*** Il nesso di causalità
L'individuazione in capo al sanitario di una responsabilità in ordine all'evento dannoso verificatosi è strettamente legata alla riconducibilità causale[1] dell'evento all'azione od omissione del sanitario. Il tema fondamentale del nesso di causalità assume, anche e soprattutto in questa disamina, un ruolo del tutto peculiare, stante l'implicazione con altri temi qui appena accennati, quale il problematico rapporto tra medici legali o comunque specialisti che operano anche come consulenti di parte o d'ufficio da un lato e gli altri operatori sanitari dall'altro. Ai fini della corretta determinazione del rapporto di causalità, trovano applicazione, anche in sede civilistica, i principi espressi nelle norme penali di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., in conformità con quanto affermato dalla giurisprudenza della Cassazione[2]. Il nodo che il disposto normativo lascia irrisolto, e sul quale dottrina e giurisprudenza hanno prodotto gli sforzi interpretativi più consistenti, è quello dell'esatta configurazione del rapporto tra evento dannoso e l'azione od omissione. Secondo la formulazione tradizionale della teoria[3] della condicio sine qua non sono <<causa>> dell'evento gli antecedenti senza il verificarsi dei quali l'evento non si sarebbe prodotto, individuati sulla scorta del processo della c.d. eliminazione mentale secondo il quale la condotta è condicio sine qua non dell'evento <<se non può essere mentalmente eliminata senza che l'evento stesso venga meno>>[4]. Pertanto sarà da analizzare, sotto il profilo etiologico, l'iter etiopatogenetico, riferendosi al modello della c.d. sussunzione sotto leggi scientifiche, secondo il quale l'antecedente storico assume rilievo, dal punto di vista della ricerca etiologica, quando può affermarsi, sulla scorta delle risultanza scientifiche, che entra a far parte del novero di quegli antecedenti che, secondo una <<successione regolare, omogenea e conforme ad una legge dotata di validità scientifica>>, determinano eventi del tipo di quello in concreto verificatosi. Il rilevo che l'art. 1223 cod. civ.[5], relativo al risarcimento del danno da inadempimento -richiamato dall'art. 2056 cod. civ. e pertanto applicabile anche al risarcimento in materia di responsabilità aquiliana- limiti il risarcimento medesimo alla <<conseguenza immediata e diretta>>, non attiene, come osservato dal Barni[6], alla necessità di intravedere un criterio cronologico e di congruità, ma indica piuttosto i contorni del contenuto della responsabilità stessa. E di tale impostazione sembra essersi appropriata anche la Corte di Cassazione[7] quando ha affermato che <<ai fini del sorgere dell'obbligazione di risarcimento, il nesso di causalità tra fatto illecito ed evento dannoso può essere anche indiretto e mediato, essendo all'uopo sufficiente che il primo abbia posto in essere uno stato di cose senza il quale il secondo non si sarebbe prodotto e che il danno si trovi con tale antecedente necessario in un rapporto eziologico normale e non fuori dell'ordinario>>. In conclusione il criterio della regolarità casuale fungerebbe da correttivo del criterio espresso dall'art. 1223 cod. civ., nel senso di ricomprendere nell'area dei danni risarcibili anche quelli che, pur essendo mediati e indiretti, <<rientrano tuttavia nella serie delle conseguenze normali ed ordinarie del fatto […]>>[8]. Le connessioni con la configurazione del regime eventualmente diversificato dell'onere della prova saranno trattate nel paragrafo successivo. Sotto il profilo medico-legale il nodo della questione, al quale ritengo opportuno accennare, è per dirla con un'espressione del Fiori[9], <<il problema della discendenza da un fattore causale di rilevanza giuridica>>. Se infatti l'iter patogenetico del danno, che è il percorso tra l'evento dannoso e la sua etiologia[10], in talune circostanze risulta palese e scientificamente certo, in altri casi si consegue solo agli esiti di uno studio, quello per l'appunto patogenetico, sui ritmi, tempi e modi di sviluppo. Quindi il compito del medico legale, nella sua funzione di ausilio alla decisione del giudice, è quello di verificare la causalità materiale dal punto di vista etiopatogenetico, nonché la causalità giuridica sotto il profilo della responsabilità giuridicamente rilevante. Ma non potendosi conseguire di norma giudizi improntati alla certezza sull'iter patogenetico del danno, soccorreranno il medico legale e la successiva valutazione del giudice i criteri che discendono dall'applicazione del principio della probabilità statistica, al quale ha attinto copiosamente la stessa giurisprudenza[11]. Nell'ottica dell'adeguamento di tali metodologie alle nuove tecniche di elaborazione dei dati e di consultazione delle basi di dati, può risultare d'ausilio, alla formulazione di valutazioni probabilistiche, anche l'elaborazione che il calcolatore è in grado di offrire all'operatore che lo consulti, soprattutto, come in questo caso, quando ci si trovi a porre in essere giudizi che tanto più sono consapevoli quanto più possono, sotto questo profilo, essere il risultato della valutazione di una quantità di dati più consistente possibile. Il vero ostacolo, o meglio la vera professionalità dell'interprete di questi dati, così come elaborati dalla macchina, sta nella capacità di farne un uso che funga da ausilio all'applicazione di consapevoli criteri di valutazione, senza dimenticare che comunque l'elaborazione elettronica dei dati può tenere in considerazione solo le varianti che sono state inserite preventivamente, e che pertanto fornisce risultati di operazioni matematiche da valutarsi congruamente. Il rischio che secondo alcuni autori[12] si cela dietro l'introduzione del criterio probabilistico nella valutazione del nesso di causalità, è quello di estremizzare la valutazione, confondendo la ricorrenza del dovere del medico d'intervenire per tentare di salvare il malato, con l'individuazione del nesso di causalità. Si intende con ciò affermare che se da un lato il dovere del medico d'intervenire per salvare il malato sussiste anche quando le probabilità di guarigione sono minime, altra dovrebbe essere la valutazione in termini probabilistici ove si volgesse l'attenzione alla ricorribilità del nesso di causalità tra la condotta del medico e l'evento dannoso. La necessità di configurare e adeguare la teoria della condicio sine qua non, pur integrata dalle valutazioni in termini di probabilità, si pone sul piano anche dell'individuazione e valutazione -in senso negativo- di fattori eccezionali che turbino il processo di causalità che si dice adeguata, volendo in tal modo significare l'esigenza che non siano imputati all'azione od omissione del sanitario quegli eventi dannosi che non rientrano nel normale sviluppo etiopatogenetico, in quanto <<anormali e atipici>> ovvero eccezionali, giacché posti al di fuori del processo causale anzidetto.
Avv. Nicola Todeschini
Note: [1] A. E S. BALDASSARRI, La responsabilità civile del professionista, Coll.: il diritto privato oggi, Milano, 1993, 653 e segg. [2] Cass. civ. sez. III, 15 gennaio 1996, n. 268: <<Nel caso che l'evento dannoso si ricolleghi a piu' azioni o omissioni, il problema del concorso delle cause trova soluzione nell'art. 41 c.p., secondo cui, in presenza di una pluralita' di fatti imputabili a piu' persone, a tutti deve riconoscersi un'efficacia causativa ove abbiano determinato una situazione tale che senza di essi l'evento, sebbene prodotto dal fatto avvenuto per ultimo, non si sarebbe verificato. Qualora, invece, la causa sopravvenuta sia stata da sola sufficiente a determinare l'evento, questa puo' assurgere a causa efficiente esclusiva, in quanto, inserendosi nella successione dei fatti, toglie ogni legame tra le cause remote e l'evento. (Nella specie, sei uomini spingevano, di notte, lungo il ciglio della strada, una betoniera; sopraggiungeva un motociclo che, benche' il trasporto fosse segnalato mediante una lampada bianca, andava a scontrare contro la betoniera; questa perdeva equilibrio e schiacciava uno degli uomini che la trasportava, causandone la morte. La S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha confermato la sentenza del merito, la quale aveva escluso che l'instabilita' propria della betoniera potesse costituire una causa sopravvenuta di per se' idonea a determinare l'evento e ad interrompere il nesso di causalita' con l'investimento ad opera del motociclista, attribuendo, pertanto la responsabilita' del fatto, per il 40%, a quest'ultimo e, per il 60%, alla vittima ed ai suoi compagni).>> Vianello c. Busetto e altro, in Giust. civ. Mass., 1996, 48; in Danno e resp.,1996, 521. Cfr. anche Cass. civ. sez. III, 27 maggio 1995, n. 5923: <<In materia di responsabilita' aquiliana, il rigore del principio dell'equivalenza delle cause, posto dall'art. 40 c.p., in base al quale, se la produzione di un evento dannoso e' riferibile a piu' azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale, trova il suo temperamento solo nel principio della causalita' efficiente, desumibile dal comma 2 dell'art. 41 dello stesso codice, in base al quale l'evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all'autore della condotta sopravvenuta, solo se questa azione risulti tale da rendere irrilevante le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale gia' in atto >>. Onesto e altro c. Min. difesa, in Giust. civ. Mass, 1995, 1093. [3] M. BILANCETTI, La responsabilità penale e civile del medico, II ediz., Padova, 1996, 51 e segg. [4] Ibidem, 52. [5] Art. 1223. - Risarcimento del danno Il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta. [6] M. BARNI, Il rapporto di causalità materiale in medicina legale, Milano, 1991, 30 e segg. [7] Si tratta della Cass. civ., sez. III, 11 gennaio 1989 n. 65, Fondi c. ENEL, in Giust. civ. Mass., 1989, fasc. 1. [8] Cass. civ. , sez. lav., 19 luglio 1982, n. 4236, in Giust. civ., 1983, I, 523; Cass. civ., sez. III, 7 ottobre 1987 n. 7467, Violini c. D'Alberto, in Giust. civ. Mass., 1987, fasc.10. [9] A. FIORI, Un discorso nel metodo, in Riv. It. Med. Leg., 7, 1985, 687 e segg., così come citato da M. BARNI, op. cit., 30 e segg. [10] Ibidem, 33 e segg. [11] Cfr. Cass. penale sez. IV, 17 gennaio 1992: <<In tema di responsabilità per colpa professionale del medico, nella ricerca del nesso di causalita' tra la condotta dell'agente e l'evento, al criterio della certezza degli effetti della condotta lesiva si puo' (e si deve, occorrendo) sostituire il criterio della probabilita', anche limitata, di tali effetti e della idoneita' della condotta a produrli; ne consegue che il rapporto di causalita' sussiste anche quando l'opera del sanitario, se correttamente e tempestivamente intervenuta, avrebbe avuto non gia' la certezza, bensi' soltanto serie ed apprezzabili possibilita' di successo, tali che la vita del paziente sarebbe stata, con una certa probabilita', salvata (nella specie, trattasi di omicidio colposo per tardiva diagnosi di infezione tetanica in donna sottoposta a taglio cesareo; i giudici di merito avevano ritenuto il nesso causale tra la condotta omissiva del medico e l'evento letale, sussistendo la probabilita' del 30% che un corretto e tempestivo intervento terapeutico avrebbe avuto esito positivo)>>. Silvestri e altro, in Dir. famiglia, 1992, 580 (nota); e in Nuova giur. civ. commen., 1992, I, 358 (nota). E ancora: Cass. pen. sez. IV, 11 novembre 1994: <<In tema di colpa professionale, sussiste responsabilita' del medico che colposamente ometta un intervento chirurgico necessario, quando anche esso non sia tale da garantire in termini di certezza la sopravvivenza del paziente, se vi sia una limitata purche' apprezzabile probabilita' di successo, indipendentemente da una determinazione matematica percentuale di questa.>> Presta e altro, in Cass. pen., 1996, 1442 (s.m.); Cass. civ. sez. III, 16 novembre 1993, n. 11287: <<Con riguardo alla sussistenza del nesso di causalita' fra lesione personale ed un intervento chirurgico, al fine dell'eventuale responsabilita' risarcitoria dell'autore di tale intervento, ove il ricorso alle nozioni di patologia medica e medicina legale non possa fornire un grado di certezza assoluta, la ricorrenza del suddetto rapporto di causalita' non puo' essere esclusa in base al mero rilievo di margini di relativita', a fronte di un serio e ragionevole criterio di probabilita' scientifica.>> Dettori c. Pistoro, in Giust. civ. Mass., 1993, fasc.11; Cass. civ., sez. lav., 20 dicembre 1986 n. 7801: <<Per accertare se una condotta umana sia o meno causa, in senso giuridico, di un determinato evento, e' necessario stabilire un confronto tra le conseguenze che, secondo un giudizio di probabilita' "ex ante", essa era idonea a provocare e le conseguenze in realta' verificatesi, le quali, ove non prevedibili ed evitabili, escludono il rapporto eziologico tra il comportamento umano e l'evento, sicche', per la riconducibilita' dell'evento ad un determinato comportamento, non e' sufficiente che tra l'antecedente ed il dato conseguenziale sussista un rapporto di sequenza, occorrendo invece che tale rapporto integri gli estremi di sequenza costante, secondo un calcolo di regolarita' statistica, per cui l'evento appaia come una conseguenza normale dello antecedente […].>> Balotta c. Federazione Italiana consorzi agrari, in Giust. civ. Mass., 1986, fasc. 12. [12] M. BILANCETTI, op. cit., 59. |
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