografica a duplice chiave, una delle quali privata, essa é intrinsecamente e inscindibilmente collegata al contenuto del documento di modo che se venisse cambiato anche un solo carattere del documento originario il risultato dell'applicazione (a tale documento modificato) della firma digitale darebbe un risultato diverso da quello ottenuto dal documento genuino. La coseguenza di ciò e che a testi differenti corrispondono firme (digitali) diverse (non dimentichiamoci mai che la firma digitale non é un segno grafico praticato con strumenti elettronici ma, giova ripeterlo, il risultato di una cifratura). La firma digitale é - quindi - unica e non può essere trasferita da un testo ad un altro come, invece, potrebbe avvenire con la firma tradizionale, ad esempio nel caso di falsificazione.
Arrivati a questo punto possiamo dare risposta alla domanda che ci eravamo posti all'inizio circa l'assolvimento da parte della firma digitale alle tre funzioni tipiche della sottoscrizione: indicativa, dichiarativa e probatoria. Quanto alla prima soccorre l'art.10 comma 7 del D.P.R. 513/97 secondo il quale: " Attraverso la firma digitale devono potersi rilevare, nei modi e con le tecniche definiti con il decreto di cui all'articolo 3, gli elementi identificativi del soggetto titolare della firma, del soggetto che l'ha certificata e del registro su cui essa è pubblicata per la consultazione. ". A voler essere precisi va osservato che per "titolarità della firma" si deve intendere quella della coppia di chiavi, privata e pubblica, che, insieme, consentono di attivare il processo di cifratura e decifratura di un documento. Quindi una volta che - secondo quanto previsto dai regolamenti attuativi e tecnici dell'art. 15 comma 2 della legge 15 marzo 1997 n. 59 - l'ente certificatore abbia certificato e pubblicato una determinata chiave pubblica e questa sia stata utilizzata per decriptare un documento si può identificarne con assoluta certezza l'autore. In realtà perché tale effetto si produca é necessario che il destinatario abbia verificato nell'apposito registro tenuto dall'autorità di certificazione che la chiave pubblica attribuita al mittente non sia scaduta ovvero non sia stata revocata o sospesa (ad esempio a seguito di segnalazione da parte del mittente stesso della perdita della segretezza della chiave privata). Quanto alla funzione dichiarativa - di assunzione della paternità del contenuto di un documento -, essa é conseguenza dell'equiparazione del documento informatico alla scrittura privata (artt. 5 comma 1 e 10 comma 2 D.P.R. 513/97) per la quale opera la presunzione che colui che sottoscrive un documento ne sia l' autore. In altre parole: una volta risaliti, attraverso il certificatore, al "titolare della firma" (nel senso sopra precisato) si può ritenere che tale soggetto abbia approvato ed accettato le dichiarazioni sottoscritte con la firma digitale, potendosi escludere con certezza - ed allo stato attuale delle cognizioni tecniche - la possibilità di alterazione del documento successiva all'apposizione della firma digitale. Quanto - infine - alla funziona probatoria essa é il risultato, come per la firma tradizionale, dell'unione delle due precedenti fuzioni (indicativa e dichiarativa) costituendo il documento informatico la prova - salvo dimostrazione del contrario - della provenienza delle dichiarazioni in esso contenute dal soggetto individuato come titolare della chiave pubblica e legittimo utilizzatore di quella privata ad essa abbinata. Possiamo -quindi - concludere che la firma digitale assolve alle tre funzioni tipiche della firma tradizionale e che - anzi - per le particolari caratteristiche della firma digitale tali funzioni sono rafforzate.
Sul piano processualcivilistico l' applicazione della fima digitale esclude, a nostro avviso, la possibilità di invocare l'art. 214 cpc che prevede la possibilità, per colui contro il quale é prodotta in giudizio una determinata scrittura privata, di disconoscerla " nega(ndo) formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione ". Non é difficile, peraltro, prevedere che il problema si sposterà sulla prova che dovrà offrire il "titolare della firma digitale" (rectius delle chiavi) della violazione della propria chiave privata prima dell' apposizione sul documento elettronico e sulla tutela dei terzi ai quali tale violazione non potrà essere opposta se non conosciuta o conoscibile per intervenuta pubblicazione della sospensione o della revoca della chiave pubblica negli appositi registri tenuti dall'autorità di certificazione. Sul punto é utile ricordare che:
Le norme appena citate costituiscono applicazione di due principi fondamentali:
Tralasciando altri aspetti - pur interessanti - ma prettamente tecnici, vanno spese poche parole sulla data del documento elettronico che, pur non rientrando specificamente nel tema oggetto di discussione, riteniamo indispensabile approfondire. Com'é noto dalla data di un documento, in particolare dal fatto che esso sia stato formato prima o dopo un determinato evento o un altro documento, discendono importanti conseguenze giuridiche. Normalmente chi forma e sottoscrive un documento tradizionale, destinato ad essere esteriorizzato, indica anche il luogo e la data in cui esso é stato formato. Tale data non é però "certa", vale a dire non può essere opposta ai terzi, salvo che non si verifichi una delle condizioni previste dall' art. 2704 cod. civ. secondo il quale: " La data della scrittura privata della quale non è autenticata la sottoscrizione non è certa e computabile riguardo ai terzi se non dal giorno in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l'hanno sottoscritta o dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici o, infine, dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l'anteriorità della formazione del documento " Orbene la data del documento elettronico non può essere certificata dalla firma digitale che, quand'anche potesse essere desumibile e riferibile al momento di completamento del processo di cifratura del documento, non sarebbe, comunque, opponibile ai terzi. A risolvere il problema soccorre la procedura di "validazione temporanea" definita all' art. 1 lett i del D.P.R. 513/97 " nel risultato della procedura informatica, con cui si attribuiscono, ad uno o più documenti informatici, una data ed un orario opponibili ai terzi " In estrema sintesi la procedura é la seguente:
Da ultimo va detto che il D.P.R. 10 novembre 1997 n. 513 ha altresì previsto la possibilità di autenticazione della firma digitale. La norma specifica é contenuta all' art. 16 che, non richiedendo particolare interpretazione, riportiamo testualmente: " Firma digitale autenticata.
La realizzazione, da parte del legislatore, di una articolata e, per certi aspetti, coraggiosa disciplina del documento elettronico e della firma digitale fa ben sperare nella rapida diffusione di tali nuovi sistemi che, nelle previsioni, dovrebbe ridurre i tempi della burocrazia ed il carico degli archivi, pubblici e privati, a condizione che, ora che tutte le norme dovrebbero essere state emanate, se ne dia celere attuazione. Milano 23 febbraio 1999 (Maurizio Sala, Avvocato in Milano) Appendice: Articolo 1 Regolamento di cui al D.P.R. 10.11.1997 n. 513 Definizioni - 1. ai fini del presente regolamento si intende:
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