La riforma Cartabia è intervenuta anche sul procedimento per decreto.
Orbene, scopo del presente scritto è vedere in cosa è consistito siffatto intervento.
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Indice
1. Le modifiche apportate all’art. 459 c.p.p.
Per quanto concerne l’art. 459 cod. proc. pen. che, come noto, regolamenta i casi di procedimento per decreto, l’art. 28, co. 1, lett. a), d.lgs, 10/10/2022, n. 150 ha modificato tale articolo nei seguenti termini: “1) al comma 1, le parole: «sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «un anno»; 2) il comma 1-bis è sostituito dal seguente: «1-bis Nel caso di irrogazione di una pena pecuniaria in sostituzione di una pena detentiva, il giudice, per determinare l’ammontare della pena pecuniaria, individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l’imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Il valore giornaliero non può essere inferiore a 5 euro e superiore a 250 euro e corrisponde alla quota di reddito giornaliero che può essere impiegata per il pagamento della pena pecuniaria, tenendo conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare. Alla pena pecuniaria irrogata in sostituzione della pena detentiva si applica l’articolo 133-ter del codice penale. Entro gli stessi limiti, la pena detentiva può essere sostituita altresì con il lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 56-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, se l’indagato, prima dell’esercizio dell’azione penale, ne fa richiesta al pubblico ministero, presentando il programma di trattamento elaborato dall’ufficio di esecuzione penale esterna con la relativa dichiarazione di disponibilità dell’ente.»; 3) dopo il comma 1-bis è inserito il seguente: «1-ter. Quando è stato emesso decreto penale di condanna a pena pecuniaria sostitutiva di una pena detentiva, l’imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, può chiedere la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 56-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, senza formulare l’atto di opposizione. Con l’istanza, l’imputato può chiedere un termine di sessanta giorni per depositare la dichiarazione di disponibilità dell’ente o dell’associazione di cui all’articolo 56-bis, primo comma, e il programma dell’ufficio di esecuzione penale esterna. Trascorso detto termine, il giudice che ha emesso il decreto di condanna può operare la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità. In difetto dei presupposti, il giudice respinge la richiesta ed emette decreto di giudizio immediato.»;”.
Dunque, la prima novità, che riguarda codesta disposizione legislativa, consiste nel fatto che adesso il pubblico ministero può presentare al giudice per le indagini preliminari richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna entro un anno dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato e previa trasmissione del fascicolo, e non più sei mesi, come, invece, preveduto in precedenza, e ciò è stato fatto “al fine di dare un lasso cronologico più ampio ai pubblici ministeri onde raccogliere un quadro probatorio sufficientemente solido da consentire la proposizione di istanza di rito monitorio” (M. GIALUZ, Per un processo penale più efficiente e giusto. guida alla lettura della riforma Cartabia. Profili processuali, 2/11/2022, in sistemapenale.it, p. 56).
Precisato ciò, per quanto invece riguarda la riformulazione dell’art. 459, co. 1-bis, cod. proc. pen., le novità “riguardano, in primo luogo, il criterio di ragguaglio che risulta modificato nel minimo (da 75 a 5 euro) ed è determinato in misura variabile nella commisurazione della quale il giudice dovrà tenere conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita, dell’imputato e del suo nucleo
Familiare” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, Rel. n. 2/2023 del 5/01/2023, p. 117).
Orbene, va osservato a tal riguardo, dal momento che il “riferimento, contenente l’esplicito riferimento al parametro delle «complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare», sostituisce quello precedente che richiamava la sola «condizione economica dell’imputato e del suo nucleo familiare»” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 117), che, operandosi in tal guisa, sembrerebbe essere stata imposta, per effetto di codesto riferimento, “una valutazione più ampia che comprende la situazione patrimoniale (a tale proposito appare ardua la distinzione da quella «economica») e la situazione «di vita», con ciò dovendosi ritenere si faccia riferimento alle circostanze che riguardano in termini complessivi la situazione personale e familiare dell’imputato” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 117), fermo restando che, da un lato, l’“immutato riferimento all’art. 133-ter cod. pen., oggetto di modifica con l’art. 1, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 155 del 2022, comporta che il giudice può disporre, «in relazione alle condizioni economiche e patrimoniali del condannato, che la multa o l’ammenda venga pagate in rate mensili da sei a sessanta»” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 117), dall’altro, ciascuna “rata non può essere inferiore a quindici euro e non sono dovuti interessi per la rateizzazione” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 117).
Ciò posto, di “rilevante impatto è anche la novità costituita dalla possibilità di operare la sostituzione della pena detentiva anche con il lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 56-bis legge n. 689 del 1981 (introdotto dall’art. 71, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 150 del 2022) sia nel caso in cui l’istanza provenga dall’indagato prima dell’esercizio dell’azione penale (secondo la procedura prevista dal nuovo ultimo
periodo del comma 1-bis, sopra riportato) sia successivamente alla notifica del decreto, in base a quanto previsto dall’art. 459, comma 1-ter, cod. proc. pen. di nuova introduzione” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 117 e p. 118).
Ebbene, va a tal riguardo fatto presente che, sotto il profilo applicativo, è “ragionevole prevedere che, nella prassi, la fattispecie della richiesta di lavoro di pubblica utilità che troverà maggiore attuazione è quella successiva alla notifica del decreto penale, mentre appare, nella pratica, più remota l’ipotesi che già nella fase delle indagini preliminari (potendo l’indagato esserne all’oscuro) venga presentata l’istanza di sostituzione” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 118), fermo restando che tale “nuovo” comma si connota per il fatto di essere strutturato secondo il seguente schema: “a) il presupposto è l’emissione di un decreto penale di condanna a pena pecuniaria sostitutiva di una pena detentiva e la sua conoscenza da parte dell’imputato, a seguito di rituale notificazione; b) nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, che è lo stesso termine per proporre opposizione; c) l’imputato personalmente o a mezzo di procuratore speciale, vale a dire che, in deroga alle condizioni dell’opposizione, si è disegnato un atto personalissimo con la previsione della procura speciale (per il difensore o per altri), in ragione della gravità delle conseguenze sanzionatorie e della necessità della non opposizione della parte, in coerenza con quanto disposto nell’articolo 545 bis c.p.p., in occasione della condanna a pena sostituibile; d) (come visto poco prima ndr.) [l’imputato] può chiedere la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 56 bis della legge 24 novembre 1981 n. 689, senza formulare l’atto di opposizione” (così: la relazione illustrativa); e) “l’imputato può chiedere un termine di sessanta giorni per depositare la dichiarazione di disponibilità dell’ente o dell’associazione di cui all’articolo 56 bis primo comma e il programma dell’ufficio di esecuzione penale esterna” (così: la relazione illustrativa) e, dunque, essendo siffatta disciplina “coerente con le facoltà e i termini riconosciuti all’imputato dall’articolo 545 bis c.p.p. e dalle altre norme che lo richiamano” (così: la relazione illustrativa), ne “consegue che il condannato con decreto penale, senza proporre formale opposizione, deve depositare istanza di sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità nel termine perentorio di quindici giorni e – su richiesta contestuale – ha diritto a un termine fino a sessanta giorni per presentare il programma e la disponibilità dell’ente” (così: la relazione illustrativa); f) “allo spirare del termine, in caso di esito favorevole, il giudice che ha emesso il decreto di condanna può operare la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità ovvero, in difetto dei presupposti, può respingere la richiesta, emettendo in tal caso decreto di giudizio immediato, in conformità all’art. 464, co. 1 c.p.p.” (così: la relazione illustrativa).
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2. Le modifiche apportate all’art. 460 c.p.p.
Anche per quanto concerne l’art. 460 cod. proc. pen. che, come risaputo, norma i requisiti del decreto di condanna, la riforma Cartabia, alla luce di quanto disposto dall’art. 28, co. 1, lett. b), d.lgs., 10/10/2022, ha modificato codesto precetto normativo nei seguenti termini: “all’articolo 460: 1) al comma 1: a) alla lettera d), dopo le parole: «il dispositivo» sono aggiunte le seguenti: «, con l’indicazione specifica della riduzione di un quinto della pena pecuniaria nel caso previsto dalla lettera h-ter)»; b) alla lettera h), dopo le parole: «lo assiste», il segno di interpunzione «.» è sostituito dal seguente: «;»; c) dopo la lettera h), sono aggiunte le seguenti: «h-bis) l’avviso all’imputato della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa; h-ter) l’avviso che può essere effettuato il pagamento della pena pecuniaria in misura ridotta di un quinto, nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, con rinuncia all’opposizione.»; 2) al comma 5: a) dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Nel termine di quindici giorni dalla notifica del decreto il condannato può effettuare il pagamento della sanzione nella misura ridotta di un quinto, con rinuncia all’opposizione.»; b) la parola: «Anche» è sostituita dalle seguenti: «Il decreto, anche»; c) dopo le parole: «Il reato è estinto se», sono inserite le seguenti: «il condannato ha pagato la pena pecuniaria e,»; d) dopo le parole: «il decreto concerne una contravvenzione,», le parole: «l’imputato» sono soppresse;”.
Ebbene, per quanto inerisce il primo comma, per effetto di tale riforma, è ora stabilito che il decreto penale di condanna debba contenere pure i seguenti requisiti: I) nel dispositivo deve essere specificata la riduzione di un quinto della pena pecuniaria nel caso previsto dalla lettera h-ter) (che vedremo da qui a poco) [in “pratica, il giudice nel decreto penale (se non già il P.M. nella sua richiesta) dovrà indicare due somme: quella “intera”, da pagare in esito all’acquiescenza al decreto, e quella ulteriormente ridotta di un quinto, da pagare entro 15 giorni dalla notifica del decreto, con contestuale rinuncia all’opposizione” (così: la relazione illustrativa)]; II) l’avviso all’imputato della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa; III) l’avviso che può essere effettuato il pagamento della pena pecuniaria in misura ridotta di un quinto, nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, con rinuncia all’opposizione.
Ciò posto, il “legislatore ha inoltre provveduto alla sostanziale riscrittura dell’art. 460, comma 5, cod. proc. pen. stabilendo che il condannato nel termine di quindici giorni dalla notifica del decreto, può effettuare il pagamento della sanzione nella misura ridotta di un quinto, con rinuncia all’opposizione” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 118), fermo restando che, nel qual caso, ossia quando il condannato ha pagato la pena pecuniaria, unitamente all’altra ipotesi già preveduta in precedenza, e non modificata dalla riforma Cartabia (ovvero: qualora, nel termine di cinque anni, quando il decreto concerne un delitto, ovvero di due anni, quando il decreto concerne una contravvenzione, l’imputato (adesso: il condannato) non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole), il reato è estinto.
Orbene, la ratio, che ha indotto il legislatore ha modificare la norma giuridica in esame in questi termini, risiede nell’intenzione di “rendere effettivo il recupero delle pene pecuniarie irrogate a seguito dell’emissione del decreto penale di condanna, a fronte della elevata percentuale di pene pecuniarie non riscosse” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 119).
3. La modifica apportata all’art. 461 c.p.p.
In relazione all’art. 461 cod. proc. pen. (norma, questa, volta a regolamentare l’opposizione), l’unica novità, preveduta dalla riforma Cartabia, riguarda il comma primo, essendo ivi disposto che “all’articolo 461, comma 1, le parole: «mediante dichiarazione ricevuta» sono sostituite dalle seguenti: «con le forme previste dall’articolo 582»;” (art. 28, co. 1, lett. c), d.lgs., 10/10/2022).
Di conseguenza, per effetto di questa modifica, è ora disposto che l’opposizione avverso il decreto penale avvenga nelle forme prevedute dall’art. 582 cod. proc. pen. che, come noto, statuisce quanto sussegue: “1. Salvo che la legge disponga altrimenti, l’atto di impugnazione è presentato mediante deposito con le modalità previste dall’articolo 111-bis[1] nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. 1-bis. Le parti private possono presentare l’atto con le modalità di cui al comma 1 oppure personalmente, anche a mezzo di incaricato, nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. In tal caso, il pubblico ufficiale addetto vi appone l’indicazione del giorno in cui riceve l’atto e della persona che lo presenta, lo sottoscrive, lo unisce agli atti del procedimento e rilascia, se richiesto, attestazione della ricezione”.
4. La modifica apportata all’art. 462 c.p.p.
Infine, l’art. 28, co. 1, lett. d), d.lgs., 10/10/2022 dispone che all’“all’articolo 462, comma 1, le parole: «dell’articolo 175» sono sostituite dalle seguenti: «degli articoli 175 e 175-bis»”.
Orbene, si è proceduto a siffatta modificazione per una mera “esigenza di coordinamento con il nuovo art. 175-bis c.p.p.” (così: la relazione illustrativa).
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