Patente di guida: la contraffazione non grossolana

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La contraffazione non grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato estero non appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo integra il reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen. anche quando non ricorrano le condizioni di validità del documento ai fini della conduzione di un veicolo nel territorio nazionale

Corte di Cassazione -SS. UU. pen.- sentenza n. 12064 del 24-11-2022

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Indice

1. Il fatto


La Corte di Appello di Milano confermava una condanna in riferimento a persona imputata per il reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen., per aver formato o fatto formare una falsa patente di guida, apparentemente rilasciatagli dalla competente autorità del Marocco e sulla quale era stata apposta la sua fotografia.
In particolare, la Corte territoriale aveva respinto le obiezioni difensive fondate sull’asserita inoffensività del fatto, richiamandosi all’orientamento giurisprudenziale per cui costituisce reato, a norma dei citati artt. 477 e 482 cod. pen., la falsificazione non grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato estero, anche qualora non sussistano le condizioni di validità di tale documento ai fini della conduzione del veicolo nel territorio nazionale, fissate dagli artt. 135 e 136 cod. strada.
Ciò posto, avverso la sentenza emessa dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo con unico motivo l’erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 477 e 482 cod. pen., eccependosi l’innocuità del falso, essendo ivi rilevato a tal proposito che il documento in contestazione non sarebbe stato idoneo ex artt. 135 e 136 cod. strada ad abilitare l’imputato alla guida nel territorio nazionale, in quanto intestato ad un cittadino extracomunitario il quale, al momento del controllo che aveva dato origine al procedimento, si trovava in Italia da più di un anno e non aveva provveduto alla sua validazione internazionale ovvero alla sua conversione.
In tal senso il ricorso evidenziava come la funzione documentale della patente sia quella di abilitare il suo possessore a circolare alla guida dei veicoli per i quali il suo conseguimento è imposto dalla legge e, pertanto, qualora si tratti di patente rilasciata da uno Stato estero, in assenza delle ulteriori condizioni normativamente previste per la sua validità nel territorio nazionale, il documento risulterebbe inidoneo a svolgere tale funzione e, dunque, la sua falsificazione risulterebbe inutile e innocua, come del resto rilevato da un orientamento giurisprudenziale diverso da quello richiamato dai giudici del merito.

2. La questione prospettata nell’ordinanza di rimessione


Il ricorso era stato assegnato alla Quinta Sezione, la quale, a sua volta, l’aveva rimesso alle Sezioni Unite, rilevando l’esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di legittimità in ordine ai presupposti necessari per la configurabilità del delitto di falsificazione di patente di guida rilasciata da uno Stato non appartenente all’Unione europea.
In tal senso la Sezione rimettente evidenziava che, secondo un primo e più risalente orientamento, evocato anche dal ricorrente, il falso assumerebbe rilevanza penale esclusivamente quando siano state rispettate le condizioni dettate dall’art. 135 cod. strada per la validità nel territorio nazionale della patente estera, in assenza delle quali il documento, non abilitando alla guida in Italia, non potrebbe costituire una autorizzazione o una certificazione ai sensi ed ai fini dell’art. 477 cod. pen..
L’ordinanza di rimessione registrava poi come si sia progressivamente contrapposto a tale orientamento altro indirizzo, ossia quello richiamato dalla sentenza impugnata, secondo il quale non assumerebbe rilievo ai fini della configurabilità del reato il difetto delle condizioni previste dal codice della strada, attesa l’idoneità della patente estera falsificata, anche se formalmente priva di validità, ad ingannare la fede pubblica, trattandosi di un documento dotato di un proprio contenuto giuridico e probatorio, sia intrinseco, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di quanto in esso certificato, sia estrinseco, avendo potenziale rilievo autorizzatorio se abbinato ad un altro atto.
I giudici rimettenti, infine, sottolineavano come entrambi gli orientamenti convergano nell’escludere la rilevanza nella fattispecie della tematica del falso innocuo, vertendo, in sostanza, il contrasto sulla rilevanza da attribuire alla patente di guida estera di per sé considerata, ossia sulla sua identificabilità o meno, in assenza degli altri requisiti previsti dall’art. 135 cod. strada, con l’atto tipico oggetto dell’incriminazione di cui all’art. 477 cod. pen..


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3. La soluzione adottata dalle Sezioni unite


Le Sezioni unite procedevano innanzitutto ad una delimitazione della questione sottoposta al loro vaglio giudiziale, individuandola nei seguenti termini: “Se la contraffazione non grossolana della patente di guida rilasciata da Stato estero non appartenente all’Unione europea integri il reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen. solo ove sussistano le condizioni di validità di tale documento ai fini della abilitazione alla guida anche in Italia stabilite dall’art. 135 cod. strada”.
Fatto ciò, dopo avere compiuta una disamina della normativa di riferimento, gli Ermellini, nel loro massimo consesso, procedevano ad illustrare gli orientamenti nomofilattici formatisi in subiecta materia.
Si evidenziava quindi a tal proposito che, secondo un primo e più consolidato indirizzo, la falsificazione non grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato estero può integrare il reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen. solo in presenza delle condizioni fissate per la sua validità dall’art. 135 cod. strada (Sez. 5, n. 24227 del 28/04/2021; Sez. 5, n. 21915 del 10/04/2019; Sez. 5, n. 10314 del 21/01/2019; Sez. 5, n. 21929 del 17/04/2018; Sez. 5, n. 9268 del 01/12/2014; Sez. 5, n. 12693 del 08/03/2007), rilevandosi al contempo come tale filone interpretativo muova dall’unico rilievo che la patente rilasciata da uno Stato estero non appartenente all’Unione europea, in mancanza delle condizioni fissate dal citato art. 135 cod. strada, non abilita alla guida in Italia e, pertanto, non può costituire “autorizzazione” o “certificazione” rilevante ai sensi dell’art. 477 cod. pen., costituendo un documento che non ha alcuna validità nel territorio italiano quale titolo di legittimazione alla guida dei veicoli, né – come espressamente sottolineato da Sez. 5, n. 21929 del 17/04/2018 e Sez. 5, n. 12693 del 08/03/2007 – quale mezzo di certificazione dell’identità personale.
I giudici di piazza Cavour rilevavano altresì che, secondo le pronunzie citate, è poi compito del giudice del merito compiere gli accertamenti necessari per stabilire la sussistenza dei presupposti che consentono la guida nel territorio italiano al possessore della patente straniera, in quanto, per l’appunto, solo l’accertata validità della stessa comporta l’integrazione del reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen. nel caso in cui la stessa risulti oggetto di contraffazione o alterazione, tenuto conto altresì del fatto che Sez. 5, n. 21929 del 17/04/2018 e Sez. 5, n. 21915 del 10/04/2019 hanno limitato il controllo giudiziale alla sola verifica della residenza dello straniero in Italia da non oltre un anno, in quanto tale presupposto «costituisce il profilo integrante la validità della patente straniera anche nel nostro territorio», escludendo che il suddetto controllo debba estendersi anche alle ulteriori condizioni richieste dal citato art. 135 cod. strada e dal successivo art. 136 dello stesso codice, disposizioni relative al possesso da parte dello straniero del permesso internazionale di guida ovvero della traduzione ufficiale della patente in lingua italiana, adempimenti che «non incidono sulla validità intrinseca del predetto titolo abilitativo, costituendo solo documenti accompagnatori della patente la cui mancanza non può interferire, pertanto, sull’efficacia e validità del documento abilitativo alla guida in Italia», denotandosi contestualmente che siffatti principi sono stati di recente ribaditi anche dalla Sez. 5, n. 24227 del 28/04/2021, la quale ha in aggiunta precisato come, al fine di stabilire la rilevanza penale della falsificazione della patente straniera non validata ai sensi delle norme del codice della strada, non possa evocarsi la tematica del c.d. “falso innocuo“, fermo restando che in tal senso la pronunzia citata osserva che l’inoffensività del falso presuppone il positivo accertamento della sussumibilità del fatto in una delle fattispecie di reato previste dagli artt. 476 e ss. cod. pen. e quindi l’appartenenza dell’atto falsificato ad una delle categorie documentali previste da tali disposizioni mentre, nel caso della patente straniera non validata, secondo la pronunzia citata, prima ancora di valutare l’offensività del falso, è invece necessario stabilire se il documento incriminato costituisca o meno una autorizzazione o una certificazione amministrativa, potendo dunque essere identificato con l’oggetto tipico della fattispecie prevista dall’art. 477 cod. pen. il che, per le ragioni summenzionate, la stessa pronunzia ha ritenuto di dover escludere.
Ciò posto, accanto a questo primo indirizzo ed in contrapposizione dialettica con il medesimo, si è formato negli ultimi anni un altro orientamento secondo cui la contraffazione della patente estera integra comunque il reato previsto dal combinato disposto degli artt. 477 e 482 cod. pen., anche qualora, cioè, non ricorrano le condizioni fissate dal codice della strada perché tale documento consenta al suo possessore di guidare nel territorio nazionale (Sez. 5, n. 45255 del 27/10/2021; sez. 5, n. 10304 del 15/02/2021; sez. 5, n. 57004 del 27/09/2018; Sez. 5, n. 35092 del 04/06/2014).
In particolare, le citate pronunzie sottolineano come la contraffazione di una patente estera, ancorché non validata, sia idonea ad ingannare la fede pubblica, non solo per la sua apparente corrispondenza ad un documento genuino, ma in quanto il contenuto del titolo abilitativo alla guida contraffatto, esplicando concreti effetti sulla funzione documentale, non è irrilevante ai fini del significato dell’atto e del suo valore probatorio, trattandosi di un certificato dotato di un proprio rilievo giuridico-probatorio, sia intrinseco, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di quanto in esso contenuto, sia estrinseco, in riferimento al potenziale rilievo autorizzatorio qualora abbinato ad un altro atto.
In altri termini, la patente di guida estera avrebbe, di per sé e a prescindere dal suo abbinamento con altri requisiti o atti, «una propria fisionomia giuridica di validità intrinseca, trattandosi di un atto che anche da solo esiste ed esprime un determinato contenuto, che è poi il contenuto richiesto dalla legge affinché esso, posto insieme agli altri titoli e condizioni necessari per l’abilitazione alla guida, svolga la sua funzione legittimante» (così Sez. 5, n. 10304 del 15/02/2021).
Inoltre, secondo Sez. 5, n. 35092 del 04/06/2014 e Sez. 5, n. 45255 del 27/10/2021, l’autonoma rilevanza giuridica della patente straniera è poi confermata dal diverso disvalore che l’ordinamento riconosce all’ipotesi di guida senza permesso internazionale (ovvero senza la traduzione ufficiale della patente estera) rispetto a quella di guida senza patente, per come dimostrato dalla differente modulazione della risposta sanzionatoria riservata nel codice della strada alle due fattispecie, integranti autonomi e distinti illeciti.
Per l’orientamento in esame, in definitiva, la funzione legittimante alla guida non va confusa con l’identità del documento giuridico nel senso che la patente di guida, «che costituisce, comunque, di per sé, un certificato che esprime un proprio, determinato, contenuto giuridico e probatorio», riconducibile alla categoria degli atti presi in considerazione dall’art. 477 cod. pen. (così Sez. 5, n. 10304 del 15/02/2021), fermo restando che, in quest’ottica, Sez. 5, n. 57004 del 27/09/2018 e Sez. 5, n. 10304 del 15/02/2021 hanno sottolineato come sia irrilevante l’eventuale difetto delle condizioni di validità stabilite dagli artt. 135 e 136 cod. strada, non risultando tale invalidità per tabulas dall’esame dello stesso documento contraffatto, atteso che l’eventuale accertamento da parte del giudice, in ordine alla sussistenza di tali condizioni, costituirebbe un posterius non incidente sul perfezionamento del reato, che già si sarebbe consumato con la contraffazione o con l’esibizione di un siffatto atto.
In qualche modo, tra l’altro, sempre per la Suprema Corte, sembra potersi ricondurre all’orientamento in questione anche Sez. 5, n. 28599 del 07/04/2017, la quale, seppure in maniera incidentale, ha ritenuto che gli artt. 135 e 136 del cod. strada si applicano soltanto a chi sia effettivo titolare di patente di guida conseguita in un paese estero, rimanendo dunque escluso che i suddetti articoli possano assumere un qualche rilievo ai fini di stabilire la rilevanza penale nell’ipotesi della contraffazione del documento da parte di colui che nemmeno nello Stato di origine abbia mai conseguito il permesso di guidare, così come, nell’ambito dell’orientamento in esame, può essere invece certamente annoverata anche Sez. 5, n. 30740 del 12/04/2019, che ha affrontato analoga questione, ma con riferimento alla fattispecie di uso di atto falso (art. 489 cod. pen.), contestata in relazione all’esibizione, nel corso di un controllo di polizia, di un falso permesso internazionale di guida attesto che anche in tale decisione si afferma che il permesso falso ha un suo rilievo giuridico ed una sua valenza intrinseca probatoria a prescindere dal suo abbinamento con altri requisiti previsti dalla legge per l’abilitazione alla guida, con la conseguenza che l’utilizzo che di esso venga fatto ha rilevanza penale, trattandosi comunque di uso di un atto falso che esprime un suo significato giuridico, attinente proprio alla legittimazione alla guida che si intende attraverso di esso falsamente dimostrare.
Orbene, terminato di illustrare siffatti orientamenti nomofilattici, le Sezioni Unite ritenevano che il contrasto descritto dovesse essere ricomposto aderendo alla soluzione prospettata dal secondo degli orientamenti esaminati.
Si osservava a tal riguardo innanzitutto che tutte le pronunzie citate in precedenza non dubitano, anzitutto, che la contraffazione di una patente di guida integri, in via generale, la fattispecie di cui all’art. 477 cod. pen., ritenendo dunque, in linea con il tradizionale indirizzo della Cassazione (ribadito nel caso di specie), che la patente, intesa come atto tipico che abilita alla guida dei veicoli per i quali è richiesta, rientri nel novero delle autorizzazioni amministrative, ossia di quella particolare categoria di atti amministrativi la cui adozione rimuove i limiti che, per motivi di pubblico interesse, sono posti in via generale ed astratta dalla legge all’esercizio di una preesistente situazione giuridica soggettiva (Sez. 5, n. 23711 del 11/05/2006; Sez. 5, n. 7931 del 21/06/1983; Sez. 5, n. 4057 del 01/02/1974; sez. 5, n. 902 del 24/06/1971; nello stesso senso altresì Sez. U civ., n. 6630 del 29/04/2003).
Oltre a ciò, era altresì fatto presente che entrambi gli orientamenti in conflitto muovono poi dall’assunto per cui alla soluzione della questione controversa debba ritenersi estranea la tematica del falso c.d. innocuo – richiamata invece dal ricorrente – ovverossia, secondo la definizione accolta dalla oramai consolidata giurisprudenza di legittimità, del falso irrilevante ai fini del significato dell’atto e del suo valore probatorio e che, dunque, si rivela inidoneo ad esplicare effetti sulla sua funzione documentale (ex multis Sez. 5, n. 5896 del 29/10/2020; sez. 5, n. 47601 del 26/05/2014; sez. 5, n. 2809 del 17/10/2013; sez. 5, n. 35076 del 21/04/2010).
Infatti, non sempre nel linguaggio giurisprudenziale il sintagma “falso innocuo” assume, in realtà, un significato così specifico, venendo talvolta utilizzato anche in una accezione più ampia, quale espressione di sintesi di fattispecie invero tra loro eterogenee, come quelle del falso “grossolano” e del falso “inutile” o  “superfluo“, accomunate perché ritenute parimenti inoffensive per gli interessi tutelati dalle norme incriminatrici in materia di falso documentale, così come, non di meno, con riguardo alla fattispecie oggetto del conflitto, la nozione di falso innocuo viene evocata nel significato proprio indicato in precedenza ed è in relazione a tale significato che i due orientamenti, pur divergendo nelle conclusioni, concordano invece nel ritenere inconferente il tema, facendosi presente che  in tal senso sono state soprattutto le pronunzie iscrivibili nel primo dei due orientamenti illustrati (ed in particolare la citata Sez. 5, n. 24227 del 28/04/2021) ad aver chiarito in maniera più articolata come quella della rilevanza penale della falsificazione della patente extracomunitaria sia questione che attiene all’accertamento della tipicità del fatto e, in particolare, dell’oggetto materiale della condotta, da intendersi come pregiudiziale rispetto alla valutazione dell’offensività del fatto.
In altri termini si è affermato – a volte solo implicitamente nello sviluppo argomentativo delle varie pronunzie – che la soluzione dipende dalla possibilità o meno di ricondurre effettivamente la patente rilasciata da uno Stato extracomunitario e non validata secondo le regole poste dal codice della strada alle categorie documentali tassativamente prese in considerazione dalla fattispecie incriminatrice di cui all’art. 477 cod. pen..
Orbene, per la Suprema Corte, tale assunto deve essere condiviso dal momento che il conflitto interpretativo è insorto in riferimento a casi in cui mai è stata posta in dubbio la qualità del falso in sé considerata e dunque la sua capacità di ingannare un soggetto di media diligenza, ma se la contraffazione della patente straniera non si rivela grossolana è certamente idonea ad incidere sulla sua intrinseca funzione documentale, che è quella di comprovare il conseguimento in uno Stato estero del titolo abilitativo alla guida, presupposto primo ed ineludibile, ai sensi del già citato art. 41 della Convenzione di Vienna, perché venga internazionalmente riconosciuto al suo titolare il diritto a circolare su strada anche al di fuori dei confini nazionali del paese che ha rilasciato il documento, mentre ciò che è in discussione, invece, è se tale funzione sia o meno rilevante per la punibilità del falso secondo la legge penale Italia e, dunque, se le suddette patenti, proprio perché apparentemente rilasciate da una autorità pubblica straniera, costituiscano altrettanti “certificati o autorizzazioni amministrative” ai sensi ed ai fini dell’art. 477 cod. pen..
In altri termini, il quesito è se il falso sia penalmente irrilevante non già perché inoffensivo, ma perché atipico in relazione al suo oggetto materiale.
Chiarito ciò, per gli Ermellini, per la soluzione del quesito è anzitutto necessario ribadire il risalente, ma pacifico e sempre attuale, insegnamento della Cassazione secondo cui anche gli atti pubblici “stranieri‘ ricevono tutela attraverso la incriminazione del falso documentale, purché siano idonei a produrre un qualsiasi effetto nell’ordinamento giuridico italiano (ex multis Sez. 3, n. 7783 del 30/01/1985; Sez. 5, n. 1797 del 03/07/1984) visto che, ai fini della configurabilità dei reati di falso documentale in atti pubblici, non è dirimente la nazionalità dell’autorità che li ha adottati, ma, piuttosto, l’eventuale riconoscimento agli stessi conferito da parte dell’ordinamento giuridico italiano e, dunque, alla funzione documentale dell’atto riconosciuta e incorporata nell’ordinamento interno che viene estesa la tutela penale riservata agli atti emessi dall’autorità pubblica nazionale.
Questi principi, poi, per il Supremo Consesso, devono essere calati nella specificità della fattispecie prevista dall’art. 477 cod. pen., che configura una ipotesi di falso materiale, speciale rispetto a quella prevista dal precedente art. 476, proprio in ragione della peculiare natura degli atti che ne costituiscono l’oggetto.
Difatti, dal momento che, in maniera unanime, la giurisprudenza di legittimità riconduce la patente di guida in genere alla categoria delle autorizzazioni amministrative, per le ragioni illustrate in precedenza, ciò significa, per la Corte di legittimità, che, per giustificare la medesima qualificazione anche alla patente straniera, è necessario che la normativa interna le riconosca una funzione documentale analoga a quella attribuita alla patente rilasciata dalle autorità italiane.
Ebbene, a fronte di ciò, se il primo degli orientamenti in conflitto ritiene che la patente extracomunitaria possa essere classificata come autorizzazione amministrativa ai fini dell’art. 477 cod. pen. soltanto qualora ricorrano le condizioni previste dall’art. 135 cod. strada, per i giudici di piazza Cavour, si tratta di affermazione che non può essere condivisa perché essa si traduce nell’arbitraria riduzione del riconoscimento della patente alla legittimazione del titolare a condurre un veicolo nel territorio italiano, e in tal modo si finisce per elidere lo stesso significato dell’atto in sé considerato, che è semplicemente quello di documentare il conseguimento dell’abilitazione alla guida nel paese che lo ha rilasciato in accordo con la legislazione nazionale dello stesso e nel rispetto di quanto previsto dalla più volte citata Convenzione di Vienna, poiché il riconoscimento internazionale della patente si fonda anzitutto, secondo quanto previsto dall’art. 41 della suddetta Convenzione, proprio sulla condizione che i singoli Stati ne autorizzino il rilascio e solo in seguito alla verifica delle competenze e delle capacità di colui a cui viene consegnata.
Non deve allora confondersi, per le Sezioni unite, come correttamente ritenuto da Sez. 5, n. 10304 del 15/02/2021, la funzione legittimante alla guida con l’identità dell’atto che esprime un autonomo contenuto giuridico riconducibile alle categorie documentali considerate dall’art. 477 cod. pen., e che prescinde dalle condizioni estrinseche poste dal codice della strada al fine di consentire al suo titolare di condurre un veicolo nel territorio nazionale, essendo pacifico che gli artt. 135 e 136 cod. strada si applicano solo a chi risulti, anzitutto, titolare di una patente di guida effettivamente conseguita in un paese estero.
Inoltre, come (stimato) correttamente sottolineato da Sez. 5, n. 35092 del 04/06/2014 e Sez. 5, n. 45255 del 27/10/2021, non corrisponde poi al vero che all’intrinseco significato documentale della patente estera l’ordinamento italiano non riconnetta la produzione di effetti giuridicamente rilevanti  dal momento che il titolare di una patente rilasciata da uno Stato extracomunitario, che circoli in difetto delle ulteriori condizioni che lo legittimano alla guida nel territorio nazionale, non viene equiparato al conducente – sia egli cittadino italiano o straniero – che non abbia mai conseguito il titolo abilitativo (in questo senso, in riferimento al previgente testo dell’art. 116 cod. strada che sanzionava penalmente la guida senza patente, ex multis Sez. 4, n. 30229 del 04/06/2013; sez. 4, n. 22059 del 08/03/2012) giacché i commi 8 e 14 dell’art. 135 cod. strada disciplinano in maniera autonoma tale fattispecie (distinguendo l’ipotesi del mancato possesso del permesso internazionale di guida o della traduzione ufficiale della patente, da quella della acquisizione da parte del suo titolare della residenza anagrafica in Italia da oltre un anno), prevedendo l’irrogazione di sanzioni amministrative più lievi di quelle contemplate dal testo vigente del citato art. 116 dello stesso codice per colui che conduce un veicolo senza aver mai conseguito la patente di guida.
Non di meno l’art. 136 cod. strada consente al titolare della patente extracomunitaria che abbia acquisito la residenza in Italia di richiedere e ottenere la conversione della stessa nella corrispondente patente italiana, anche senza sostenere l’esame di idoneità previsto dall’art. 121 dello stesso codice, qualora ciò sia previsto a condizione di reciprocità da accordi bilaterali con lo Stato che ha emesso il documento.
E’ dunque evidente, per il Supremo Consesso, che la legge italiana, ai fini summenzionati, riconosce alla patente extracomunitaria proprio la funzione di documentare il suo rilascio in un paese straniero quale presupposto per la determinazione di alcuni effetti giuridici nell’ordinamento interno, trattandosi di un riconoscimento che si rivolge alla natura di titolo abilitativo alla guida in genere che il documento esprime, la quale prescinde dalla sussistenza degli ulteriori presupposti che legittimano il suo titolare a circolare sulle strade italiane.
Da ciò se ne faceva discendere come la patente extracomunitaria debba considerarsi atto tipico ai fini ed ai sensi dell’art. 477 cod. pen., con la conseguenza che la sua contraffazione da parte di un privato, quando non grossolana, integra il delitto previsto e punito da tale articolo in combinato disposto con la previsione di cui all’art. 482 dello stesso codice.
In conclusione era quindi affermato il seguente principio: «La contraffazione non grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato estero non appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo integra il reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen. anche quando non ricorrano le condizioni di validità del documento ai fini della conduzione di un veicolo nel territorio nazionale».

4. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che la contraffazione non grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato estero non appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo integra il reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen., anche quando non ricorrano le condizioni di validità del documento ai fini della conduzione di un veicolo nel territorio nazionale.
Per effetto di questo arresto giurisprudenziale, ove quindi si verifichi una situazione di questo genere, il fatto andrà ricondotto nell’ambito della fattispecie criminosa preveduta dagli artt. 477 e 482 cod. pen. (falsità materiale commessa dal privato).
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere che positivo.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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