Indice
(Riferimento normativo: Cod. pen., artt. 629, 640)
1. La questione
La Corte di Appello di Roma confermava una sentenza emessa dal Tribunale di Velletri che, a sua volta, aveva dichiarato l’accusato colpevole del reato di estorsione e l’aveva condannato alla pena di giustizia, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile.
Avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato che, tra i motivi ivi addotti, prospettata la violazione dell’art. 629 codice penale e il vizio di motivazione in relazione alla inesistenza della minaccia nei confronti della persona offesa.
Potrebbero interessarti anche
- Truffa ed estorsione: differenza quando c’è la minaccia
- In tema di estorsione contrattuale, l’elemento dell’ingiusto profitto con altrui danno può essere desunto implicitamente
- Cosa distingue il reato di truffa aggravata dall’essere stato ingenerato nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario da quello di estorsione
2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato infondato sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo cui il criterio distintivo tra il reato di truffa e quello di estorsione, quando il fatto è connotato dalla minaccia di un male, va ravvisato essenzialmente nel diverso modo di atteggiarsi della condotta lesiva e della sua incidenza nella sfera soggettiva della vittima: ricorre la prima ipotesi delittuosa se il male viene ventilato come possibile ed eventuale e comunque non proveniente direttamente o indirettamente da chi lo prospetta, in modo che la persona offesa non è coartata, ma si determina alla prestazione, costituente l’ingiusto profitto dell’agente, perché tratta in errore dalla esposizione di un pericolo inesistente mentre si configura, invece, l’estorsione se il male viene indicato come certo e realizzabile ad opera del reo o di altri poiché in tal caso la persona offesa è posta nella ineluttabile alternativa di far conseguire all’agente il preteso profitto o di subire il male minacciato (Sez. 2, Sentenza n. 46034 del 21/10/2015).
Orbene, declinando tale criterio ermeneutico rispetto al caso di specie, ad avviso della Suprema Corte, la Corte territoriale aveva fatto una corretta applicazione di questo criterio, affermando come le continue implicite minacce rivolte dall’imputato alla vittima fossero idonee a incutere timore e a coartare la volontà di quest’ultimo.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito cosa distingue il reato di truffa da quello di estorsione quando il fatto è connotato dalla minaccia di un male.
Si afferma difatti in tale pronuncia, lungo il solco di un pregresso orientamento interpretativo elaborato dalla Cassazione in subiecta materia, che il criterio distintivo tra il reato di truffa e quello di estorsione, quando il fatto è connotato dalla minaccia di un male, va ravvisato essenzialmente nel diverso modo di atteggiarsi della condotta lesiva e della sua incidenza nella sfera soggettiva della vittima: ricorre la prima ipotesi delittuosa se il male viene ventilato come possibile ed eventuale e comunque non proveniente direttamente o indirettamente da chi lo prospetta, in modo che la persona offesa non è coartata, ma si determina alla prestazione, costituente l’ingiusto profitto dell’agente, perché tratta in errore dalla esposizione di un pericolo inesistente mentre si configura, invece, l’estorsione se il male viene indicato come certo e realizzabile ad opera del reo o di altri poiché in tal caso la persona offesa è posta nella ineluttabile alternativa di far conseguire all’agente il preteso profitto o di subire il male minacciato.
Tale pronuncia, quindi, può essere presa nella dovuta considerazione al fine di verificare quale, tra questi illeciti penali, sia effettivamente configurabile allorché il fatto sia connotato dalla minaccia di un male.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.
Volume consigliato
Compendio di Diritto Penale – Parte speciale
Il testo è aggiornato a: D.Lgs. 75/2020 (lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione); D.L. 76/2020 (c.d. decreto semplificazioni); L. 113/2020 (Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni) e D.L. 130/2020 (c.d. decreto immigrazione). Fabio PiccioniAvvocato del Foro di Firenze, patrocinante in Cassazione; LL.B., presso University College of London; docente di diritto penale alla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali; coordinatore e docente di master universitari; autore di pubblicazioni e monografie in materia di diritto penale e amministrativo sanzionatorio; giornalista pubblicista.
Fabio Piccioni | 2021 Maggioli Editore
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento