Indice
- Normativa di riferimento
- Funzione dell’art. 610 cpc
- Ambito applicativo – Casistica
- I rimedi oppositivi
1. Normativa di riferimento
L’art. 610 cpc prevede che se nel corso dell’esecuzione sorgono difficoltà che non ammettono dilazione, ciascuna parte può chiedere al giudice dell’esecuzione, anche verbalmente, i provvedimenti temporanei occorrenti.
Il dispositivo si occupa delle istanze che possono essere promosse dalle parti quando non è possibile procedere ai sensi degli artt. 606[1] e 608[2] cpc, tuttavia, ove possibile, il primo rimedio per risolvere gli ostacoli di tipo materiale che possono insorgere durante l’esecuzione resta il potere dell’ufficiale giudiziario di ricorrere alla forza pubblica secondo quanto previsto dall’art. 513[3] comma 2 cpc.
2. Funzione dell’art. 610 cpc
La funzione della norma in esame è quella di porre rimedio, su richiesta delle parti, alle problematiche di tipo materiale che si possono incontrare durante l’esecuzione per consegna o per rilascio.
Analizzando la normativa, infatti, si legge che i legittimati ad esperire il rimedio in esame sono le parti, anche se in alcuni casi è stata ammessa la legittimazione anche da parte dell’ufficiale giudiziario incaricato delle operazioni e dei terzi coinvolti nell’esecuzione.
L’istanza promossa dalle parti è volta ad ottenere un provvedimento di tipo temporaneo e non definitivo (quindi può essere revocato e modificato dal giudice in qualunque momento sino a quando non abbia avuto esecuzione, si tratta di un provvedimento, che può assumere la forma di decreto o di ordinanza, di natura ordinatoria e non decisoria)[4].
L’ambito di intervento del giudice dell’esecuzione in questo contesto è quello della soluzione di problemi di tipo pratico e non giuridico, ovvero di porre in essere i provvedimenti che si rendano necessari per consentire l’esecuzione ed “adeguare la realtà fattuale con il comando da eseguire”[5].
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3. Ambito applicativo – casistica
In concreto l’istanza promossa dalla parte ai sensi dell’art. 610 cpc è volta a chiedere al giudice dell’esecuzione di risolvere un “incidente di esecuzione” insorto nel corso della procedura esecutiva.
Ad esempio può succedere che l’ufficiale giudiziario trovi difficoltà nel dare corso materialmente all’esecuzione perché il bene oggetto dell’obbligo di rilascio di cui al titolo esecutivo non risulta facilmente identificabile, quindi si rende necessario incaricare un tecnico per affiancare l’ufficiale giudiziario nelle operazioni;
può succedere altresì che nel corso dell’esecuzione di uno sfratto l’ufficiale giudiziario trovi il debitore esecutato in condizioni gravi di salute e che quindi sia necessario coinvolgere l’Ausl competente per assicurare la presenza di un medico che verifichi tali condizioni di salute o per predisporre il trasporto dell’esecutato tramite ambulanza;
può accadere che all’interno dell’immobile ci siano dei minori e che sia necessario coinvolgere gli assistenti sociali.
In tutti questi casi soprariportati a mero titolo esemplificativo, la parte interessata che si vede rinviare l’esecuzione, non essendo possibile procedere a causa di impedimenti di tipo materiale, deve ricorrere al giudice ai sensi dell’art. 610 cpc affinchè vengano eliminati gli ostacoli riscontrati dall’ufficiale giudiziario.
Quando sorgono incidenti in corso di esecuzione nelle procedure di rilascio non vi è un numero di ruolo della procedura esecutiva già incardinato e l’istanza ex art. 610 cpc va depositata insieme alla nota di iscrizione a ruolo.
Il provvedimento del giudice dell’esecuzione può essere emesso anche senza previa audizione delle parti coinvolte oppure, se ritenuto opportuno, sentite le parti.
4. I rimedi oppositivi
Trattandosi di provvedimenti temporanei e non definitivi, di tipo ordinatorio e non decisorio, i decreti o le ordinanze ex art. 610 cpc non sono appellabili e non sono soggetti a ricorso in Cassazione ex art. 111 della Costituzione.
Con i rimedi previsti dall’art. 610 cpc al giudice dell’esecuzione non è richiesto di intervenire sul diritto di procedere all’esecuzione o sui diritti delle parti coinvolte ma semplicemente di risolvere le problematiche di tipo materiale che possono presentarsi nel corso dell’esecuzione e che impediscono di procedere in concreto.
Restano possibili i rimedi oppositivi ordinari previsti dagli artt. 615, 617 e 619 cpc per contestare il diritto a procedere ad esecuzione forzata e le questioni giuridiche inerenti al titolo esecutivo.
La norma in esame è una chiara espressione del potere del giudice di dirigere le modalità dell’esecuzione forzata. Il giudice ha il compito di indicare come risolvere tali problemi materiali insorti, talvolta esprimendosi anche su dubbi o divergenze che riguardano l’interpretazione del titolo esecutivo. Resta tuttavia inteso che se il giudice si spinge oltre a quanto necessario per risolvere le problematiche attuative dell’esecuzione, esprimendosi su questioni di legittimità del titolo esecutivo e dei diritti delle parti, il provvedimento adottato assume natura di sentenza, ed è a quel punto appellabile[6].
La giurisprudenza è conforme nel ritenere che se il provvedimento emesso dal giudice si pronuncia anche sul diritto di procedere all’esecuzione forzata assume valore di sentenza e che la conseguenza sia l’assoggettamento ad appello ed alle impugnazioni ordinarie[7].
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Note
ARTICOLI CORRELATI: Esecuzione forzata “mista” con prevalenza degli obblighi di fare (artt. 608, 610, 612, 613 c.p.c.) di Bianchini Francesco, avv. 24 novembre 2011
[1] Art. 606 cpc: Modo di consegna. Decorso il termine indicato nel precetto, l’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo in cui le cose si trovano e le ricerca a norma dell’art. 513; quindi ne fa consegna alla parte istante o a persona da lei designata.
[2] Art. 608 cpc: Modo del rilascio. L’esecuzione inizia con la notifica dell’avviso con il quale l’ufficiale giudiziario comunica almeno dieci giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l’immobile, il giorno e l’ora in cui procederà.
Nel giorno e nell’ora stabiliti, l’ufficiale giudiziario, munito di titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo dell’esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall’art. 513, immette la parte o una persona da lei designata nel possesso dell’immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore.
[3] Art. 513 comma 2 cpc: Quando è necessario aprire porte, ripostigli o recipienti, vincere la resistenza opposta dal debitore o da terzi, oppure allontanare persone che disturbano l’esecuzione del pignoramento, l’ufficiale giudiziario provvede secondo le circostanze, richiedendo, quando occorre, l’assistenza della forza pubblica.
[4] Secondo la Suprema Corte, “in tema di esecuzione per consegna o per rilascio, il provvedimento emesso dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 610 cod. proc. Civ., in quanto diretto solo a superare le difficoltà materiali insorte durante l’esecuzione al fine di adeguare la realtà fattuale al comando da eseguire e non anche a risolvere questioni inerenti al diritto di procedere all’esecuzione forzata, non ha contenuto decisorio, è modificabile e revocabile dallo stesso giudice e non è idoneo al giudicato, con la conseguenza che avverso tale provvedimento non è proponibile appello” (Cass. Civ. n. 14640/2014).
[5] “Ne consegue che le difficoltà, le quali, a norma dell’art. 610 cod. proc. Civ., abilitano le parti e l’ufficiale giudiziario a sollecitare al giudice provvedimenti temporanei, possono implicare, per la loro soluzione, anche l’interpretazione del titolo esecutivo, ai fini dell’individuazione della sua portata soggettiva o dell’identificazione dei beni, ma esclusivamente in vista dell’attuazione della tutela esecutiva” (Cass. Civ. n. 10865/2012).
[6] “In tema di esecuzione per consegna o rilascio, i provvedimenti di cui all’art. 610 cod. proc. civ. sono esplicazione dei poteri del giudice di direzione del processo esecutivo e sono finalizzati a risolvere non solo difficoltà materiali, ma anche dubbi o divergenze di opinioni in relazione allo svolgimento del processo e ciò anche per il tramite dell’interpretazione dello stesso titolo esecutivo, fermo restando che il provvedimento, ove risolva questioni inerenti al diritto di procedere all’esecuzione forzata ha, sebbene adottato con le forme ex art. 610 cod. proc. civ., natura di sentenza ed è appellabile” (Cass. Civ. n. 18257/2014).
[7] Cfr. Cass. Civ. nn. 20648/2006, 4925/1998, 8874/1992.
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