Accertamento d’ufficio dell’idoneità intellettiva e volitiva

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     Indice

  1. La questione
  2. La soluzione adottata dalla Cassazione
  3. Conclusioni

1. La questione

La Corte di Appello di Torino, confermando la decisione resa in primo grado (riformata solo per il trattamento sanzionatorio), riteneva responsabile l’imputato dei reati di minaccia aggravata e lesioni personali.

Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato che, tra i motivi ivi addotti, ne prospettava uno (il primo) secondo cui, non essendosi potuta espletare la perizia psichiatrica, pur disposta fin dal primo grado, a causa della sopravvenuta irreperibilità dell’imputato, non si sarebbe potuto accertare la sua reale imputabilità, pur in presenza di significativi indizi che avrebbero lasciato ritenere l’esistenza di importanti disturbi della personalità ed evidenti turbe psichiche.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione 

Il Supremo Consesso stimava la doglianza summenzionata infondata.

In particolare, gli Ermellini procedevano a siffatta reiezione rilevando innanzitutto che l’accertamento dell’idoneità intellettiva e volitiva dell’imputato non necessita di richiesta di parte, potendo essere compiuto anche d’ufficio dal giudice di merito allorquando ci siano elementi per dubitare dell’imputabilità (Sez. 5, n. 1372 del 26/10/2021).

Ciò considerato, però, i giudici di piazza Cavour rilevavano al contempo che la capacità di intendere e di volere, con riguardo ai maggiori degli anni diciotto, è presunta fino a prova contraria e tale presunzione non può dirsi vinta, a rigore, neppure dalla accertata esistenza di infermità psichiche, quando non risulti che queste, per la loro natura e gravità, siano effettivamente tali da poter escludere o scemare grandemente la detta capacità.

A maggior ragione, quindi, sempre ad avviso della Suprema Corte, è da escludere che la presunzione in questione possa venir meno quando, in un contesto caratterizzando da assoluta normalità di comportamenti, la sussistenza di alterazioni psicopatologiche venga data semplicemente come possibile, senza alcuna specificazione della natura e, soprattutto, della gravità che tali alterazioni potrebbero avere (Sez. 1, n. 382 del 03/12/1992).

Precisato ciò, declinando tali criteri ermeneutici rispetto al caso di specie, la Cassazione evidenziava come il ricorrente si fosse limitato a prospettare un dubbio in ordine all’effettiva imputabilità, adducendo elementi (un pregresso TSO e le dichiarazioni dello zio), che, in sé, a suo avviso, non permettevano di ritenere neanche l’esistenza di un’infermità di mente; tanto meno la sua eventuale gravità e la relativa incidenza sulla capacità dell’imputato.

 3. Conclusioni 

La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando l’accertamento dell’idoneità intellettiva e volitiva dell’imputato può essere compiuto d’ufficio.

Difatti, si afferma in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, dopo essersi fatto presente che l’accertamento dell’idoneità intellettiva e volitiva dell’imputato non necessita di richiesta di parte, potendo essere compiuto anche d’ufficio dal giudice di merito allorquando ci siano elementi per dubitare dell’imputabilità, come la capacità di intendere e di volere, con riguardo ai maggiori degli anni diciotto, sia presunta fino a prova contraria e tale presunzione non può dirsi vinta, a rigore, neppure dalla accertata esistenza di infermità psichiche, quando non risulti che queste, per la loro natura e gravità, siano effettivamente tali da poter escludere o scemare grandemente la detta capacità.

Quindi, a maggior ragione, è da escludere che la presunzione in questione possa venir meno allorchè, in un contesto caratterizzando da assoluta normalità di comportamenti, la sussistenza di alterazioni psicopatologiche venga data semplicemente come possibile, senza alcuna specificazione della natura e, soprattutto, della gravità che tali alterazioni potrebbero avere.

Tale situazione, dunque, in quanto tale, non è sufficiente affinchè il giudice possa disporre motu propriu l’accertamento dell’idoneità intellettiva e volitiva dell’imputato.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, pertanto, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su tale peculiare tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere positivo.

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Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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