La mera allegazione di un atto o di un documento al fascicolo per il dibattimento non equivale all’acquisizione del suo contenuto.
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Indice
1. La questione
La Corte di Appello di Torino confermava una pronuncia emessa dal Tribunale di Vercelli con la quale l’imputato era stato ritenuto colpevole del delitto di cui all’art. 10, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, e condannato alla pena di quattro mesi di reclusione, in continuazione con il reato giudicato con una sentenza emessa dalla Corte di Appello de L’Aquila.
Ciò posto avverso il provvedimento emesso dalla Corte territoriale torinese proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’accusato che deduceva la violazione degli artt. 62, 63, 178, 191, 431, comma 2, 491, comma 2, c.p.p..
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva il ricorso suesposto fondato in quanto a suo avviso – dopo avere richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo il quale la mera allegazione di un atto o di un documento al fascicolo per il dibattimento, di cui all’art. 431 c.p.p., ha funzione soltanto strumentale rispetto alla formazione della prova e non equivale all’”acquisizione” del contenuto dell’atto o del documento medesimo ed è dunque al momento in cui il giudice ne dispone la lettura, o manifesta comunque la decisione di volersene avvalere, che deve invece aversi riguardo sia per la verifica dello stesso grado di correttezza dell’inserimento nel fascicolo per il dibattimento, sia per l’effettiva attuazione del generale principio della formazione della prova al dibattimento nel contraddittorio delle parti (Sez. 3, n. 5593 dell’11/4/1995; successivamente, tra le altre, Sez. 1, n. 35847 del 16/5/2019) – il Tribunale – sollecitato all’espunzione dal fascicolo della comunicazione ex art. 347 c.p.p. (e dei relativi allegati) all’esito dell’istruttoria, quando ne aveva dichiarato l’utilizzabilità ai sensi dell’art. 511, comma 5, c.p.p. – non avrebbe dovuto ritenere tout court tardiva l’eccezione, richiamando l’art. 491, comma 2, citato, ma avrebbe dovuto verificare la correttezza “sostanziale” dell’inserimento stesso, nell’ottica della sua utilizzabilità ai fini della decisione.
All’opposto, invece, gli Ermellini rilevavano come una tale verifica non fosse rinvenibile nella sentenza impugnata.
Tal che siffatta sentenza era annullata con rinvio per nuovo giudizio.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che la mera allegazione di un atto o di un documento al fascicolo per il dibattimento, di cui all’art. 431 c.p.p., ha funzione soltanto strumentale rispetto alla formazione della prova e non equivale all’”acquisizione” del contenuto dell’atto o del documento medesimo, il che comporta che, solo al momento in cui il giudice ne dispone la lettura, o manifesta comunque la decisione di volersene avvalere, che deve aversi riguardo, sia per la verifica dello stesso grado di correttezza dell’inserimento nel fascicolo per il dibattimento, sia per l’effettiva attuazione del generale principio della formazione della prova al dibattimento nel contraddittorio delle parti.
Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare se siffatta verifica sia stato correttamente compiuta da parte dell’organo giudicante.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, dunque, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.
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