Indice
1. La questione
Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria respingeva una istanza ex art. 309 cod. proc. pen. presentata nell’interesse di un indagato avverso una ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della medesima città che, a sua volta, gli aveva applicato la misura della custodia, essendogli contestato di avere fatto parte, quale promotore ed organizzatore, di un sodalizio operante nella provincia di Reggio Calabria dedito al traffico di stupefacenti, nel quale svolgeva il ruolo di stabile fornitore della sostanza stupefacente destinata alla vendita da parte di altri sodali nonché di spacciatore della stessa sostanza.
Avverso il provvedimento appena menzionato proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’indagato che, tra i motivi addotti, deduceva violazione di legge e vizio di motivazione (difetto e illogicità con travisamento), in relazione agli artt. 125, 273, 291 e 292 cod. proc. pen. e alla ritenuta gravità indiziaria per il reato associativo, contestandosi all’uopo l’adeguatezza e la tenuta logica della motivazione che aveva portato il Tribunale a ravvisare la gravità indiziaria con riferimento sia alla sussistenza della ipotizzata associazione criminale, non indicando i criteri per distinguere il mero concorso nei reati – costituenti secondo il Tribunale la prova del sodalizio – dal reato ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, sia la partecipazione ad essa del ricorrente.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato fondato.
Si evidenziava infatti – una volta postulato che integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilità a fornire le sostanze oggetto del traffico del sodalizio, tale da determinare un durevole rapporto tra fornitore e spacciatori che immettono la droga nel consumo al minuto, sempre che si accerti la coscienza e volontà di far parte dell’associazione, di contribuire al suo mantenimento e di favorire la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga (tra tante, Sez. 4, n. 19272 del 12/06/2020) posto che il dolo del delitto di associazione a delinquere è dato dalla coscienza e volontà di partecipare attivamente alla realizzazione dell’accordo e quindi del programma delittuoso in modo stabile e permanente – che il Tribunale reggino si era limitato a dimostrare come il ricorrente fosse il punto costante di riferimento di talune persone per l’approvvigionamento dello stupefacente, destinato allo smercio di dettaglio, mentre, per contro, non era emerso, sempre ad avviso del Supremo Consesso, alcun elemento rivelativo della consapevolezza da parte del ricorrente della destinazione dello stupefacente ad una precisa organizzazione criminale.
Il provvedimento impugnato era quindi annullato con rinvio per nuovo esame.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito cosa integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.
Si asserisce difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilità a fornire le sostanze oggetto del traffico del sodalizio, tale da determinare un durevole rapporto tra fornitore e spacciatori che immettono la droga nel consumo al minuto, sempre che si accerti la coscienza e volontà di far parte dell’associazione, di contribuire al suo mantenimento e di favorire la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga posto che il dolo del delitto di associazione a delinquere è dato dalla coscienza e volontà di partecipare attivamente alla realizzazione dell’accordo e quindi del programma delittuoso in modo stabile e permanente.
Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare se una condotta integri una partecipazione penalmente rilevante a norma dell’art. 74 del d.P.R. n. 309/1990.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.
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