Siffatta esigenza è di massima inconciliabile con la previsione di un sistema di rilevazione automatica delle presenze attraverso il c.d. “badge”, come non ha mancato di rilevare la giurisprudenza (cfr. TAR Campania, sez. V del 24/1/2013 n. 547: «Innanzitutto è corretto ritenere che un sistema siffatto si risolve, quanto meno in astratto, anche al di là delle intenzioni di chi decide di adottarlo, in uno strumento idoneo obiettivamente a produrre una limitazione dei profili di autonomia professionale e di indipendenza che vanno invece riconosciuti a questa figura, per prassi amministrativa, dalla costante giurisprudenza e soprattutto nel rispetto della vigente legislazione. In secondo luogo perché l’avvocato di un ente pubblico, per intuibili ragioni connesse alle esigenze di patrocinio, è spesso costretto ad assentarsi dal posto di lavoro per raggiungere le sedi giudiziarie dove pendono le controversie in cui è parte l’ufficio da lui rappresentato ed è evidente quanto siffatta necessaria mobilità sia in contrasto con gli obblighi, ma anche con le formalità ed i tempi legati ad un – obbligatorio – utilizzo del badge»).
Le evidenti esigenze organizzative di recarsi presso gli uffici giudiziari per udienze ed adempimenti senza garanzie di orario, fanno rientrare l’attività lavorativa dei legali delle amministrazioni pubbliche nelle deroghe alle predeterminazioni degli orari di lavoro in ufficio previste dall’art. 17 c. 5 del d.lgs. 66/2003 (cfr. Sentenza CNF 134/23/7/2015).
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