L’articolo è un estratto del volume: La Responsabilità del Medico di Famiglia -Ambito civile, penale, ordinistico e amministrativo, a cura di Fabio Donelli e Mario Gabbrielli
Indice
1. Storia e sviluppo del consenso in medicina
Per secoli il medico ha esercitato sul malato una potestas curandi certamen che ne ha spesso limitato la volontà. Proporre una terapia significava, in molti casi, imporla (il medico, oltre a godere di riconosciuta autorità morale, era anche giuridicamente non punibile), senza che al paziente venisse data neppure la possibilità di obiettare oppure rifiutare la cura. Spesso questo comportamento definito come “paternalismo medico” era motivato dal basso livello d’istruzione del malato, che non poteva che prendere atto delle disposizioni del medico e attenervisi.
Solo a partire dalla metà del Novecento la relazione tra medico e paziente è stata oggetto di riflessioni e cambiamenti, con un progressivo ridimensionamento della autorevolezza e conseguentemente del potere decisionale del medico e l’affermazione del paziente come individuo libero di decidere per la propria salute, dopo un’adeguata e completa informazione sulle sue condizioni cliniche e sulle opzioni terapeutiche, e con crescente aspettativa rispetto all’appropriatezza della prestazione sanitaria.
Il consenso, sostenuto da una esaustiva informazione, è diventato così un aspetto fondamentale della relazione medico-paziente, uno strumento di interazione tra questi due soggetti che permette al primo di sostenere il paziente nella propria scelta in una fase di vulnerabilità e fragilità dettata dalla malattia, che lo rende dipendente dal medico, e al paziente di partecipare in maniera attiva e collaborativa alle decisioni riguardanti la propria salute, riequilibrando parzialmente, in tal modo, l’asimmetria che caratterizza da sempre tale rapporto.
Si è andata così a costituire un’“alleanza terapeutica” tra medico e paziente, in cui il primo abbandona la sua tradizionale posizione di supremazia paternalistica e il secondo cessa di subire decisioni altrui, se informato in modo chiaro, esauriente e insieme comprensibile, come si evince dall’art. 33 del codice di deontologia medica del 2014 che impone al medico di fornire informazioni al cittadino, tenendo conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuovere la massima adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche.
Attraverso il consenso, quindi, il paziente manifesta la propria volontà di sottoporsi ad un determinato trattamento sanitario (diagnostico, terapeutico, ecc.), dopo essere stato adeguatamente informato circa le modalità di esecuzione, i benefici e i rischi ragionevolmente prevedibili e le possibili alternative terapeutiche al trattamento.
Un corretto rapporto medico/paziente deve basarsi anzitutto sul diritto all’autodeterminazione del soggetto in merito alle scelte diagnostiche e terapeutiche come affermato dalla normativa sul consenso informato che riconosce al paziente il diritto di rifiutare il trattamento, il diritto a voler non essere informato, il diritto a delegare un familiare o una persona di fiducia a ricevere le informazioni e ad esprimere il consenso, il diritto di revocare il consenso prestato in qualunque momento, anche quando la revoca comporta l’interruzione del trattamento.
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2. Normativa di riferimento
Il consenso informato si fonda su alcuni principi costituzionali fondamentali che lo hanno regolamentato in passato e che hanno costituito il presupposto per l’emanazione della specifica legge n. 219/2017 (“Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”).
Fondamentali sono: l’articolo 2 della Costituzione che “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”; l’articolo 13 della Costituzione che sancisce l’inviolabilità della libertà personale con riferimento alla libertà di salvaguardia della propria salute e della propria integrità fisica; l’articolo 32 della Costituzione che “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti” e, al comma 2, afferma: “Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
L’importanza del consenso è confermata dal codice penale, che all’articolo 50 afferma che “non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto col consenso della persona che può validamente disporne”: questa previsione consente gli atti dei professionisti sanitari che altrimenti commetterebbero atti qualificabili come reati, quali violenza privata e lesioni personali.
L’articolo 1325 del codice civile, poi, sancisce l’obbligo dell’accordo tra le parti per il perfezionamento del contratto.
Già la legge n. 833/1978 (“Istituzione del Sistema Sanitario Nazionale”) aveva affermato (all’articolo 1) che “la tutela della salute fisica-psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana”, e all’articolo 33 esclude trattamenti e accertamenti sanitari contro la volontà del paziente, se questo è in grado di prestare il consenso, e non ricorrono i presupposti dello “stato di necessità”.
Anche l’articolo 1 della legge n. 180/1978 (“Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”) stabilisce che accertamenti e trattamenti sanitari sono volontari.
E ancora significativi sono gli articoli 33, 34 e 35 del codice di deontologia medica che stabiliscono che il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica, senza l’acquisizione del consenso informato del paziente.
L’articolo è un estratto del volume
La Responsabilità del Medico di Famiglia
La pandemia ha avuto un ruolo importante nell’accelerare l’evoluzione del ruolo e delle responsabilità del medico di famiglia e in questo nuovo quadro ha assunto un peso sempre più importante la conoscenza approfondita degli aspetti normativi e applicativi legati a questa professione.Il volume offre una puntuale analisi dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale attraverso i contributi di prestigiosi giuristi e medici legali, su tematiche oggi quanto mai attuali, come i diversi profili di responsabilità (civile, penale, ordinistica, amministrativa), il consenso informato, il trattamento dei dati personali del paziente, le novità portate dalla telemedicina, illustrate in modo chiaro per offrire un vademecum, di pratica consultazione, in una materia che necessita di un continuo studio e in cui ogni singolo caso richiede la conoscenza approfondita del contesto operativo dello specifico settore.Fabio Maria DonelliSpecialista in Ortopedia e Traumatologia, Medicina legale e delle assicurazioni e in Medicina dello sport. Professore a contratto in Scienze biomediche all’Università degli Studi di Milano. Già Professore a contratto in Traumatologia forense presso l’Università degli Studi di Bologna. Responsabile della formazione scientifica e Presidente della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia geriatrica. Promotore e coordinatore scientifico di corsi in ambito ortogeriatrico, ortopedico-traumatologico e medico-legale.Mario GabbrielliSpecialista in Medicina legale, professore ordinario di Medicina legale presso l’Università di Siena. Direttore della UOC Medicina legale nell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. Già Professore associato in Medicina legale presso l’Università di Roma “La Sapienza”, già Direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina legale dell’Università di Siena, già membro del Comitato etico della Area Vasta Toscana Sud, membro del Comitato regionale Valutazione Sinistri della Regione Toscana, autore di 180 pubblicazioni.
Fabio Donelli, Mario Gabbrielli | Maggioli Editore 2023
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