Messa alla prova: modifiche della riforma Cartabia

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La riforma Cartabia è intervenuta pure in materia di riti speciali e, tra questi la c.d. messa alla prova.
Ebbene, scopo del presente scritto è quello di vedere in cosa consistono gli interventi apportati per tale rito speciale
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Indice

1. Le modifiche apportate all’art. 464-bis c.p.p.


Fermo restando che l’art. 1, co. 1, lett. m), d.lgs., 10/10/2022, n. 150, nel disporre che “all’articolo 168-bis, al primo comma, dopo le parole: «l’imputato» sono inserite le seguenti: «, anche su proposta del pubblico ministero,»”, fa sì che l’imputato, anche su proposta del pubblico ministero, può̀ chiedere la sospensione del processo con messa alla prova, l’art. 29, co. 1, lett. a), sempre di questo decreto legislativo, dal canto suo, ha modificato l’art. 464-bis cod. proc. pen. nei seguenti termini: “1) all’articolo 464-bis: 1) al comma 1, dopo la parola: «l’imputato», sono inserite le seguenti: «, anche su proposta del pubblico ministero,» e, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente: «Se il pubblico ministero formula la proposta in udienza, l’imputato può chiedere un termine non superiore a venti giorni per presentare la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova.»; 2) al comma 2, le parole: «e nel procedimento di citazione diretta a giudizio», sono sostituite dalle seguenti: «oppure, nel procedimento di citazione diretta a giudizio, fino alla conclusione dell’udienza predibattimentale prevista dall’articolo 554-bis»»; 3) al comma 3, le parole: «nelle forme previste dall’articolo 583, comma 3» sono sostituite dalle seguenti «da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore»; 4) al comma 4, lettera c), dopo le parole: «la mediazione con la persona offesa», sono aggiunte le seguenti: «e lo svolgimento di programmi di giustizia riparativa»;”.
Dunque, questa norma procedurale, nel ribadire la novità introdotta per l’art. 168-bis, co. 1, cod. pen., vale a dire che l’imputato, anche su proposta del pubblico ministero, può formulare richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, prevede altresì che, qualora il pubblico ministero formuli la proposta in udienza, l’imputato può chiedere un termine non superiore a venti giorni per presentare la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, il quale, in assenza di una norma che lo consenta, non è ulteriormente prorogabile.
Per effetto dell’intervento operato sul comma secondo, inoltre, siffatta richiesta di accedere alla messa alla prova può avvenire, non più sic et simpliciter nel procedimento di citazione diretta a giudizio, essendo ora specificato che ciò debba avvenire fino alla conclusione dell’udienza predibattimentale prevista dall’articolo 554-bis cod. proc. pen. mentre, per una mera esigenza di coordinamento normativo, stante l’abrogazione dell’art. 583 cod. proc. pen. per effetto dell’art. 98, co. 1, lett. a), d.lgs., 10/10/2022, n. 150, è adesso disposto che la “volontà dell’imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore”.
Inoltre, per quanto concerne il comma terzo, nel programma di trattamento è adesso richiesto che siano inserite, oltre le condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa, pure quelle finalizzate allo svolgimento di programmi di giustizia riparativa.


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2. Il “nuovo” art. 464-ter.1 c.p.p.


Altra novità, tra quelle previste per questo istituto processuale, è il “nuovo” art. 464-ter.1 cod. proc. pen., preveduto dall’art. 29, co. 1, lett. b), d.lgs, 10/10/2022, n. 150.
In particolare, questo articolo, al “primo comma, prevede la possibilità per il Pubblico ministero, con l’avviso di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen., di proporre alla persona sottoposta alle indagini, la sospensione del procedimento con messa alla prova, «indicando la durata e i contenuti essenziali del programma trattamentale»” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, Rel. n. 2/2023 del 5/01/2023, p. 120 e p.121), fermo restando che, come recita il secondo periodo di questo comma, nel “formulare tale richiesta, il pubblico ministero può avvalersi dell’UEPE che, in base a quanto previsto dall’art. 141-ter, comma 1-bis, disp. att. cod. proc. pen. (come introdotto dall’art. 41, comma 1, lett. s), d.lgs. n. 150 del 2022), deve fornire le indicazioni richieste nel termine di trenta giorni” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p.121), tenuto conto altresì del fatto che la “scelta del momento procedimentale nel quale la proposta può essere formulata («con l’avviso previsto dall’art. 415-bis») è stata giustificata con la necessità di tenere conto delle indagini preliminari nella loro completezza, di operare scelte processuali «con piena cognizione di causa», consentendo al giudice per le indagini preliminari di operare valutazioni complete” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p.121).
Ciò posto, stante quanto preveduto nel comma secondo, nello “stesso termine di venti giorni, entro il quale la persona sottoposta alle indagini può chiedere di presentare memorie, formulare richieste di indagine o di interrogatorio, la stessa può decidere di aderire alla proposta del Pubblico ministero” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p.121) e la “dichiarazione deve essere resa personalmente o a mezzo di procuratore speciale e deve essere depositata presso la segreteria del Pubblico ministero” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p.121).
Ad ogni modo, la “mancata adesione alla proposta non preclude la possibilità per l’imputato di chiedere la sospensione con messa alla prova nel successivo corso del processo secondo le scansioni previse dalla disciplina processuale” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 121).
Precisato ciò, il comma terzo, nello statuire che, quando “la persona sottoposta ad indagini aderisce alla proposta, il pubblico ministero formula l’imputazione e trasmette gli atti al giudice per le indagini preliminari, dando avviso alla persona offesa dal reato della facoltà di depositare entro dieci giorni memorie presso la cancelleria del giudice”, fa sì che l’“adesione alla proposta comporta l’avvio di un procedimento cartolare che prevede la formulazione, da parte del Pubblico ministero, dell’imputazione con successiva trasmissione degli atti al giudice per le indagini preliminari e contestuale avviso alla persona offesa dal reato della facoltà di depositare, entro dieci giorni, memorie presso la cancelleria del giudice” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 121 e p. 122), fermo restando che, in “assenza di specificazioni circa i poteri della persona offesa nella fase procedimentale in esame, potrebbe ritenersi che la stessa sia meramente titolare del diritto di essere sentita, analogamente a quanto accade, per esempio, nel caso di istanze di modifica o sostituzione delle misure cautelari per i reati a base violenta”  (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 122).
Detto questo, a sua volta il “testo dell’art. 464-ter.1, co. 4, c.p.p. prevede esplicitamente tre ragioni di possibile diniego della concorde richiesta di sospensione da parte del giudice per le indagini preliminari: a) quando deve emettere sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (e, in tal caso, il giudice penale emetterà la sentenza senza nemmeno fissare camera di consiglio, come avviene anche in materia di pronuncia di sentenza ex art. 129 c.p.p. in caso di richiesta di decreto penale; la sentenza sarà suscettibile di ricorso per cassazione; cfr. Cass. Sez. U, 30.9.2010, n. 43055, rv. 248378-0 e Cass. Sez. U, 11.5.1993, n. 6203, rv. 193744-0); b) quando ritiene che non possa essere formulata una prognosi favorevole in ordine al pericolo di recidiva; c) quando ritiene che il contenuto della proposta di MAP formulata dal PM e condivisa dall’imputato non sia idoneo alla luce dei criteri indicati dall’art. 133 c.p.” (così: la relazione illustrativa).
“Vi sono poi due possibili motivi di reiezione della concorde richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova che non si è ritenuto necessario esplicitare e che qui possono essere comunque menzionati per completezza espositiva: d) il giudice per le indagini preliminari può rigettare la concorde richiesta di MAP perché può non condividere la qualificazione giuridica data in imputazione al fatto (ad es.: in imputazione si ipotizza la violazione dell’art. 393 c.p., per cui la MAP è ammissibile; il GIP, esaminati gli atti, ritiene che il fatto debba essere qualificato come estorsione, per cui la MAP è inammissibile; e) il giudice potrebbe ritenere che il fatto di reato ascritto all’imputato sia di particolare tenuità e, dunque, inquadrabile tra “i fatti marginali che non mostrano bisogno di pena e, dunque, neppure la necessità di impegnare i complessi meccanismi del processo” (così delinea la ratio della causa di non punibilità Cass. Sez. U, 25.2.2016, n. 13681, rv. 266590-01); in tal caso, il giudice potrebbe ritenere non necessario – perché il fatto e l’agente non mostrano bisogno di pena – disporre la messa alla prova e, conseguentemente, restituire gli atti al pubblico ministero (che, a questo punto, potrebbe anche proporre richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto); questa ipotesi di rigetto non è stata esplicitata perché non considerata dalla legge delega; tuttavia, un simile sviluppo procedimentale è stato ritenuto conforme al sistema dalla giurisprudenza di legittimità in un caso per certi versi analogo (Cass. Sez. U, 18.1.2018, n. 20569. rv. 272715-0 ha escluso che il rigetto della richiesta di decreto penale con restituzione atti al PM per particolare tenuità del fatto costituisca indebita regressione procedimentale e come tale atto abnorme)” (così: la relazione illustrativa).
Di conseguenza, ove “la concorde proposta delle parti di sospensione del processo con MAP non presenti profili problematici, il giudice per le indagini preliminari – sempre con procedura cartolare – può dare incarico all’UEPE di elaborare la proposta di MAP d’intesa con l’imputato (art. 464-ter.1, co. 4, c.p.p.)” (così: la relazione illustrativa), fermo restando che, al “fine di evitare stasi del procedimento, si prevede che l’UEPE elabori il programma di intesa con l’imputato e lo trasmetta al giudice per le indagini preliminari entro novanta giorni (art. 464-ter.1, co. 5, c.p.p.)” (così: la relazione illustrativa), trattandosi di un “termine ordinatorio (di cui è comunque doveroso il rispetto; v. art. 124 c.p.p.), che contempera le esigenze di celerità del singolo procedimento con quelle di “sostenibilità” per gli UEPE del complessivo carico di lavoro gravante su quegli uffici” (così: la relazione illustrativa).
A sua volta il “comma 6 della norma in commento prevede che «quando lo ritiene necessario, il giudice per le indagini preliminari fissa udienza ai sensi dell’articolo 127» disponendo la comparizione dell’imputato «se ritiene opportuno verificare la volontarietà della richiesta»” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 122 e p. 123).
Orbene, la “decisione che comporterebbe la necessità di acquisire le informazioni ulteriori è, ovviamente, quella relativa all’ammissione alla messa alla prova e, dunque, è rispetto alla richiesta che va valutata l’eventuale necessità dell’approfondimento” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 123), ma, se nell’“eventualità considerata la fissazione dell’udienza deve avvenire secondo le formalità dell’udienza camerale e, dunque, non secondo il modello di procedimento cartolare sin qui descritto” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 123), nel “caso di valutazione positiva, il giudice dispone la sospensione del procedimento a norma dell’ultimo comma dell’art. 464-ter.1 cod. proc. pen., anche, eventualmente, previa integrazione o modifica del programma trattamentale, previa acquisizione del consenso dell’imputato” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 123).
Infine, al settimo comma è disposto che il “giudice, valutata l’idoneità del programma trattamentale elaborato ai sensi del comma 5, eventualmente integrato o modificato con il consenso dell’imputato nel corso dell’udienza prevista dal comma 6, dispone con ordinanza la sospensione del procedimento con messa alla prova”.
In altri termini, una “volta ricevuto il programma elaborato dall’UEPE, il giudice per le indagini preliminari – con ordinanza (e sempre senza fissare udienza) – dispone la sospensione del procedimento con messa alla prova, il cui esito sarà valutato nelle forme già oggi previste dall’art. 464 quater e ss. c.p.p.” (così: la relazione illustrativa).

3. La modifica apportata all’art. 464-septies, co. 2, c.p.p.


Da ultimo, l’art. 29, co. 1, lett. c), d.lgs., 10/10/2022, n. 150 statuisce che “all’articolo 464-septies, al comma 2, la parola «processo» è sostituita dalla seguente: «procedimento»”.
Dunque, se prima, al secondo comma, era preveduto che, in “caso di esito negativo della prova, il giudice dispone con ordinanza che il processo riprenda il suo corso”, il riferimento è adesso al procedimento, e non più al processo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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