Il Consiglio di Stato è intervenuto recentemente in tema di dissesto finanziario degli Enti Locali con l’ordinanza n. 1152/2013 emessa dalla V Sezione il 27/03/2013.
Il Comune di Paola, omettendo del tutto il ricorso alla normativa anti-default prevista dal decreto Monti “Salva-Comuni”, aveva dichiarato il dissesto finanziario del Comune , ex art. 244 t.u.e.l.
In primo grado, il TAR Catanzaro ha emesso ordinanza di sospensione della delibera di dichiarazione del dissesto perché la proposta di deliberazione consiliare non era stata “ sottoposta al Collegio dei Revisori dei Conti e, conseguentemente, era assente la relazione dettagliata di quest’ultimo organo prevista dall’art. 246 tuel né si evincevano dalla delibera impugnata i presupposti previsti per la dichiarazione di dissesto.”
Fin qui, sebbene i ricorrenti (tra i quali semplici cittadini, consiglieri comunali, creditori ed associazioni) si erano lamentati esplicitamente della palese omissione ad opera del Comune del ricorso alla procedura anti-default, il Tribunale Amministrativo non è entrato nel merito della questione e ha solo sospeso temporaneamente la dichiarazione di dissesto finanziario.
Successivamente, il Comune di Paola ha proposto appello avverso l’ordinanza sospensiva del TAR Catanzaro proponendo ricorso davanti al Consiglio di Stato, difendendo la legittimità della delibera di dichiarazione di dissesto e giustificando il mancato esperimento della procedura anti-dissesto con il fatto che il d.l. 174/2012, “Salva Comuni”, è stato convertito in legge in data 7/12/2012 ( e in quella sede è stato concesso anche ai comuni al di sotto dei 20.000 abitanti il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario), posteriormente, cioè, alla dichiarazione di dissesto.
Il Consiglio di Stato, in linea coi principi di democraticità degli enti locali e tutela della collettività, ha confermato la scelta del TAR Catanzaro di sospensione della delibera di dissesto finanziario.
In primo luogo, il Consiglio di Stato ha respinto l’istanza di misure cautelari monocratiche “inaudita altera parte”, richieste dal Comune di Paola, perché non ha ritenuto sussistenti il periculum in mora e il fumus boni iuris; in particolare, ha negato che la nomina della Commissione Straordinaria di Liquidazione è un requisito che impedisce la sospensione del dissesto ed ha negato, perché sforniti di prova ed infondati, il pericolo che a cui andavano in contro i creditori dell’ente comunale a causa della sospensione del dissesto.
Con l’ordinanza n. 1152/2013, pertanto, il Consiglio di Stato, in conferma di un recente orientamento giurisprudenziale (TAR Palermo n. 19- 121/2013, TAR Catanzaro n. 62/2013) ha ritenuto che quanto affermato dal TAR “ non appare superabile”.
La Relazione dei Revisori dei Conti è un requisito fondamentale e costituisce il presupposto necessario e prodromico alla successiva dichiaraizione di dissesto e la sua mancanza, pertanto , rappresenta un ostacolo “insuperabile”.
La relazione prevista dall’art. 246 tuel, infatti, è lo strumento grazie al quale il tecnicismo contabile dei Revisori dei Conti entra nella discussione democratica dell’assemblea comunale.
Il Consiglio, in particolare, ha l’obbligo di discutere le cause che, secondo i Revisori, hanno portato allo stato di dissesto il Comune.
Solo in questo modo risulta tutelato il principio democratico dell’ente e la collettività, che ha eletto i propri rappresentanti comunali, partecipa attivamente alla vita dell’ente.
Quando risulta assente la discussione preventiva delle cause del dissesto e, soprattutto, la produzione della dichiarazione dei Revisori dei Conti viene violato il principio democratico assembleare e il dissesto sarà dichiarato sulla base di mere affermazioni che non trovano riscontro in dati contabili certi ed analizzati dai Revisori dei Conti , né discussi in Aula Consiliare .
In vero, il dissesto è un evento di carattere eccezionale e drammatico nella vita dell’Ente comunale perché cede parte della sua autonomia allo Stato Centrale che penetra nell’Ente con una Commissione Straordinaria di Liquidazione, nominata dal Ministero dell’Interno, che gestirà tutte le passività dell’Ente.
Inoltre, il Comune perde la propria capacità di autodeterminazione nelle normali scelte amministrative ed è obbligato, per i cinque anni successivi alla dichiarazione, a predisporre delibere, non revocabili , di aumento massimo di tutte le aliquote/tributi e tasse , inoltre vi è l’obbligo di riduzione drastica del personale amministrativo a tempo determinato e indeterminato, la messa in mobilità del personale in eccedenza, il divieto di nuove assunzioni, il congelamento dei crediti e delle procedure esecutive e dei pignoramenti, il blocco assoluto dell’accensione di nuovi mutui o finanziamenti e il taglio dei servizi indispensabili (mense scolastiche, scuolabus, interventi sociali etc.).
Proseguendo nell’esame dell’ordinanza, il Consiglio di Stato introduce un elemento di novità interpretativa del 243 bis tuel in quanto l’Autorità Giudiziaria consiglia al Comune di Paola di prendere in esame l’applicazione dell’art. 243 bis, nelle more del giudizio.
In buona sostanza, il Consiglio di Stato ha tracciato la via che l’Ente comunale deve seguire: evitare in ogni modo la dichiarazione di dissesto attraverso il ricorso ai mezzi legali predisposti dal Legislatore.
Ed in vero, perché fare fallire un ente locale, espressione esponenziale della collettività, quando lo stesso Legislatore ha predisposto il potente strumento del riequilibrio finanziario?
Attraverso la predisposizione del piano di riequilibrio, infatti, l’ente comunale assume l’obbiettivo di raggiungere, nel massimo di dieci anni, la sana gestione dei conti e svolge tale compito sotto la stretta sorveglianza della Corte dei Conti che interviene con delibere di monito e di messa in mora qualora ravvisi comportamenti non virtuosi da parte dell’ente.
Il Consiglio di Stato, dunque, interpreta la procedura del ricorso al piano di riequilibrio come obbligatoria da parte dell’ente.
Ed infatti, il dissesto non è un atto discrezionale ma deve essere esperito soltanto quando ricorrono le due condizioni previste dall’art. 244 tuel.
In caso contrario, quando l’ente risulta “strutturalmente deficitario” deve procedere al piano di riequilibrio previsto dall’art. 243 bis e 243 ter.
Il Comune dovrà deliberare la propria volontà di ricorrere alla procedura di riequilibrio e trasmetterà, entro cinque giorni, tale delibera alla sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti.
Successivamente, entro 60 giorni, il Comune dovrà redigere un Piano di Riequilibrio finanziario, della durata massima decennale, attraverso il quale poter raggiungere una sana gestione contabile.
Tale piano di riequilibrio dovrà essere approvato dalla Corte dei Conti che, successivamente, vigilerà, attraverso relazioni trimestrali, sui comportamenti dell’Ente, mettendolo in mora qualora non dovesse rispettare il Piano e nominando un commissario ad act (ex art. 6 d.lgs. 149/2011) qualora l’ente comunale non ottemperi agli ordini della Corte.
Il decreto Salva Enti prevede, inoltre, che il Comune possa fare ricorso al Fondo di Rotazione, previsto dall’art. 243 ter, che permette al Comune di contrarre un prestito di un massimo di 300 euro per ogni abitante, da restituire nei dieci anni successivi.
La procedura di riequilibrio, inoltre, consente la partecipazione dell’assemblea comunale alla redazione del piano anti-dissesto coinvolgendo e responsabilizzando, dunque, l’intera collettività.
Inoltre, la procedura di riequilibrio permette il mantenimento della dotazione organica, la facoltà di nuove assunzioni e il mantenimento dei servizi indispensabili, possibilità che con la dichiarazione di dissesto, invece, verrebbero negate per un periodo obbligatorio di 5 anni ( o, in caso di proroga, come quasi sempre avviene, del periodo di dissesto, per oltre 5 anni – Taranto).
La procedura di riequilibrio non può, però, essere iniziata quando la Corte dei Conti ordina all’ente un termine perentorio entro il quale adottare determinate misure ex art. 6 comma 2 d.lgs. 149/2011.
In questo caso, secondo l’Adunanza Generale del 3/1/2013 della Sezione Autonomi,e “ il limite naturale a tale prevalenza della procedura di riequilibrio rispetto al dissesto guidato, è rappresentato dalla completa conclusione della procedura ex art. 6 comma 2 del d. lgs. n. 149/2011 e cioè dalla delibera di accertamento del perdurare dell’inadempimento da parte dell’Ente locale della misure correttive e delle sussistenza delle condizioni di cui all’art. 244 TUEL.”
Non basta, dunque, che l’ente sia destinatario di una delibera della Corte dei Conti ex art. 6.2 d. lgs. 149/2011, ma tale delibera deve rappresentare la completa conclusione della procedura .
Altro presupposto necessario e non suscettibile di interpretazioni allargate, almeno finora, è “ la regolare approvazione del bilancio di previsione e dell’ultimo rendiconto nei termini di legge”( Linee Guida per l’esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale e per la valutazione della sua congruenza del 9-11-2013).
Tutto ciò, in ogni caso, avviene in un ottica di leale collaborazione e vigilanza del Consiglio Comunale, del Collegio dei Revisori dei Conti , della Corte dei Conti, del Prefetto e di tutta la collettività che non è costretta a subire passivamente le scelte della Commissione Straordinaria di Liquidazione, ma partecipa attivamente, attraverso le scelte dei consiglieri comunali, alla vita dell’ente.
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