L’eurodiritto investigativo: strumenti d’indagine in Unione Europea

L’eurodiritto investigativo. Lo stato dell’arte sugli strumenti di indagine esperibili dai Paesi membri dell’Unione Europea.

    Indice

  1. Contesto normativo 
  2. Estradizione e rogatorie europee: MAE ed OEI
  3. Considerazioni conclusive

1. Contesto normativo 

Non vi è alcun dubbio che il tema dei rapporti giurisdizionali con autorità straniere, così come disciplinato dal contesto normativo offerto dal libro XI° del Codice di procedura penale italiano vigente, non si riveli più idoneo a rappresentare in termini completi ed esaustivi il sistema delle relazioni penali in materia giuridica, nell’ambito dell’intero sistema ordinamentale transnazionale.

Gli arrt.696 e seguenti del Codice di procedura penale, così come novellati dal decreto legislativo 3 ottobre 2017 nr.149 mostrano, difatti, appieno la loro residualità[1].

Come noto l’articolazione morfologica del libro XI in discorso, vede dopo le disposizioni generali del titolo I°, un titolo I°-bis dedicato ai principi generali del mutuo riconoscimento delle decisioni e dei provvedimenti giudiziari tra Stati membri dell’Unione europea. Il prosieguo del libro è strutturato secondo una scansione tradizionale: il titolo II° è dedicato all’estradizione – descrivendo al proprio interno l’estradizione per l’estero dall’estradizione dall’estero – così come disciplinato dagli artt.697 e seguenti c.p.p.; in termini omologhi si sviluppa il titolo III° dedicato alle rogatorie internazionali, anche se distinte in passive ed attive, a seconda della provenienza dall’estero o svolgentesi alla volta dell’estero. Il titolo IV del sistema in rassegna contempla gli effetti delle sentenze penali straniere e l’esecuzione all’estero di sentenze penali italiane.

A tale impianto normativo, come noto, il decreto legislativo nr.149/2017 cit. ha aggiunto un titolo IV-bis che chiude il Codice di procedura penale italiano. Esso, composto di soli tre articoli, – 746-bis, 746-ter e 746-quater – è intestato al trasferimento dei procedimenti penali[2].

Principio generale in materia di rapporti giurisdizionali con l’estero è quello scolpito nelle disposizioni generali di cui al citato titolo primo: il principio della prevalenza del diritto dell’Unione europea, delle convenzioni e del diritto internazionale generale.

Nei rapporti con gli Stati membri dell’Unione europea le estradizioni, le domande di assistenza giudiziaria internazionali, gli effetti delle sentenze penali straniere, l’esecuzione all’estero delle sentenze penali italiane e gli altri rapporti con le autorità straniere, relativi all’amministrazione della giustizia in materia penale, sono disciplinati dalle norme del  Trattato dell’Unione europea e del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea, nonché dagli atti normativi adottati in attuazione dei medesimi. Se tali norme mancano o non dispongono diversamente, si applicano le norme delle convenzioni internazionali in vigore per lo Stato e le norme di diritto internazionale generale[3].

Da tali criteri direttivi e precettivi si evince agevolmente la prevalenza del diritto U.E. ed a seguire del diritto convenzionale e, poi consuetudinario.

Allorquando i rapporti sono con Stati diversi da quelli membri U.E., le estradizioni, le domande di assistenza giudiziarie internazionali, gli effetti delle sentenze penali straniere, l’esecuzione all’estero delle sentenze penali italiane e gli altri rapporti con la autorità straniere relativi all’amministrazione della giustizia in materia penale, sono disciplinati dalle norme delle convenzioni internazionali in vigore per lo Stato e dalle norme di diritto internazionale generali.

Ordunque è pacifica acquisizione che nei rapporti giurisdizionali transnazionali la prevalenza del diritto dell’U.E. prevale in assoluto; solo ed esclusivamente allorquando si tratti di relazioni transnazionali in materia penale afferenti Stati diversi da quelli membri U.E., si riscontrerà l’operatività delle convenzioni e del diritto internazionale generale.

Il secondo capoverso dell’art.696 c.p.p. recepisce e codifica il criterio di residualità: solo ed allorquando la normativa U.E., quella convenzionale e quella del diritto internazionale generale manca, ovvero non disponga diversamente, si applicheranno le norme del libro XI° del Codice di procedura penale italiano.

Un libro dunque intriso dal concetto di residualità normativa. Intanto si applicheranno le disposizioni del libro in parola in quanto non vi siano disposizioni del diritto dell’U.E., delle convenzioni e del diritto internazionale generale.

Innanzi a tale stato situazionale non poteva ovviamente mancare la cosiddetta clausola di reciprocità. Il ministro della giustizia, infatti, può in ogni caso non dare corso alle domande di cooperazione giudiziaria, quando lo Stato richiedente non dia idonee garanzie di reciprocità[4].

Innanzi a tale stato di cose si rivela interessante, per tracciare uno stato dell’arte all’attualità, con precipuo riferimento alla materia investigativa, operare una formalizzazione linguistica del sistema delle indagini preliminari così come contemplate nell’attualità normativa nazionale ed europea.

Può ben dirsi allo stato della legislazione vigente che: istituti quali il mandato di arresto europeo (in acronimo MAE) sta all’estradizione, così come l’ordine di europeo di indagine (in acronimo OEI) sta alle rogatorie internazionali.

In buona sostanza a mente della disciplina normativa introdotta nell’autunno del 2017 e stratificatasi nell’ultimo lustro, non vi è dubbio che relativamente ai rapporti unionali il MAE ha preso il posto dell’estradizione, mentre l’OEI ha preso il posto delle rogatorie. Orbene in virtù del principio di priorità unionale scolpito nel novellato articolo 696 c.p.p., in ordine alle relazioni transnazionali-intraunionali bisogna necessariamente far capo alle disposizioni normative di recezione dei trattati dell’Unione, in ordine ai temi estradizionali ed investigativi che connotano l’intera fase delle indagini preliminari.


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2. Estradizione e rogatorie europee: MAE ed OEI

La legge 22 aprile 2005, nr.69 – pubblicata sulla gazzetta ufficiale nr.98 del 29 aprile 2005 – reca disposizioni per conformare il diritto interno alla Decisione Quadro 2002/584/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002 relativa al mandato di arresto europeo e alle procedure di consegna fra Stati membri. Tale provvedimento legislativo è il procedimento estradizionale valevole per tutti i Paesi membri dell’Unione e in questi termini lo disciplina.

Il provvedimento legislativo nr.69/2005 attua, nell’ordinamento interno, le disposizioni della Decisione Quadro su citata relativa al MAE e alle indicate procedure di consegna nei limiti in cui tali disposizioni non sono incompatibili con i principi supremi dell’ordinamento costituzionale in tema di diritti fondamentali, nonché in tema di diritti di libertà e del giusto processo.

Il MAE, volendolo definire, è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro dell’Unione – denominato Stato membro di emissione – in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro – Stato membro di esecuzione – di una persona, al fine dell’esercizio di azioni giudiziarie in materia penale o dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale.

Disposizioni di principio della legge sul MAE è quella in virtù della quale l’Italia darà esecuzione al medesimo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge nr.69/2005 sempre che il provvedimento cautelare, in base al quale il mandato è stato emesso, sia stato sottoscritto da un giudice, sia motivato ovvero che la sentenza da eseguire sia irrevocabile.

Il sistema normativo chiarisce, con compiutezza, che le disposizioni della legge nr.69 cit. costituiscono un’attuazione dell’azione comune in materia di cooperazione giudiziaria penale ai sensi e per gli effetti del Trattato sull’Unione europea del 7 febbraio 1992, reso esecutivo in Italia con legge 3 novembre 1992 nr.454[5].

Il sistema del MAE, chiuse le disposizioni di principio prosegue, artt.5 e seguenti, con la normativa di recepimento interno operando un netto distinguo tra la procedura passiva di consegna e la procedura attiva di consegna – rispettivamente: artt.5 e 27; artt.28 e 33 – gli artt.34 e seguenti sono dedicati alle misure reali, infatti con il MAE emesso ai sensi delle disposizioni della legge nr.69/2005 il procuratore generale presso la corte di appello richiede all’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione la consegna dei beni oggetto del provvedimento di sequestro o di confisca eventualmente emesso dal giudice competente; nel contempo trasmette copia dei provvedimenti di sequestro.

Su richiesta dell’autorità giudiziaria che ha emesso il MAE, o anche di ufficio, la corte di appello può disporre il sequestro dei beni necessari ai fini della prova ovvero suscettibili di confisca, in quanto costituenti il prodotto, il profitto o il prezzo del reato nella disponibilità del ricercato ed in presenza di alcuni precisi limiti.

La richiesta di sequestro e consegna di beni deve contenere la precisazione che la consegna necessita ai soli fini probatori ovvero ai fini della confisca. Ove tale precisazione non risulta contenuta nella richiesta il presidente della Corte di appello invita l’autorità giudiziaria richiedente a trasmetterla. La Corte di appello provvede con decreto motivato sentito il procuratore generale.

La consegna delle cose sequestrate all’autorità giudiziaria richiedente ha luogo secondo le modalità e le intese con la stessa intervenute tramite il ministro della giustizia.

Allorquando la consegna è richiesta a fini probatori la corte dispone che la stessa resta subordinata alla condizione che i beni siano restituiti, una volta soddisfatte le esigenze processuali. I beni sequestrati sono consegnati anche allorché il MAE non può essere eseguito in ragione di decesso o fuga del ricercato. Laddove la consegna richiesta a fini di confisca la corte dispone il sequestro in salvaguardia juris e le esigenze dell’autorità giudiziaria italiana. In ogni caso concedendo il sequestro dispone che la consegna resti subordinata alla condizione che nel prosieguo non risultino diritti acquisiti.

Nell’ambito del provvedimento legislativo nr.69 cit. vi è spazio anche per una disposizione dedicata alle spese, difatti dall’attuazione della disciplina normativa in commento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Sono a carico dello Stato italiano le spese sostenute nel territorio nazionale per l’esecuzione di un MAE o delle misure reali adottate. Tutte le altre spese sono a carico dello Stato membro la cui autorità giudiziaria ha emesso il MAE o richiesto la misura reale.

Nell’ambito delle disposizioni finali e transitorie contenute nel titolo III° della legge nr.69 vi sono almeno due aspetti da porre in evidenza. Il primo: la legge nr.69 non pregiudica gli obblighi internazionali dello Stato italiano qualora la persona ricercata sia stata estradata da uno Stato terzo e sia tutelata dalle norme relative al principio di specialità, contenute nell’accordo in base al quale ha avuto luogo l’estradizione. In tal caso sarà il guardasigilli a richiedere tempestivamente l’assenso allo Stato dal quale la persona ricercata è stata estradata, ai fini della consegna allo Stato membro. Secondo aspetto da porre in evidenza, in ordine all’applicabilità concreta delle disposizioni in parola, è quello in virtù del quale per quanto non previsto dalla legge nr.69 si applicano le disposizioni del Codice di procedura penale e delle leggi complementari in quanto compatibili.

Una chiara applicazione del principio di residualità a cui abbiamo fatto riferimento in avvio di discorso[6].

L’equazione che abbiamo formalizzato nell’incipit del nostro ragionamento contempla l’omogeneità tra l’estradizione attiva e/o passiva prevista nel sistema processuale italiano vigente, con il MAE introdotto nel 2005 nell’ambito del nostro ordinamento giuridico. Speculare assetto formativo rinveniamo nella relazione equivalente tra ordine europeo di indagine – OEI – e assistenza giudiziaria penale nella forma rogatoriale.

Il decreto legislativo 21 giugno 2017, nr.108 – pubblicato sulla gazzetta ufficiale nr.172 del 13 luglio 2017 – reca norme di attuazione della direttiva nr.104/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 relativa all’ordine europeo di indagine penale (OEI).

Il decreto attua nell’ordinamento interno la direttiva del 2014 su indicata relativa all’OEI in parola nel rispetto dei principi dell’ordinamento costituzionale e della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E. in tema di diritti fondamentali, nonché in tema di diritto di libertà e di giusto processo. Chiare le definizioni offerte dal decreto legislativo nr.108 cit. in materia.

Per ordine di indagine si intende il provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria o dall’autorità amministrativa e convalidato dall’autorità giudiziaria di uno stato membro dell’U.E. per compiere atti di indagine o di assunzione probatoria che hanno ad oggetto persone o cose, che si trovano nel territorio dello Stato o di un altro Stato membro unionale, ovvero per acquisire informazioni o prove che sono già disponibili.

Viene quindi operata una duplice dicotomia definitoria.

L’autorità di emissione è l’autorità competente di uno Stato membro U.E. che emette l’ordine di indagine con il quale dispone l’acquisizione di elementi di prova in un procedimento penale o convalida una richiesta di acquisizione probatoria proveniente da un’autorità amministrativa. L’autorità di esecuzione è l’autorità competente di uno Stato membro dell’Unione che riceve, riconosce e dà esecuzione ad un OEI emesso dall’autorità giudiziaria italiana.

Lo Stato di appartenenze dell’autorità di emissione è definito Stato emittente; lo Stato di appartenenze dell’autorità di esecuzione è lo stato eseguente. Per il sistema di ricezione normativa italiana l’autorità centrale è il ministero della Giustizia.

Nel compimento delle attività relative all’emissione, alla trasmissione, al riconoscimento ed all’esecuzione dell’OEI i dati personali sono trattati secondo le disposizioni legislative regolatrici il trattamento dei dati giudiziari ed in conformità agli atti normativi dell’Unione europea ed alle convenzioni del Consiglio d’Europa[7].

Il sistema dell’OEI, come abbiamo esplicitato in termini formalizzati in precedenza è strutturato in forme rogatoriali: gli artt. 4-26 si occupano della richiesta dall’estero liddove gli artt.27 e seguenti si occupano della cosiddetta procedura attiva.

In ordine alla richiesta dall’estero le attribuzioni del P.M. sono individuate in capo al procuratore distrettuale nell’ambito del territorio dove devono essere compiuti gli atti richiesti. Questi provvede con decreto motivato al riconoscimento dell’OEI entro e non oltre 30 giorni dalla sua ricezione, ovvero entro il diverso termine indicato dall’autorità di emissione e comunque non oltre sessanta giorni. Copia dell’OEI ricevuto è trasmesso al guardasigilli.

All’esecuzione si provvede entro i successivi 90 giorni osservando le forme espressamente richieste dall’autorità di emissione, che non siano contrarie ai principi dell’ordinamento giuridico dello Stato.

Quando l’autorità di emissione chiede che l’atto sia compiuto dal giudice, ovvero quando l’atto richiesto deve essere compiuto secondo la legge italiana dal giudice, il procuratore della Repubblica riconosce l’esecuzione e fa richiesta per l’esecuzione al G.I.P. Il giudice, ricevuta la richiesta, autorizza l’esecuzione, previo accertamento delle condizioni per il riconoscimento dell’OEI.

L’ordine di indagine non è proporzionato – cosiddetto principio di proporzione ex art.7 decreto legislativo nr.108/2017 – se dalla sua esecuzione può derivare un sacrificio ai diritti e alle libertà dell’imputato, ovvero alla persona sottoposta alle indagini o di altre persone coinvolte dal compimento degli atti richiesti, non giustificato dalle esigenze investigative o probatorie del caso concreto, tenuto conto della gravità dei reati per i quali si procede, e della pena per essi prevista.

È prevista la partecipazione all’esecuzione dell’autorità di emissione, la quale può chiedere di partecipare direttamente all’esecuzione dell’ordine di indagine. Il procuratore ricevuta la richiesta può promuovere la costituzione di una squadra investigativa comune[8].

Quando non si provvede mediante la costituzione di una squadra investigativa comune, la partecipazione dell’autorità di emissione avviene con le modalità previamente concordate con il procuratore della Repubblica, tenuto conto di quanto stabilito dal giudice per le indagini preliminari, ove richiesto dell’esecuzione dell’ordine di indagine.

Il funzionario dell’autorità di emissione che partecipa all’esecuzione dell’OEI nel territorio dello Stato assume, anche agli effetti della legge penale, la qualifica di pubblico ufficiale[9].

La specificità speculare del sistema normativo qui in commento la si rinviene nell’ambito della procedura attiva di emissione dell’ordine di indagine così come disciplinata dagli artt. 27 e seguenti del decreto legislativo nr.108 del 2017 aggiornato all’attualità.

Nell’ambito di un procedimento penale o di un procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale il pubblico ministero e il giudice che procede possono emettere, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, un ordine di indagine per trasmetterlo direttamente all’autorità di esecuzione.

Dell’emissione dell’OEI e contro il medesimo avente ad oggetto un sequestro probatorio, la persona indagata, l’imputato o il suo difensore, la persona alla quale la prova o il bene sono stati sequestrati e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre richiesta di riesame ai sensi del sistema procedurale italiano[10]. È il principio di impugnazione dell’ordine di indagine avente ad oggetto il sequestro a fini di prova.

La partecipazione all’esecuzione dell’ordine di indagini in materia di OEI attivo è tendenzialmente speculare a quella dell’OEI passivo. Il pubblico ministero, previo accordo con l’autorità di esecuzione, può partecipare direttamente o far partecipare direttamente uno o più ufficiali di polizia giudiziaria all’esecuzione dell’ordine di indagine. A tal fine il procuratore della Repubblica può promuovere la costituzione di una SIC (squadra investigativa comune)[11].

Il giudice che ha emesso l’ordine di indagine può chiedere all’autorità di esecuzione di partecipare direttamente all’esecuzione dell’OEI, previo accordo con la stessa[12].

Nell’ambito delle peculiarità che connotano la procedura attiva OEI merita menzione la richiesta di documentazione inerente alle telecomunicazioni disciplinata dall’art.45 del decreto legislativo nr.108/2017 in disamina.

Il pubblico ministero o il giudice che procede possono trasmettere all’autorità di esecuzione ordine di indagine al fine di ottenere i dati esterni relativi al traffico telefonico o telematico nonché l’acquisizione di ogni altra informazione utile in possesso degli operatori di telecomunicazione.

3. Considerazioni conclusive

Da quanto si è andato esponendo nelle pagine che precedono ben si comprende che la collaborazione giudiziaria internazionale regolata dal Codice di procedura penale è stata totalmente rivoluzionata nell’ambito dei rapporti giurisdizionali con autorità straniere.

Il libro XI del codice disciplina tali rapporti in materia penale e l’intera materia è stata riformata dal decreto legislativo 3 ottobre 2017, nr.149 emanato dal Governo sulla base di una bozza formulata da una commissione ministeriale presieduta dalla professoressa Maria Riccardi Marchetti, in adempimento della delega contenuta nella legge nr.149 del 21 luglio 2016.

Il decreto legislativo nr.149 del 2017 ha operato un’ampia revisione in materia di cooperazione giudiziaria internazionale al fine di tener conto dell’ampio numero di atti normativi che hanno interessato la materia, a partire dell’entrata in vigore del Codice di procedura penale del 1989.

Il quadro che si ricava da questo intervento legislativo lo si può ben definire come una struttura multilivello di cooperazione[13].

A ben vedere i rapporti con le autorità giurisdizionali straniere sono diversamente regolate a seconda un triplice ordine di livelli: che la cooperazione si svolga con gli stati membri unionali; con Paesi aderenti a convenzioni internazionali, di cui anche l’Italia sia parte; con Paesi terzi, con i quali non esiste alcuna convenzione.

I principi che regolano la cooperazione giudiziaria internazionale possono essere riassunti nella seguente quadripartizione:

  1. il principio di prevalenza della normativa europea;
  2. il principio di prevalenza pattizio e internazionale;
  3. il principio di sussidiarietà;
  4. il principio di reciprocità.

A questi, già scrutinati nelle pagine che precedono, va aggiunto quello del mutuo riconoscimento dei provvedimenti tra Stati membri dell’Unione europea. Il decreto legislativo nr.149/2017 ha infatti inserito, come abbiamo visto, nel libro XI° del codice il titolo I-bis contenente alcune disposizioni di carattere generale relative all’attuazione del principio del mutuo riconoscimento[14].

Tale messe normativa pare deporre, a nostro avviso, univocamente nel senso di una maturazione dei tempi affinché il sistema delle relazioni penali internazionali venga completamente innovato in termini codificatori, come da dottrina specialistica sul punto evidenziato già da anni[15].


Note

[1] Sulle disposizioni di modifica del libro XI° del Codice di procedura penale, in materia di rapporti giurisdizionali con autorità straniere, in vigore dal 31 ottobre 2017, vedi amplius S. Ricchitelli, Integrazione giudiziaria europea e diritto processuale penale. La traslatio iudicii tra Decisioni Quadro e Codice di procedura penale, Gazzetta Forense, bimestre nr.5, settembre/ottobre 2021. S. Ricchitelli, La collaborazione interstatuale nella lotta contro il crimine nel quadro della cooperazione europea in materia penale nel primo ventennio del XXI° secolo, Gazzetta Forense, bimestre nr.6, novembre/dicembre 2020.

[2] Sul trasferimento dei procedimenti penali vedi per tutti S. Ricchitelli, Il trasferimento dei procedimenti penali all’estero nel quadro dei rapporti giudiziari internazionali. Note in calce al d.lgs. 3 ottobre 2017, n. 149, recante disposizioni di modifica del libro XI del codice di procedura penale in materia di rapporti giurisdizionali con autorità straniere, Gazzetta Forense, bimestrale nr.2, marzo/aprile 2019, Giapeto, Napoli.

[3] Cost. Art.10: L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici  

[4] L’art.696 c.p.p. è stato così sostituito dall’art.2 co.1 del decreto legislativo 3 ottobre 2017, nr.149 citato nel testo. su di esso vedi ampiamente i lavori citati nella nota nr.1.

[5] Nel caso di specie art.31, par.1, lett. a) e d) e art.34, par.2, lett. b).

[6] Non si applicano, altresì, le disposizioni previste dalla legge 7 ottobre 1969, nr.742 e successive modificazioni, relativa alla sospensione dei termini processuali del periodo feriale.

[7] Il riferimento è fatto agli artt.21 e 22 del decreto legislativo 30 giugno 2003, nr.196 recante il Codice in materia di protezione dei dati personali.

[8] Sulle norme di attuazione della Decisione Quadro 2002/465/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002 relativa alle squadre investigative comuni vedi per tutti S. Ricchitelli, Le squadre investigative comuni e l’ordine europeo di indagine penale nel quadro dell’azione di cooperazione investigativa transnazionale, Gazzetta Forense, bimestrale nr.4, luglio/agosto 2020, Giapeto, Napoli.

[9] Lo Stato italiano provvede al risarcimento dei danni causati a terzi dall’autorità di emissione che partecipa all’esecuzione dell’OEI salvo il diritto di rivalsa nei confronti dello stato di emissione.

[10] C.p.p. Art.324 Procedimento di riesame: 1. La richiesta di riesame è presentata, nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 5, entro dieci giorni dalla data di esecuzione del provvedimento che ha disposto il sequestro o dalla diversa data in cui l’interessato ha avuto conoscenza dell’avvenuto sequestro. 2. La richiesta è presentata con le forme previste dall’articolo 582. Se la richiesta è proposta dall’imputato non detenuto né internato, questi, ove non abbia già dichiarato o eletto domicilio o non si sia proceduto a norma dell’articolo 161 comma 2, deve indicare il domicilio presso il quale intende ricevere l’avviso previsto dal comma 6; in mancanza, l’avviso è notificato mediante consegna al difensore. Se la richiesta è proposta da un’altra persona e questa abbia omesso di dichiarare il proprio domicilio, l’avviso è notificato mediante deposito in cancelleria. 3. La cancelleria dà immediato avviso all’autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale gli atti su cui si fonda il provvedimento oggetto del riesame. 4. Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi. Chi ha proposto la richiesta ha, inoltre, facoltà di enunciare nuovi motivi davanti al giudice del riesame, facendone dare atto a verbale prima dell’inizio della discussione. 5. Sulla richiesta di riesame decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento nel termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti. 6. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall’articolo 127. Almeno tre giorni prima, l’avviso della data fissata per l’udienza è comunicato al pubblico ministero e notificato al difensore e a chi ha proposto la richiesta. Fino al giorno dell’udienza gli atti restano depositati in cancelleria. 7. Si applicano le disposizioni dell’articolo 309, commi 9, 9-bis e 10. La revoca del provvedimento di sequestro può essere parziale e non può essere disposta nei casi indicati nell’articolo 240 comma 2 del codice penale. 8. Il giudice del riesame, nel caso di contestazione della proprietà, rinvia la decisione della controversia al giudice civile, mantenendo nel frattempo il sequestro.

[11] Le disposizioni del decreto legislativo 15 febbraio 2016 nr.34 recante norme di attuazione della Decisione Squadra 2002/465/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni sono ampiamente scrutinate nel lavoro di S. Ricchitelli scrutate nella nota nr.8.

[12] In ordine al contenuto dell’ordine di indagine il sistema normativo prevede un modello, cosiddetto modello A, allegato al decreto legislativo nr.108 del 2017 che contempla, in estrema sintesi, le seguenti informazioni: i dati relativi all’autorità di emissione, l’oggetto e le ragioni sulle quali si fonda, i dati utili all’individuazione della persona o delle persone interessate dal compimento dell’atto richiesto, la descrizione sommaria del fatto per cui si procede e l’indicazione delle norme di legge violate, nonché una sintetica descrizione dell’atto di indagine o prova richiesti. È altresì previsto l’ordine di indagine su richiesta della difesa per il quale in questa sede basta il rinvio all’art.31 del decreto legislativo nr.108/2017 in esame.

[13] L’espressione si deve a Eugenio Selvaggi che l’ha coniata nell’ambito di un articolo proposto su Guida al diritto nel 2017.

[14] Tutto quanto detto or ora nel testo, a tacere dell’ordine di protezione europeo (in acronimo OPE) di cui al decreto legislativo nr.9 del 11 febbraio 2015 di attuazione della direttiva 2011/99/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011 sull’ordine di protezione europeo, pubblicato la gazzetta ufficiale nr.44 del 26 febbraio 2015. Il decreto nr.9/2015 sull’OPE è di attuazione interna alle disposizioni della direttiva su indicata inerente al reciproco riconoscimento degli effetti di misure di protezione adottate da autorità giurisdizionali degli Stati membri nei limiti in cui tali disposizioni non sono incompatibili con i principi supremi dell’ordinamento costituzionale in tema di diritti di libertà fondamentali e di giusto processo.

[15] Ci si riferisce alla dottrina di S. Ricchitelli che già nell’anno 2016 propugnava l’esigenza di un sistema normativo autonomo ed altrettanto autonomamente codificato, Fondamenti di diritto internazionale penale. Oggetto, fondamenti e partizioni della materia”, La Nuova Mezzina, Molfetta, 2016

Prof. Sergio Ricchitelli

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