[Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 274, co. 1, lett. b)]
1. La questione
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Crotone non convalidava un fermo richiesto a carico di talune persone indiziate del delitto di cui all’art. 12, comma 3 lett. a), b) c), comma 3-bis, comma 3-ter let. b), d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, sul presupposto dell’assenza del pericolo di fuga e, ritenute invece sussistenti le altre esigenze cautelari contemplate dall’art. 274 let. c) cod. proc. pen., applicava nei loro confronti la misura della custodia cautelare in carcere.
In particolare, con particolare riferimento al pericolo di fuga, il giudice di merito riteneva come lo stesso non potesse essere desunto sic et simpliciter dalla condizione di straniero extracomunitario, dall’assenza di fissa dimora o dal mero titolo di reato, citandosi, a tal fine, massime e ampi stralci di motivazioni della giurisprudenza di legittimità che impongono di desumere tale specifica esigenza cautelare da elementi concreti, dotati di capacità di personalizzazione, indirizzata nei confronti del singolo individuo che si sospetta stia per darsi alla fuga, sicché la stessa non può essere ritenuta sulla scorta del titolo di reato per il quale si procede, che costituisce limite dell’esperibilità del fermo e non elemento che, di per sé, configuri la probabilità di fuga.
Si poneva, quindi, in rilievo l’assenza nel caso di specie di elementi concreti dai quali dedurre una reale ed effettiva preparazione alla fuga, esemplificando quelli a suo giudizio in tal senso indicativi, ovverosia la «disponibilità di titoli di viaggio», i «tentativi di allontanamento», la «disponibilità di nominativi di soggetti cui votarsi per darsi alla macchia».
Avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione la pubblica accusa che deduceva, con un unico, articolato motivo, i vizi di violazione di legge e contraddittorietà della motivazione, sostenendosi come il Giudice per le indagini preliminari avesse escluso l’esigenza cautelare del pericolo di fuga attraverso un’errata applicazione della legge processuale e un altrettanto errata interpretazione della giurisprudenza di legittimità che, invece, si è costantemente espressa nel senso che detto pericolo non deve essere desunto esclusivamente da comportamenti materiali che rivelino l’inizio dell’allontanamento o una condotta indispensabilmente prodromica allo stesso, essendo al contrario necessario e sufficiente stabilire un reale ed effettivo pericolo che il soggetto possa darsi alla fuga.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Il ricorso suesposto era ritenuto fondato, condividendosi, allo scopo di procedere all’accoglimento del motivo su indicato, l’esegesi che dell’art. 274 lett. b) cod. proc. pen. è stata compiuta, dopo l’interpolazione operata dalla legge n. 47 del 2015, con l’aggiunta del requisito della “attualità“, accanto alla concretezza, che deve essere propria del pericolo di fuga: nel senso che il requisito anzidetto non comporta necessariamente l’esistenza di condotte materiali del soggetto agente che disvelino l’inizio dell’allontanamento dello stesso o siano comunque espressione di fatti prodromici all’allontanamento medesimo, essendo sufficiente accertare, sulla scorta di un giudizio prognostico verificabile – perché tratto dalla concreta situazione di vita del soggetto, dalle sue frequentazioni, dai
precedenti a suo carico, dalle pendenze giudiziarie e, più in generale, da elementi in atti vicini nel tempo – l’esistenza di un effettivo e ragionevolmente prossimo pericolo di fuga, tale da richiedere un tempestivo intervento cautelare (cfr. Sez. 5, sent. n. 7270 del 06.07.2015 – dep. 2016, Rv. 267135, nonché Sez. 6, sent. n. 16864 del 07.03.2018, Rv. 270311, Sez. 6 n. 481 del 27/09/2018), rilevandosi al contempo che, ai fini della convalida del fermo, poi, la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che il pericolo di fuga non può essere presunto sulla base del titolo di reato per cui s’indaga, ma deve essere fondato su elementi specifici, dotati di capacità di personalizzazione, desumibili da circostanze concrete (in tal senso Sez. 2, n. 26605 del 14/02/2019; Sez. 3, n. 39542 del 11/07/2013; Sez. 1, n. 5244 del 10/01/2006; Sez. 3, n, 4089 del 18/1.2/2003).
Orbene, ad avviso del Supremo Consesso, il Giudice per le indagini preliminari non si era attenuto a tali insegnamenti e, anzi, la motivazione del provvedimento si appalesava, a suo avviso, manifestamente illogica nella parte in cui aveva ritenuto l’assenza di un concreto pericolo di fuga sulla scorta di un elemento – quello dell’assenza di prodromiche condotte preparatorie esemplificate nello stesso provvedimento – non realmente indicativo e dirimente nel caso di specie, trattandosi di soggetto agente di nazionalità straniera, irregolare e privo di qualsiasi radicamento, anche provvisorio, con territorio italiano.
Nel dettaglio, secondo la Suprema Corte, se è corretto affermare che il pericolo di fuga non può essere desunto dalla semplice circostanza dello status di straniero del soggetto agente, è altrettanto innegabile, a parere di detta Corte, come il discorso giustificativo del giudice della cautela fosse incorso nel sillogismo opposto, ossia quello di escludere aprioristicamente la sussistenza di suddetta esigenza cautelare in un caso, come quello in questione, in cui il carattere temporaneo della presenza sul territorio italiano è funzionale alla commissione del reato (nella specie, il traffico di esseri umani) e rendeva, dunque, di difficile realizzazione comportamenti preparatori alla fuga stessa.
Nel ribadire il principio per cui il giudice della cautela, in tema di pericolo di fuga, è chiamato a svolgere un giudizio prognostico verificabile che deve attagliarsi, di volta in volta, al caso concreto prospettatosi, era pertanto precisato che la situazione fattuale oggetto di ricorso – ovverosia quella di soggetti agenti di nazionalità straniera (nel caso di specie turca), presenti clandestinamente nel territorio dello Stato, con il quale non avevano avuto alcun radicamento e al solo fine di commettere oltre confine condotte criminose, per poi rientrare nel paese di origine – richiede un articolato e approfondito giudizio, esteso a qualsiasi elemento, desumibile dagli atti, obiettivamente sintomatico di un prossimo pericolo di fuga, tale da rendere necessario un tempestivo intervento cautelare.
Ebbene, per i giudici di piazza Cavour, sotto tale profilo, per un verso il richiamo contenuto nel provvedimento impugnato a precedenti giurisprudenziali di legittimità non si appalesava pertinente a causa delle evidenti differenze rispetto alla situazione fattuale oggetto di giudizio, siccome riguardanti il caso in cui il pericolo di fuga era stato desunto dal mero allontanamento dal luogo dello sbarco (Sez. 2 n. 6924 del 04/12/1997, citata a ap. 9 dell’ordinanza) ovvero riguardava soggetto straniero irregolare, ma con riferimento al ben diverso reato di cui all’art. 648 cod. pen. (Sez. 2, n. 2935 del 15/12/2021, dep. 2022 non mass.).
Per altro verso, il Giudice di merito, nell’escludere il rilievo dei contatti degli indagati, attuati attraverso il telefono cellulare di uno degli imputati, durante la traversata, con più soggetti a vario titolo coinvolti nell’organizzazione del viaggio, sintomatici del plausibile inserimento del trasporto umano nell’ambito dell’attività oggetto di organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di clandestini, aveva finito per dequotare, contraddittoriamente, dati obiettivi indicativi del pericolo di fuga pur emergenti dalla richiesta di convalida del fermo del Pubblico Ministero; elementi, peraltro, (stimati) illogicamente utilizzati dallo stesso Giudice per motivare la sussistenza dell’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione in relazione a successive e ulteriori condotte di trasporto illegale senza il preventivo ritorno da parte degli indagati nel territorio turco e, dunque, senza un loro prossimo allontanamento.
Conclusivamente, il discorso giustificativo espresso dal Giudice della cautela onde pervenire al diniego di convalida, per gli Ermellini, si era discostato dalle coordinate finora illustrate, avendo trascurato che, nell’apprezzamento del pericolo di fuga, è necessario che la pur riconosciuta discrezionalità di giudizio sia ancorata non a formule preconfezionate, bensì a specifici e concreti elementi di fatto desunti dalle emergenze procedimentali, laddove invece deve ritenersi che il fermo fu legittimamente eseguito, alla stregua delle concrete emergenze sin qui sunteggiate.
L’ordinanza impugnata, pertanto, era annullata senza rinvio sul rilievo che il ricorso aveva ad oggetto una fase del procedimento ormai perenta e concerne esclusivamente la valutazione circa la correttezza dell’operato della polizia giudiziaria, ragioni per le quali l’eventuale rinvio del provvedimento impugnato solleciterebbe una pronuncia meramente formale, priva di ricadute giuridiche (Sez. I, n. 36236 del 20/09/2007).
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando è configurabile il pericolo di fuga di cui all’art. 274, co. 1, lett. b), c.p.p..
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso e costante orientamento nomofilattico, che siffatto pericolo non comporta necessariamente l’esistenza di condotte materiali del soggetto agente che disvelino l’inizio dell’allontanamento dello stesso o siano comunque espressione di fatti prodromici all’allontanamento medesimo, essendo sufficiente accertare, sulla scorta di un giudizio prognostico verificabile – perché tratto dalla concreta situazione di vita del soggetto, dalle sue frequentazioni, dai precedenti a suo carico, dalle pendenze giudiziarie e, più in generale, da elementi in atti vicini nel tempo – l’esistenza di un effettivo e ragionevolmente prossimo pericolo di fuga, tale da richiedere un tempestivo intervento cautelare.
Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare se sia stata correttamente ravvisata la sussistenza di questa esigenza cautelare.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.
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