Il restyling dell’esecuzione penale nella riforma Cartabia. Parte I

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Nell’ambito della novella legislativa pubblicata sulla gazzetta ufficiale del 17 ottobre 2022 e di cui è prevista l’entrata in vigore il 2 novembre 2022, si devono segnalare, per i fini che occupano il tema qui trattato, almeno tre disposizioni normative.

Si tratta degli articoli 31, 38 e 39 della c.d. riforma Cartabia che hanno ricadute sulla materia dell’esecuzione penale, ristrutturandone taluni aspetti evidentemente ritenuti di fondamentale importanza dal legislatore delegato.

Di essi s’intende offrire contezza in questa sede prendendo le mosse proprio dalla prima delle disposizioni citate che novella in prima battuta il sistema processuale penale italiano vigente.

     Indice

  1. Modifiche in materia di condanna a pena sostitutiva.
  2. Le norme della legge delega.
  3. La disciplina legislativa elaborata dal legislatore delegato.
  4. Le modifiche in materia di esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali.
  5. La disciplina normativa vigente dal 1° novembre 2022.

1. Modifiche in materia di condanna a pena sostitutiva 

L’art.31 della riforma Cartabia reca la disciplina processuale delle cosiddette nuove pene detentive brevi.

Con l’inserimento nel Codice di rito penale, nel nuovo art.540-bis, le novelle delineano il procedimento attraverso il quale si arriva alla decisione sulla sostituzione della pena detentiva, anticipando quindi l’applicazione delle sanzioni sostitutive già in fase cognitiva[1]

2. Le norme della legge delega

Le nuove pene sostitutive – semilibertà, detenzione domiciliare, lavoro di pubblica utilità e pena pecuniaria – saranno direttamente irrogabili dal giudice della cognizione entro il limite di 4 anni di pena inflitta.

Tale disposizione previsionale della legge delega ha avuto la sua attuazione ad opera del legislatore delegato per il tramite di una puntuale e precisa novellazione del Codice di procedura penale vigente che, senza dubbio, costituisce una decisa novità dell’intero sistema.

3. La disciplina legislativa elaborata dal legislatore delegato

In particolare l’art.545-bis c.p.p. introdotto dalla novella delegata, struttura articolatamente le seguenti previsioni:

  1. subito dopo la lettura del dispositivo della sentenza che applica una pena detentiva non superiore a 4 anni, ricorrendone in astratto le condizioni, il giudice, può per sostituire la pena detentiva con una pena sostitutiva di cui al citato art.53 della legge 689/81, deve darne avviso alle parti e mettere in condizioni l’imputato o il suo difensore munito di procura speciale di acconsentire alla sostituzione con una pena diversa da quella pecuniaria.
  2. se il giudice non ritiene di disporre degli elementi necessari per decidere immediatamente, dispone la sospensione del processo e la fissazione di un’apposita udienza non oltre 60 giorni, con avviso alle parti e all’ufficio dell’esecuzione penale esterna (UEPE) competente.

Si deve segnalare che una sospensione di pari durata è prevista nell’ambito del patteggiamento ex art.448 co.1-bis c.p.p., introdotto dall’art.25, co.1, lett. e) del decreto delegato, che analoghe scadenze temporali sono stabilite per l’eventuale applicazione del lavoro sostitutivo nell’ambito del procedimento per decreto ex art.459, co.1-ter c.p.p., introdotto dall’art.28, co.1, lett. a) del medesimo decreto delegato. Lo svolgimento del prosieguo è cadenzato in termini sufficientemente rapidi.

All’udienza fissata per la decisione sulla sostituzione della pena detentiva il giudice, che è lo stesso che ha disposto la condanna, deciderà se e come sostituire la pena detentiva dopo aver acquisito dall’UEPE gli elementi utili per individuare il trattamento sanzionatorio più adeguato.

Ciò l’organo giudicante farà anche alla luce della volontà manifestata dall’imputato circa la sostituzione con una pena diversa dalla pena pecuniaria sostitutiva.

Se il giudice opterà per la sostituzione, integrerà il dispositivo della sentenza indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti. In caso di decisione negativa, il giudice confermerà per contro il dispositivo.

Secondo quanto specificato dalla relazione illustrativa la legge delega – l’art.1, co.17, lett. c) legge nr.134/2021 – attribuisce al giudice di merito il potere di sostituire la pena detentiva anticipando alla fase della cognizione a titolo di vera e propria pena, anche se sostitutiva, le forme di esecuzione extracarceraria che nell’ordinamento penitenziario vigente sono, come noto, definite quali misure alternative alla detenzione.

Il giudice della cognizione, in altre parole, in caso di condanna a pena detentiva breve è chiamato ad un compito ulteriore e nuovo rispetto agli schemi classici della commisurazione e applicazione della pena principale ossia a vantare se non vi siano modelli sanzionatori, sostitutivi della pena detentiva, che contribuiscano in modo più adeguato alla rieducazione del condannato purché assicurino, anche attraverso opportune prescrizioni, la prevenzione del pericolo che il condannato commetta altri reati.

In buona sostanza, dal 2 novembre 2022 nell’ambito del processo di cognizione penale bisognerà fare indefettibilmente conto della possibilità di vedere applicata la semilibertà, la detenzione domiciliare, il lavoro di pubblica utilità e la pena pecuniaria, quali sanzioni direttamente irrogate dal giudice nell’ambito dei limiti di 4 anni di detenzione per la pena in concreto inflitta.

Così facendo risulta rivoluzionato il catalogo delle pene previste dal Codice Rocco del 1931, tutt’oggi vigente nel nostro Paese; alle pene classiche conosciute dal sistema si aggiungono quelle della novella Cartabia identificate con le misure alternative alla detenzione, contemplate dall’ordinamento penitenziario e quadripartite nei termini sopra indicati: pena pecuniaria, lavoro di pubblica utilità, detenzione domiciliare e semilibertà.

Sanzioni penali irrogabili direttamente dal giudice del processo e non più, come sino ad oggi previsto, dal magistrato di sorveglianza in chiave di modalità alternative alla detenzione carceraria.

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4. Le modifiche in materia di esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali 

Come anticipato il capo decimo della Legge Cartabia, composto dagli artt. 38 e 39, interviene sul libro decimo in materia di esecuzione.

L’art.38 apporta modifiche alla disciplina dell’esecuzione delle pene, sia esse detentive ex art.656 c.p.p. o pecuniarie ex art.660 c.p.p.; apporta altresì modifiche alla disciplina delle sanzioni sostitutive ex art.661 c.p.p.. Gli assetti previsionali sono formalizzati in termini chiari e precisi.

Vengono previsti nuovi meccanismi per l’esecuzione delle pene pecuniarie; viene previsto che l’esecuzione della pena del lavoro di pubblica utilità sostitutivo sia affidato al giudice che l’ha comminata e viene altresì previsto, che in fase di esecuzione, il condannato a pena detentiva debba essere informato della possibilità di accedere ai programmi di giustizia riparativa e, se il processo si è svolto in sua assenza, possa richiedere la restituzione nel termine per proporre impugnazione o la rescissione del giudicato.

In particolare la lett. a), del co.1 della disposizione in parola interviene sull’art.656 c.p.p. in materia di esecuzione delle pene detentive  per stabilire due cose in particolare:

  1. l’ordine di esecuzione a pena detentiva deve contenere, tra l’altro, l’avviso riguardante la possibilità per il condannato di accedere ai programmi di giustizia riparativa;
  2. qualora si versi nell’ipotesi di sospensione della pena detentiva, con la notifica dell’ordine di esecuzione e del decreto di sospensione, si deve informare il condannato di un duplice ordine di possibilità:
    1. qualora il processo siasi svolto in sua assenza, entro 30 giorni dall’avvenuta conoscenza della sentenza egli può chiedere di essere rimesso in termini per l’impugnazione della sentenza medesima ovvero di richiedere la rescissione del giudicato, se ed in quanto ricorrenti i presupposti;
    2. può altresì chiedere di essere ammesso ai programmi di giustizia riparativa[2].

5. La disciplina normativa vigente dal 1° novembre 2022

Nell’ambito dell’esecuzione, quale fase del procedimento penale italiano, l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali con preciso riferimento all’esecuzione delle pene detentive viene parzialmente riscritta dalla riforma Cartabia.

Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena detentiva il pubblico ministero emette ordine di esecuzione con il quale, se il condannato non è detenuto, ne dispone la carcerazione. Copia dell’ordine è consegnata all’interessato. Se il condannato è già detenuto, l’ordine di esecuzione è comunicato al Guardasigilli e notificato all’interessato.

L’ordine di esecuzione contiene: le generalità della persona nei cui confronti deve essere eseguito e quant’altro valga ad identificarlo, l’imputazione, il dispositivo del provvedimento e le disposizioni necessarie all’esecuzione, nonché l’avviso al condannato della facoltà di accedere al programma di giustizia riparativa. L’ordine è notificato al difensore del condannato.

L’ordine di esecuzione della sentenza di condanna a pena detentiva nei confronti di madre di prole di minore età è comunicato al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo di esecuzione della sentenza. L’ordine che dispone la carcerazione è eseguito secondo le modalità previste dall’art.267[3] c.p.p.

Al di fuori dei casi previsti dal co. 9, lett. b), di cui diremo in seguito, quando la pena residua da espiare, computando le detrazioni previste dall’art.54[4] della legge 26 luglio 1975, nr.354, non supera i limiti indicati dal co. 5, di cui diremo ampiamente in appresso, il pubblico ministero prima di emettere l’ordine di esecuzione previsto, verifica dell’esistenza di periodi di custodia cautelare o di pena dichiarata fungibile relativi al titolo esecutivo da eseguire, trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza affinché provveda all’eventuale applicazione della liberazione anticipata.

Il magistrato di sorveglianza provvede senza ritardo con ordinanza adottata ai sensi dell’art.69-bis[5] della legge 26 luglio 1975, nr.354.

La presente disposizione non si applica nei confronti dei condannati per i delitti di cui all’art.4-bis[6] della legge 26 luglio 1975, nr.354.

Quando il condannato si trova in stato di custodia cautelare in carcere il pubblico ministero emette l’ordine di esecuzione e, se ricorrono i presupposti di cui si è detto poco sopra, trasmette senza ritardo gli atti al magistrato di sorveglianza per la decisione della liberazione anticipata.

Comunque sia, il pubblico ministero emette i provvedimenti, di cui si è or ora detto, dopo la decisione del magistrato di sorveglianza.

Se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore  pena , non è superiore a tre anni, 4 anni nei casi previsti dall’art.47-ter co.1[7] della legge 26 luglio 1975 nr.354, ovvero 6 anni  nei casi di cui agli artt.90[8] e 94[9] del testo unico approvato con d.p.r. 9 ottobre 1990, nr.309 e successive modificazioni il PM, salvo quanto previsto dalle disposizioni di cui diremo nel prosieguo, sospende l’esecuzione.

L’ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato e al difensore nominato per la fase dell’esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase del giudizio con l’avviso che entro 30 giorni può essere presentata istanza corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessaria, volta ad ottenere la cessione di una delle misure alternative alla detenzione di cui agli artt.47[10], 47-ter[11] e 50 co.1[12] della legge 26 luglio 1975, nr.354 e successive modificazioni e di cui all’art.94[13] del testo unico approvato con d.p.r. 9 ottobre 1990, nr.309 e successive modificazioni, ovvero la sospensione dell’esecuzione della pena di cui all’art.90[14] dello stesso T.U.

L’avviso informa altresì che ove non sia presentata l’istanza o la stessa sia inammissibile ai sensi degli artt.90 e seguenti del TU 309 cit. l’esecuzione della pena avrà corso immediato.

Con l’avviso il condannato è informato che se il processo si è svolto in sua assenza, nel termine di 30 giorni dalla conoscenza della sentenza può chiedere, in presenza dei relativi presupposti, la restituzione nel termine per proporre impugnazione o la rescissione del giudicato. Nell’avviso è indicata anche l’informazione al condannato della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.

L’istanza deve essere presentata dal condannato o dal difensore individuato nelle forme suindicate ovvero allo scopo nominato dal PM il quale la trasmette, unitamente alla documentazione, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo in cui ha sede l’ufficio del PM.

Se l’istanza non è corredata dalla documentazione utile, questa, salvi i casi di inammissibilità può essere depositata nella cancelleria del tribunale di sorveglianza fino a 5 giorni prima dell’udienza fissata a norma dell’art.666, co.3[15] c.p.p.. Resta salva in ogni caso la facoltà del tribunale di sorveglianza di rivedere anche d’ufficio alla richiesta di documenti o di informazioni o all’assunzione di prova a norma dell’art.666, co. 5[16] c.p.p.

Il tribunale di sorveglianza decide non prima del 30° e non oltre il 45° giorno dalla ricezione della richiesta.

La sospensione dell’esecuzione per la stessa condanna non può essere disposta più di una volta anche se il condannato ripropone nuova istanza sia in ordine a diversa misura alternativa sia alla medesima, diversamente motivata, sia in ordine alla sospensione dell’esecuzione della pena di cui all’art.90[17] del TU 309 cit.

Salva la disposizione di cui diremo nel seguito della trattazione, qualora l’istanza non sia tempestivamente presentata, o il tribunale di sorveglianza la dichiari inammissibile, o la respinge, il PM revoca immediatamente il decreto di sospensione dell’esecuzione.

Il PM provvede analogamente quando l’istanza presentata è inammissibile ai sensi dell’art.90 e seguenti del TU 309/90 cit. e successive modificazioni nonché, nelle more della decisione del tribunale di sorveglianza, quando il programma di recupero di cui all’art.94 del medesimo TU non risulta iniziato entro 5 giorni dalla data di presentazione della relativa istanza o risulta interrotto. A tal fine il PM nel trasmettere l’istanza al tribunale di sorveglianza dispone gli opportuni accertamenti.

Quando è provato e appare probabile che il condannato non abbia avuto dell’avviso di cui si è detto in precedenza il PM può assumere anche presso il difensore le opportune informazioni all’esito delle quali può disporre la rinnovazione della notifica.

La sospensione dell’esecuzione di cui si è detto in precedenza non può essere disposta nei confronti dei condannati per i delitti di cui all’art.4-bis[18] della legge 26 luglio 1975 nr.354 e successive modificazioni, nonché di cui agli artt.423-bis[19] c.p. , 562 co.2[20] c.p., 612-bis co.3[21] c.p., 624-bis[22] c.p. eccezion fatta per coloro che si trovano agli arresti domiciliari disposti ai sensi dell’art.89[23] del TU 309/90 e successive modificazioni citate.

Sempre in tema di sospensione dell’esecuzione ex art.656 co.5 c.p.p., si segnalano coloro nei confronti dei quali, in ordine al fatto oggetto della condanna da eseguire, si trova in uno stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza si definitivizza.

Nella situazione considerata nella disposizione in parola, se il condannato si trova agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire e se la pena residua da espiare non supera i limiti suindicati, il PM sospende l’esecuzione dell’ordine di carcerazione e trasmette gli atti, senza ritardo, al tribunale di sorveglianza perché provveda all’eventuale applicazione di una delle misure alternative.

Fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il condannato permane nello stato detentivo nel quale si trova e il tempo corrispondente è considerato come pena espiata a tutti gli effetti[24].

Leggi la Parte II dell’articolo al link

Note

[1] L’art.1, co. 17 della legge nr.134 delega il governo della Repubblica a riformare la disciplina delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, contenute negli artt.53 e seguenti della legge nr.689 del 1981, con la finalità di anticipare l’applicazione delle sanzioni sostitutive, già in fase di cognizione, così sgravando dall’incombenza la magistratura di sorveglianza.

[2] Per l’intervento sul co. 5 dell’art.656 c.p.p. relativo alla possibilità di rescissione del giudicato o di remissione in termini per l’impugnazione della sentenza, si veda il principio di delega di cui all’art.1, co.7, lett. i), della legge nr.134 del 2021 allorquando dispone che nel provvedimento di esecuzione sia contenuto l’avviso al condannato che, ove si sia proceduto in sua assenza senza che egli abbia avuto conoscenza del processo, lo stesso potrà esercitare i diritti previsti ai sensi della lett. g).

[3] C.p.p. art.267. Presupposti e forme del provvedimento: 1. Il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari l’autorizzazione a disporre le operazioni previste dall’art. 266. L’autorizzazione è data con decreto motivato quando vi sono gravi indizi di reato e l’intercettazione è assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini. Il decreto che autorizza l’intercettazione tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile indica le specifiche ragioni che rendono necessaria tale modalità per lo svolgimento delle indagini; nonché, se si procede per delitti diversi da quelli di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, e dai delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata a norma dell’articolo 4, i luoghi e il tempo, anche indirettamente determinati, in relazione ai quali è consentita l’attivazione del microfono. 1-bis. Nella valutazione dei gravi indizi di reato si applica l’articolo 203. 2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone l’intercettazione con decreto motivato, che va comunicato immediatamente e comunque non oltre le ventiquattro ore al giudice indicato nel comma 1. Il giudice, entro quarantotto ore dal provvedimento, decide sulla convalida con decreto motivato. Se il decreto del pubblico ministero non viene convalidato nel termine stabilito, l’intercettazione non può essere proseguita e i risultati di essa non possono essere utilizzati.2-bis. Nei casi di cui al comma 2, il pubblico ministero può disporre, con decreto motivato, l’intercettazione tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile soltanto nei procedimenti per i delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater e per i delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata a norma dell’articolo 4. A tal fine indica, oltre a quanto previsto dal comma 1, secondo periodo, le ragioni di urgenza che rendono impossibile attendere il provvedimento del giudice. Il decreto è trasmesso al giudice che decide sulla convalida nei termini, con le modalità e gli effetti indicati al comma 2. 3. Il decreto del pubblico ministero che dispone l’intercettazione indica le modalità e la durata delle operazioni. Tale durata non può superare i quindici giorni, ma può essere prorogata dal giudice con decreto motivato per periodi successivi di quindici giorni, qualora permangano i presupposti indicati nel comma 1. 4. Il pubblico ministero procede alle operazioni personalmente ovvero avvalendosi di un ufficiale di polizia giudiziaria. 5. In apposito registro riservato gestito, anche con modalità informatiche, e tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del Procuratore della Repubblica, sono annotati, secondo un ordine cronologico, i decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l’inizio e il termine delle operazioni.

[4] Legge 26 luglio 1975, Art.54. Liberazione anticipata: 1. Al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione è concessa, quale riconoscimento di tale partecipazione, e ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata. A tal fine è valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare o di detenzione domiciliare. 2.  La concessione del beneficio è comunicata all’ufficio del pubblico ministero presso la corte d’appello o il tribunale che ha emesso il provvedimento di esecuzione o al pretore se tale provvedimento è stato da lui emesso. 3.  La condanna per delitto non colposo commesso nel corso dell’esecuzione successivamente alla concessione del beneficio ne comporta la revoca. 4.  Agli effetti del computo della misura di pena che occorre avere espiato per essere ammessi ai benefici dei permessi premio, della semilibertà e della liberazione condizionale, la parte di pena detratta ai sensi del comma 1 si considera come scontata. La presente disposizione si applica anche ai condannati all’ergastolo.

[5] Legge 26 luglio 1975, nr.354. Art.69-bis Procedimento in materia di liberazione anticipata: 1. Sull’istanza di concessione della liberazione anticipata, il magistrato di sorveglianza provvede con ordinanza, adottata in camera di consiglio senza la presenza delle parti, che è comunicata o notificata senza ritardo ai soggetti indicati nell’articolo 127 del codice di procedura penale. 2.   Il magistrato di sorveglianza decide non prima di quindici giorni dalla richiesta del parere al pubblico ministero e anche in assenza di esso. 3. Avverso l’ordinanza di cui al comma 1 il difensore, l’interessato e il pubblico ministero possono, entro dieci giorni dalla comunicazione o notificazione, proporre reclamo al tribunale di sorveglianza competente per territorio. 4.   Il tribunale di sorveglianza decide ai sensi dell’articolo 678 del codice di procedura penale. Si applicano le disposizioni del quinto e del sesto comma dell’articolo 30-bis. [5.   Il tribunale di sorveglianza, ove nel corso dei procedimenti previsti dall’articolo 70, comma 1, sia stata presentata istanza per la concessione della liberazione anticipata, può trasmetterla al magistrato di sorveglianza. (276) ]

[6] Legge 26 luglio 1975, nr.354. Art 4-bis  Divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti: 1.  L’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell’articolo 58-ter della presente legge o a norma dell’articolo 323-bis, secondo comma, del codice penale: delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 416-bis e 416-ter del codice penale, delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, delitti di cui agli articoli 600, 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 601, 602, 609-octies e 630 del codice penale, all’articolo 12, commi 1 e 3, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, all’articolo 291-quater del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e all’articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Sono fatte salve le disposizioni degli articoli 16-nonies e 17-bis del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni. 1-bis.  I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi ai detenuti o internati per uno dei delitti ivi previsti, purché siano stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, altresì nei casi in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata nella sentenza di condanna, ovvero l’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità, operato con sentenza irrevocabile, rendono comunque impossibile un’utile collaborazione con la giustizia, nonché nei casi in cui, anche se la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante, nei confronti dei medesimi detenuti o internati sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste dall’art. 62, numero 6), anche qualora il risarcimento del danno sia avvenuto dopo la sentenza di condanna, dall’articolo 114 ovvero dall’articolo 116, secondo comma, del codice penale. 1-ter.  I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi, purché non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, ai detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, secondo e terzo comma, 600-ter, terzo comma, 600-quinquies, 628, terzo comma, e 629, secondo comma, del codice penale, all’articolo 291-ter del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, all’articolo 73 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’articolo 80, comma 2, del medesimo testo unico, all’articolo 416, primo e terzo comma, del codice penale, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 473 e 474 del medesimo codice, e all’articolo 416 del codice penale, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, del medesimo codice, dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale e dall’articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni. 1-quater.  I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi ai detenuti o internati per i delitti di cui agli articolo 583-quinquies, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 609-undecies del codice penale solo sulla base dei risultati dell’osservazione scientifica della personalità condotta collegialmente per almeno un anno anche con la partecipazione degli esperti di cui al quarto comma dell’articolo 80 della presente legge. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano in ordine al delitto previsto dall’articolo 609-bis del codice penale salvo che risulti applicata la circostanza attenuante dallo stesso contemplata.1-quinquies. Salvo quanto previsto dal comma 1, ai fini della concessione dei benefici ai detenuti e internati per i delitti di cui agli articolo 583-quinquies, 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-quater, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, nonché agli articoli 609-bis e 609-octies del medesimo codice, se commessi in danno di persona minorenne, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza valuta la positiva partecipazione al programma di riabilitazione specifica di cui all’articolo 13-bis della presente legge. 2.  Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1 il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni per il tramite del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione del condannato. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni. Al suddetto comitato provinciale può essere chiamato a partecipare il direttore dell’istituto penitenziario in cui il condannato è detenuto.2-bis.Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1-ter, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni dal questore. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni. 3.  Quando il comitato ritiene che sussistano particolari esigenze di sicurezza ovvero che i collegamenti potrebbero essere mantenuti con organizzazioni operanti in ambiti non locali o extranazionali, ne dà comunicazione al giudice e il termine di cui al comma 2 è prorogato di ulteriori trenta giorni al fine di acquisire elementi ed informazioni da parte dei competenti organi centrali.3-bis.  L’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, non possono essere concessi ai detenuti ed internati per delitti dolosi quando il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo o il Procuratore distrettuale comunica, d’iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione o internamento, l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata. In tal caso si prescinde dalle procedure previste dai commi 2 e 3.

[7] Legge 26 luglio 1975, nr.354. Art. 47-ter  Detenzione domiciliare: 1. La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell’arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza ovvero, nell’ipotesi di cui alla lettera a), in case famiglia protette, quando trattasi di: a)  donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente; b)  padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole; c)  persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali; d)   persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente; e)  persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia. […].

[8] DPR nr.309/90. Art. 90 Sospensione dell’esecuzione della pena detentiva: 1. Nei confronti di persona che debba espiare una pena detentiva inflitta per reati commessi in relazione al proprio stato di tossicodipendente, il tribunale di sorveglianza può sospendere l’esecuzione della pena detentiva per cinque anni qualora, all’esito dell’acquisizione della relazione finale di cui all’articolo 123, accerti che la persona si è sottoposta con esito positivo ad un programma terapeutico e socio-riabilitativo eseguito presso una struttura sanitaria pubblica od una struttura privata autorizzata ai sensi dell’articolo 116. Il tribunale di sorveglianza, qualora l’interessato si trovi in disagiate condizioni economiche, può altresì sospendere anche l’esecuzione della pena pecuniaria che non sia stata già riscossa. La sospensione può essere concessa solo quando deve essere espiata una pena detentiva, anche residua e congiunta a pena pecuniaria, non superiore a sei anni od a quattro anni se relativa a titolo esecutivo comprendente reato di cui all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. 2.  La sospensione della esecuzione non può essere concessa e la relativa domanda è inammissibile se nel periodo compreso tra l’inizio del programma e la pronuncia della sospensione il condannato abbia commesso altro delitto non colposo punibile con la reclusione. 3.  La sospensione dell’esecuzione della pena rende inapplicabili le misure di sicurezza nonché le pene accessorie e gli altri effetti penali della condanna, tranne che si tratti della confisca. La sospensione non si estende alle obbligazioni civili derivanti dal reato. 4.  La sospensione della esecuzione della pena non può essere concessa più di una volta.4-bis.  Si applica, per quanto non diversamente stabilito ed ove compatibile, la disciplina prevista dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.

[9] DPR nr.309/90. Art.94 Affidamento in prova in casi particolari: 1. Se la pena detentiva deve essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, l’interessato può chiedere in ogni momento di essere affidato in prova al servizio sociale per proseguire o intraprendere l’attività terapeutica sulla base di un programma da lui concordato con un’azienda unità sanitaria locale o con una struttura privata autorizzata ai sensi dell’articolo 116. L’affidamento in prova in casi particolari può essere concesso solo quando deve essere espiata una pena detentiva, anche residua e congiunta a pena pecuniaria, non superiore a sei anni od a quattro anni se relativa a titolo esecutivo comprendente reato di cui all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Alla domanda è allegata, a pena di inammissibilità, certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata accreditata per l’attività di diagnosi prevista dal comma 2, lettera d), dell’articolo 116 attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, la procedura con la quale è stato accertato l’uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche, l’andamento del programma concordato eventualmente in corso e la sua idoneità, ai fini del recupero del condannato. Affinché il trattamento sia eseguito a carico del Servizio sanitario nazionale, la struttura interessata deve essere in possesso dell’accreditamento istituzionale di cui all’articolo 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, ed aver stipulato gli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies del citato decreto legislativo. 2. Se l’ordine di carcerazione è stato eseguito, la domanda è presentata al magistrato di sorveglianza il quale, se l’istanza è ammissibile, se sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda ed al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, qualora non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza del pericolo di fuga, può disporre l’applicazione provvisoria della misura alternativa. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al comma 4. Sino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il magistrato di sorveglianza è competente all’adozione degli ulteriori provvedimenti di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. 3.  Ai fini della decisione, il tribunale di sorveglianza può anche acquisire copia degli atti del procedimento e disporre gli opportuni accertamenti in ordine al programma terapeutico concordato; deve altresì accertare che lo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza o l’esecuzione del programma di recupero non siano preordinati al conseguimento del beneficio. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 92, commi 1 e 3. 4. Il tribunale accoglie l’istanza se ritiene che il programma di recupero, anche attraverso le altre prescrizioni di cui all’articolo 47, comma 5, della legge 26 luglio 1975, n. 354, contribuisce al recupero del condannato ed assicura la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati. Se il tribunale di sorveglianza dispone l’affidamento, tra le prescrizioni impartite devono essere comprese quelle che determinano le modalità di esecuzione del programma. Sono altresì stabilite le prescrizioni e le forme di controllo per accertare che il tossicodipendente o l’alcooldipendente inizi immediatamente o prosegua il programma di recupero. L’esecuzione della pena si considera iniziata dalla data del verbale di affidamento, tuttavia qualora il programma terapeutico al momento della decisione risulti già positivamente in corso, il tribunale, tenuto conto della durata delle limitazioni alle quali l’interessato si è spontaneamente sottoposto e del suo comportamento, può determinare una diversa, più favorevole data di decorrenza dell’esecuzione. [5.  L’affidamento in prova al servizio sociale non può essere disposto, ai sensi del presente articolo, più di due volte.] 6.  Si applica, per quanto non diversamente stabilito, la disciplina prevista dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificata dalla legge 10 giugno 1986, n. 663. 6-bis.Qualora nel corso dell’affidamento disposto ai sensi del presente articolo l’interessato abbia positivamente terminato la parte terapeutica del programma, il magistrato di sorveglianza, previa rideterminazione delle prescrizioni, può disporne la prosecuzione ai fini del reinserimento sociale anche qualora la pena residua superi quella prevista per l’affidamento ordinario di cui all’articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354. 6-ter. Il responsabile della struttura presso cui si svolge il programma terapeutico di recupero e socio-riabilitativo è tenuto a segnalare all’autorità giudiziaria le violazioni commesse dalla persona sottoposta al programma. Qualora tali violazioni integrino un reato, in caso di omissione, l’autorità giudiziaria ne dà comunicazione alle autorità competenti per la sospensione o revoca dell’autorizzazione di cui all’articolo 116 e dell’accreditamento di cui all’articolo 117, ferma restando l’adozione di misure idonee a tutelare i soggetti in trattamento presso la struttura.

[10] Legge 26 luglio 1975, nr.354. Art.47 Affidamento in prova al servizio sociale: 1. Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il condannato può essere affidato al servizio sociale fuori dell’istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare. 2.  Il provvedimento è adottato sulla base dei risultati della osservazione della personalità, condotta collegialmente per almeno un mese in istituto, se il soggetto è recluso, e mediante l’intervento dell’ufficio di esecuzione penale esterna, se l’istanza è proposta da soggetto in libertà, nei casi in cui si può ritenere che il provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni di cui al comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.3.  L’affidamento in prova al servizio sociale può essere disposto senza procedere all’osservazione in istituto quando il condannato, dopo la commissione del reato, ha serbato comportamento tale da consentire il giudizio di cui al comma 2. 3-bis. L’affidamento in prova può, altresì, essere concesso al condannato che deve espiare una pena, anche residua, non superiore a quattro anni di detenzione, quando abbia serbato, quantomeno nell’anno precedente alla presentazione della richiesta, trascorso in espiazione di pena, in esecuzione di una misura cautelare ovvero in libertà, un comportamento tale da consentire il giudizio di cui al comma 2. 

  1. L’istanza di affidamento in prova al servizio sociale è proposta, dopo che ha avuto inizio l’esecuzione della pena, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo dell’esecuzione. Quando sussiste un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, l’istanza può essere proposta al magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo di detenzione. Il magistrato di sorveglianza, quando sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’ammissione all’affidamento in prova e al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione e non vi sia pericolo di fuga, dispone la liberazione del condannato e l’applicazione provvisoria dell’affidamento in prova con ordinanza. L’ordinanza conserva efficacia fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, cui il magistrato trasmette immediatamente gli atti, che decide entro sessanta giorni. 5. All’atto dell’affidamento è redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto dovrà seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla libertà di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali ed al lavoro.6. Con lo stesso provvedimento può essere disposto che durante tutto o parte del periodo di affidamento in prova il condannato non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un comune determinato; in particolare sono stabilite prescrizioni che impediscano al soggetto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati. 7. Nel verbale deve anche stabilirsi che l’affidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza familiare. 8. Nel corso dell’affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza. Le deroghe temporanee alle prescrizioni sono autorizzate, nei casi di urgenza, dal direttore dell’ufficio di esecuzione penale esterna, che ne dà immediata comunicazione al magistrato di sorveglianza e ne riferisce nella relazione di cui al comma 10. 9. Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita.10. Il servizio sociale riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza sul comportamento del soggetto. 11. L’affidamento è revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova. 12.  L’esito positivo del periodo di prova estingue la pena detentiva ed ogni altro effetto penale, ad eccezione delle pene accessorie perpetue. Il tribunale di sorveglianza, qualora l’interessato si trovi in disagiate condizioni economiche, può dichiarare estinta anche la pena pecuniaria che non sia stata già riscossa. 12-bis. All’affidato in prova al servizio sociale che abbia dato prova nel periodo di affidamento di un suo concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della sua personalità, può essere concessa la detrazione di pena di cui all’articolo 54. Si applicano gli articoli 69, comma 8, e 69-bis nonché l’articolo 54, comma 3.

[11] Legge 26 luglio 1975, nr.354. Art.47-ter Detenzione domiciliare: 01.  La pena della reclusione per qualunque reato, ad eccezione di quelli previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, e dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, dall’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e dall’articolo 4-bis della presente legge, può essere espiata nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza, quando trattasi di persona che, al momento dell’inizio dell’esecuzione della pena, o dopo l’inizio della stessa, abbia compiuto i settanta anni di età purché non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza né sia stato mai condannato con l’aggravante di cui all’articolo 99 del codice penale. 1.  La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell’arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza ovvero, nell’ipotesi di cui alla lettera a), in case famiglia protette, quando trattasi di: a)  donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente; b)  padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole; c)  persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali; d)   persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente; e)  persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia. [1.1.  Al condannato, al quale sia stata applicata la recidiva prevista dall’ articolo 99, quarto comma, del codice penale, può essere concessa la detenzione domiciliare se la pena detentiva inflitta, anche se costituente parte residua di maggior pena, non supera tre anni.] 1-bis.  La detenzione domiciliare può essere applicata per l’espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni di cui al comma 1 quando non ricorrono i presupposti per l’affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati. La presente disposizione non si applica ai condannati per i reati di cui all’articolo 4-bis. 1-ter. Quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite di cui al comma 1, può disporre la applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, termine che può essere prorogato. L’esecuzione della pena prosegue durante la esecuzione della detenzione domiciliare. 1-quater. L’istanza di applicazione della detenzione domiciliare è rivolta, dopo che ha avuto inizio l’esecuzione della pena, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo di esecuzione. Nei casi in cui vi sia un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, l’istanza di detenzione domiciliare di cui ai precedenti commi 01, 1, 1-bis e 1-ter è rivolta al magistrato di sorveglianza che può disporre l’applicazione provvisoria della misura. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 47, comma 4. 1-quinquies.   Nei confronti dei detenuti per uno dei delitti previsti dall’articolo 51, comma 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale o sottoposti al regime previsto dall’articolo 41-bis, il tribunale o il magistrato di sorveglianza, prima di provvedere in ordine al rinvio dell’esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 o 147 del codice penale con applicazione della detenzione domiciliare, ai sensi del comma 1-ter, o alla sua proroga, chiede il parere del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove è stata pronunciata la sentenza di condanna e, nel caso di detenuti sottoposti al regime previsto dall’articolo 41-bis, anche quello del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo in ordine all’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto. I pareri sono resi al magistrato di sorveglianza e al tribunale di sorveglianza nel termine, rispettivamente, di due giorni e di quindici giorni dalla richiesta. Salvo che ricorrano esigenze di motivata eccezionale urgenza, il tribunale o il magistrato di sorveglianza non possono provvedere prima del decorso dei predetti termini. [2.  La detenzione domiciliare non può essere concessa quando è accertata l’attualità di collegamenti del condannato con la criminalità organizzata o di una scelta di criminalità.] [3. Se la condanna di cui al comma 1 deve essere eseguita nei confronti di persona che trovasi in stato di libertà o ha trascorso la custodia cautelare, o la parte terminale di essa, in regime di arresti domiciliari, si applica la procedura di cui al comma 4 dell’articolo 47.] 4. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare, ne fissa le modalità secondo quanto stabilito dal secondo comma dell’articolo 284 del codice di procedura penale. Determina e impartisce altresì le disposizioni per gli interventi del servizio sociale. Tali prescrizioni e disposizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la detenzione domiciliare. [4-bis.  Nel disporre la detenzione domiciliare il tribunale di sorveglianza, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte delle autorità preposte al controllo, può prevedere modalità di verifica per l’osservanza delle prescrizioni imposte anche mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 275-bis del codice di procedura penale.] 5. Il condannato nei confronti del quale è disposta la detenzione domiciliare non è sottoposto al regime penitenziario previsto dalla presente legge e dal relativo regolamento di esecuzione. Nessun onere grava sull’amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l’assistenza medica del condannato che trovasi in detenzione domiciliare. 6.  La detenzione domiciliare è revocata se il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione delle misure. 7. Deve essere inoltre revocata quando vengono a cessare le condizioni previste nei commi 1, 1-bis e 1-ter.

  1. Il condannato che, essendo in stato di detenzione nella propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati nel comma 1, se ne allontana, è punito ai sensi dell’art. 385 del codice penale. Si applica la disposizione dell’ultimo comma dello stesso articolo. 9. La condanna per il delitto di cui al comma 8, salvo che il fatto non sia di lieve entità, importa la revoca del beneficio. 9-bis. Se la misura di cui al comma 1-bis è revocata ai sensi dei commi precedenti la pena residua non può essere sostituita con altra misura.

[12] Legge 26 luglio 1975, nr.354. Art. 50 Ammissione alla semilibertà: 1. Possono essere espiate in regime di semilibertà la pena dell’arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in prova al servizio sociale. […].

[13] Vedi nota nr.9.

[14] Vedi nota nr.8.

[15] C.p.p. Art. 666. Procedimento di esecuzione: […] 3. Salvo quanto previsto dal comma 2, il giudice o il presidente del collegio, designato il difensore di ufficio all’interessato che ne sia privo, fissa la data dell’udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso alle parti e ai difensori. L’avviso è comunicato o notificato almeno dieci giorni prima della data predetta. Fino a cinque giorni prima dell’udienza possono essere depositate memorie in cancelleria. […].

[16] C.p.p. Art. 666. Procedimento di esecuzione: […] 5. Il giudice può chiedere alle autorità competenti tutti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno; se occorre assumere prove, procede in udienza nel rispetto del contraddittorio. […].

[17] Vedi nota nr.9

[18] Vedi nota nr.6.

[19] C.p. Art. 423-bis. Incendio boschivo: Chiunque, al di fuori dei casi di uso legittimo delle tecniche di controfuoco e di fuoco prescritto, cagioni un incendio su boschi, selve o foreste ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. Se l’incendio di cui al primo comma è cagionato per colpa, la pena è della reclusione da uno a cinque anni. Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se dall’incendio deriva pericolo per edifici o danno su aree o specie animali o vegetali protette o su animali domestici o di allevamento. Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate della metà, se dall’incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all’ambiente. Le pene previste dal presente articolo sono diminuite dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvede concretamente alla messa in sicurezza e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi. Le pene previste dal presente articolo sono diminuite da un terzo alla metà nei confronti di colui che aiuta concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto, nell’individuazione degli autori o nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti.

[20] C.p. Art.562. Pena accessoria e sanzione civile: […] 2. Con la sentenza di condanna per adulterio o per concubinato il giudice può, sull’istanza del coniuge offeso, ordinare i provvedimenti temporanei di indole civile, che ritenga urgenti nell’interesse del coniuge offeso e della prole […].

[21] C.p. art.612-bis. Atti persecutori: […] 3. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata. […].

[22] C.p. Art.624-bis. Furto in abitazione e furto con strappo: Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da quattro a sette anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500. Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, strappandola di mano o di dosso alla persona. La pena è della reclusione da cinque a dieci anni e della multa da euro 1.000 a euro 2.500 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell’articolo 625 ovvero se ricorre una o più delle circostanze indicate all’articolo 61. Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 625-bis, concorrenti con una o più delle circostanze aggravanti di cui all’articolo 625, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette circostanze aggravanti.

[23] Dpr nr.309/90 Art.23 Provvedimenti restrittivi nei confronti dei tossicodipendenti o alcooldipendenti che abbiano in corso programmi terapeutici: 1. Qualora ricorrano i presupposti per la custodia cautelare in carcere il giudice, ove non sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, dispone gli arresti domiciliari quando imputata è una persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero presso i servizi pubblici per l’assistenza ai tossicodipendenti, ovvero nell’ambito di una struttura privata autorizzata ai sensi dell’articolo 116, e l’interruzione del programma può pregiudicare il recupero dell’imputato. Quando si procede per i delitti di cui agli articoli 628, terzo comma, o 629, secondo comma, del codice penale e comunque nel caso sussistano particolari esigenze cautelari, il provvedimento è subordinato alla prosecuzione del programma terapeutico in una struttura residenziale. Con lo stesso provvedimento, o con altro successivo, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il tossicodipendente o l’alcooldipendente prosegua il programma di recupero ed indica gli orari ed i giorni nei quali lo stesso può assentarsi per l’attuazione del programma. 2. Se una persona tossicodipendente o alcooldipendente, che è in custodia cautelare in carcere, intende sottoporsi ad un programma di recupero presso i servizi pubblici per l’assistenza ai tossicodipendenti, ovvero una struttura privata autorizzata ai sensi dell’articolo 116, la misura cautelare è sostituita con quella degli arresti domiciliari ove non ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. La sostituzione è concessa su istanza dell’interessato; all’istanza è allegata certificazione, rilasciata da un servizio pubblico per le tossicodipendenze o da una struttura privata accreditata per l’attività di diagnosi prevista dal comma 2, lettera d), dell’articolo 116, attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, la procedura con la quale è stato accertato l’uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche, nonché la dichiarazione di disponibilità all’accoglimento rilasciata dalla struttura. Il servizio pubblico è comunque tenuto ad accogliere la richiesta dell’interessato di sottoporsi a programma terapeutico. L’autorità giudiziaria, quando si procede per i delitti di cui agli articoli 628, terzo comma, o 629, secondo comma, del codice penale e comunque nel caso sussistano particolari esigenze cautelari, subordina l’accoglimento dell’istanza all’individuazione di una struttura residenziale. 3.  Il giudice dispone la custodia cautelare in carcere o ne dispone il ripristino quando accerta che la persona ha interrotto l’esecuzione del programma, ovvero mantiene un comportamento incompatibile con la corretta esecuzione o quando accerta che la persona non ha collaborato alla definizione del programma o ne ha rifiutato l’esecuzione. 4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano quando si procede per uno dei delitti previsti dall’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, ad eccezione di quelli di cui agli articoli 628, terzo comma, e 629, secondo comma, del codice penale purché non siano ravvisabili elementi di collegamento con la criminalità organizzata od eversiva. 5.  Nei confronti delle persone di cui ai commi 1 e 2 si applicano le disposizioni previste dall’articolo 96, comma 6. 5-bis.  Il responsabile della struttura presso cui si svolge il programma terapeutico di recupero e socio-riabilitativo è tenuto a segnalare all’autorità giudiziaria le violazioni commesse dalla persona sottoposta al programma. Qualora tali violazioni integrino un reato, in caso di omissione, l’autorità giudiziaria ne dà comunicazione alle autorità competenti per la sospensione o revoca dell’autorizzazione di cui all’articolo 116 e dell’accreditamento di cui all’articolo 117, ferma restando l’adozione di misure idonee a tutelare i soggetti in trattamento presso la struttura.

[24] Agli adempimenti previsti dall’art.47-ter della legge 26 luglio 1975 n.354 e succ. modd. provvede in goni caso il magistrato di sorveglianza.

Prof. Sergio Ricchitelli

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