RCA: “reddito netto” da lavoro autonomo e risarcimento del danno patrimoniale

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La suprema Corte fornisce l’interpretazione della locuzione “reddito netto” contenuta nell’art. 137 del codice delle assicurazioni e sulla scorta del quale va calcolato il danno patrimoniale da contrazione del reddito del lavoratore autonomo.

Corte di Cassazione – Sez. III Civ. – Sentenza n. 5958 del 28-02-2023

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Indice

1. La sentenza

Con la sentenza numero 5958 del 28/02/2023 (Presidente Spirito – relatore Cricenti) la Suprema Corte, affronta il tema del danno da contrazione dei redditi subita dal lavoratore autonomo in seguito alle gravissime lesioni fisiche subite a causa di un sinistro della strada.
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2. La vicenda sostanziale e processuale

Tizio, a bordo della sua bicicletta e durante una manifestazione sportiva, veniva investito da Caio, conseguendo lesioni fisiche. Tizio, così, accertata la responsabilità esclusiva dell’automobilista nella causazione del sinistro, atteso appunto lo svolgimento della manifestazione sportiva e l’interdizione al traffico veicolare della strada teatro dei fatti, conveniva in giudizio Caio e il suo assicuratore, onde ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali subiti, avendo già ottenuto integrale soddisfazione dei danni non patrimoniali nella fase stragiudiziale.
Il giudizio, quindi, aveva ad oggetto unicamente il ristoro del danno patrimoniale subito dall’attore, il quale allegava di essere un idraulico e di aver subito una contrazione dei redditi a causa delle gravissime lesioni subite in seguito al sinistro, concordemente stimate dalle parti nella misura del 60% di invalidità permanente.
In primo grado e dinanzi al Tribunale di Lucca, la voce di danno in esame veniva riconosciuta, ma stimata, secondo la prospettazione attorea, in modo riduttivo. Per tale ragione si proponeva appello, che tuttavia la Corte d’Appello di Firenze rigettava.

3. L’esito in Cassazione

La sentenza veniva impugnata per cassazione da Tizio, con tre motivi, dei quali uno di particolare interesse e giudicato meritevole di accoglimento.
Si verte in ordine all’interpretazione da dare all’art. 137 del Codice delle Assicurazioni e sulla definizione di “reddito netto” ivi contenuta con riferimento al risarcimento del danno patrimoniale del lavoratore autonomo per l’incidenza delle lesioni sulla capacità di guadagno.
Come noto, l’inciso in esame e contenuto nella precitata norma afferma “Nel caso di danno alla persona, quando agli effetti del risarcimento si debba considerare l’incidenza dell’inabilità temporanea o dell’invalidità permanente su un reddito di lavoro comunque qualificabile, tale reddito si determina, …………………………… per il lavoro autonomo, sulla base del reddito netto che risulta il più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche negli ultimi tre anni ………………………………”.
Sia il Tribunale che la Corte d’appello hanno ritenuto di calcolare il “reddito netto” di cui all’art. 137 detraendo l’imposta netta dal reddito imponibile.
Secondo la testi dell’attore, invece, il reddito netto in esame fa riferimento al reddito d’impresa, e quindi va calcolato detraendo i costi dai ricavi. La differenza sostanziale consiste nel fatto che secondo il ragionamento delle Corti di merito dal reddito netto vanno detratti gli oneri deducibili, mentre secondo la tesi dell’attore essi vanno inclusi.
Secondo la Suprema Corte, il reddito netto di cui all’art. 137 Cda, che richiama quasi integralmente il testo precedentemente in vigore dell’art. 4 del Dl 857/76 convertito dalla Legge 39/77, attribuisce rilievo al reddito da lavoro netto dichiarato dal lavoratore autonomo ai fini dell’applicazione della relativa imposta e non a quanto residua dopo l’applicazione della tassazione medesima.
In particolare, si deve fare riferimento alla cd base imponibile ex. art. 3 DPR 597/1973 e quindi all’importo che il contribuente è tenuto a dichiarare ai fini dell’imposta dovendo quindi ritenersi per reddito dichiarato dal danneggiato quello risultante dalla differenza tra il totale dei compensi conseguiti (al lordo delle ritenute d’acconto) e il totale dei costi inerenti l’esercizio professionale analiticamente conteggiati e senza possibilità di ulteriore decurtazione dell’importo risultante da tale differenza per effetto delle ritenute d’imposta sofferte dal professionista. La Suprema Corte cita nella sentenza anche due suoi precedenti (Cass. 11759/2018 e 18855/2008).
In poche parole, il reddito netto di cui all’art. 137 Cda è quello risultante dalla differenza ricavi/costi, vale a dire dall’insieme dei ricavi ottenuti detratti i costi sostenuti; per tale ragione gli oneri deducibili e in generale le deduzioni concorrono alla formazione del reddito netto.
Hanno errato, quindi, i Giudici di merito nel ridurre il reddito netto degli oneri deducibili e delle detrazioni. Il ricorso viene quindi accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze per la decisione che dovrà rispettare i suddetti principi.

Michele Allamprese

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