inserito in Diritto&Diritti nel ottobre 2003

La somministrazione di manodopera

di Laura Nibi

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Lo schema di decreto legislativo di attuazione della Legge Biagi[1], approvato il 31 luglio ed ora in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, contiene una delle novità più rilevanti per il diritto del lavoro ovvero la nuova disciplina della  somministrazione di manodopera[2]. Il punto di partenza del decreto attuativo è costituito, ovviamente, dall’abrogazione espressa sia degli artt. 1-11 della Legge 196/97 che avevano introdotto il lavoro interinale, sia della Legge 1369/60 che aveva disciplinato il divieto di interposizione di manodopera e quindi vietato, in linea generale, l’appalto di mere prestazioni di lavoro.

Con il passare del tempo, infatti, i divieti relativi all’intervento degli operatori privati nelle fasi di incontro tra domanda e offerta di lavoro hanno finito per rappresentare una normativa obsoleta e poco chiara che ha dato luogo a fenomeni di abusivismo e di incertezza interpretativa.

Inoltre la normativa sulle agenzie di lavoro interinale, di collocamento e di selezione, prevedendo il regime di esclusiva nei diversi ambiti di attività, aveva paralizzato non solo l’attività economica delle agenzie di intermediazione ma, anche dei lavoratori e delle imprese che hanno visto ridimensionare il livello di potenziale offerta del servizio[3].

L’art.2 dello schema di decreto legislativo definisce la somministrazione come la fornitura professionale di manodopera, a tempo indeterminato o a termine; il contratto di somministrazione viene a qualificarsi quindi come un rapporto giuridico tripartito nel quale si distinguono tre posizioni giuridiche soggettive:

l’agenzia di somministrazione ovvero l’ente debitamente autorizzato e accreditato che fornisce la manodopera[4];

l’impresa utilizzatrice ovvero il soggetto che si avvale dell’attività del lavoratore;

il prestatore di lavoro somministrato ovvero il lavoratore che, assunto da un’ Agenzia, svolge le proprie prestazioni di lavoro per uno più datori di lavoro utilizzatori.

Rispetto alla precedente normativa, sono state introdotte due diverse tipologie di contratto di somministrazione: a tempo determinato e a tempo indeterminato.

La somministrazione a tempo determinato costituisce, in linea di massima, l’erede del lavoro interinale.

A differenza però di quanto previsto per la disciplina del lavoro interinale, il nuovo contratto di somministrazione a termine potrà essere stipulato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore. Le esigenze imprenditoriali che legittimano il ricorso a questa tipologia contrattuale, dunque, oltre ad essere indicate tramite clausole generali, che richiamano quelle proprie del contratto a termine[5], potranno anche essere riferite all’ordinaria attività dell’utilizzatore e dunque non essere straordinarie.

L’ individuazione dei limiti quantitativi di ricorso alla somministrazione a termine   è affidata ai contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati maggiormente rappresentativi che si trovano ad avere, in questo senso, un ruolo centrale nell’applicazione operativa dell’istituto.

La somministrazione di prestazioni di lavoro è resa possibile anche a tempo indeterminato, ma in una serie ben individuata di attività e servizi che, dalla lettura della norma, sembrano essere caratterizzati dallo svolgersi in strutture, o con mezzi messi a disposizione dall’utilizzatore.[6]

La maggior parte di queste tipologie lavorative, avevano creato in passato, notevoli problemi ai datori di lavoro in quanto finivano per rientrare nelle ipotesi di presunzione assoluta di illiceità dell’appalto.[7]

Anche in questo caso la contrattazione collettiva viene ad avere un ruolo principale nell’attuazione della disciplina del contratto. Il legislatore infatti con una grande norma di apertura, da alle organizzazioni sindacali la possibilità di selezionare altre attività, in aggiunta a quelle già tipizzate, in cui sia possibile stipulare il contratto di somministrazione a tempo indeterminato.

In ogni caso il legislatore vieta la stipulazione di questa tipologia contrattuale in alcune ipotesi: per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; per l’imprenditore che abbia preceduto nei sei mesi precedenti a licenziamenti collettivi ovvero abbia in corso sospensioni o riduzioni di attività con l’intervento della Cassa Integrazione Guadagni (purchè la somministrazione riguardi le medesime unità produttive, abbia ad oggetto lavoratori da adibire alle stesse mansioni di quelli licenziati, sospesi dal rapporto ovvero occupati ad orario ridotto; salva comunque una diversa disposizione di accordi sindacali);per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modifiche.

Il contratto di somministrazione deve essere formulato in forma scritta e deve contenere a pena di nullità tutta una serie di elementi che, oltre a identificare i soggetti contraenti, certifichino la presenza di tutti i requisiti di liceità richiesti dalla normativa, in particolare: gli estremi dell’autorizzazione rilasciata al somministratore; il numero dei lavoratori da somministrare e le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che legittimano il ricorso alla somministrazione stessa[8]. L’assenza di forma scritta o la mancata indicazione di uno degli elementi essenziali, determina la nullità del contratto di somministrazione e, per i lavoratori somministrati, l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze dell’utilizzatore.

Per quanto attiene alla disciplina del rapporto di lavoro, in caso di somministrazione a tempo indeterminato, i rapporti di lavoro tra somministratore e prestatori di lavoro sono soggetti alla disciplina generale dei rapporti di lavoro di cui al codice civile e alle leggi speciali. In caso di somministrazione a tempo determinato, invece,  il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro è soggetto alla disciplina di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, per quanto compatibile, e in ogni caso con esclusione delle disposizioni di cui all’articolo  5, commi 3 e 4. (relativo alla successione nei contratti). Per quanto attiene alla disciplina della proroga, il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata prevista dal contratto collettivo applicato dal somministratore.

In merito all’assetto dei poteri riconosciuti al datore nell’ambito del rapporto di lavoro, va sottolineato che i lavoratori somministrati sono assoggettati alla direzione e al controllo dell’utilizzatore nell’interesse del quale svolgono la prestazione dedotta in contratto; il potere disciplinare invece è in capo all’Agenzia di somministrazione. Somministratore e utilizzatore inoltre, sono obbligati in solido relativamente alla corresponsione del trattamento economico ed al versamento dei  contributi previdenziali.

Di fondamentale importanza è l’applicazione del principio di parità di trattamento il quale prevede esplicitamente che i lavoratori dipendenti dal somministratore abbiano diritto ad un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore  a quello dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore, a parità di mansioni svolte.

Una disposizione particolare è infine quella prevista dall’art.26 che disciplina i casi in cui l’attività svolta dal lavoratore somministrato presso l’utilizzatore abbia a causare danni a terzi. In tale ipotesi l’onere del risarcimento per l’ illecito civile commesso è posto in capo all’utilizzatore in quanto soggetto che si avvale delle prestazioni del lavoratore che ha causato il danno nell’esercizio delle sue mansioni.

Dall’analisi della nuova disciplina emerge con chiarezza il favor del Governo per questa tipologia contrattuale. Le ragioni di questa impostazione sono molteplici: è stata sicuramente considerata prioritaria la soppressione di tutte quelle norme proprie di un sistema di produzione e di organizzazione del lavoro che oggi è ritenuto oggettivamente superato. La più vasta elasticità i della struttura dell’impresa consente di rispondere più agevolmente alle esigenze del mercato, nell’ottica di una sempre maggiore diffusione dei processi di esternalizzazione del lavoro. Inoltre con l’introduzione del leasing di manodopera, potrà essere garantita all’imprenditore la fornitura a carattere continuativo e  a tempo indeterminato di parte della forza lavoro di cui l’azienda ha bisogno per alimentare il processo produttivo.[9]

Al di là quindi degli indiscussi vantaggi per i datori di lavoro, la liceità c.d. allargata dell’istituto può senza dubbio agevolare le occasioni di incontro fra domanda e offerta di lavoro. Questa situazione determinerà con molta probabilità la migrazione di un lavoratore da un posto all’altro, a discapito della stabilità dell’impiego, ma è pur vero che le tendenze evolutive del mercato stesso, debbono spingere il legislatore a trovare soluzioni alternative che, nell’attuare una mediazione tra contrapposti interessi riescano a garantire ai lavoratori un nucleo fondamentale e imprescindibile di tutele; il principio di non discriminazione si muove senza dubbio in quest’ottica.

Assolutamente non marginale inoltre è il ruolo della contrattazione collettiva: sono molti infatti i rinvii previsti all’interno del decreto. Inoltre è evidente l’intento di assegnare un ruolo prioritario ai sistemi decentrati di relazioni industriali: se non altro anche al fine di non precludere alle singole imprese la possibilità di concordare soluzioni normative che meglio si adeguino alle proprie specifiche condizioni.

Note:

[1] Legge 14 febbraio 2003, n.14.

[2] La disciplina della somministrazione di manodopera è contenuta nel Titolo III Capo I artt. 20 -28 dello schema di decreto legislativo.

[3] Si vedano in questo senso le considerazioni svolte nel Libro Bianco sul mercato del Lavoro in Italia, pubblicazione a cura del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, redatto da un gruppo di lavoro coordinato da Maurizio Sacconi e Marco Biagi, cui hanno partecipato: Carlo Dell’Aringa, Natale Forlani, Paolo Reboani, Paolo Sestito.

 

[4] La somministrazione di manodopera può essere esercitata soltanto da imprenditori: in possesso di alcuni requisiti giuridici e finanziari ( art 5 co.1/3), autorizzati dal Ministero del Lavoro e iscritti all’albo delle agenzie per il lavoro ( art.4 )

 

[5] Si veda l’art. 1 del d.lsg. 368/2001 per la nuova disciplina del contratto a termine.

[6] Le attività in cui è prevista a somministrazione a tempo indeterminato sono elencate nell’art.20 comma 3  dello schema di decreto legislativi e sono le seguenti: servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico, compresa la progettazione e manutenzione di reti intranet e extranet, siti internet, sistemi informatici, sviluppo di software applicativo, caricamento dati; servizi di pulizia, custodia, portineria; servizi, da e per lo stabilimento, di trasporto di persone e di trasporto e movimentazione di macchinari e merci; la gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini, nonché servizi di economato; attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale; attività di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commerciale;  la gestione di call-center, nonché per l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1 di cui al regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali; costruzioni edilizie all’interno degli stabilimenti, per installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, per particolari attività produttive, con specifico riferimento all’edilizia e alla cantieristica navale, le quali richiedano più fasi successive di lavorazione, l’impiego di manodopera diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata nell’impresa.

 

[7] Lart. 1 comma 3 della legge 1369/60 disponeva: “ è considerato appalto di mere prestazioni di lavoro ogni forma di appalto o subappalto anche per esecuzione di opere o servizi, ove l’appaltatore impieghi capitali, macchine e attrezzature fornite dall’appaltante quand’anche per il loro uso viene corrisposto un compenso all’appaltante.

[8] I requisiti richiesti per la forma scritta dl contratto sono esplicitati nell’art.21 dello schema di decreto legislativo.

 

[9] Per ulteriori chiarimenti sulla legge Biagi si veda la pubblicazione a cura del Ministero del Lavoro: “La Legge Biagi per il lavoro, capire la riforma”.