Il decreto ingiuntivo notificato oltre i termini di legge

Le conseguenze del decreto ingiuntivo notificato oltre i termini di legge alla luce della giurisprudenza di legittimità e di merito

Indice

1. La notifica del decreto ingiuntivo

Il decreto ingiuntivo, una vola che il Giudice della fase monitoria abbia accolto la domanda, deve esser notificato entro, e non oltre, sessanta giorni dalla sua pronuncia, ove debba esser notificato nel territorio domestico, altrimenti, per effetto di quanto statuito dall’art. 644, comma primo, C.p.c., esso diviene inefficace.
Tuttavia, può verificarsi un incidente di percorso, nel senso, cioè, che il decreto ingiuntivo venga notificato oltre il termine dei sessanta giorni stabilito dall’art. 644, C.p.c. In tal caso, come sopra preannunciato, il decreto ingiuntivo perderà efficacia.
Non resta che domandarci quali siano le conseguenze per il creditore che ha azionato la procedura monitoria.
La soluzione che vien in mente, ad una prima riflessione, è quella di proporre una nuova domanda al giudice della fase monitoria. Difatti, laddove il credito non sia prescritto, per il creditore è ben possibile depositare, presso la cancelleria del giudice competente, un nuovo ricorso.
In questa direzione, sovviene l’ultimo comma dell’art. 644, C.p.c., che, per l’appunto, dispone che “…la domanda può essere riproposta…”. Conseguentemente, qualora il giudice abbia, nuovamente, accolto la domanda, ecco che, allora, si potrà procedere ad una nuova notifica del decreto ingiuntivo nel termine di 60 giorni.
Eppure, volendo fare un ulteriore riflessione, anche il decreto ingiuntivo, divenuto, ormai, inefficace, può conservare la sua valenza giuridica radicante l’efficacia del credito azionato nella fase monitoria.
Sulla premessa che la notifica sia stata compiuta, ma oltre i sessanta giorni d’efficacia sanciti dall’art. 644, C.p.c., in gioco entra il ruolo del debitore ingiunto.  
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2. Le conseguenze dell’inefficacia del decreto ingiuntivo

È il comportamento del debitore che, a fronte d’una notifica tardiva del decreto ingiuntivo, condizionerà il “terreno processuale” sul quale dovrà, poi, muoversi il creditore.
Ed, infatti, il debitore potrebbe muoversi in due direzioni. Rimanere inerte, non coltivando alcuna opposizione, ma così agendo il decreto ingiuntivo si consoliderà e, pertanto, il debitore sarà tenuto ad onorare l’importo del credito, oltre le varie spese ed accessori di legge, ivi ingiunti.
Potrebbe, però, muoversi in un’altra direzione, e, cioè, decidere d’insorgere avverso il decreto ingiuntivo, onde contestarne l’efficacia, giacché notificato oltre i termini di legge, ossia oltre i 60 giorni, ed, oltre, per contestare l’importo del credito ingiunto, vuoi perché prescritto, vuoi perché maggiore di quanto dovuto.
Tuttavia, in tal senso, mette conto dar una precisazione, nel senso, cioè, che la giurisprudenza della Suprema Corte opera una precisazione distinguendo il caso dell’omessa notifica del decreto e dell’inesistenza della sua notifica da quello della notifica fuori termine e dell’irregolarità della sua notifica.
Precisamente, ove il debitore eccepisca che il decreto non gli è stato notificato ovvero la notifica debba considerarsi inesistente, questi potrà far valere tal doglianza tramite il ricorso di cui all’art. 188, disp. att., C.p.c. “…inefficacia che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, può essere fatta valere con il rimedio di cui all’art. 188 disp. att. c.p.c…”. (Cass.Civ., Sez. I, n. 22959 del 31 ottobre 2007).
Con riguardo allo strumento processuale or ora evocato, trattasi d’un ricorso che il debitore ingiunto, può proporre, entro l’anno dalla pronuncia, onde ottener la dichiarazione d’inefficacia che il giudicante potrà, eventualmente, pronunciare con ordinanza non impugnabile, salva, comunque, la possibilità d’insorgere in via ordinaria, ove il giudizio si concluda con un rigetto.
Laddove il debitore voglia, invece, far valere l’inefficacia del decreto, perché notificato fuori termine, ovvero l’irregolarità della sua notifica, questi potrà insorgere con lo strumento dell’opposizione tardiva ai sensi dell’art. 650, C.p.c., a seconda che ricorrano le condizioni ivi previste.
Tanto si desume dal principio di diritto statuito dalla Sezioni Unite della Suprema Corte, a mente della quale “…nella previsione dell’art. 650 c.p.c. rientrano tutti i (…) che inficiano la notificazione e quindi anche la sua nullità, da qualsiasi causa determinata. Pertanto, salva l’ipotesi di mancanza o di inesistenza giuridica della notificazione, la sola opposizione consentita per contrastare la legittimità e la validità del decreto stesso o la fondatezza della pretesa oggetto dell’ingiunzione, è quella tardiva regolata dal citato art. 650…”. (Cass. civ., Sez. Un., n. 9938 del 12 maggio 2005).
Dalla pronuncia in scrutinio, si apprende che nel concetto d’irregolarità della notificazione, debba includersi anche quello concernente la nullità della notifica del decreto ingiuntivo, e ciò in quanto confermato dalla successiva giurisprudenza: “…la nullità può essere fatta valere con opposizione tardiva ai sensi dell’art. 650 cod. proc. civ. e poiché detta notificazione, anche se nulla, è pur sempre indice della volontà del creditore di avvalersi del decreto stesso.” (Cass. civ., Sez. III, n. 17478 del 23 agosto del 2011).
Le superiori considerazioni son corroborate anche dall’orientamento della recente giurisprudenza di legittimità, a mente della quale: “Il ricorso per la dichiarazione d’inefficacia del decreto ingiuntivo, previsto dall’art. 188 disp. att. c.p.c., è ammissibile soltanto con riguardo a decreti non notificati o la cui notifica sia giuridicamente inesistente, mentre se il decreto è stato notificato, ancorché fuori termine, o la notifica sia affetta da nullità, l’unico rimedio esperibile è l’opposizione ai sensi degli art. 645 e 650 c.p.c., a seconda dei casi…”. (Cass. civ., Sez. I, n.3552 del 14 febbraio 2014).
Nondimeno, sovvien la necessità di evidenziare che, nel concetto d’irregolarità della notificazione del decreto ingiuntivo, che, come tale, per i principii di diritto innanzi evocati, trattasi di doglianza da far valer con l’opposizione, deve sussumersi anche quello della sua notificazione oltre i termini di legge previsti dall’art. 644, C.p.c.: “Il rimedio dell’opposizione tardiva ex art. 650 cod. proc. civ. comprende, nell’ ipotesi della irregolarità della notificazione, tutti i vizi che la inficiano e, quindi, anche la notificazione del decreto ingiuntivo oltre i termini di legge, che, ai sensi dell’art. 644 cod. proc. civ. comporta l’inefficacia del provvedimento…”. (Cass. civ., Sez. I, n. 14910 del 13 giugno 2013).
Ora, attingendo dalle coordinate ermeneutiche della superiore giurisprudenza di legittimità poc’anzi rassegnata, possiamo giungere alle seguenti conclusioni.
Anzitutto, il decreto ingiuntivo notificato oltre i canonici termini di legge è soggetto alla declaratoria d’inefficacia. Eppur tuttavia, la declaratoria d’inefficacia del decreto ingiuntivo travolge e rimuove soltanto l’ingiunzione di pagamento in esso contenuta, giammai il ricorso per ingiunzione, che, come tale, conserva, comunque, la valenza giuridica d’una domanda giudiziale. (Trib. Crotone, Sent. n. 691 del 7 settembre 2022; Trib. Reggio Emilia, Sez. II, Sent. n. 751 del 18 maggio 2018).
E ciò in quanto la notificazione del decreto ingiuntivo, per la giurisprudenza di legittimità, pur se potenzialmente inefficace, poiché non notificato nel termine dei 60 giorni, ex art. 644, C.p.c., manifesta la volontà del creditore di volersi valere del titolo giuridico ivi azionato “…escludendo la presunzione di abbandono del ricorso che è alla base della previsione di inefficacia dell’art. 644 c.p.c..”. (Cass., civ., Sez. III, n. 3908 del 2016, cit.) e che “…detta notificazione, anche se nulla, è pur sempre indice della volontà del creditore di avvalersi del decreto stesso.”. (Cass.Civ., Sez. III, n. 17478 del 2011, cit.).
E che la valenza del decreto ingiuntivo, ancorché scalfito dalla declaratoria d’infficacia, perché notificato oltre i termini di legge, sia quella di valer in via primitiva come domanda giudiziale, volta, comunque, a far valere il credito dedotto, si desume anche dall’orientamento della giurisprudenza di merito, a mente della quale “…Ciò non impedisce, tuttavia, di esaminare il merito della domanda introdotta dalla società opposta, tenuto conto che il giudice dell’opposizione ha il dovere di decidere, versando in ipotesi contenziosa ordinaria, tanto sull’eccezione di inefficacia che nel merito della esistenza della pretesa creditoria avviata con il ricorso monitorio…”.. (Trib. Velletri, Sezione II, Sent. n. 1729 del 20 settembre 2022).
Non solo.La valenza della domanda monitoria a valer come domanda giudiziale si esprime anche con la sua capacità di radicare la competenza per materia e per territorio.
Precisamente, è con riguardo alla domanda a monte, e, cioè, con la domanda monitoria, e non quella a valle, introdotta, poi, con l’atto di citazione in opposizione, che occorre far riferimento onde stabilire la competenza, per materia e per territorio, nel giudizio di cognizione, e ciò in quanto “In seno al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la domanda va individuata nella domanda monitoria e non in quella “a valle” contenuta nell’atto di opposizione.”. (Trib. Forlì, sez. II, Sent. n.643 del 29 giugno 2022).
Secondariamente, sarà il debitore ingiunto, in veste d’opponente, a stabilire il “terreno processuale” sul quale dovrà operare il creditore. Il debitore potrà esperire un’opposizione tardiva, ex art. 650, C.p.c., introducendo, per tal via, un ordinario processo di cognizione.
Rispetto al giudizio monitorio, che si contraddistingue per esser un rito sommario, l’opposizione al decreto ingiuntivo, instaura un vero e proprio processo di cognizione ordinaria.
In altri termini, il difetto del contradditorio, che si manifesta nella fase monitoria, si recupera, eventualmente, nel giudizio d’opposizione, con tutte le garanzie previste per il rito ordinario.
Ed, infatti, quivi, il debitore ingiunto, in qualità d’opponente, ma che assume la posizione sostanziale di convenuto, potrà far valere non soltanto l’inefficacia del decreto opposto, perché notificato oltre il termine di 60 giorni, bensì agire per contestare, nel merito, la domanda del creditore esperita nella fase monitoria, allegando e provando fatti impeditivi ovvero estintivi del credito azionato. (Cass. civ., Sez. Un., Sent. n. 19596 del 18 settembre 2020).
Sull’altro versante del rapporto processuale, ossia su quello del creditore, nel giudizio d’opposizione a decreto ingiuntivo, che assume la posizione sostanziale di attore, questi dovrà dar prova dell’esistenza del credito azionato avanti al giudice monitorio. (Cass. civ., Sez. Un., Sent. n. 19596, cit.).
Da quest’angolo di prospettiva, guardando, per un attimo, al creditore, attore sostanziale nel giudizio d’opposizione, mette conto evidenziare che, secondo un recente orientamento della Suprema Corte, questi sia legittimato a proporre una domanda nuova, finanche diversa da quella posta a fondamento del ricorso per ingiunzione, anche a fronte d’una attività dell’opponente che non abbia proposto una domanda od un’eccezione riconvenzionale, limitandosi, semmai, a domandare la revoca del decreto opposto, purché “…tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita…”. (Cass. civ., Sez. I, Sent. n. 9633 del 29 marzo 2022).
E che l’onere d’attivare il procedimento di mediazione, a seguito dell’opposizione al decreto ingiuntivo, grava sull’opposto, ossia sul creditore, giammai sul debitore opponente. (Cass. civ., Sez. Un., Sent. n. 19596, cit.).
In tal contesto, il Giudicante dovrà non soltanto vagliare l’eccezione preliminare offerta dall’ingiunto, circa l’inefficacia del decreto opposto, ma, finanche, indagare se il credito azionato, in fase monitoria, dal creditore fosse fondato o meno. (Cass., civ., Sez. III, n. 3908 del 29 febbraio 2016).
In questa direzione, la giurisprudenza ha statuitoche qualora sulla domanda “…si costituisca il rapporto processuale, ancorché su iniziativa della parte convenuta (in senso sostanziale), la quale eccepisca quell’inefficacia, il giudice adito, alla stregua delle comuni regole del processo di cognizione, ha il potere-dovere non soltanto di vagliare la consistenza l’eccezione (…), ma anche di decidere sulla fondatezza della pretesa avanzata dal creditore ricorrente…”. (Cass. civ., Sez.II, n. 951 del 16 gennaio 2013; Trib. Reggio Emilia, Sent.751 del 2018, cit.).

3. Conclusioni

Dalla superiori argomentazioni giuridiche, offerteci dalla scrutinata giurisprudenza di legittimità e di merito, possiamo affermare che, a fronte dell’insorgenza del debitore ingiunto, il quale abbia proposto un’opposizione al decreto ingiuntivo, dando luogo, per tal via, ad un ordinario giudizio di cognizione, ove questi eccepisce l’inefficacia del decreto, in quanto notificatogli oltre il termine di legge, il creditore, che, in tal sede processuale, assume la posizione sostanziale di attore, potrà, comunque, far valere l’originaria domanda monitoria come domanda giudiziale, volta a far accertare e dichiarare l’esistenza del credito azionato e, pertanto, la conseguente condanna dell’ingiunto al pagamento di quanto dovuto.

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Giovanni Stampone

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