Società non ancora costituita, spendita del nome

La Cassazione in commento chiarisce la disciplina relativa alla spendita del nome di una società non ancora costituita affermando che “la contemplatio domini di un soggetto futuro (cioè non ancora esistente) è di per sé stessa non espressa (quale può essere solo il riferimento ad una società già esistente ed operante), con la conseguenza che il vincolo obbligatorio, eventualmente assunto, permane su colui che agisce o che dichiara di assumere l’obbligazione”.

Il caso

Nonostante sia uno degli istituti più risalenti nel tempo, la rappresentanza non smette di manifestarsi in forme tali da porre incertezze. Una di queste forme è la c.d. rappresentanza di soggetto futuro.

Prima di introdurre il relativo dibattito, al fine di fornire un riferimento pratico, è opportuno esporre sinteticamente i fatti attinenti alla pronuncia in commento.

La sentenza in esame prende origine dall’emissione di un decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di una somma di denaro a titolo di corrispettivo per l’acquisto di beni mobili. La compravendita veniva conclusa dall’acquirente “in proprio o in persona di una futura società da costituire”.

In sede di opposizione all’ingiunzione, posto che nell’atto di vendita era lo stesso acquirente a riconoscersi come debitore in proprio, questi veniva riconosciuto come obbligato al pagamento.

Inoltre, secondo i giudici d’Appello, il riferimento alla “futura società da costituire” non permetteva comunque di definire l’accordo come “contratto concluso dal rappresentante” ex art. 1388 c.c., in quanto: 1) il riferimento alla società futura da parte dell’acquirente esclude che l’atto possa produrre effetti nella sfera giuridica di questa; 2) nonostante la controparte venditrice “avesse avuto conoscenza della prossima costituzione di una società interessata ai beni mobili nell’atto”, l’atto di vendita non riportava alcuna concreta ed attuale spendita del nome della società; 3) l’opponente non avrebbe provato la ratifica delle obbligazioni derivanti dal contratto di vendita da parte della società.

La contemplatio domini di soggetto futuro

Per comprendere la portata della sentenza in commento, è necessario definire cosa debba intendersi, in generale, con rappresentanza di soggetto futuroSi parla di c.d. rappresentanza di soggetto futuro qualora il soggetto rappresentato non sia ancora esistente al momento della stipula del negozio.

Nonostante tale peculiarità, il rappresentante non potrà venir meno alla c.d. contemplatio domini, ovverosia alla spendita del nome del rappresentato. Questo tipo di rappresentanza, seppur non espressamente riconosciuta da nessuna disposizione di legge, è stata formulata muovendo dagli artt. 643 e 784 c.c.. Il primo riconosce la rappresentanza del nascituro al fine di tutelarne i diritti successori mentre l’art. 784 c.c. conferisce ai genitori del nascituro di accettare la donazione fatta a quest’ultimo.

I casi di rappresentanza di soggetto futuro sono ipotesi tassative potendo ricorrere solo laddove sia la legge a conferire un potere in tal senso. Ed infatti, come noto, affinché gli atti compiuti dal rappresentante producano effetti nei confronti del rappresentato, al primo deve essere attribuito ex lege (c.d. rappresentanza legale) o dall’interessato (c.d. rappresentanza volontaria) il potere di farlo. In difetto di tale potere la controparte potrà agire ex 1398 c.c. a mente del quale “colui che ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri (…) è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto”. Considerata l’inesistenza del rappresentato al momento della stipula dell’atto, l’ipotesi di rappresentanza volontaria mal si concilia con la rappresentanza di soggetto futuro.

Ad ogni modo, parte della dottrina rinviene un’altra ipotesi di rappresentanza di soggetto futuro nel caso in cui gli amministratori nominati dai soci con atto costitutivo di una s.p.a. concludano atti in nome della società medesima prima che questa sia stata iscritta nei pubblici registri.

Secondo questi autori, nonostante la società non possa dirsi formalmente esistente, la nomina conferirebbe agli amministratori un legittimo potere di rappresentanza cosicché gli atti da questi conclusi in nome della società saranno automaticamente imputabili a quest’ultima una volta iscritta. Va precisato che, dato quanto disposto dall’art. 2331, II comma, c.c. secondo cui “per le operazioni compiute in nome della società prima dell’iscrizione sono illimitatamente e solidalmente responsabili verso i terzi coloro che hanno agito”, salvo patto contrario gli amministratori rispondono solidalmente con la società per le obbligazioni assunte in suo nome prima dell’iscrizione. Tra l’altro, parte della giurisprudenza applica questa regola anche agli atti posti in essere prima della stipulazione dell’atto costitutivo.

A detta di altra parte della dottrina, contrariamente alla tesi appena esposta, la società non può dirsi automaticamente obbligata al momento dell’iscrizione.

Ed infatti, nonostante la controparte possa essere a conoscenza della mancata iscrizione della società e muovendo dal fatto che non può esserci alcun potere di rappresentanza prima della sua venuta all’esistenza, la dottrina maggioritaria riconduce la situazione in questione a quella ex 1398 c.c., vale a dire di rappresentanza senza potere. Così, la società, una volta iscritta, non assumerà automaticamente la titolarità di ogni atto concluso dall’amministratore in nome della stessa, bensì solo attraverso la ratifica di queste operazioni ex art. 1399 c.c.. Pertanto, sarebbe solo con la ratifica che potrebbe vedersi la società obbligata insieme all’amministratore.

Considerato che indipendentemente da quale ricostruzione si accolga è solamente con un patto contrario che possono escludersi vincoli in capo al rappresentante, sarebbe opportuno riferirsi ad ogni ipotesi in cui un soggetto spenda il nome di un soggetto non ancora esistente parlando di “contemplatio domini” di soggetto futuro e non “rappresentanza” di soggetto futuro (salvo che nei casi ex artt. 643 e 784 c.c.).

La sentenza 

È stato già indicato cosa accada qualora il rappresentante agisca senza vantare un potere in tal senso. Non è stata invece affrontata l’ipotesi in cui venga meno la spendita del nome. È la Cassazione in commento a chiarire quando la contemplatio domini possa dirsi mancante e le conseguenze collegate a questo difetto.

La questione viene affrontata sulla base delle doglianze mosse dal ricorrente per le quali, contrastando quanto sostenuto dalla Corte d’Appello, la spendita del nome poteva dirsi concreta per il fatto che, in primo luogo, la controparte “era a conoscenza della prossima costituzione di una società che avrebbe utilizzato i beni oggetto della scrittura privata” e perché “la contemplatio domini era desumibile dalle modalità e dalle circostanze in cui si era svolta l’attività negoziale nonché dalla struttura e dall’oggetto del contratto”.

La pronuncia affronta la questione allineandosi con la giurisprudenza secondo cui “nei contratti conclusi dal rappresentante, la prova che quest’ultimo abbia espressamente speso il nome del rappresentato può essere fornita anche per presunzioni” mentre “nel caso in cui sia mancata una espressa spendita del nome, gli effetti del negozio si consolidano direttamente in caso al rappresentante anche se l’altro contraente abbia avuto comunque conoscenza del mandato o dell’interesse del mandante nella conclusione dell’affare: in quest’ultimo caso, infatti, un’eventuale contemplatio domini non può essere desunta da elementi presuntivi”.

In altre parole, affinché sussista, la contemplatio domini deve essere espressa. In sintesi, indipendentemente dal fatto che l’altro contraente fosse a conoscenza dell’interesse del rappresentante alla conclusione dell’atto ovvero del ruolo di rappresentante rivestito da chi agiva, quest’ultimo deve sempre agire spendendo espressamente il nome del rappresentato in ordine all’affare.

In caso contrario, la contemplatio domini dovrà dirsi non espressa con la conseguenza che gli effetti del negozio si consolideranno in capo al rappresentante. Non poteva essere altrimenti, dato che, a fronte di una contemplatio domini di questo tipo, il rappresentante non appare alla controparte come tale, bensì come vera e propria parte contraente.

È opportuno segnalare che, rispetto alla posizione assunta dalla sentenza in commento, esiste un orientamento meno netto per cui “l’esternazione del potere rappresentativo può avvenire anche senza espressa dichiarazione di spendita del nome del rappresentato, purché vi sia un comportamento del mandatario, che per univocità e concludenza, sia idoneo a portare a conoscenza dell’altro contraente la circostanza che egli agisce per un soggetto diverso, nella cui sfera giuridica gli effetti del contratto sono destinati a prodursi direttamente” (Cass., sez I, 3 dicembre 2001, n. 15235).

La Cassazione in commento ha poi il pregio di analizzare come questi principi operino in relazione alla contemplatio domini di soggetto futuro.

A riguardo, la pronuncia in esame concede questa generale affermazione: “Occorre qui aggiungere che la contemplatio domini di un soggetto futuro (cioè non ancora esistente) è di per sé stessa non espressa (quale può essere solo il riferimento ad una società già esistente ed operante), con la conseguenza che il vincolo obbligatorio, eventualmente assunto, permane su colui che agisce o che dichiara di assumere l’obbligazione.”

La conclusione a cui giunge la Corte non sorprende. Invero, alla contemplatio domini non espressa segue, come è già stato precisato, la consolidazione dell’obbligo in capo al rappresentante.

Ciò che appare criticabile sono i presupposti attraverso cui si approda a tale assunto. L’affermazione per cui “la contemplatio domini di un soggetto futuro (cioè non ancora esistente) è di per sé stessa non espressa (quale può essere solo il riferimento ad una società già esistente ed operante)” appare estremamente aprioristica. Ed infatti, pur se rivolta a spendere il nome di un soggetto non ancora esistente, nulla impedisce a che la contemplatio domini venga espressamente formulata.

Inoltre, la Cassazione aggiunge come “L’obbligo personale di quest’ultimo (colui che agisce) permane anche dopo che il soggetto futuro sia venuto ad esistenza, salvo patto contrario (nel caso di specie neppure dedotto e comunque non provato).”

In linea con l’esposta critica, viene da chiedersi come possa esistere un patto del genere (vale a dire una pattuizione tale da escludere l’obbligo consolidatosi in capo al soggetto al momento in cui il soggetto futuro viene ad esistere) se la contemplatio domini di soggetto futuro “è di per sé stessa non espressa (quale può essere solo il riferimento ad una società già esistente ed operante)”. In altri termini, non appare chiaro come controparte e rappresentante possano convenire che il vincolo in capo all’agente verrà meno una volta sorta la società senza che il nome di quest’ultima non sia espressamente speso.

Ciononostante, o per l’operare dell’art. 2331 c.c. o perché non sia stato espressamente speso il nome del rappresentato, è certo che in questi casi sia il rappresentante a rispondere dell’obbligo assunto. Altrettanto certo è che controparte e soggetto agente possano escludere la permanenza degli obblighi in capo al soggetto agente una volta che intervenga l’iscrizione della società.

Pertanto, sembreremmo di fronte ad una pronuncia che pur partendo da premesse discutibili approda a conclusioni corrette per le quali, rigettando il ricorso, riconosceva il ricorrente responsabile per il pagamento.

Bibliografia 

Cassazione Civile Sent. Sez. 3 Num. 10598 Anno 2018;

Tribunale Torino 5 settembre 2008 n. 6140;

Cass., Sez. I, 16 novembre 1995, n.11885;

Cass., Sez. III, 10 dicembre 1996, n. 10989;

Cass., Sez. I, 3 dicembre 2001, n.15235;

  1. GIOVAGNOLI, Codice civile annotato, 2017;

La responsabilità per le operazioni compiute prima dell’iscrizione di GIUSEPPE SATRIANO Napoli, ottobre 2010 (https://www.unisob.na.it/ateneo/d003/rel_satriano.pdf);

  1. CARINGELLA, L. BUFFONI, Manuale di diritto civile, VII edizione;
  2. GAZZONI, Manuale di diritto privato, XVII edizione;
  3. F. GALGANO, Trattato di diritto civile, II volume, II edizione.

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Dott. Leopardi Tommaso

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