Per la messa alla prova rileva solo la pena massima prevista per la fattispecie base
(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 168-bis)
1. La questione
Il Gip presso il Tribunale di Rovereto sospendeva il procedimento a carico di una persona imputata per i reati di cui al D.lgs. n. 74 del 2000 art. 2, disponendo ex art. 168-bis, c.p. la messa alla prova dell’imputato con le modalità ivi prescritte.
Ciò posto, avverso questo provvedimento era proposto ricorso per Cassazione con cui il ricorrente deduceva l’erroneità del provvedimento con il quale l’imputato era stato ammesso all’istituto della messa alla prova, non rientrando i reati a lui contestati nei limiti edittali previsti per la concessione del beneficio, essendo puniti con la pena edittale superiore nel massimo a quattro anni.
Nel medesimo motivo di ricorso, il ricorrente censurava altresì un’erronea computazione nel calcolo, ai fini dell’ammissione alla messa alla prova, della riconosciuta circostanza attenuante prevista dall’art. 13, comma 1, dolendosi al contempo dell’applicazione della circostanza nella sua massima estensione e non in quella minima di un giorno.
Si censurava inoltre la violazione di legge in relazione all’art. 168- bis c.p., atteso che, ad avviso della difesa, la decisione delle Sezioni Unite n. 36272 del 31/03/2016, che esclude le circostanze dal calcolo della pena edittale utile all’ammissione alla messa alla prova, si riferirebbe esclusivamente alle circostanze aggravanti e non a quelle attenuanti ad effetto speciale.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Il Supremo Consesso riteneva il ricorso proposto fondato.
In particolare, si notava prima di tutto come l’irrilevanza di qualunque tipologia di circostanze trovi conferma nell’interpretazione letterale dell’art. 168-bis, c.p., che pone in evidenza la mancanza di ogni riferimento agli accidentalia delicti, ma anche e soprattutto nell’intenzione del legislatore ricostruita attraverso i lavori parlamentari che hanno portato alla definitiva approvazione della legge, posto che,
nella formulazione originaria della disposizione contenuta nel disegno di L. n. 111 (art. 1, comma 1, lett. c), vi era l’esplicito riferimento alle circostanze speciali e ad effetto speciale, ma esso è stato successivamente soppresso nel testo congiunto approvato dal Senato e trasmesso alla Camera dei deputati (cfr. Dossier n. 89 della XVII Legislatura, a cura del Servizio Studi del Senato, 2013).
Orbene, per il Supremo Consesso, tale eliminazione, posta in essere in maniera omnicomprensiva, senza alcuna distinzione tra circostanze attenuanti o aggravanti, è chiara espressione della consapevole e chiara scelta in ordine alla irrilevanza delle stesse ai fini del computo dei limiti edittali previsti per l’ammissione del beneficio.
Di conseguenza, alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, era affermato il principio di diritto secondo il quale, ai fini dell’individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, il richiamo contenuto all’art. 168-bis c.p. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le riduzioni dovute all’applicazioni delle circostanze attenuanti, comprese quelle ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato.
La Suprema Corte, pertanto, annullava senza rinvio l’ordinanza impugnata, ordinando la restituzione degli atti al Tribunale di Rovereto.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che, ai fini dell’individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, il richiamo contenuto all’art. 168-bis c.p. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le riduzioni dovute all’applicazioni delle circostanze attenuanti, comprese quelle ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato.
Ebbene, ad avviso di chi scrive, tale orientamento ermeneutico, oltre ad essere aderente alla voluntas legis, sembra altresì rappresentare il logico completamento di quanto già postulato dalle Sezioni unite, nella sentenza n. 36272 del 2016 atteso che, in quella occasione, siffatte Sezioni avevano postulato che, ai fini dell’individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina dell’istituto della sospensione con messa alla prova, il richiamo contenuto nell’art. 168-bis c.p. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie-base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le circostanze aggravanti, comprese le circostanze ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, pertanto, per le ragioni appena esposte, non può che essere che positivo.
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