Con questo elaborato si cerca di capire la compatibilità dell’istituto dell’accessione con lo strumento dell’usucapione, attraverso l’analisi dei due istituti giuridici e le varie pronunce della Suprema Corte di Cassazione intervenute sulla questione.
L’ultimo paragrafo invece è dedicato alla fase procedurale di mediazione, obbligatoria per legge, prima di istaurare giudizialmente una domanda di usucapione.
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Indice
1. Analisi dell’istituto dell’accessione
L’art. 934 c.c., apre le disposizioni codicistiche dedicate all’istituto dell’accessione, detta la regola generale di tale modo di acquisto della proprietà stabilendo che il proprietario del terreno acquista automaticamente la proprietà di qualsiasi costruzione o opera realizzata sopra o sotto il suolo, “salvo quanto è disposto dagli articoli 935, 936, 937 e 938 e salvo che risulti diversamente dal titolo o dalla legge”.
L’acquisto della proprietà per accessione in favore del proprietario del terreno è quindi un effetto automatico ed avviene (nello stesso momento dell’edificazione del manufatto da parte di un terzo) per il solo fatto che la costruzione insiste su quel determinato terreno, senza necessità di alcun contratto o di altro atto pubblico, e può essere evitata se tra i proprietari dei distinti immobili (terreno e fabbricato) intervenga apposita stipulazione contrattuale (accordo che deve essere sottoscritto davanti ad un notaio e sottoposto a registrazione), quindi, l’acquisto per accessione è legato al solo fatto materiale ed obiettivo dell’incorporazione (c.d. “attrazione reale”) da intendersi come “unione stabile” di una cosa con un’altra, non rilevando se essa sia avvenuta per evento naturale o per opera dell’uomo; in tale ultimo caso la volontà dell’uomo (ove pure vi sia) non assume rilievo giuridico né influisce positivamente sull’acquisto della proprietà in suo favore (cfr. Cass. civ., sez. II, 06.06.2006, n. 13215; Cass., sez. II, 15.05.2013, n. 11742; Cass. sez. I, 12.06.1987, n. 5135).
2. Analisi dell’istituto dell’usucapione
L’istituto dell’usucapione, invece, è regolato dall’art. 1158 c.c., si tratta di una fattispecie complessa avente per effetto l’acquisto della proprietà o di altro diritto reale su un bene, che presuppone la sussistenza di un comportamento possessorio “qualificato”, continuo e non interrotto, inteso inequivocabilmente ad esercitare sul bene, per almeno venti anni, un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di un diritto reale attraverso il compimento di atti conformi alla qualità ed alla destinazione del bene, tali da rivelare, anche esternamente, un’indiscussa e piena signoria in contrapposizione all’inerzia del titolare (Cass. Civ. 18392/06). Per usucapire un bene immobile, come è noto, è necessaria la sussistenza di presupposti essenziali e necessari aventi i seguenti requisiti: – l’esercizio del possesso per un periodo temporale di 20 anni a decorrere dal giorno in cui ha avuto inizio il possesso utile ai fini dell’usucapione; – possesso continuato, senza interruzioni, per il tempo necessario previsto dalla legge, caratterizzato dalla costante esplicazione del possessore del potere di fatto sul bene corrispondente al diritto reale posseduto e con manifestazione del puntuale compimento di atti di possesso conformi alla qualità ed alla destinazione della cosa tali da rivelare, anche esternamente, un’indiscussa e piena signoria di fatto sul bene medesimo che, in modo inconciliabile, escluda la possibilità di godimento altrui, anche parziale, in contrapposizione all’inerzia del titolare. Deve quindi risultare evidente – escludendo situazioni che possano condurre ad una possibile tolleranza altrui – un’inequivoca volontà di possedere il bene in via esclusiva che connoti “impedimento” ad altri di ogni atto di godimento e/o di gestione del medesimo bene (Cass. Civ. n. 9903/2006; Cass. n. 16841/2005). – possesso pacifico e pubblico e, quindi, non acquistato in modo violento o clandestino (Cass. Civ. 17.07.1998 n. 6997) (In tali casi, detto possesso potrà giovare ai fini dell’usucapione solo quando la violenza o la clandestinità saranno cessate – art. 1163 c.c.); –possesso inequivoco, pertanto né dubbio né incerto nell’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o altro diritto reale; deve quindi trattarsi di un possesso certo e parallelamente inidoneo a generare nei soggetti terzi il dubbio sulla effettiva intenzione del soggetto possessore di porre in essere un’attività corrispondente al predetto esercizio della proprietà. L’inequivocità, inoltre, esclude la sussistenza di “atti di mera tolleranza da parte di terzi” nel rapporto di fatto con la res ,tenuto conto che tali atti comportano solo un residuale godimento della cosa da parte del (mero) fruitore, in tal modo incidendo molto debolmente sull’esercizio del diritto da parte del titolare del bene, a tal punto da determinare “uno stato di fatto incompatibile e contrastante” con il pieno godimento del diritto o con il precedente esercizio del possesso.–Ne discende che l’uso del bene conseguente a “mera tolleranza” da parte di qualsiasi soggetto (anche un familiare) titolare del diritto di proprietà (e/o comproprietà) sul bene oggetto della domanda di usucapione, determina “equivocità del possesso” e, come sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità, gli atti di tolleranza traggono origine da rapporti di familiarità (o amicizia) che, da un lato, giustificano la permissio ma, dall’altro, conducono ad escludere l’acquisto del possesso da parte dell’agente, implicando un elemento di transitorietà e saltuarietà caratteristici di “un godimento di modesta portata” (Cass. Civ. n. 8194/2001). Sulle suesposte premesse, ove si verta giudizialmente in una domanda di usucapione, è onere dell’istante fornire adeguata prova del possesso utile ad usucapionem ex art. 1158 c.c., quindi, di aver acquistato il possesso di cosa altrui in modo pacifico, pubblico, inequivoco e di averlo esercitato in continuità per almeno venti anni senza interruzione, con attività corrispondenti al diritto di proprietà o di altro diritto reale, in sostanza, dimostrando di essersi comportato come proprietario.
3. Compatibilità dell’accessione con la domanda di usucapione
Quesito: E’ possibile usucapire un bene costruito con materiali propri su un terreno di proprietà altrui ? Risposta al quesito:
Nella fattispecie oggetto del presente parere Tizio invoca l’usucapione di alcuni immobili, assumendo a sostegno di avere lui stesso costruito con materiali propri, gli immobili e di averli poi destinati a sua residenza, esercitando per oltre venti anni un possesso pubblico, pacifico, continuo comportandosi come proprietari. A questo punto, occorre dunque accertare se, quanto al fabbricato, possa eventualmente ritenersi sussistente un’ipotesi di incompatibilità tra l’istituto dell’accessione e quello dell’usucapione. La problematica dell’usucapione e dell’accessione è stata oggetto di significative pronunce dei giudici di legittimità. La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 3191/1980 ha affermato il seguente principio: “Nel caso in cui l’attore di una costruzione eseguita (con materiali propri) sul fondo altrui l’abbia posseduta “uti dominus” per il tempo necessario ad usucapire, l’acquisto della proprietà dell’opera, per accessione, a favore del proprietario del fondo viene meno per successivo acquisto della proprietà del manufatto e del suolo, verificatosi in virtù di usucapione a favore del costruttore”. Il principio suddetto è stato, a più riprese, ribadito anche successivamente sul presupposto che in tema di usucapione di immobili la realizzazione da parte del possessore di una costruzione su un fondo di proprietà altrui è indicativa dell’ “animus sibi habendi” da parte di chi l’aveva realizzata, “animus all’evidenza incompatibile, attesa la consistenza e la stabilità della trasformazione del fondo…, con l’intenzione di esercitare un potere di fatto sul bene corrispondente al contenuto di un diritto diverso da quello di proprietà” (Cass. civ., sez. II, 11.02.2000, n. 1530). Altresì, sempre in materia di usucapione e sulla possibilità di usucapire un immobile costruito con materiali propri ma su fondo altrui e posseduto per oltre un ventennio, si è affermato che nel caso in cui l’attore di una costruzione eseguita con materiali propri sul fondo altrui, l’abbia posseduta “uti dominus” per il tempo necessario ad usucapire, ossia venti anni, il principio dell’accessione dell’opera in favore del proprietario del fondo “viene meno” per successivo acquisto della proprietà del manufatto e del suolo, verificatosi in virtù di usucapione a favore del costruttore (cfr. Cass. sez. II, 23.07.2008, n. 20288) e che in tema di usucapione di immobili la realizzazione da parte del possessore di una costruzione sul suolo altrui è indicativa dell’”animus habendi”, incompatibile con l’intenzione di esercitare un potere di fatto sul bene corrispondente al contenuto di un diritto “diverso da quello di proprietà”. Anche recentemente i giudici di legittimità nell’affrontare nuovamente la problematica dell’usucapione e dell’accessione, ribaditi i principi già in precedenza espressi hanno affermato l’ammissibilità del loro cumulo, precisando che l’usucapione e l’accessione operano con modalità diverse e con espresso richiamo anche al precedente principio espresso da Cassazione n. 3191/1980 hanno ritenuto che ciò “porta a concludere che l’usucapione della costruzione eseguita su suolo altrui non esclude l’accessione, ma semplicemente ne fa venir meno gli effetti a causa del successivo acquisto della proprietà del manufatto e del suolo per usucapione da parte del costruttore, come del resto è fin troppo ovvio ed evidente sol che si consideri che l’accessione è un modo di acquisto che si perfeziona ipso iure nel momento stesso in cui la costruzione viene ad esistenza, mentre l’usucapione congiunta del suolo e del manufatto costituisce un effetto che non può che verificarsi in venti anni (o dieci, nel caso dell’art. 1159 c.c.) dopo che l’accessione si è già verificata” (cfr. Cass. civ, sez. II, 10.03.2011, n. 5739). Così risolta la questione sulla compatibilità tra l’accessione e l’usucapione – sulla scorta degli enunciati principi pienamente condivisibili – si osserva che può essere esperita l’azione di usucapione purché chi agisce in giudizio dimostri i requisiti del possesso necessari per l’usucapione e deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e, quindi, non solo del “corpus” ma anche dell’ “animus”; quest’ultimo elemento, tuttavia, può eventualmente essere desunto in via presuntiva dal primo, qualora vi sia stato svolgimento di attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà, sicché è allora il convenuto a dover dimostrare il contrario, provando che la disponibilità del bene è stata conseguita dall’attore mediante un titolo che gli conferiva un diritto di carattere soltanto personale ovvero a dimostrare i vizi dell’altrui possesso, indicati dall’art. 1163 c.c., impeditivi dell’acquisto domandato (cfr. Cass. civ., sez. II, 16.03.2000, n. 3063). In materia di acquisto per usucapione di diritti reali immobiliari, poiché l’uso prolungato nel tempo di un bene non è normalmente compatibile con la mera tolleranza, essendo quest’ultima configurabile, di regola, nei casi di transitorietà ed occasionalità, in presenza di un esercizio sistematico e reiterato di un potere di fatto sulla cosa, spetta a chi l’abbia subito l’onere di dimostrare che lo stesso sia dipeso da mera tolleranza. Sul punto si fa rilevare che se è vero che la prova dell’acquisto per usucapione della proprietà o di altro diritto reale su un bene immobile, in quanto vertente su una situazione di fatto, non è soggetta a limitazioni legali e pertanto può essere fornita anche per testimoni (Cass. Civ. 26/7/77 n. 3342, Cass. Civ. 19/7/99 n. 7692), è anche vero che le recenti pronunce tendono a richiedere una prova rigorosa da parte di chi rivendica la proprietà (Cassazione Civile, sez. II, sentenza 26/04/2011 n. 9325, Cass. 16.1.2014 n. 874). La prova rigorosa è richiesta ancor di più quando colui che intende ottenere una pronuncia di accertamento di intervenuta usucapione, deve superare la presunzione di tolleranza, “laddove egli sia avvinto da un vincolo di stretta parentela con che è proprietario del bene sul quale viene esercitato il possesso” (Cass. civ. sez. II, 04.08.2015, n. 16371). Con l’Ordinanza n. 20508/2019 de 30.07.2019, la Cassazione ha rafforzato il concetto, statuendo che il protrarsi nel tempo di un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà, può integrare un elemento presuntivo di esclusione della tolleranza solo nei rapporti labili e mutevoli, ma non nei casi di vincoli di stretta parentela.
Analizzati gli aspetti giuridici, bisogna adesso analizzare la relativa procedura volta all’accertamento dell’usucapione.
4. Aspetti procedurali (domanda di mediazione obbligatoria per legge)
Dal settembre 2013, il nuovo comma 12 bis dell’art. 2643 del codice Civile ha previsto che si possa trascrivere in Conservatoria anche il verbale di mediazione che accerta l’usucapione, realizzato presso un Organismo di Mediazione iscritto al registro del Ministero di Giustizia. Tale accordo, per poter essere trascritto deve avere i seguenti requisiti:
Essere firmato dalle parti e dai rispettivi avvocati
Essere autenticato dal Notaio
Il procedimento di mediazione che accerta l’usucapione, rispetto al tradizionale ricorso al Tribunale, ha degli indubbi vantaggi:
Tempi: un procedimento di mediazione dura al massimo 3 mesi, mentre un giudizio in Tribunale dura una media di 545 giorni
Vantaggi fiscali: il verbale di mediazione è esente dall’imposta di Registro fino a € 50.000, 00 ( dal 30 giugno l’esenzione vale per valori fino a 100.000,000 euro).
A partire dal 30 Giugno 2023 i vantaggi fiscali aumentano L’art. 17 del D.l.gs 28/2010 prevede:
l’esenzione dall’imposta di bollo, e da ogni spesa, tassa o diritto di tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione;
l’esenzione dall’imposta di registro entro il limite di valore di 100 mila Euro per il verbale contenente l’accordo di conciliazione.
I costi pagati all’Organismo di Mediazione danno diritto ad un credito d’imposta fino a € 500,00 che dal 30 giugno aumentano a € 600,00.
Se le parti sono d’accordo tra loro, è possibile usucapire un bene, dunque anche un immobile, ricorrendo alla mediazione civile e non al Tribunale. La procedura è molto semplice: è sufficiente, infatti, presentare un’istanza di mediazione presso un organismo di mediazione accreditato, fornendo al contempo la documentazione necessaria rispetto al bene che si intende usucapire. L’usucapione, infatti, rientra tra le materie per le quali il legislatore ha previsto l’obbligatorietà della mediazione (art. 5, co. 1 – bis, D.lgs 28/2010); pertanto, a seguito della modifica dell’art. 2643 c.c., le parti di una mediazione avente ad oggetto l’istanza di usucapione di un bene potranno accordarsi davanti al mediatore, procedendo successivamente alla trascrizione dell’accordo. In conseguenza di ciò, l’accertamento circa la sussistenza dei presupposti dell’usucapione può avvenire in via negoziale presso l’organismo di mediazione, dinanzi ad un mediatore professionista esperto della materia, con l’assistenza di un legale e con le sottoscrizioni delle parti sull’accordo di accertamento autenticate da un Notaio. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 del citato decreto legislativo (tra cui rientra anche la domanda di usucapione) è depositata da una delle parti presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. La competenza dell’organismo è derogabile su accordo delle parti.
La mediazione, quindi, rappresenta ad oggi lo strumento più efficace, veloce ed economico per accertare l’usucapione di un diritto reale: tempi contenuti (il procedimento per legge può durare al massimo tre mesi) e costi ben inferiori a quelli di causa, soprattutto in virtù dell’esenzione dall’imposta di registro per valori fino a 50.000 euro e dal 30 giugno si ha l’esenzione dell’imposta di registro anche per valori fino a 100,000 euro.
Raggiunto l’accordo di mediazione, per poter trascrivere il verbale presso la competente conservatoria è necessario che le firme apposte all’atto siano autenticate da un Notaio. Si tratta infatti di un atto rientrante nell’ambito dell’art. 2643 c.c., con la conseguente applicazione dell’art. 11, D.lgs 28/2010, il quale per l’appunto prevede – ai fini della trascrizione – la necessità di autenticazione delle sottoscrizioni di cui sopra. Sarà poi il notaio a curare sia la registrazione che la trascrizione dell’accordo di conciliazione.
Per quanto riguarda la documentazione necessaria per procedere all’usucapione in mediazione, la stessa va distinta in base alla tipologia del bene oggetto di usucapione. Per quanto riguarda i terreni occorre fornire: le visure catastali ed il certificato di destinazione urbanistica aggiornato (CDU) che, occorre ricordare, ha validità di un anno. Per quanto riguarda i beni immobili (abitazioni) occorre fornire: i titoli di provenienza e la documentazione relativa alla regolarità urbanistica, nonché l’attestazione di prestazione energetica (APE).
I costi sono nettamente inferiori rispetto a quelli del giudizio dinanzi al Tribunale. Infatti, per quanto concerne le spese di avvio del procedimento, esse ammontano a circa euro 50,00 oltre IVA per valori fino a 250.000,00 euro e si raddoppiano a circa euro 80,00 oltre IVA solo per valori superiori alla soglia di euro 250.000,00. Quanto all’indennità dovuta al mediatore, è quella prevista dalla tabella allegata al D.M. 180/2010 per lo scaglione di riferimento. Ad es., ipotizzando l’usucapione di un immobile del valore di euro 50.000,00, l’indennità dovuta ammonta ad euro 400,00 oltre IVA per ciascuna parte, cui vanno aggiunti euro 150,00, sempre oltre IVA, di incremento per l’accordo, per un totale di euro 550,00 oltre IVA. Si consideri che: a) tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura e che, soprattutto, il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro ( dal 30 giugno 100.000 mila euro), altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente (art. 17, D.lgs 28/2010); b) alle parti che corrispondono l’indennità al mediatore è riconosciuto un credito d’imposta commisurato all’indennità stessa, fino a concorrenza di euro 500,00 ( dal 30 giugno 600 euro).
Come si vede, depositare presso un organismo di mediazione accreditato un’istanza di mediazione rappresenta certamente la via più celere e economica per l’accertamento dell’intervenuta usucapione, dal momento che l’unica alternativa esistente è quella dell’accertamento giudiziale in Tribunale, con tutto ciò che ne consegue in termini di costi e di tempi. Con l’accordo concluso in sede di mediazione le parti possono sostituire gli effetti della sentenza con il verbale di mediazione. Ed ancora si fa rilevare che con l’accordo di mediazione nel caso in cui il bene usucapito si una prima casa, si può usufruire del c.d. bonus agevolazioni prima casa [1](pagare solo l’imposta di registro del 2% e 100 euro tra imposta ipotecaria e catastale).
La richiesta delle agevolazioni prima casa deve essere effettuata al momento della domanda di registrazione del verbale di conciliazione, che dispone il trasferimento della proprietà.
Come chiarito dalla sent. n. 71/21/16 Commissione Tributaria Regionale del Lazio, la richiesta delle agevolazioni prima casa deve essere effettuata al momento della domanda di registrazione del verbale di conciliazione, che dispone il trasferimento della proprietà.
Recentemente anche l’Agenzia delle Entrate (in commento all’ordinanza della Corte di Cassazione n. 635/2017) ha chiarito che in ipotesi di acquisto di immobile per usucapione, colui che acquista la casa a titolo originario e intende avvalersi delle agevolazioni “prima casa” deve rendere le ordinarie dichiarazioni previste nel Testo Unico di Registro (articolo 1, tariffa, parte prima, allegata al DPR 131/1986).
5. Conclusioni
Alla luce di quanto sopra si può concludere che l’accessione e l’usucapione sono compatibili. Secondo la giurisprudenza, in relazione ai modi di acquisto della proprietà della costruzione eseguita sul fondo altrui, l’usucapione e l’accessione non agiscono con le stesse modalità. L’accessione si perfeziona nel momento stesso nel quale la costruzione viene realizzata, mentre l’usucapione congiunta del suolo e del manufatto si può verificare in modo esclusivo dopo il decorso del termine di vent’anni.
Di conseguenza l’usucapione non esclude l’operatività dell’accessione, ma si limita a farne venire meno gli effetti a causa del successivo acquisto della proprietà e del suolo.
Se chi costruito sul fondo altrui, ha posseduto la costruzione per il tempo necessario a determinare l’usucapione, l’acquisto della proprietà dell’opera, per accessione, a favore del proprietario del fondo, viene meno per usucapione, per successivo acquisto della proprietà della costruzione e del suolo.
La domanda di usucapione deve essere preceduta dalla procedura di mediazione, fino all’anno 2013 l’ordinamento italiano prevedeva che solo un tribunale potesse accertare l’usucapione. Il Decreto del fare (DL 69/2013 convertito in L 98/2013) ha modificato l’art. 2643 del CC, introducendo al c. 12bis la possibilità di accertare l’usucapione di un bene svolgendo una procedura di mediazione civile. In quella sede le parti possono trovare un accordo ed il relativo verbale è titolo per la trascrizione. Le parti coinvolte nella mediazione raggiungono un accordo in merito all’usucapione e lo firmano insieme agli avvocati, che ne attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico. Un notaio (pubblico ufficiale) deve autenticare le firme per poter trascrivere l’atto ai sensi dell’art. 2643 (c. 12-bis) del Codice civile.
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